MOSCA – VLADIVOSTOK

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Novembre, 2012 @ 8:30 am

Detto altrimenti: molto di più che la “Transiberiana”


Alle scuole medie ci hanno insegnato …. sapete ragazzi, questa ferrovia attraversa tutta la Russia, migliaia di km … Ma non basta. Quanti di voi hanno presente che Vladivostok si trova ad una latitudine minore della Costa Azzurra (cioè è più vicina all’equatore edi quanto non lo sia la Costa Azzurra), ma che, nonostante ciò, nonostante la latidudine, Vladivostok e ancor più le vivine vallate dei fiume Amur ed Ussuri sono “Siberia” e in inverno vi si raggiungono temperature di -30, -40 gradi? Quanti che la città è più vicina all’Australia che a Mosca? Quanti che la città si trova in un cuneo di Russia fra le propaggini della Corea del Nord e della Cina, di fronte alle isole settentrionali (Hokkaiddo) del Giappone e di fronte alla famigerata isola prigione russa staliniana di Sachalin?

No, non voglio impartirvi una lezione di geografia o di geopolitica. Il fatto è che ho letto un libro “importante” dal titolo “La tigre” di John Vaillant, Ed. Einaudi. La tigre, la tigre siberiana, coda compresa (lft, lunghezza fuori tutto, si direbbe con termine nautico) può arrivare a 4,5 metri. Altezza anche 1 metro, peso sino a 300 kg. La testa ha le dimensioni di un torace di uomo adulto. La coda, quella di un nostro braccio. La zampa lascia sulla neve un’orma pari ad un “Borsalino”. Da ferma, salta in alto sino a tre metri o scavalca d’un balzo una strada statale. Pensate, un cane pittbull alle mascelle esprime una forza pari a 500 kg. Ora immaginate un pittbull di 300 kg! Le mascelle della tigre sviluppano una pressione di 70 kg/cm quadrato! Fate voi …

Ma non è delle tigri che voglio parlarvi, ma della Russia, la quale nei confronti dei suoi abitanti è stata una vera tigre siberiana, stritolandoli, sbriciolandone le ossa come se fossero biscotti per neonati. Prima con gli Zar, poi con lo stalinismo con i suoi genocidi di massa, poi con l’oscurantismo dei vari “muri di Berlino” esterni ed interni, ed infine con i Nuovi Zar, gli arricchiti, i predatori dei beni comuni, gente che in pochi anni ha costituito un club di 19 persone che figurano fra le 100 più ricche della terra.

Tutto questo visto da una città e soprattutto dai paesi della zona, distanti 9000 km da Mosca, da paesi, o meglio, dai piccoli villaggi sorti ai bordi della taiga, la foresta siberiana, casa della tigre, appunto.

Non c’è mai stata fine al peggio, per quella gente. Il libro lo descrive bene. Si, c’è anche una trama, ma non è un romanzo, è una storia vera. Ma la trama è un po’ come il tronco abbastanza spoglio dal quale si dipartono rami rigogliosi: la descrizione della flora, della fauna e del clima della zona, l’analisi della “psicologia” delle tigri siberiane, la descrizione della foresta, della vita di chi ne trae sostentamento ma soprattutto la rappresentazione di come le evoluzioni (se di evoluzioni si può parlare, visto che normalmente al termine si attribuisce un significato positivo!) della politica centrale di Mosca abbiano influito soprattutto negativamente sulla vita già durissima e primordiale di quelle popolazioni. Ma non basta. Quelle zone di confine, dimenticate dalla madrepatria, sono state “colonizzate” e depredate da una sorta di moderno imperialismo, quello cinese, che le ha spogliate di tutto: delle foreste, delle tigri … di tutto. Tuttavia ora pare che Mosca si sia ricordata di questo suo confine …

Il sottotitolo del libro recita: “Un’avventura siberiana di vendetta e di sopravvivenza”. Ora, se per una tigre ferita può ben essere anche “vendetta”, per le popolazioni ferite dalla Madre Russia più che di vendetta parlerei di “rivalsa”, di “necessario e giusto riequlibrio”, di “risarcimento dei danni subiti”. Sopravvivenza, invece, va bene per tutti i due: per la tigre e per la gente della Siberia.

Perchè ho voluto scrivere questo post subito dopo quello “anti-Mitt Romney”? E’ semplice, per una questione di “par condicio!”