LA NECESSARIA RIFORMA DELL’AUTONOMIA SPECIALE AMMINISTRATIVA IN TRENTINO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Luglio, 2025 @ 4:49 amIl primo a parlarne (per la sua Provincia) era stato il Presidente dell’Alto Adige Luis Durnwalder, promuovendo l’idea di una “Autonomia dinamica”, tale in quanto costantemente adattata alle mutevoli condizioni sociali, economiche, politiche. Il terreno di intervento al quale Durnwalder faceva riferimento era il rapporto fra la sua provincia e Roma.
Da Roma tuttavia pare che possa essere innescato un dinamismo ben diverso, quello dell’Autonomia Differenziata, che però non è oggetto di questo mio intervento.
Infatti in questa sede io mi rifaccio alla necessità di un dinamismo rispetto ad un terreno nostrano, quello del rapporto fra la nostra Provincia Autonoma e la nostra Città Capoluogo, città di fatto “metropolitana” ma paradossalmente molto meo autonoma, nel senso che in molte occasioni il potere – mantenuto in capo alla Provincia – è separato dalla responsabilità degli effetti del suo esercizio, che viene lasciata ricadere su di essa e sul suo sindaco.
Inizio prendendo lo spunto dal “terreno” cittadino in senso non figurato: mi riferisco ad ampie aree all’interno del perimetro comunale: quelle agricole utilizzate dalla provincia per i noti concertoni-generatori-di-rilevanti-perdite-economiche-pubbliche; alle aree ex militari inutilizzate da anni e che la Provincia non si attiva a che siano utilizzate da una positiva politica comunale.
Vi sono poi altri “terreni”, questa volta figurati, rispetto ai quali si tiene purtroppo ancora separato il potere dalla responsabilità: il “terreno umano” della concentrazione su Trento da parte della Provincia di tutti gli immigrati prima sparsi sull’intero ambito provinciale, il che ha fatto diminuire il senso di sicurezza cittadino, la cui responsabilità viene ingiustamente lasciata “scivolare” sul Comune, mentre la competenza per la sicurezza spetta istituzionalmente al Ministero degli Interni ed alla stressa Provincia, ma tant’è …
Ancora … la paradossale restituzione a Roma (!) delle risorse finanziarie già arrivate in Provincia e destinate al pagamento degli stipendi ad insegnanti trentini che insegnassero la nostra lingua agli immigrati; la gestione da parte della Provincia delle case ITEA, soprattutto di quelle esistenti nel territorio comunale della Città Capoluogo, alcune delle quali – senza consultare le Circoscrizioni interessate e lo stesso Comune – la Provincia ha assegnato ad alcuni immigrati, ponendo le basi per una violenta protesta da parte di cittadini in lista di attesa da anni e innescando un ingiusto sentimento di rigetto verso l’intera categoria di quelle persone, scatenando una guerra fra gli ultimi e i penultimi.
Potrei citare altri casi ma preferisco venire alla conclusione: la Provincia sta operando troppo come “finanziaria operativa” rispetto alla sua maggiore “società partecipata”, la Città Capoluogo, assumendo decisioni che potrebbero/e dovrebbero essere assunte da quel Comune, mantenendo in capo a se stessa il potere separato dalla responsabilità che invece viene lasciata scivolare sul Capoluogo: ecco il Rapporto di Autonomia che occorre riformare.
Il che farebbe guadagnare tempo e attenzione alla stessa Provincia la quale potrebbe dedicarsi più attivamente ai grandi problemi dei rapporti con Roma e – ad esempio – cercare di mantenere in capo all’attuale gestore locale la concessione della nostra autostrada del Brennero A22, assegnazione che invece sembrerebbe a rischio.
L’auspicata riforma del rapporto di autonomia fra la Provincia e la Città Capoluogo, ha effetti anche sulle altre città (nei cui confronti la riforma sarebbe sulla traccia – anche se un po’ diversa – di quella della città capoluogo) e sui tanti piccoli paesi del territorio provinciale.
Su questi piccoli comuni infatti oggi vediamo interventi provinciali a pioggia diffusa e/o interventi specifici acchiappavoti. Ciascun sindaco da parte sua verifica innanzi tutto l’omogeneità politica dell’elettorato locale con chi in Provincia ha il potere di decidere (“finanziare”) e si muove di conseguenza, andando a chiedere il finanziamento necessario con un atteggiamento che l’antica saggezza popolare descrive “con il cappello in mano”.
E invece l’era del “cappello in mano” deve finire. Come? Io mi permetto di ipotizzare che si adotti un altro sistema: infatti, spesso, dai neoeletti a capo di enti importanti (grandi città, regioni) si sente dire: “Io sarò il Sindaco, il Presidente di tutti”. Ed allora adottiamo questo modus operandi, invitando i sindaci di ogni piccolo comune a proporre alla Provincia gli interventi da effettuare, sulla base di pre-progetti di larga massima. Sarà compito della Provincia fornire ai Comuni assistenza già nella redazione dei pre progetti e quindi stabilire motivatamente le priorità.
Sotto un aspetto “mentale” ciascun sindaco deve essere cosciente che se non può realizzare direttamente grandi interventi (“grandi” rispetto alle dimensioni del suo paese), può e anzi deve essere progettualmente propositivo.
In tale prospettiva, l’auspicata azione del Sindaco della Città capoluogo mirata a riformare il rapporto della sua città con la Provincia, sarebbe utile e giovevole anche a tutti i suoi colleghi Sindaci dei molti piccoli paesi del territorio provinciale.
Riccardo Lucatti, Tavolo di Lavoro Finanza ed Economia mista ITALIAVIVA TRENTINO


















