PIANO DEL PRESIDENTE MONTI PER LA PRIVATIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI – E IN TRENTINO? PROVIAMO A FARE UN ESEMPIO CON UNA SPA DELLA MOBILITA’ … ovvero, privatizzazioni sul modello anglosassone e non “all’italiana”.

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Giugno, 2012 @ 9:10 am

Detto altrimenti: Corsera, 14 giugno 2012 pag. 1 e sgg.: Il Presidente Monti, fra le altre iniziative, prevede la costituzione di un Fondo Mobiliare denominato Fondo Strategico Italiano, il quale servirà per 1) l’acquisizione, 2) la valorizzazione 3) la dismissione di aziende municipalizzate e di SpA comunali che si occupano di Servizi Pubblici Locali.

Traduciamo per i non addetti ai lavori

Si tratta di acquisire, da parte di un nuovo Fondo di Investimento Mobiliare di nuova creazione, la proprietà di molte Aziende Municipalizzate e SpA Comunali. Indi valorizzarle (con interventi di gestione o altro, questo è il punto! Cioè, renderle appetibili ai risparmiatori); quindi si tratta di emettere quote del fondo (rappresentative della somma dei cespiti posseduti) da vendere ai risparmiatori, i quali diventano “azionisti” del Fondo, cioè delle municipalizzate e delle SpA che il Fondo contiene.

Il plusvalore dei cespiti (Aziende e SpA) sarebbe assicurato nella fase 2), cioè nella fase della loro “valorizzazione” ad esempio attraverso il loro eventuale pre accorpamento all’interno di aree funzionali omogenee, con miglioramenti di efficienza ed efficacia del servizio ed economici. Questa “valorizzazione” è indispensabile affinchè all’operazione sia data una portata di reale incremento funzionale ed economico delle Aziende e delle SpA considerate. In caso contrario l’intera operazione consisterebbe solo nel cercare di “spalmare” sui risparmiatori anche eventuali inefficienze dell’attuale sistema dei servizi pubblici locali.

Si tratta di una privatizzazione “cumulativa” attraverso la cessione dal settore pubblico a quello dei singoli privati, di quote del fondo rappresentative del mix di azioni o quote della Aziende e Spa possedute prima dal settore pubblico, dopo dal Fondo ed infine dalla moltitudine stessa (ovviamente pro quota) dei sottoscrittori privati di quote del Fondo.
Si tratta di una privatizzazione secondo un modello che in lingua e prassi anglosassone (GB e USA) è definito “going public, to go public” che non vuol dire cedere una SpA all’Ente Pubblico, ma al contrario, dall’Ente Pubblico al pubblico dei cittadini.

E in Trentino? Proviamo a veder cosa si potrebbe fare, senza aspettare il presidente Monti. ..

… con un esempio.

 Supponiamo che all’interno di una certa area funzionale che comprende il territorio di alcuni Comuni confinanti interessati a realizzare sinergie intercomunali, un Comune abbia realizzato una sua SpA mista pubblico-privata per la mobilità e la sosta, dotando tale sua società di una centrale di telegestione e telecontrollo. Detta centrale, operando su propria rete wireless o allacciandosi a internet o al circuito delle fibre ottiche, potrebbe operare senza limitazioni territoriali. Ora, i Comuni della zona si accordano nel senso di utilizzare tutti la stessa Società, al fine di razionalizzare il servizio e ridurre i costi. La natura di Società mista pubblico privata tuttavia, a termini di legge, blocca sia l’accesso al capitale sociale societario da parte degli altri Comuni, sia la possibilità della SpA di operare su un territorio diverso da quello d’origine.

Una soluzione potrebbe essere quella di fare uscire i soci privati dal capitale sociale della SpA, ma ciò potrebbe contrastare sia contro la loro stessa volontà, sia contro la legge nazionale che va verso la privatizzazione di tali Spa, non nella direzione contraria. E allora, che fare?

Privatizzazione sul modello anglosassone e non “all’italiana”

1 – Valenza funzionale locale del progetto

 Ed allora, il Comune azionista di maggioranza della SpA potrebbe stipulare con la sua SpA un nuovo Contratto di Servizio che garantisse a tutti i Comuni confinanti dell’area in esame, per il futuro, la migliore qualità del servizio a costi progressivamente decrescenti. Quindi il Comune potrebbe offrire in vendita le proprie azioni ai cittadini di tutti i Comuni confinanti appartenenti all’area funzionale in questione. In parallelo il Comune potrebbe costituire con i Comuni confinanti un Consorzio di Comuni per il lancio di una gara intercomunale mirata alla assegnazione del servizio della mobilità sull’intera area funzionale intercomunale. La Società in questione, interamente a capitale privato, potrebbe partecipare alla gara e molto probabilmente vincerebbe, essendo già presente sul territorio ed essendo quindi in grado di fare un’offerta che prevedesse la realizzazione della gestione complessiva in tempi assolutamente “immediati”, cosa impossibile da realizzare da qualsiasi altro concorrente.

2 – Valenza economica del progetto

La Società, così privatizzata “per amore” cioè prima di esservi costretta “per forza” dalla legge, e privatizzata in senso anglosassone, essendo cioè diventata proprietà del pubblico dei cittadini e non più dell’Ente Pubblico né tanto meno “privatizzata all’italiana”, cioè passata in proprietà del singolo imprenditore privato di turno, potrebbe poi operare liberamente anche sul mercato esterno, pubblico (con gara) e privato, e produrrebbe posti di lavoro, utili e ritorni fiscali locali, essendo in grado di applicare condizioni sempre più favorevoli ai Comuni d’origine.

3 – Valenza sociale del progetto

Il progetto descritto, inoltre, sarebbe appetibile anche in quanto avrebbe una valenza sociale positiva oltre che economica-funzionale, in quanto esso coinvolgerebbe la popolazione, diventata azionista della società, nella corresponsabilizzazione delle decisioni gestionali, trasformando gli utenti da clienti del servizio in cittadini consapevoli e co-gestori dello stesso, rafforzandosi in tal modo il loro senso di appartenenza alle proprie rispettive città.

Cosa dice la legge

Ora, se pensate che la legge attuale prevede che i Comuni con meno di 30.000 abitanti devono cedere le loro partecipazioni in SpA entro il 31 dicembre 2013, concorderete con me come anche e soprattutto qui in Trentino, nel quale, tolte le Città di Trento e Rovereto, tutte le altre, a Cominciare da Riva del Garda, Arco, Pergine, Borgo Valsugana etc. sono sotto tale quota, l’ipotesi sopra accennata non sia poi tanto peregrina.