700 ANNI DALLA MORTE DI DANTE, 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Ottobre, 2020 @ 4:12 pm

Detto altrimenti: la nascita dell’Ora del Garda    (post 4031)

L’Ora è una brezza termica che spira dal lago di Garda (da sud) verso la costa trentina del lago (verso nord). Si forma regolarmente in assenza di perturbazioni bariche verso le undici del mattino, preannunciata dal formarsi di nuvoloni bianchi sulla catena del monte Baldo. Il secondo segnale è l’apparire di una striscia più scura lontana sull’acqua, a sud, segno che la superficie del lago laggiù è già increspata. Indi arriva lucente e sberluccicante a Riva del Garda, quasi rimbalzando sull’acqua e segnandola un po’ qua un po’ là, fin a quando non si distende completamente.


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Dante è in barca a vela con Virgilio e i due aspettano l’arrivo dell’Ora per essere tratti fuori dall’Inferno. Hanno issato lo spinnaker (colore rosso, l’unico disponibile alla Veleria Inferno, vedi foto) , tipica vela da vento in poppa. La barca prende l’Ora, accelera, plana ed entra a vele spiegate nella galleria Adige-Garda, quella usata per sventare il pericolo di inondazione quando la Valle dell’Adige fosse esposta a tale a rischio a causa delle troppe piogge. Virgilio è al timone e Dante regola le vele manovrando le relative scotte. Sanno che all’uscita del tunnel li attende il Paradiso. In Purgatorio andranno dopo (licenza poetica, n.d.r.).

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“E come lo Benaco ampio e lucente / da lungi prima tigne suo orizzonte / d’onda più scura, e attira umana mente / a discovrir del suo ‘n crespar la fonte; / quinci scintilla d’argentina trama  / le  chiare squame che nessun ha conte;  / e infin impregna di ventosa lama / fertile vela sì che non sia tesa / per ricovrarla ove nocchiero brama / lieve sì come cosa che non pesa, / così noi fora da le triste rotte / fummo sospinti dopo lunga attesa / lo Duca mio al timon ed io a le scotte. / E l’Ora fea planar carena alata / verso polar da dove oscure grotte / d’onda atesina avrebbero inondata / de Torbolan la manca, se la piova / perigliosa rendesse sua vallata. / E ’l Duca mi parlò: Che tu non mova / la scotta de la randa né te stesso / sin quando nostra via la luce nova / vedrà suso all’uscir e fatto fesso / lo periglioso andar, il nostro legno / di vita ricca a noi diventi messo. / Sì disse. Ed orzando sino al segno / dall’angolo del vento consentito / strallò lo spi e consegnocci in pegno / all’antro oscuro omai d’acqua empinito”.

Si domanda: a quale canto della … Divina Commedia appartengono questi versi?

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