ANALIZZIAMO LA FINANZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 11:18 am

Detto altrimenti: e gestiamo separatamente ogni sua componente     (post 3933)

Fine anni ’70 – primi anni ’80. Feroce stretta creditizia. Noi, grandi utilizzatori (Stet-Società Finanziaria telefonica per Azioni SpA, Torino) e le banche (la prima fu la Banca Commerciale Italiana, AD Luigi Fausti, se ben ricordo) attivammo la prassi delle accettazioni bancarie: per ragioni di plafond imposto dalla Banca d’Italia, ogni banca non poteva concederci un credito per cassa oltre un tot? Ed allora ci facemmo concedere un credito di firma, cioè l’ accettazione della banca su una cambiale il che rendeva qual pezzo di carta assolutamente valido quale garanzia per un’altra banca che invece avesse ancora margini per cassa e che in tal modo avrebbe potuto erogare a noi il credito di cassa necessario. Mi pare di ricordare che l’iniziale plafond di accettazioni (erano contingentate anche quelle!)  concesso dalla Banca d’Italia alla Comit fosse di 200 miliardi di lire, e che questo plafond fosse subito utilizzato al 100%.

Racconto quanto sopra per evidenziare una prima identificazione dei diversi elementi che compongono un fatto di finanza: il credito per cassa e quello di firma, nel senso che una banca può erogare anche solo una delle di Rendita due forme. Ma veniamo ai Titoli Irredimibili di Rendita (chiamiamoli TIR!), di cui ai molti post precedenti. Anche qui l’operazione di finanza si scompone come segue:

  • Il risparmiatore-investitore eroga la somma per cassa;
  • l’ente emittente si procura finanza, non si indebita e garantisce all’investitore una rendita ma non la restituzione del capitale;
  • le banche – dietro il pagamento di una loro commissione – possono essere chiamate a garantire all’investitore la regolarità del pagamento della rendita;
  • l’ente emittente si riserva la facoltà di ricomperarsi il titolo;
  • l’investitore può recuperare il capitale vendendo il titolo in borsa.

Ogni soggetto fa una parte, la sua parte. E il tutto funziona!

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I TITOLI PATRIOTT

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 6:57 am

Detto altrimenti: una proposta sovranista     (post 3922)

Due esponenti politici che si definiscono di destra ma a mio sommesso avviso molto, molto  lontani dalla destra liberale di Malagodi, propongono che lo Stato emetta titoli di debito patriottici: riservati agli Italiani, a scadenza molto lunga, esentasse.  In altro post li ho criticati in quanto: escludono i finanziatori esteri; aumentano comunque il livello dell’indebitamento; sono un regalo per i ricchi.

Nel corso di un’intervista, la giornalista domanda ad un esperto economista, professore universitario e editorialista del Il Sole 24 Ore cosa ne pensasse. Risposta, “Si, potrebbero andare … abbiamo visto che anche nella recente asta da 22 mildi gli Italiani hanno risposto bene”. Risposta superficiale, incoerente con la domanda. Infatti non si trattava di titoli riservati agli Italiani, non erano a scaddenza lunghissima e non erano esentasse. Praticamente la sua è stata la risposta ad una domanda diversa: “Come valuta l’andamento dell’ultima asta di titoli tradizionali?”

Questi qui invece, quelli della proposta, io li chiamo titoli patriott, come quei missili: solo che questi “missili” sono puntati contro chi li emette.

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LA FINANZA DEL DOPO VIRUS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Giugno, 2020 @ 5:52 am

Detto altrimenti: “… ma i soldi chi te li dà …?”      (post 3921)

Una vecchia canzone di Renato Carosone, “Tu vuo’ fa’ l’americano” … E continua: “Ma i soldi chi te li dà? La borsetta di mammà”: e in questi giorni per noi quella borsetta è l’UE. In questi stessi giorni ho ascoltato attentamente gli interventi di esimi professori, esperti e affermati economisti, di imprenditori, politici i quali tutti mostrano di avere grandi idee, una visione ampia dei problemi, indicano la strada per la “ricostruzione”, questa volta non di edifici bombardati ma del sistema economico e sociale “bombardato” dal virus. Tutte ottime parole, ottimi intenti, ottimi progetti.

