LA GIORNATA DELLA MEMORIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Gennaio, 2019 @ 6:00 am

Detto altrimenti: chi non ha memoria non ha futuro      (post 3500)

Ieri

“I nuovi Ebrei”: avrei voluto intitolare così questo mio scritto (un post a cifra tonda, il 3500°), con riferimento agli attuali nuovi esclusi e perseguitati del Mondo. Poi ho ascoltato le parole di Marcello, un carissimo amico:

 “La memoria oggi viene trasformata in retorica, è memoria della tradizione nostalgica di un ritorno al passato: una regressione. Non ci aiuta a vivere il presente e a costruire il futuro”.

Oggi 
Che differenza fa essere prigionieri schiavi dei nazisti oppure esserlo della fame, della paura, della mancanza di futuro, della miseria, della guerra, dello sfruttamento?

Ho pensato che fosse meglio riportare questo suo più ampio pensiero, che peraltro condivido in pieno. Pessimismo il nostro? No, semplice, amara, realistica costatazione sulla cui base avviare la ricostruzione delle coscienze e della Memoria: “Riflettere rende liberi”.

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SENZATETTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Gennaio, 2019 @ 6:55 am


Detto altrimenti: una realtà da conoscere e da risolvere         (post 3499)

(Mentre vi è chi cerca di risolvere queste situazioni di estrema indigenza, una legislazione vuole “eliminare” la categoria con una sorta di soluzione finale di tremenda memoria,  innanzi tutto aumentandone il numero per poi … fare cosa?)

(Incontro promosso da CNCA-Coodinamento Nazionale Comunità di Accoglienza – Federazione del Trentino Alto Adige Sud Tirol www.cnca.it – Oltre l’Accoglienza, Volontari in rete per l’integrazione, www.oltrelaccoglienza.org)

Che si voglia o no, queste Persone esistono e la nostra società-elastico che si tende, si tende sempre di più (quando si strapperà?) e alle due estremità crea sempre più (poche) persone ricchissime e (molte) poverissime, non aiuta certo ad eliminare queste situazioni di estremo disagio e di disperazione. I nostri operatori di Trento sono stati a Bologna per vedere come si opera in quella città e i Bolognesi anzi, le Bolognesi sono venute a Trento per illustrarci i loro sistemi.  (Bologna gestisce ogni anno circa 4000 situazioni di indigenza su 700 posti letto). Premetto che io non sono un operatore del settore, ma che ho solo dato una piccolissima mano operativa in qualche caso. Ciò detto, faccio precedere all’esposizione che farò, una brevissima sintesi dei concetti fondamentali che credo di avere afferrato.

Sintesi

… non “dobbiamo” farla morire!

La categoria dei senzatetto è estremamente articolata. Occorre quindi individuare le tante tipologie per organizzare per ciascuna il tipo di risposta adeguato.

All’interno di ogni tipologia esistono i singoli individui, ognuno dei quali è un unicum: pertanto il processo di cui al punto precedente va ripetuto anche rispetto ai singoli.

I servizi di assistenza sono articolati su di una serie di risposte diverse a seconda dello stadio del percorso di ciascuna persona “assistita”.

Si deve passare dalla “assistenza” del senzatetto alla “sua collaborazione” al processo di uscita da quella situazione.

Per ogni senzatetto va organizzato un percorso di “crescita” con il passaggio alla fase di assistenza-collaborazione successiva o più aggiornata.

Il senzatetto è “ambulante” per cui le strutture di servizio devono essere centralizzate.

Localmente (a livello quartiere, circoscrizione) vanno organizzati laboratori per attività varie, nei quali accogliere e far operare insieme senzatetto e cittadini.

Il percorso educativo riguarda anche i cittadini.

La conclusione che da vecchio manager ho tratto è che occorra intervenire a livello di general management per coordinare dal centro il decentramento, cioè per creare un SW gestionale operativo ad accesso plurimo che consenta alle unità decentrate, articolate e centrali, pubbliche e private, ospedaliere e non, di vedere in tempo reale l’intera articolazione della domanda; di definire e seguire i singoli percorsi individuali (che iniziano da chi non accetta l’offerta del posto letto!); di dirimere i possibili fraintendimenti che possono esistere fra i vari uffici e funzioni. Il tutto aggiornato in tempo reale. Inoltre occorre coordinare i servizi pubblici con quelli privati (ad es. Caritas). L’importante è “… che non ci si dimentichi della singola Persona. Occorre passare dai Servizi di Eccellenza al Sistema di Eccellenza”. Operativamente il Centro deve funzionare da marketing anche finanziario e fa gestione finanziaria nei due sensi: raccolta ed erogazione. Fra qualche ora troverete qui di seguito il resoconto più dettagliato della prima parte della riunione.

