Sentenza della Corte Costituzionale n.199 del luglio 2012: i servizi pubblici locali (SS.PP.LL.) non si possono privatizzare

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Luglio, 2012 @ 9:16 am

Detto altrimenti: traduciamo per i non addetti ai lavori e sviluppiamo una ulteriore riflessione (prima puntata, di quattro in totale)

Trasporto pubblico locale, sosta e parcheggi, acqua, elettricità, etc.. Ma soprattutto acqua. Una legge (Governo Berlusconi) aveva imposto che le SpA del settore a capitale sociale interamente pubblico (“in house”) fossero obbligatoriamente cedute ai privati entro una certa data. Un successivo referendum aveva bocciato questa legge. Una legge  successiva (Governo Monti), ignorando i risultati del referendum, aveva ribadito la norma annullata dal referendum stesso, fissando il termine della cessione al 31 dicembre 2013.

Ora, una Sentenza della Corte Costituzionale ha annullato quest’ultima legge in quanto troppo tempestiva e quindi ingiustificatamente contraria ai risultati referendari (evviva! Allora c’è speranza anche per il referendum che ha abolito il finanziamento pubblico dei partiti!) Pertanto ora gli Enti Pubblici sono liberi di scegliere la forma di gestione dei loro SS.PP.LL.. fra le tante possibili: gestione diretta da parte degli uffici pubblici; attraverso una SpA interamente pubblica; attraverso una SpA a capitale misto pubblico-privato a maggioranza pubblica. Le aziende municipalizzate da tempo avrebbero dovuto essere chiuse per legge e trasformate in una delle forme citate. Resterebbe pertanto esclusa la gestione di un SS.PP.LL. attraverso una SpA interamente privata o a maggioranza azionaria privata.

Ma cosa vuol dire “privatizzare” un SS.PP.LL.?

In Italia privatizzare significa trasferire la proprietà degli impianti e/o della gestione di un SS.PP.LL. ad un imprenditore privato. Nel mondo anglosassone, privatizzare si traduce con il termine “to go public”, cioè “andare verso il pubblico, verso i cittadini, trasferendo la proprietà del servizio alla moltitudine dei cittadini. In altre parole, una SpA italiana posseduta pro quota da 20 comuni, interpretata dalla cultura anglosassone sarebbe più “privatizzata” di una SpA italiana posseduta da un unico imprenditore privato.

Ed è questo l’aspetto che voglio sviluppare in questa sede. Si dice “spending review” e poi si interviene su “spese” (cioè su “costi”) e contemporaneamente anche su un’altra voce: sugli “investimenti”. Ora a mio avviso occorre distinguere fra tagli delle spese e tagli degli investimenti ed inoltre, non basta “tagliare”, cioè “curare”, bensì occorre anche “prevenire”, cioè spendere ed investire bene. Investire bene. Parliamo di quest’ultimo aspetto.

Ben venga una SpA interamente pubblica per la gestione di un SS.PP.LL., purchè l’azionista pubblico si riservi esclusivamente ed obbligatoriamente:
1. il ruolo della predefinizione degli indispensabili presupposti che consentano alla SpA una pianificazione societaria pluriennale scorrevole (aggiornata di anno in anno);
2. il ruolo di indirizzo generale, evitando di intervenire sulla gestione societaria, ad esempio, come è successo, ordinando ad una sua SpA di offrire gratuitamente la prima ora di sosta in un parcheggio interrato, per di più ignorando il fatto che il maggior reddito derivava alla SpA proprio dalla vendita della citata prima ora!
3. la definizione dei parametri (criteri) tariffari;
4. la funzione di controllo.

Inoltre, l’azionista pubblico:
1. “privatizzi” la sua SpA aprendone il capitale sociale a tutti i Comuni confinanti appartenenti ad una eventuale unica area funzionale. In altre parole: tre Comuni confinanti, di piccole dimensioni, non dovrebbero avere, ognuno, (tanto per fare un esempio) la propria gestione separata della sosta e della mobilità;
2. in presenza dell’incompletezza e indeterminatezza della legge (Codice Civile) che regola le Società a capitale (anche) pubblico, riconosca non solo formalmente ma anche nei comportamenti, la piena autonomia della personalità giuridica della “sua “ SpA e vi si rapporti come ci si rapporta ad una entità diversa, autonoma e separata e non come se la sua SpA fosse un proprio ufficio.

Al contrario, ove l’ente pubblico (ad esempio un Comune) considerasse la sua SpA

a) la sua SpA necessariamente mono-comunale, si genererebbe una proliferazione di singole gestioni comunali anti- funzionali ed anti-economiche;

b) alla stregua di un proprio ufficio interno, si raggiungerebbe un unico, perverso risultato: la separazione del potere, che rimarrebbe in capo all’ente pubblico, dalla responsabilità di eventuali risultati negativi, che sarebbe ricondotta in capo alla SpA.

In altre parole, per alleggerire il discorso, si applicherebbe la seguente metodologia di programmazione, articolata nelle seguenti fasi:

• entusiasmo (“Dai, costituiamo una SpA pubblica!”)
• perplessità (“Ma era proprio necessario?”)
• presa di contatto con la realtà (“Ma come si fa a rapportarsi con la SpA?” E poi, se ci sono delle perdite, come la mettiamo?”)
• ricerca del colpevole (“ … vedrete che lo troviamo”)
• punizione dell’innocente (“Il Presidente della SpA!”)
• lode e premio ad estranei (“Cioè a noi, vedete che belle opere “noi abbiamo” (ovvero, “lui ha”, n.d.r.) realizzato!)

In una prossima “puntata” vi parlerò del ruolo della presenza dei privati in una SpA a capitale misto pubblico-privato. In una terza “puntata” vi parlerò di SpA di investimento, di SpA di gestione e di SpA di “tutte e due le cose”. Nella quarta ed utlima puntata, parlerò della “motivazione” del personale, in ambito pubblico e nelle SpA.