Tuttavia fra i tanti devo dire che il pensiero di gran lunga più valido, concreto e convincente è quello di un vecchio “collega” di banca (all’inizio della mia carriera io ho lavoravo cinque anni in quella stessa grande banca), lui poi che in quella banca c’è rimasto fino ad arrivarne al vertice, e cioè che ad iniziare dal prossimo anno l’Italia deve assolutamente dimostrare alla politica e soprattutto alla finanza mondiale che riduce il debito pubblico, anno per anno, gradualmente. Sia pure un poco alla volta, ma che lo riduce (“Qual è la preoccupazione? Che in un recente passato non siamo stati capaci di ridurre questo debito sia pure in presenza di un avanza primario!”). Orbene, se non riuscissimo a diminuire – ma anzi, ove continuassimo ad aumentare il nostro indebitamento pubblico – probabilmente l’UE ci metterebbe alla porta, oppure potremmo essere noi stessi ad uscire da quella porta, su decisione di un governo “forte”, un governo di quelli che il popolo reclama ed acclama nei momenti di maggiore difficoltà; il governo degli uomini della provvidenza; quello di uomini che tutto il mondo ci invidia di mica tanto antica e di tanto triste memoria. In una parola: un governo sovranista!

Osservo: uscire dall’UE? Abbandonare quella che sarebbe invece la nostra vera soluzione (l’UE), e tornare alla lira, molto svalutata a causa di una fortissima inflazione; tornare al divieto di possedere valuta estera; di investire all’estero, alla feroce stretta creditizia e valutaria degli anni ’70; all’obbligo per gli importatori di finanziare in divisa le loro importazioni e di versare la metà dell’importo vincolato e infruttifero per sei mesi alla Banca d’Italia; tornare ai tassi bancari nominali del 25%, costo effettivo annuo del 35%; tornare a rendimenti dei titoli di stato a livello superiore a costo del denaro bancario. E’ questo che vogliamo? Ma già … molti attuali politici odierni negli anni ’70 non erano ancora nati, mica è colpa loro se non conoscono questi precedenti …

Quindi: la riduzione del debito pubblico è il primo obiettivo che ci dobbiamo porre, ridurre il debito e restare in UE. Ciò comporta di adottare tutti gli strumenti che possono contribuire a tale scopo, fra i quali le emissioni di Titoli di stato Irredimibili di Rendita, come più volte da me scritto in molti post precedenti. Al riguardo un affermato economista, il professore Marco Fortis (economista, docente universitario, editorialista del Il Sole 24 Ore) li ha citati come possibili/utili se emessi dall’UE, ma non se emessi dall’Italia in quanto sarebbero una sorta di “patrimoniale”, trascurando egli il fatto che la proposta che è stata fatta nel libro qui a fianco prevede espressamente che gli irredimibili italiani siano sottoscritti dai risparmiatori tassativamente solo su base volontaria, iniziando con la sostituzione volontaria di tranche di debito pubblico redimibile in scadenza. Ecco, una frase inserita quasi per inciso in un discorso molto ampio, rischia di condannare a morte il nascituro quando ancora è nel grembo materno: un nascituro, il Titolo Irredimibile Rendita, che NON è un debito e che invece contribuisce alla riduzione del debito pubblico.

Ma il da-me-non-espressamente-citato-vecchio-“collega”-di-banca ha aggiunto un’altra considerazione importantissima: il livello di rendimento degli irredimibili, superiore a quello dei titoli redimibili ad esempio di 1,5-2 punti, potrebbe/dovrebbe sì essere fisso per cinque anni,  ma rivedibile di quinquennio in quinquennio secondo una formula che garantisse il mantenimento del rispetto del reciproco interesse inziale delle due parti in causa: l’ente emittente ed il risparmiatore: una formula “onesta” che – nel tempo – non risultasse di danno a nessuna di esse.

Ma non basta: infatti – aggiunge l’amico – occorre che permanga la fiducia nello Stato da parte degli Italiani e dei soggetti esteri: fiducia nel fatto che il debito pubblico diminuisca e che lo Stato sia in grado di continuare a corrispondere gli interessi sui propri titoli. Ciò quale condizione necessaria a mantenere il valore del titolo irredimibile intorno a 100.

A questo punto mi permetto di aggiungere che il calcolo da fare sarebbe il seguente: redigere la situazione di tutte le scadenze dei titoli redimibili (circa 400-500 miliardi l’anno); iniziare ad offrire la sostituzione volontaria di titoli redimibili con titoli irredimibili, calcolare – nelle varie ipotesi – l’andamento dei flussi finanziari degli interessi e dei rimborsi/mancati rimborsi in linea di capitale e il conseguente effetto sulla diminuzione del livello del debito pubblico. Ivi compreso il calcolo dei possibili riacquisti graduali di irredimibili da parte dell’ente emittente.

