COSTO DEL DENARO, FLUSSI DEL DENARO E DEL POTERE, LIBERALIZZAZIONI TARIFFARIE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Settembre, 2012 @ 12:13 pm

Detto altrimenti: Di tutto “un po’ “, cercando di capirne “un po’ “

Money, money, money...

Le banche raccolgono denaro. Le banche fanno raccolta di denaro “fra di loro”, cioè prestandosi il denaro a vicenda, e qui fanno riferimento al LIBOR, il famigerato e taroccato tasso interbancario londinese. Inoltre, in misura maggiore, fanno raccolta dalla propria clientela, cioè ricevono il denaro che i clienti depositano presso di loro. Chiarito ciò, le banche calcolano il loro costo medio ponderato della raccolta. Quando prestano il denaro, al costo della raccolta sommano il costo della loro gestione e l’utile atteso. Ed alla fine ne esce il costo per chi prende il denaro a prestito dalla banca.

Cittadini in attesa di potere entrare in banca per chiedere un prestito

Le banche prestano denaro. Chiarito ciò, non è condivisibile che le banche, per giustificare i tassi (elevati, n.d.r.) ai quali prestano il denaro, facciano riferimento al solo LIBOR (“Sa, il Libor è cresciuto … io le farei meno, ma poi c’è il Libor …”) e non anche al costo della loro raccolta dalla loro stessa clientela, al livello dei loro costi gestionali (che ricomprendono stipendi “e buonuscite “fuori scala” alla loro alta dirigenza) ed al loro atteso utile di bilancio, che vogliono sia il maggiore possibile perché su di esso si calcolano premi di produzione stratosferici.

 

Â

Le banche “si premiano”. Premi di produzione “immediati” per i risultati “immdiati”, anche se poi le scelte che hanno portato a quei risultati immediati si rivelano, negli anni successivi, disastrose. Ed allora i super manager che fanno? Restituiscono i premi percepiti? Propongo quindi che i premi siano ridotti e comunque corrisposti “salvo buon fine”, cioè dopo tre anni dal fatto gestionale che si pretende di premiare e solo se quel fatto gestionale si è dimostrato positivo nel tempo.

Vuoto per pieno

Banca come Politica. Fra l’altro, l’elevato (eccessivo, n.d.r.) livello delle retribuzioni delle alte gerarchie bancarie è un po’ come l’elevato (eccessivo, n.d.r.) livello dell’impiego in politica: le due posizioni infatti, bancaria e politica, sono tanto (troppo, n.d.r.) remunerate che ormai sono ricercate e ricoperte per proprio tornaconto, non per senso del dovere o di servizio.

Libor (non labor? N.d.r.) omnia vincit!

Libor o prime rate? Inoltre, una volta il riferimento non era al LIBOR bensì al PRIME RATE, cioè al tasso riservato alla clientela primaria. A mio sommesso avviso bisognerebbe tornare a quel sistema di riferimento. Ma chi appartiene alla “clientela primaria”? Chi alla “secondaria”, alla “terziaria” e così via? Ed allora forse servirebbe fare come hanno fatto le Assicurazioni: stabilire cioè “classi di merito”, attribuendo il relativi rating a ciascun cliente. Almeno uno sa di che morte deve morire.

Libera concorrenza e mercato o … qualcos’altro? Si potrebbe obiettare; ma se si standarizza tutto, dove va a finire la concorrenza? Replico: la concorrenza esiste quando il consumatore ha la possibilità di fare scelte ragionate. La concorrenza non esiste in mancanza di tale possibilità e neppure esiste quando le scelte che egli fa sono “ a caso”, cioè prive della possibilità di un raffronto significativo. Mi spiego: provate a confrontare due polizze assicurative di compagnie diverse. Se scegliete solo in base al prezzo, avete fatto una scelta “ a caso”, cioè non ragionata, perché non avete valutato la parte normativa. Ma siete in grado voi di raffrontare la parte normativa di due contratti di assicurazione? Lo stesso dicasi per il costo del denaro. Il tasso nominale, quello che ci viene dichiarato, è solo una parte del costo. Vi è poi l’incidenza del divisore annuo, della commissione di massimo scoperto, di quella dell’assicurato finanziamento, degli oneri di eventuali controgaranzie richiestevi, della liquidazione mensile, trimestrale, semestrale o annuale, e di altri gravami ancora che per brevità evito di citare. E poi, ma se sono le stesse banche a parlare di “condizioni di cartello”. Cartello, vi ricorda niente questo termine?