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Arrieccomni a voi, dopo essere andato a scoppiarmi 3 ore di sciata in Paganella, così, per mantenermi in forza, chevvoletemai, a 75 anni è un dovere, mica lo fo’ per piacer mio, mica lo fo …

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Dunque, si diceva …ah sì, ricorso: che nel 2008 a BO haanno decentrato i servizi, ed è stato un disastro. Infatti, quelli i senza tetto, mica dormono, chiedono l’elemosia e mangiano nello stesso quartiere! Ragionpercui nel 2012 sono stati ricentralizzati i servizi. Un ulteriore passaggio che si è imposto è stato quello del coinvolgimento delle Persone assistite, appunto … prima solo assistite ed invece ora coinvolte, corresponsabilizzate, il che non è stato sempre facile con Persone spesso ormai “prive di volontà e di desideri”. Nel 2014 a BO è stato avviato un nuovo sistema operativo dei servizi, oggi a regime quasi al 100%. Il sistema gestisce circa 4000 passaggi l’anno di queste Persone, su 700 posti letto. Chi sono costoro? 80% fra i 30 e i 64 anni; 15% fra i 18 e i 28 anni; 6,5% anziani over 65; 70% stranieri di cui 20% comunitari e 50% extracomunitari; l’8% ha subito una carcerazione; molti sono omosessuali scacciati dalle famiglie. Spesso sono Persone presenti in Italia da tanti anni e che hanno perso lavoro, famiglia, amici e che non vogliono rientrare nel loro sistema d’origine per vergogna. Molti hanno gravi problemi sanitari, altri sono alcolisti o drogati. Vi sono poi coppie (comiugi, genitore-figlio) che non vogliono separarsi. Infine, neo-maggiorenni licenziati dalle comunità di accoglienza.

Sono stati coinvolti i cittadini, innanzi tutto per segnalare la presenza dei senzatetto. Occorre dare legittimazione alla paura dei cittadini, il che significa occuparsi del territorio e non solo delle Persone. Da parte dei cittadini sono state ricevute 300 segnalazioni, nessuna delle quali becera, ma tutte collaborative. Le competenze da attivare all’interno dei servizi non sono solo quelle degli assistenti sociali, ma anche quelle di molte altre lauree. Le persone addette ai servizi devono sapere che per instaurare un rapporto bidirezionale con le Persone, spesso occorre tempo.

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Concludo: si tratta di un problema primario e complesso che richiede un approccio umano, organizzato, gestito e finanziato. Per il bene di tutti: dei Senzatetto e dei Cittadini. In altre parole: una sorta di Cubo di Rubik con variabili a più entrate: sta a noi essere capaci di coordinarle: del resto, se un direttore di orchestra riesce a coordinare i milioni di note dei suoi orchestrali, volete che non si riescano a coordinare alcuni uffici e poche migliaia di dati?

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NAVE DICIOTTI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Gennaio, 2019 @ 9:45 am


Detto altrimenti: gli aspetti sui quali riflettere sono molteplici    (post 3498)

Il fatto: è accertato, il caso è noto.

Aspetto morale: ognuno lo valuti come meglio ritiene

In diritto: un tribunale procede contro un vicepremier per il caso della nave Diciotti. Il giudizio se sia o meno un reato spetta alla magistratura. ordinaria.

La replica del vicepremier: “Se ciò che ho fatto è un reato, ebbene io l’ho commesso e altri simili mi impegno a commettere”. Questa affermazione mi ricorda un’altra triste assunzione di responsabilità, in quel caso politica, di un omicidio, quello di Giacomo Matteotti. Lo so, sono due situazioni diverse ma l’atteggiamento mentale è lo stesso: quello di chi si sente al di sopra della legge, di chi irride una delle funzioni-poteri fondamentali dello Stato: quello giudiziario.

