IN SOLITARIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Novembre, 2012 @ 3:11 pm

Detto altrimenti: lo si dice di una scalata, di una navigazione, di una esplorazione …

Se andate al mio post del 5 ottobre, troverete il resoconto di una pedalata “in solitaria”. Alcuni miei amici di Bici UISP Trento mi hanno detto: “Ma da solo … è pericoloso, meglio essere in gruppo o almeno in due”. L’osservazione mi ha fatto riflettere sul concetto. Infatti, nella mia vita ho vissuto alcune “esperienze in solitaria”.

 In montagna

Sul Cimon della Pala

Ho smesso di arrampicare da tanti anni, ma ricordo tutto. Benissimo Normalmente mi legavo in cordata, come è normale. Poi mi è capitato di arrampicare da solo. Le prime volte sei teso, preoccupato di ciò che può accadere, sei solo parzialmente assicurato alla corda, se ti fai male poi, non ne parliamo. Ma dopo un po’ ti abitui, impari che quello è il tuo modo di “essere normale” e ragioni al contrario: non quanta sicurezza hai in meno quando scali da solo, ma quanta ne hai in più quando sei legato in cordata. Quando sei solo, sei più attento, più responsabile, più libero di assaporare le tue sensazioni, di attivare la tua riserva di forze secondo l’andamento dei tuoi “consumi di energia”. E quando arrivi sulla vetta del Cimon della Pala e ci trovi l’intero corso di alpinismo delle Fiamme Gialle di Moena, e uno di loro ti chiede: “Ma dov’è il tuo compagno?”. Bè, allora ti senti un figo … figo e molto fortunato perché hai trovato uno che ti ha fatto una foto e poi perchè ti hanno concesso di usare le loro corde doppie da 50 metri, già bene ancorate sulla via di discesa, e in men che non si dica, senza fatica e senza rischio alcuno, sei ai piedi della parete!

Al mare. A remi

Rowing Club Genova. Ho sempre prediletto la canoa monoposto, Perché? Leggete questa mia poesia, credo che basterà a spiegarlo:

Tramonto sul Mar Ligure

Non sai
dove l’onda di sale sia nata
se veglia
oppur se riposa
né quale sia l’ultima meta dell’ala incantata
che avanza e ritrae il suo velo
la liquida seta di sposa
ad un cielo
che colma lo spazio d’amore.
E senza rumore
la mente s’immerge nell’acqua
nuotando pian piano
per non farle male
e con la sua rete
cattura al ricordo le nuove emozioni.
Poi …
tu alzi i remi
e come in un rito
depositi in mano al tramonto dei suoni
l’essenza feconda
di piccole gocce di smalto
prezioso vagito
che hai ripescato
dal fiordo abissale
profondo infinito.
E vento di luce
d’azzurro cobalto
sospinge la barca alla sponda
sorgente dal Mare
che ormai al Cielo s’è unito.

Al mare, sul Garda, a vela

Sul Lago di Garda

Potrei copiare qui il resoconto di una traversata dalla Corsica alla Toscana, da solo, con il mio Fun da regata Whisper ITA 526. Ma credo che sia più “attraente” per il lettore la descrizione dei miei primi passi “a vela”. Tralascio qualche sporadico contatto con la vela di quando ero ragazzino, a Genova. Più che andare a vela cui facevamo semplicemente “spingere” dal vento. Ma veleggiare è un’altra cosa. Infatti … Giunto a Trento per lavoro, mi dissi: c’è il Garda Trentino, Riva del Garda, dai, comprati una barca a vela! Detto fatto. Quando abitavo a Genova andavo in Dolomiti ad arrampicare. Ora le veleggiate sul Garda avrebbero equilibrato la partita. Studio molte riviste di vela e compero il FUN esposto al Salone Nautico di Genova. Messo in acqua a Riva del Garda e … e “ora come si fa?”. A Torbole, in un negozio di sport, incontro il famoso velista internazionale Mauro Pellaschier: “Se riesci a imparare a Riva don un Fun sei a posto!” Detto fatto. Tre uscite con amici esperti e poi, via, in pieno inverno, da solo, verso sud. Pare poco, ma così non è. Randa piena e fiocco piccolo, credi che sia poco invelata la tua barca. E invece, con un Peler che cresce, aria fredda da nord che spinge il doppio, che aumenta, e così l’onda. La barca inizia a planare. 6-7-8 nodi e chi la ferma più?! Arrivi a mezzo lago. Devi tornare. Ancora non hai imparato a fissare il timone. Riesci a ridurre la randa, dopo molti sforzi. Riparti di bolina. Onde contro. Spruzzi gelidi in faccia. Ore e ore. Arrivi in porto. Hai fatto vincere una scommessa ad alcuni e perdere ad altri: “Questa volta il Lucatti non riesce e rientrare, dovrà riparare in un porto lungo la costa. Scommettiamo?” Sono sempre rientrato. Dopo venti anni ho scoperto chi – fra i miei amici – scommetteva a favore e chi contro. Ora, dopo venti anni di esperienza, uscire in solitaria è assolutamente normale. Stai meglio con te stesso, non dovendoti dividere con altri.

In bicicletta

Aldeno - Bondone

La più rilevante particolarità è che pedali alla tua andatura, più o meno veloce, secondo le tue esigenze, le tue forze, le tua scelte. Non devi né forzare né rallentare. E poi … la bici ti mette a contatto con la natura. Se sei solo sei ancjhe a contatto con … te stesso. Ed ecco un’altra poesia:

Bici, perché?

Perché
in una chiesetta al Ghisallo
riposa sospesa
antica reliquia a pedali.
Perché
insieme a lei
tu scali la vetta
compagno soltanto a te stesso.
Perché
ti ha insegnato
ad alzare più spesso lo sguardo
a scrutare che cielo farà.
Perché
sempre incontri qualcuno
che non ha timore
di aprire la sua vita al vicino.
Perché
con il vento dei sogni
giocando
ritorni un poco bambino.
Perché
restituisce
ad un uomo affannato
profumi di suoni e colori.
Perché
in salita
ricorda ad ognuno
che volendo e insistendo si può.
E poi, … perché no?

Nel lavoro, nella vita

Solo

Tante esperienze. Dicono che avere un figlio, cambiare città e lavoro, tutto contemporaneamente, fa venire l’esaurimento nervoso. A chi? Mia moglie dice: “Agli altri, lo fai venire, ma a te no!”. Fra le tante esperienze di “lavoro in solitaria”, una. Lavoravo quale responsabile di una SpA. Mi ci “ero messo” da solo, in quella posizione, nel senso che nessuno mi aveva raccomandato, segnalato, indicato. Né provenivo dall’interno di quello specifico sistema. Nemmeno da quella stessa città. Una volta una persona del Sistema del quale ero entrato a far parte ebbe a dirmi. “Guarda che tu, quel posto lì … non ti ci ha messo Tizio/Caio (indicava un’autorità del sistema). Ci sei arrivato da solo”. Ora, secondo chi parlava, la frase era un avvertimento amichevole  (o una velata minaccia?) nel senso:  “Guarda che sei “scoperto”, sta scalando in solitaria, nessun “padrino” ti potrebbe difendere, nessuna autorità spenderebbe una parola a tuo favore, quindi sappiti regolare”. Io ho preferito interpretarla come un complimento: “Bravo, stai scalando la vita “in solitaria”  avvalendoti delle tue sole forze”.