Ah … dimenticavo: un’ulteriore considerazione del mio amico: il denaro deve avere un costo, non può essere “regalato”. Anche in questo mi sento di dargli ragione. E’ il pensiero che ho sempre maturato ogni volta che sento una promozione di un bene – ad esempio di un’auto – che viene offerta a rate senza interessi: infatti gli interessi sono compresi nel totale delle rate! Affermare che il denaro può non produrre interessi sarebbe come dire che può esistere l’acqua asciutta.

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OGGI HO RIVISTO LA BELLEZZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Giugno, 2020 @ 8:29 pm

Detto altrimenti: una pedalata dopo virus    (post 3921)

Qualche anno fa – diciamo trenta? – salivo da Trento con la bici da corsa, superavo Vigolo Vattaro, scendevo sul lago di Caldonazzo, imboccavo la Valsugana, salivo a Telve di sopra, scalavo il passo del Manghen, scendevo fino a Molina di Fiemme e per la Val Floriana – Segonzano rientravo a Trento: 145 km. Anni fa. Oggi con la mia e-bike ho “scalato” Vigolo Vattaro. Poi il Lago di Caldonazzo, Levico, la Strada Vecchia Levico, Pergine, il lago di Canzolino,  i forti di Civezzano, discesona su Trento. In totale 50 km, consumo della batteria al 60% di una da 400. Evvabbè … a 76 anni che vi aspettate?

Qualche anno fa (1990)   
sul Manghen! Io utilizzo ancora oggi la bici bianca e l’antivento blu
(al centro Lino Benassi, a destra Giuliano Rigoni)

Il passo Manghen (m 2047): dopo avere scavalcato Vigolo Vattaro e scesi a Caldonazzo, siamo saliti dalla Valsugana per 23,4 km, pendenza media del 7%; ultimi 7 km pendenza media del 9,5%, con punte del 15%. Siamo scesi dal versante di Molina di Fiemme: 16,4 km al 7,5% medio, con punte del 9,5%. Poi Val Floriana – Segonzano – Trento.

La bellezza? Di bellezze oggi ne ho viste quattro: il Lago di Caldonazzo; il castello di Pergine; il laghetto di Canzolino e da Civezzano la vista della Valsugana verso sud.

Caldonazzo: anne lacus tantos?  E che dovrei dire di laghi così belli?

1 – Alla fine della veloce discesa che da Vigolo Vattaro ti fa planare all’inizio della Valsugana, ecco il lago di Caldonazzo. Cald, in tedesco Kalt, freddo, come Caldaro, Kaltersee, il lago freddo. E invece una spiaggia con i primi turisti post Covid19 in costune da bagno, un’improvvisa riviera fra le montagne ad un passo da casa!

2 – Levico, alla fine della pedalabilissima salita della Strada Vecchia Levico in alto sulla destra, ad ore 14,00 diremmo con gergo nautico contro un azzurro chiaro spicca la mole ardita ed imponente del Castello di Pergine.

Rispettare le biciclette? Più di così … con l’inchino? (Ing. Giovanni Soncini, 2018)

3 – Terza visione: il laghetto di Canzolino. Improbabile, chi se lo sarebbe aspettata una così limpida perla d’acqua, nascosta al gran traffico e per questo ancora più apprezzabile?


Claudio Colbacchini a Canzolino (2017)

4 – Da Civezzano, lo sguardo si allarga verso sud letteralmente per “entrare” nella Valsugana: un anfiteatro di verde e d’azzurrro, una boccata di ossigeno per gli occhi e per lo spirito.

Sono stati panorami consueti da anni e per anni, ma oggi, dopo quasi tre mesi di clausura, la mia sensibilità percettiva è molto aumementata ed è stato quasi come se io vedessi quelle bellezze per la prima volta.

Trentino: vivere immersi nella bellezza!
Good bike everybody!

