Cosentino affair

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Gennaio, 2012 @ 6:52 am

Detto altrimenti: Quis custodiet ipsos custodes? (VI Satira di Giovenale): chi controlla i custodi (delle nostre leggi, n.d.r.)?
Il fatto da accertare era 1) “si tratta di persecuzione politica o no?” e non 2) “il parlamentare ha commesso o meno i reati per i quali è indagato e comunque le misure proposte contro di lui (l’arresto) sono adeguate?”(Ex ministro Fitto a Ballarò: “La misura della restrizione personale sarebbe stata eccessiva rispetto quanto contestato”). Sono due comportamenti obiettivamente  diversi, e diversi sono anche soggettivamente: infatti il primo sarebbe stato eventualmente imputabile ai giudici; il secondo al parlamentare. Orbene, l’assenza della persecuzione politica era stata accertata dalla commissione parlamentare per le autorizzazioni a procedere che aveva studiato la documentazione. Ora, non si venga a dire che anche le centinaia di parlamentari che hanno votato per non autorizzare l’arresto avevano studiato quelle carte! Ed allora non resta che concludere che questi parlamentari hanno abusato di una facoltà/diritto/dovere loro attribuita dalla legge, hanno stravolto il modo legittimo di esercitare il ruolo loro affidato dalla legge. Tutti costoro si sono arbitrariamente trasformati da “valutatori dell’esistenza di una finalità persecutoria politica” in “giudici sui reati ascritti e sui relativi provvedimenti giudiziari”. Mi chiedo: costoro sono “legibus soluti”? Cioè sono al di sopra delle leggi? A chi afferma che la funzione di governo dovrebbe controllare maggiormente la magistratura, in questa occasione si potrebbe rispondere che dovrebbe essere la magistratura a poter controllare maggiormente i parlamentari circa comportamenti di questa natura. Forse dovremmo imparare dal poker, gioco nel quale la scala massima vince la media che vince la minima che vince la massima etc., ma almeno tutti devono avere un ragionevole e cosciente dubbio sulla intangibilità della propria posizione.
Il fatto è grave, non può passare sotto silenzio.