L’ACQUA: BENE COMUNE O BENE PUBBLICO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Agosto, 2019 @ 7:18 am

Detto altrimenti: le parole sono pietre, usiamole con precisione    (post 3647)

Le parole sono pietre, scriveva Don Milani alla professoressa. Bene collettivo o pubblico: una piazza, una scuola: Bene Comune, quel bene costruito sin dall’inizio con l’apporto di tutti. E l’acqua, cos’è? Oggi è un bene collettivo, nel senso che tutti ne godono, o almeno di cui tutti dovrebbero godere. A mio avviso deve diventare un Bene Comune, cioè un Bene realizzato e messo a disposizione di tutti con il contributo iniziale e continuativo di tutti. A tale riguardo una forza politica afferma che l’acqua deve essere pubblica, intendendo che le aziende che gestiscono il ciclo dell’acqua devono essere de-privatizzate, cioè che tutto deve essere messo in mano al pubblico e che l’acqua deve essere gratuita.

Ma affinchè abbiamo l’acqua a portata di rubinetto, occorre trovarla, captarla, depurarla, potabilizzarla, distribuirla, depurarla e “fognarla”. Tutto ciò richiede programmazione, progettazione, finanziamenti, investimenti, gestione. Tutto ciò richiede capacità e coperura dei costi. Chi ha questa capacità manageriale? Chi sostiene questi costi? I “pubblicisti” affermano: lo Stato. Io mi permetto invece di affermare che per l’acqua occorre andare verso il going public nel senso anglosassone: infatti to go public in inglese significa andare verso la popolazione. Occorre cioè “privatizzare”, ovvero gestire attraverso SpA, affidarne la gestione a chi ne ha le capacità ed aprirne il capitale all’azionariato diffuso, al pubblico, a tutto il pubblico.

Dice … ma se una Spa non è pubblica al 100%, cioè se non è “in house” l’Ente pubblico non può affidarle direttamente la gestione. Evvabbè, dico io, allora vuol dire che la SpA sarà posseduta da molti comuni appartenenti ad uno stesso bacino funzionale. Oppure si fa una Spa pubblica al 100%, le si affida la funzione e poi si fa una gara per trovare soci privati i quali come prestazione accessoria forniscano progettazione, gestione, costruzione etc.. Insomma, purchè sia una Spa gestita come una Spa. L’Ente pubblico azionista di maggioranza può sempre riservarsio delle golden shares (le cosiddette azioni d’oro, privilegiate) che incorporino diritti particolari in merito a investimenti, dividendi, etc.).

In Italia oggi, l’acqua è a due velocità: nel nord e nel centro grandi imprese privatizzate gestiscono con successo. Nel meridione invece agiscono migliaia di piccole gestioni comunali, molte delle quali “fanno acqua” da tutte le parti: dobbiamo adeguare il sud al nord e non viceversa. La gestione dell’acqua è una scienza che non può prescindere da ricerca, investimenti, capacità specifiche che non si trovano all’interno di uffici pubblici.