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PAT SPA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Giugno, 2020 @ 3:10 pm

Detto altrimenti: “… facciamo che PAT era …. che il Comune era …”     (post 3920)

PAT – Provincia Autonoma di Trento  (chiarisco perché molti dei miei lettori sono “Taliani”, cioè non Trentini). Facciamo che … vi ricordate la frase che si pronunciava da bimbi, durante i nostri giochi? … che io ero lo sceriffo, tu il bandito, lui il capo indiano … storie indotte, importate da un altro paese (come se noi non avessimo avuto le nostre da emulare, i nostri butteri, i nostri bravi banditi … ci sarebbero mancati solo gli indiani con le piume in testa ma mica si può avere tutto nella vita!).

E allora, facciamo che la PAT era  una SpA il cui capitale sia posseduto per il 25% da un unico azionista, e il rimanente sia diviso fra 281 piccoli azionisti. Si potrebbe a ragione affermare che quell’azionista possiede il pacchetto azionario di maggioranza relativa, quasi un pacchetto di controllo della SpA. Possiamo fare un altro esempio: facciamo che la PAT era una SpA Finanziaria mista, cioè di partecipazione e di coordinamento finanziario e che possegga 282 SpA operative, una delle quali, da sola, rappresenti il 25% del volume totale del fatturato di gruppo.

Ecco, esco dalle immagini “aziendalistiche”, solo per dire che il ruolo di Trento Città Capoluogo, è molteplice. Infatti, Trento

  • è comunque “città”;
  • è il maggiore centro di pensiero organizzato dell’intera provincia;
  • è il luogo geometrico dei punti nel quale il potere è unito alla responsabilità;
  • è il luogo geometrico dei punti nel quale si avvertono i benefici e/o i danni di decisioni prese o non prese in altri ambiti (cosiddetti “superiori”).

A ottobre avremo le nostre elezioni comunali. Penso che molta gente potrebbe essere invogliata a votare il candidato sindaco che mostrasse di avere questa visione del proprio ruolo.

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Protetto: FOTOSTORIA ACCADEMIA DELLE MUSE – 3

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Maggio, 2020 @ 6:59 am

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IL MONDO DEL DOPO VIRUS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Maggio, 2020 @ 5:55 am

Detto altrimenti: cosa vuol dire “niente sarà più come prima”?   (post 3918)

Il Covid 19 e il vaccino oppure il Covid19 è il vaccino? Il virus stesso è stato un vaccino, una “nemmeno tanto piccola” dose di malattia iniettata nelle vene del nostro organismo economico e sociale per generare gli anticorpi necessari a impedire il peggiore esito della malattia, la quale è una alterazione che può condurre a tre diverse soluzioni alternative: la guarigione, l’invalidità, la morte. E infatti delle singole persone colpite dal Covid19 alcune sono guarite, altre sono rimaste invalide, altre sono morte. Lo stesso può accadere alle società umane.

(Perdonerete qualche piccolo personale ricordo nostalgico foto-automobilistico!)

La prima auto nuova che mia mogie ed io ci siamo concessi da sposini …

“Non sarà più?” Ma già oggi, non è più come prima! Un semplice dato: in  Italia calano produzione, fatturato consumi; aumenta il risparmio bancario degli Italiani. Eravamo stati abituati a consumare sempre di più. Il Covid19 ha mostrato i limiti di un capitalismo mirato alla continua crescita e ad un continuo consumo delle risorse del pianeta. Partiamo dall’inizio: ricordate la fase della motorizzazione di massa? Prendiamo le piccole Fiat: 500, 600, 750, 850, 1000, 1100, 1221,1300, 1500 etc. (in grassetto le cilindrate che abbiamo avuto nella mia famiglia d’origine).

… la seconda …

Prima dell’avvio della rivoluzione “ibrida” eravamo arrivati a definire inquinante una vecchia Fiat 500 (ormai amatissima auto storica, un ricordo penalizzato in quanto Euro 0) e non un moderno SUV con cilindrata 5000! Non che io stia girando intorno al problema per auspicare il ritorno all’altra grande “ideologia economica”, il comunismo! Ci mancherebbe altro, in dialetto trentino si dice che saria pezo ‘l tacon del bus, sarebbe peggio la toppa del buco che si vuole riparare! Semplicemente che questa “modalità” di capitalismo va manutenzionata. Provo a indicare alcuni interventi:

