CONTE, IL POPULISMO QUALITATIVO, RENZI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Dicembre, 2020 @ 5:53 am

Detto altrimenti: il post della mattina di Natale    (post 4117)

Prima viene la demagogia, dopo il populismo. Prima si lusinga il bambino: “Stai bravo  che ti darò tutto quello che vuoi”. Dopo arriva il populismo: “Quei tre gelati a fila gli hanno fatto male ma è lui che li ha voluti, è stata quella la sua volontà!”. Anche in politica: prima “Votatemi che vi darò tutto quello che volete”; dopo “E’ stata la volontà della maggioranza alla base delle decisioni di governo, quindi di che vi lamentate?”

Già così non saremmo messi tanto bene. Ma c’è di più: c’è il “populismo qualitativo” così bene evidenziato da Umberto Eco. Esso si verifica quando il popolo – o nel caso attuale un governo – è considerato come una massa qualitativamente informe ed sostanzialmente uniforme che si vuole fare intendere esprima un’unica volontà. Ora, poiché non è pensabile che un gruppo così eterogeneo di persone, sia esso l’insieme dei cittadini o l’insieme dei componenti di un governo, esprima realmente un pensiero unico, in realtà quel pensiero è il pensiero del capo che viene presentato come il pensiero unico e qualitativamente uniforme di un gruppo sostanzialmente informe.

Per arrivare a ciò in regimi anche formalmente non democratici, basta che il capo si affacci ad un balcone per proclamare che sta per dare esecuzione alla volontà della folla sottostante e osannante. In sistemi democratici occorre persuadere le masse (e i componenti di un governo) che “bisogna essere uniti, compatti, remare tutti nella stessa direzione … il paese ha bisogno di un governo coeso … non c’è tempo da perdere (ovvero: ho fatto in modo che non ci sia tempo per un dibattito) … “. Così è accaduto e sta accadendo in relazione al Recovery Fund, Plan, Band.

Dal luglio scorso RENZI ha insistentemente chiesto – inascoltato – che il governo e il parlamento fossero coinvolti nelle decisioni circa il Recovery Fund/Plan. L’unica risposta ricevuta sul filo di lana è stata la Recovery-Band. Al che Renzi ha puntato i piedi e finalmente, il 22 dicembre scorso ai suoi ministri sono stati mostrati alcuni progetti dei quali si chiede il finanziamento Recovery, in  una riunione nel corso della quale  è emerso – fra l’altro – che alcuni componenti della Recovery Band governativa non avevano nemmeno letto il Recovery Plan (!?) o che non ricordavano di avere inserito la materia nella legge finanziaria (!?).

Già così non saremmo messi molto bene. Ma c’è di più. Infatti ai ministri di Italia Viva il 22 dicembre è stato fissato il termine del 28 dicembre (a cavallo del Natale!)  per presentare eccezioni, variazioni contributi in quanto “il Piano deve essere varato entro l’anno”. E ci risiamo con quel “Coraggio, arriviamo all’unico pensiero … non c’è tempo per discutere …” che sta alla base della  successiva prevedibile dichiarazione  “Ecco qui, vi presento la volontà di un’entità compatta, qualitativamente uniforme, il vostro governo, quello che io dirigo”: il populismo qualitativo, appunto!

Dice … ma in quale opera Umberto Eco ha formulato la sua teoria – che poi teoria non è – del populismo qualitativo? Si tratta di un libretto scritto oltre venti anni va e recentemente ripubblicato dalla Editrice La Nave di Teseo, “Il fascismo eterno”, 60 paginette a soli €5,00 (i cinque euri meglio spesi in tutta la mia vita) nel quale Eco elenca le varie componenti occulte, sotto traccia, di un sistema che per affermarsi non ha più bisogno di manganellatori in camicia nera ma utilizza una serie di artifici  solo apparentemente innocui: il populismo qualitativo è uno di questi.

Ho esagerato nel mio ragionamento? Può darsi ma uno dei miei maestri, il filosofo austriaco del diritto, Hans Kelsen, mi ha insegnato che per verificare l’esattezza di un ragionamento occorre spingerlo alle sue estreme conseguenze salvo poi ridimensionarne la portata. E così ho fatto, anche perché a pensar male …

E se mi sbaglio mi corigerete.

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