Umberto Eco, nel suo libro più venduto in assoluto (Il fascismo eterno”) mette in guardia e ci avverte che sarebbe troppo comodo vedere sfilare nuovamente camice nere e fasci littori per le nostre strade: il fascismo si veste di molti segnali subliminali (ma non troppo, come in questo caso, n.d.r.). Si tratta di un libriccino di 50 paginette (€5,00), oggi edito dalla Nave di Teseo, la cui prima edizione risale a ben 20 anni fa.

Il Parlamento. Il Senato si pronuncerà e probabilmente dirà che il comportamento del vicepremier non è stato un reato e quindi negherà l’autorizzazione a procedere. Facendo ciò il Senato sbaglia perchè, entrando nel merito, si sostituisce al giudice ordinario. Infatti il Senato dovrebbe pronunciarsi su un altro quesito e cioè: (non se il fatto sia o meno un reato, bensì) se l’accusa sia stata formulata per impedire al vicepremier l’esercizio della sua funzione. Quindi, il Senato, custode del libero esercizio della funzione politica, da chi è custodito? Quis custodiet custodes ipsos? Ma i custodi, chi li custodirà, scriveva Giovanale nel 100 d. C. nella sua VI Satira).

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IL POPULISMO ALL’ONU

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Gennaio, 2019 @ 2:54 pm


Detto altrimenti: Conte, a chi c’a cunti?     (post 3497)

La Francia chiede che anche la Germania entri come membro permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Conte ribatte: “Né la Francia né la Germania, bensì l’UE!”.

“Noooo, non portatelo dentro le mura ….!”

A me mi (a me mi!) si è accesa una lampadina rossa di allarme: maccome? Uno anti UE, sovranista, ora avanza una proposta in favore dell’UE? Timeo danaos et dona ferentis, diceva quel tale Troiano, Laocoonte, che invitava i suoi a diffidare del cavallo di legno dono dei Greci: “Temo i Greci anche quando mi fanno regali!” Un mio carissimo amico d’infanzia, genovese, commerciante ed Ebreo (nel senso: assai intelligente e abile negli affari, non mi prendete per un anti semita, ci mancherebbe altro! Anzi …) mi ha insegnato una massima importante: “Quando ti fanno una proposta, domandati dov’è la fregatura”. Ed io la domanda me la sono posta e credo anche di potermi dare una risposta: il sovranismo avanza: Ungheria, Polonia, Italia, forse anche Francia … ed allora le masse teleguidate dai capi delle reti web potrebbero decidere o quanto meno condizionare fortemente la politica dell’ONU. Sono un malpensante? Può darsi ma … piensa mal y acertaràs! Pensa male e indovinerai!

P.S.: “Ferentis” forma arcaica per “ferentes”.

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IN MEMORIA DI FABRIZIO DE ANDRE’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Gennaio, 2019 @ 7:03 pm


Detto altrimenti: riprendono i post “Liguri”    (post 3496)

(questo è un LP – Long Post)

Per chi si fosse messo in ascolto solo adesso: sto pubblicando una serie di post sulla Terra di Fabrizio De Andrè, la Liguria (dove sono nato) riportando alcune poesiole, mie e altrui, e alcuni testi. La prima è mia, è “leggera”, parla di un Bar affacciato sul Corso Italia, la splendida strada a nastro a mare che dalla Foce (Fiera del Mare) si spinge fino a Boccadasse: alcuni km di luce, mare, sole. Il Baretto è un po’ scic, lo ammetto, ma non esclude nessuno: rappresenta una parte di Genova (esiste anche quella), la Genova Bene.

AL BARETTO

Luce distesa di mare / salata al gusto di brezza / modella agavi e pini / e l’incedere del cameriere / alla gente in attesa. / Biondi profili abbronzati / a sedere / eleganti di grigio / e di blu navale / Genova bene / sorseggia un bicchiere / di sole invernale / che sa di pitosforo. /  Un cane / di razza anche lui / volge lo sguardo annoiato / all’auto che attende  il semaforo / e ai plananti gabbiani d’acciaio. / Palme africane danzanti / e lampioni / tengon sospeso / il cabaret ondeggiante del cielo / incerte se versare l’azzurro / sulla terra / sul mare / o soltanto su una lucertola / servizio compreso.