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… la terza. Poi basta, dai …!
  • la ricchezza prodotta va distribuita in modo diverso: a parte ogni considerazione di carattere morale, l’enorme continuo arricchimento dei pochi soliti noti penalizza miliardi di consumatori sempre più poveri che non potranno più essere consumatori.
  • Le risorse naturali del pianeta sono al lumicino: già a metà anno abbiamo consumato quelle rinnovabili e iniziamo a consumare quelle non rinnovabili: quo usque tandem? Fino a quando insomma?
  • Il sistema fiscale va “riscalettato”. C’è chi vorrebbe una flat tax uguale per tutti o quasi, e chi – come me – si chiede come mai in Italia l’aliquota massima sia del 48% e in Svezia del 70%.
  • Il ridimensionamento della produzione, l’avvento della tecnologia robotica e web sta creando disoccupazione. Occorre quindi dedicare maggiore risorse allo stato sociale, alle assicurazioni anti disoccupazione, alla previdenza.
  • Occorre intervenire sui cosiddetti “diritti acquisiti” al top della gamma, siano essi super retribuzioni/pensioni, o superbilanci separati di alcuni settori, finanziati a priori e a prescindere. Dopo di che si potrà/dovrà intervenire con un ridimensionamento anche delle fasce medio basse.
  • Occorre rivedere l’ordine delle priorità, ad esempio: se proprio non si vuole rinunciare alla militarizzazione, rafforziamo le forze armate di terra rispetto a quelle aeree (i costosissimi cacciabombardieri F35 … ce li possiamo ancora permettere?).
  • La pace sociale (ovvero: le non-rivoluzioni di piazza) potrà essere mantenuta se il complesso degli interventi sarà idoneo e coerente rispetto allo scopo e se sarà reso comprensibile alla massa della popolazione, alla quale si dovrà fornire la possibilità di avere la visione d’insieme di ciò che si sta facendo a del dove si vuole andare e non più l’innumerevole serie di singoli interventi e di decisioni separate.
  • Non basterà più indicare la mission, cioè lo scopo di una decisione, ma si dovrà spiegare il perché si vuole perseguire quell’obiettivo.

Altrimenti cosa accadrà? Il futuro è in grembo a Giove, dicevano gli antichi Greci …

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DISPARITA’ DEI GENERI …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Maggio, 2020 @ 4:41 pm

Detto altrimenti: … dalla quale dobbiamo arrivare alla parità di genere     (post 3917)

Le parole sono pietre, scriveva Don Lorenzo Milani ad una professoressa …

Premetto: lo spazio in bianco che trovate alla fine del post? E’ per riportarci la legge che serve a pareggiare i conti! Ora possiamo cominciare. L’uguaglianza presuppone una relazione fra due soggetti: Tizio è uguale a …. Non avrebbe senso dire “Tizio è uguale.” Ora, quanti sono le razze umane? Una sola appunto. E i generi umani? Per me, uno solo, l’ “umanità”, quindi non avrebbe senso dire che l’umanità è uguale, piuttosto si potrebbe dire che essa è “omogenea”. E invece storicamente abbiano attribuito libertà, opportunità e diritti diversi a due sotto-generi, il maschile e il femminile. In tal modo di fatto – e fino a pochi anni fa anche di diritto – li abbiamo trattati diversamente, abbiamo dato vita alla disparità dei generi che poi è uno dei grandi problemi della nostra società, e ogni volta che promuoviamo un convegno sulla parità di genere, sbagliamo, perché dovremo promuoverlo contro la disparità dei generi (le parole sono pietre …).

Abbiamo eliminato per legge – sia pure molto tardi – le disparità di legge. Ora, per eliminare le disparità di fatto sopravvisute all’abolizione dell’abominio legislativo, dobbiamo ricorrere nuovamente ad una legge!

Diversi, anche nella libertà. Infatti il genere femminile non è libero dal pregiudizio di un gruppo minoritario (noi maschi) contro un gruppo maggioritario (loro, Donne), con un’inversione della consueta regola numerica. Uso il termine “maschi” e non “uomini” perché spesso quest’ultimo è riferito anche alle donne, e noi maschi crediamo di potercela cavare così, a buon mercato, definendo tutti “uomini”. E invece è proprio per uscire da questa opportunistica ambiguità lessicale che io preferisco usare il termine più comprensivo di “umanità”. Anche di una donna, infatti, si può dire che “è molto umana”. Norberto Bobbio, nel suo libro capolavoro (uno dei tanti) “Elogio della mitezza” ci ricorda che il pregiudizio è una presa di posizione precostituita che si basa sull’ignoranza e/o sulla paura e/o sull’interesse; che quello contro le Donne è esercitato – contro la citata regola numerica –  da un gruppo minoritario contro un gruppo maggioritario  e che il suo superamento sarà la più grande se non l’unica rivoluzione del nostro tempo.

