GRANDI OPERE: PECCATO DI OMISSIONE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Gennaio, 2019 @ 11:46 am

Detto altrimenti: vabbè che gubernar non es asfaltar, però quando si esagera … (post 3472)

Un quotidiano nazionale (Corsera 7 gennaio 2019 pag.8, a firma Milena Gabanelli e Fabio Savelli) ha evidenziato che dei 150 miliardi stanziati dai governi precedenti per le grandi opere, il governo ne avrebbe spesi solo il 4%: “Riesiamiamo … ma è proprio necessaria … vediamo il rapporto costo-benefici … sentiamo il Cipe,  etc.”. Nel frattempo, dum Romae consulitur – mentre a Roma si discute – l’Italia rischia di essere espugnata dalle grandi imprese estere, le nostre grandi imprese vanno in crisi e sono a rischio insieme a quasi 500.000 posti di lavoro. Non voglio qui fare un riassunto della paginata citata alla quale rimando. Mi limito a tre brevi osservazioni.

La prima: non è questa una priorità più urgente del decreto sicurezza, del reddito di cittadinanza, della revisione delle pensioni?
La seconda: la stessa determinazione innovativa utilizzata per rimuovere alcune leggi (ad es.: la L. Fornero) non è utilizzata per rimuovere leggi ed ostacoli che aprirebbero la strada all’esecuzione di tali grandi investimenti (“Lo faremo, esamineremo, modificheremo ...”).
La terza: per l’attuazione dei provvedimenti populisti si modificano e cancellano leggi. In altri casi, quando l’intervento sarebbe più difficile, complesso, articolato e responsabilizzante come nel caso della modifica del piano d’acquisto dei cacciabombardieri F35 o della sospensione delle trivellazioni petrolifere ci si appella al fatto che si tratta di leggi precedenti, vincolanti (“Non possiamo certo modificarle …”).

Quo vadis, Italia?