I plananti gabbiano d’acciaio … gli aeroplani che stanno planando verso l’aeroporto Cristoforo Colombo, 20 km a ovest dal Baretto. Corso Italia a est termina con la caletta di Boccadasse, Bucca d’ase, Bocca d’asino tanto quell’insenatura richiama l’animale. Ed ecco Boccadasse (questa non è mia, bensì di mio figlio Edoardo, che scrisse diciottenne, cioè 20 anni fa (è così bella che la riporto con i singoli “ a capo”):

BOCCADASSE

Degli anziani pescatori e di reti più ruvide,

appress’al varco uman

de l’abisso,

sottile serba l’eco antica

Boccadasse, e quell’innomato odor

d’anni votati alla pira.

Ti vidi in grazia di neve,

nell’abito scomodo pei tetti tuoi sorpresi.

Ti vidi quando i sassi balzellavo

sul blu che t’appaga.

E ti vedo adesso, anfiteatro sul tardo mover

de’ gozzi,

ti vedo.

Son l’alieno.

son io il mondo che,

pria del tempo,

pur fu.

Al freddo bagno di luce,

seguo l’onde a macchia fuggir

via via più scure;

d’intorno, piangono secche sorti

quei legni traditi, or di raminghi felini

un soppalco.

Nel volger le spalle

al caro fraseggio de l’acque

saluto il guscio d’origine,

ma ‘l ligure mar a sua grand’arte

queta dei ciottoli gli spigoli,

e ‘l mio passo fa mesto.

Vi è piaciuta? Un po’ malinconica, se vogliamo, ma bellissima (i figli sono piezz ‘e core, che vulite …). Ed allora ecco un’altra Boccadasse, questa volta di nuovo mia ed in prosa:

Boccadasse

A fine settembre alle sei di mattina è ancora buio. Non siamo in molti con cane e guinzaglio in Corso Italia. D’altra parte Ilios, un bel dalmata di tre anni dal carattere dolcissimo, aveva ormai iniziato a passeggiare discretamente per il corridoio sino alla porta di casa, facendo tintinnare la sua medaglietta in modo inequivocabile…

Dal muretto della piazzola dietro la chiesa parrocchiale ci affacciamo sul porticciolo di Boccadasse. Il mare è calmo. Una leggera brezza di terra lo scurisce d’un ammaliante blu notte. Al largo qualche lucina brilla sulla propria barca, al pari delle ultime stelle non ancora cancellate dall’alba. Il profilo del Monte Fasce, la curva della costa da Quarto a Camogli e, di fronte, il Promontorio di Portofino gli fanno da cornice. Abbassiamo lo sguardo ed in silenzio osserviamo i movimenti a loro volta silenti, quasi sacri e rituali di alcuni vecchi pescatori, pescatori vecchi. Uno o due di essi, a turno, afferrano il proprio gozzo, lo trascinano sullo scalo, ne legano una estremità alla carrucola ancorata al muretto e quindi, lascando la cima, con una spinta lo fanno scivolare in acqua. Infine, pongono a lato il carrellino, che resterà a testimoniare che una barca è uscita in mare. Tutto ha una sua funzione. Il gozzo si adagia sull’acqua, accomodandosi con un lieve rollìo, soddisfatto al pari di una signora che finalmente abbia trovato sul tram un posto libero dove sedersi. Gli scogli sono vicini, ma i pescatori hanno stipulato un accordo con quel poco di mare di cui dispongono: loro lo amano e lo rispettano, ed egli frena gli scafi e li protegge dagli urti. Alcuni procedono a remi. Dopo averli fissati sugli scalmi remano eretti, volto in avanti, appoggiandosi su di essi come gondolieri veneziani. Non hanno fretta, ma non sprecano tempo in movimenti inutili. Infatti in pochi minuti il gozzo è al largo, intento ad assecondare l’andamento delle onde, a recuperare reti, nasse, palamiti, o a calare bollentini. Altri sono dotati di motore. Vecchi diesel entrobordo, che stentano un po’ a mettersi in moto ed all’inizio scoppiettano lanciando anelli di fumo rotondi e regolari, come se anch’essi fumassero il toscano o la pipa al pari dei loro armatori. E se alcuni escono, altri rientrano, accompagnati dal volo dei gabbiani e dagli sguardi attenti dei gatti.

