DEMOCRAZIA E POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Ottobre, 2019 @ 9:26 am

Detto altrimenti: dobbiamo moltissimo alla Grecia!       (post 3680)

Per comodità dei lettori, copio qui la sinetsi che troverete in fondo all’articolo: … in gioventù sono stato istruttore sezionale di alpinismo. In età matura velista appassionato. In entrambi i casi non mi è mai capitato di trovarmi in situazioni di estremo pericolo di vita, cioè non sono mai stato bloccato su una parete durante una tempesta di neve e ghiaccio né in balia di grandi onde sotto il Mistral. Tuttavia in entrambi i casi la prima regola da applicare sarebbe stata una sola: “durare”. Cito questa regoletta perché in democrazia e in politica la prima regola da applicare – innanzi tutto a se stessi – è “esserci”, fare demos, cioè fare popolo.

Demo-crazia, demos-kratos, potere-popolo. Nei millenni il termine ha assunto significati molto diversi.

  1. Inizialmente significava “potere sul popolo” e il democrator era il dittatore. Al riguardo mi piace citare una lirica che ho scoperto in internet: Who opened the door for the democrator? / And how come he let in the market-conquistadors? / Why is he acting as if he has something to hide? / The privilege of the stupid is to be taken for a ride… Chi ha spalancato la porta al democrator? Come mai costui si è collocato nel gruppo dei conquistadores? Perché si sta comportando come se avesse qualcosa da nascondere? Il privilegio dello stupido è quello di farsi prendere in giro.

Mi piacerebbe sapere chi sia l’autore di questi versi, se non altro per ringraziarlo di averci messo in guardia contro un uso particolare del termine (e del potere). Democrator, cioè di fatto dittatore, era sicuramente Pericle il quale per non rendere il previsto rendiconto finanziario annuale si fece rieleggere per trent’anni di fila. Pericle il guerrafondaio di guerre tutte perse (in Egitto, a Siracusa, infine contro Sparta, quella fatale per Atene, che se non fosse morto prima di peste, avrebbe chiesto la pace!).

Per comprendere la “democrazia “ ateniese mi permetto di suggerire la lettura di un breve testo scritto da un anonimo, l’ Anonimo Ateniese, “La democrazia come violenza” edito da Sellerio: un tale, contrario al regime ateniese e quindi esule, ci spiega come mai la “democrazia” di Atene perdurasse per tanti anni nonostante i suoi molti difetti che in realtà ne snaturavano l’essenza.

2) La seconda vita del termine democrazia: “strapotere del popolino”, espressione usata in senso critico e dispregiativo dalle classi nobili e ricche per criticare un governo a maggioranza popolare. Oggi forse potremmo trovare un equivalente dire “strapotere del web”.

3) Terza vita: potere del popolo. Ma a questo punto occorre fare attenzione: di quale popolo? Di un popolo che si parla, che si incontra, che discute nei luoghi deputati e che alla fine esprime una volontà-maggioranza (come dovrebbe essere); oppure di un popolo che non si parla; che si incontra solo sul web con un like; che inneggia a chi parla in sua vece e afferma di esprimere la volontà del popolo?

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A quest’ultimo riguardo mi permetto di suggerire la lettura di un piccolo ma great libro di Umberto Eco, “Il fascismo eterno” edito da La nave di Teseo, 60 paginette per i 5 Euro mai così ben spesi. Eco mette in guardia contro il populismo qualitativo, cioè contro la pretesa di taluno di esprimere la volontà uniforme dell’intero popolo, considerato come una massa qualitativamente omogenea (il che non esiste, n.d.r.).

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Circa il pericolo delle folle osannanti, delle unanimità assolute, leggete la prefazione dell’autore Josjf Brodskj al proprio libro “Il canto del pendolo” Ed. Adelphi. Cito a memoria: “Giovani, diffidate delle folle osannanti, delle unanimità di pensiero … se non altro perchè dentro i grandi numeri più facilmente può nascondersi il male”.

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Ecco quindi che noi, che viviamo il terzo significato del termine, non dobbiamo regredire al secondo né tanto meno al primo!

Quindi il problema “democrazia” diventa problema “popolo”: se manca il popolo comunicante al suo interno (nei partiti politici) manca il demos e senza il demos, ecco che il kratos-potere da solo non può far nascere la demo-crazia. Ecco quindi l’importanza di “esserci” in politica. Politica, anche qui un “grazie!” alla Grecia, per la quale il termine politica era un aggettivo di teknè, tecnica, ovvero tecnica politica. Noi lo abbiamo sostantivato e lo utilizziamo così, tout court. Tecnica di governo della polis che poi era la città stato, quindi oggi tecnica di governo dello Stato. Ma … lo Stato siamo noi! E allora innanzi tutto andiamo a votare, non facciamo come in una città di poco più di 100.000 abitanti che non nomino per ragioni di privacy, nella quale ben 30.000 aventi diritto al voto non vanno a votare alle Comunali!

Dice … si caro blogger, predichi bene tu, ma non esiste nessuna forza politica che mi rappresenti interamente il mio pensiero.  Rispondo: che bella pretesa, fare politica senza scendere ad alcun compromesso, anche con se stessi. Dice: ecco vedi? Parli di compromessi, di una cosa negativa!

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Rispondo: no caro amico, il compromesso ha fatto la storia, da sempre. Al riguardo ecco un altro libro fondamentale di cui mi permetto di suggerire la lettura: “I conti con la Storia – Per capire il nostro tempo” di Paolo Mieli (Ed. Rizzoli), al capitolo “Mosche e scarafaggi: quando i compromessi fanno la storia” (pagg.- 38-47), là dove Mieli cita il filosofo israeliano Avishai Margalit, secondo il quale se una mosca si posa sull’unguento di una vostra ferita, la scacciate e la cosa finisce lì: un compromesso accettabile. Per contro vi sono compromessi sordidi, nel senso che non potreste mai mangiare una minestra nella quale fosse caduto uno scarafaggio: fuori delle immagini Mieli cita una serie di compromessi della storia, alcuni accettabili anzi necessari e utili ed altri sordidi. Leggete voi stessi il testo completo.

Dice … quali sono oggi secondo te, blogger, i peggiori nemici della democrazia? Rispondo: la retorica, la demagogia, il polulismo, il sovranismo, l’antieuropeismo. Ah … dimenticavo: il disinteresse, la distrazione, l’assenza da parte dell’elettorato.

A quest’ultimo riguardo, perdonate un riferimento personale: in gioventù sono stato istruttore sezionale di alpinismo. In età matura velista appassionato. In entrambi i casi non mi è mai capitato di trovarmi in situazioni di estremo pericolo di vita, cioè non sono mai stato bloccato su una parete durante una tempesta di neve e ghiaccio né in balia di grandi onde sotto il Mistral. Tuttavia in entrambi i casi la prima regola da applicare sarebbe stata una sola: “durare”. Cito questa regoletta perché in democrazia e in politica la prima regola da applicare – innanzi tutto a se stessi – è esserci”, “fare demos” cioè fare popolo.

Grazie per esserci stati, nel senso di avermi letto sin qui!

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