Â

Un esempio del costo effettivo annuo del denaro. Ricordo un caso emblematico: seconda Metà degli anni ’70. Ero dirigente responsabile della Finanza Italia della STET, la Finanziaria dell’IRI per l’elettronica e le telecomunicazioni. All’epoca, la più importante Finanziaria del Paese. In un caso, a fronte di un tasso nominale annuo del 12%, calcolammo un costo effettivo annuo del 30%. Mai l’economia reale era stata così strozzata dal costo del denaro e da strette valutarie e creditizie. Mai le banche ebbero bilanci più ricchi.

 

Il Fondo SS, Salva Stati

Dal fondo salva stati alle banche. Ora pare che parte del fondo “salva stati” sia destinato alle banche “in difficoltà”. Bene. Infatti se una banca fallisce, travolge con sé anche tanti innocenti risparmiatori. Ma ciò non deve essere un alibi per non frenare i loro costi, il livello dei loro utili, delle loro super retribuzioni e per non controllare che da banche non diventino finanziarie. La banca deve raccogliere il denaro e prestarlo. Non deve fare la finanziaria, cioè investire in operazioni speculative. E’ di poco tempo fa l’impegno delle banche a livello ABI Associazione Bancaria Italiana a fare le banche e non le finanziarie per cinque anni, ma prima … cosa è successo? E dopo, cosa potrà ancora succedere?

Senza parole

Ma di chi sono quei soldi? Già, perchè il fondo salva stati è alimentato con 190 miliardi di euro dalla Germania, 145 dalla Francia, 125 dall’Italia etc.. E i miliardi “italiani” sono di tutti noi, di ognuno di noi, di persone reali (“reali” non in senso di “monarchici”, sia chiaro!) come siamo reali come è reale l’economia domestica che viviamo giornalmente. Di noi che, di fatto, siamo gli azionisti delle banche, visto che esse sono ricapitalizzate con denaro pubblico, cioè nostro. Quei soldi infatti sono i posti di lavoro che non sono creati, i risparmi che noi non riusciamo più a fare, le tasse che noi paghiamo, l’auto che non cambiamo, le ferie che non facciamo, gli aiuti che non possiamo più dare ai nostri figli: abbiamo quindi a buona ragione il diritto di chiedere ed esigere che siano impiegati con prudenza, non vi pare?

Vasi comunicanti e non, del “liquido” (cioè, anche del denaro). Il fatto è che noi Italiani crediamo di vivere viviamo in un sistema di vasi comunicanti, ma così purtroppo non è. Mi spiego. Il Sistema Italia è costituito da una serie di vasi pieni di liquido, collegati fra di loro da un tubicino alla loro base. Alcuni vasi si stanno svuotando, in quanto forati nel fondo: sono quelli delle risorse per i disoccupati, gli esodati, i sotto pensionati etc.. Nessuna paura, direte voi, i vasi sono comunicanti: il liquido arriverà dagli altri vasi pieni: quelli dei costi della politica, delle spese inutili, delle super retribuzioni, degli evasori fiscali, dalla riduzione degli utili bancari, etc.. Nossignore, perché quei vasi in realtà non sono comunicanti: infatti ad interrompere il flusso del liquido vi sono piccoli rubinetti, siano essi cosiddetti diritti acquisti, prassi consolidate, posizioni di casta, inerzie di legge, gestioni separate, leggi uguali per tutti … gli appartenenti a quella categoria, s’intende, etc..

Vasi comunicanti e non, del potere. In Democrazia il Potere spetta al Popolo. Il Popolo è Sovrano. Il Popolo sta all’interno dio un vaso che lui crede comunicante con altro vaso (quello dove si trovano i parlamentari). Il Popolo, attraverso un referendum, abolisce il finanziamento pubblico ai partiti e si aspetta che la sua decisione, attraverso il tubicino di comunicazione, passi al vaso dove stanno i parlamentari, i quali aboliscano per legge tale finanziamento, niente affatto: i parlamentari chiudono il rubinetto di comunicazione, la decisione referendaria non passa, e loro fanno una legge che consente i “rimborsi delle spese elettorali (anche se non documentate) e comunque in misura multipla delle spese sostenute.

Tariffe, privatizzazioni e liberalizzazioni. Tanti anni fa, a Bologna, durante un convegno sulle privatizzazioni e liberalizzazioni, parlava tale Romano Prodi. Ricordo che disse. “Occorre farle bene, altrimenti è meglio non farle”. Oggi molte sono state fatte. Abbiamo “aperto al mercato, alla sana, libera concorrenza”. Le tariffe sono molto aumentate. Non capisco …