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TO BE OR NOT TO BE … CREATIVI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Maggio, 2020 @ 7:22 am

Detto altrimenti: that is the question          (post 3916)

Essere o non essere creativi, pensanti, propositivi? Questo è il dilemma. Quelle le nuove idee (splendido napoletanismo!) molto spesso fanno fatica non dico ad essere accettate, ma almeno ad essere esaminate con attenzione. Gli ostacoli maggiori provengono da chi nuove idee non ne ha mai, ed allora le frasi sono “Ma se non si è mai fatto così …   la legge non lo prevede … chi vuoi mai che accetti la tua idea …”. Il tono poi, quello di chi mentre si esprime non sa se far prevalere quello superiorità, di fastidio o di scherno. Poi ci riflette: con un bel tono superficiale e distratto se la cava al meglio: “Passiamo ad altro.” Per completezza devo però ammettere che esiste anche un altro tipo di risposta, benchè assai più raro: “Ne hai già parlato con qualcuno?“. Vuol dire che il vostro interlocutore vuole vendere la vostra idea come propria. Evvabbè … purchè passi.


Ius cònditum et ius condendum

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Il sindaco di Firenze Giorgio la Pira stava assegnando le case popolari. I suoi gli fecero osservare che la legge prevedeva altri criteri. Lui rispose: “Io assegno le case, voi andate a cambiare la legge”.

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E invece no. Bisogna insistere anche se poi alla fine dovesse risultare che la nostra idea non è realizzabile, insistere perché se non altro vi sarete battuti per l’affermazione di alcuni principi: che in tutto c’è sempre stata una prima volta; che oltre allo ius cònditum c’è anche lo ius condendum; che prima di condannare o di approvare occorre approfondire; che ciò che conta non è l’informazione o la comunicazione, ma il dialogo; che l’intelligenza che conta non è quella individuale ma quella collettiva; che stante l’elevato grado della comunicazione web, ormai le idee migliori sono quelle che nascono nelle periferie delle organizzazioni, quelle a contatto con le diverse realtà; che oltre alla mission (obiettivo) c’è anche lo scopo (il perché).

Napoleone ai suoi generali:Mi stanno bene i generali fortunati, purchè lo siano sempre”. Io, molto più umilmente, mi permetto di dire: “Siate creativi, sempre: è la migliore fortuna che possiate avere avuto in dono dalla natura”.

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SBUROCRATIZZARE? QUANDO MAI!?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Maggio, 2020 @ 7:20 am

Detto altrimenti: 60.000 Ausiliari de traffico … dei pedoni   (post 3915)

Controllare la sosta nelle città? Un compito umile, noioso, antipatico, se fa caldo o freddo anche faticoso e sgradevole fisicamente. Ed allora ci siamo inventati gli Ausiliari del traffico delle auto.
La Motorizzazione Civile vuole alleggerire i propri compiti? Ed ecco che abbiamo delegato alcune funzioni ad un ente esterno: l’ACI.
Abbiamo dato la paghetta a molti senza lavoro fino a quando il lavoro non lo avranno trovato? E allora assumiamo i navigators che li aiutino a … diventare loro stessi navigator! Sarebbe un assurdo ma mi piace immaginare questa ipotesi!

La gente non si mette le mascherine, non mantiene la distanza interpersonale? Ecchè, vorremmo mica utilizzare le Forze dell’ordine per un compito così umile? Quando mai!  E noi assumiamo 60.000 Ausiliari del traffico … dei pedoni (la distanza interpersonale, equivalente della distanza di sicurezza fra due veicoli) e dell’ uso delle mascherine (le “cinture di sicurezza” del pedone).

Nella sostanza. Mandare i “controllori” che non sono pubblici ufficiali a invitare la gente al rispetto delle regole anti Covid19, magari in mezzo ad assembramenti di giovani un po’ bevuti, è come mandare delle pecore in mezzo ai lupi. Ma il Presidente del Consiglio dei Ministri dice: “Nessun compito aggiuntivo per le Forze dell’Ordine!” Ecchè, dico io, esiste forse un elenco chiuso di reati da controllare? E gli altri … quelli “fuori elenco”, no? 

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