Più in alto, in Corso Italia, il traffico cittadino si è già risvegliato ma sulla spiaggia non se ne avverte il rumore. Qui il tempo si è veramente fermato: per il grande silenzio, per gli spazi ristretti e preziosi, per l’architettura delle casette marinare dai colori a pastello e soprattutto per i gesti e la vita di questa umanità sopravvissuta al progresso, fatta di pescatori, di vecchiette sedute sull’uscio di casa, e perché no, anche di gatti interessati all’andamento del tempo e della pesca, marinai e pescatori anch’essi.

Sono parte di questo incantesimo. Mi accosto alle barche, le guardo come se mi aspettassi una loro parola, un cenno di saluto. Mi avvicino ai pescatori. Non parlo. Li osservo, grato che accettino la mia presenza, che non si chiedano che cosa voglio. Ascolto il loro dialetto, che tanti anni fa era anche il mio; mi godo la musica di quelle poche parole, delle cose semplici che raccontano. Nelle voci, nei gesti, negli sguardi credo di potere cogliere tutta la loro vita. Ed invece come posso sapere quanto hanno vissuto, gioito, sofferto, pescato, amato, sperato, navigato? La luce aumenta. E con lei arriva il profumo della focaccia appena sfornata. Ne compero un pezzo, avvolto nella carta da pane, e lo mangio con gusto, bevendoci sopra il sapore del mare. Risalgo la scaletta. Entro nella chiesa, adorna di modelli di velieri sospesi fra le colonne, e prego.

Cara Boccadasse, cari amici, tornerò a trovarvi, la prossima volta dal mare, a vela, all’alba, con il mio Fun, lo prometto.

Alla prossima!

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ITALIA – FRANCIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Gennaio, 2019 @ 3:55 pm


Detto altrimenti: no, non è football (per fortuna! Sennò …)   (post 3495)

(Interrompiaamo la serie dei post in memoria di Fabrizio De Andrè per una edizione straordinaria)

Perfida Albione

Attacchi alla Francia, ripetuti, finalizzati a cosa? E qui lasciatemi parlare spagnolo: “Piensa mal y acertaràs”, pensa male e indovinerai. Tensione, accuse vere o false … si crea un clima per poi dire: “Vedete bene anche voi, come si fa a fare il TAV? Vogliamo forse fare un piacere alla Francia, la quale si sta dimostrando come la perfida Albione?” Già il TAV. Treno ad Alta Velocità. All’inizio i suoi fautori lo motivavano per la necessità di “trasportare più velocemente una maggiore quantità di merci” ed io ero contrario perché la attuale linea merci è utilizzata al 30% della sua potenzialità ed inoltre alle merci non interessa arrivare presto bensì arrivare in orario. Ora ho cambiato idea: sono favorevole al TAV perché il TAV è parte di un’opera di migliaia di km (il corridoio UE di cui fa parte il TAV) e la validità di un’opera di migliaia di km non può essere compromessa e messa in discussione per gli effetti – positivi o negativi – che  produce una sua tratta di 50 km.

Una forza politica tuttavia è fortemente contraria al TAV voluto dai perfidi francesi e vi si oppone con tutte le sue forze. Perché? Lo aveva promesso in campagna elettorale, e allora … Ma c’è di più! Se non si fa il TAV si “risparmiano” 20 miliardi (ma è vero? Quanti ne dobbiamo restituire all’UE?) e si possono realizzare tante altre opere infrastrutturali diffuse sul territorio (pur tutte necessarie, n.d.r.). Quindi per quella forza politica no-Tav significa: rispettare l’impegno preso con il locali no-TAV e guadagnare la “riconoscenza“ (leggi: i voti) in tutte quelle aree beneficiate degli interventi resi possibili con quei 20 mildi (ma è vero?  Quanti ne dobbiamo restituire all’UE?). Ed allora dai, attacchi alla Francia, così quando si verrà alle strette, qualcuno dirà: “TAV con la Francia? Ma siamo matti!”

Piensa mal y acertaràs!

P.S.: Sul TAV come sul Tunnel di Base del Brennero, resta la mia perplessità di sempre: aumentare la velocità dei treni passeggeri (oltre 150 kmh) e farli viaggiare in galleria sugli stessi binari sui quali viaggiano i treni merci (80 kmh) è molto pericoloso. Per il Brennero il GEIE ATT3 (al quale partecipavo io stesso) aveva proposto: tre canne separate (due di servizio ed una di soccorso) solo per treni merci telecomandati; i passeggeri sulla vecchia linea rimodernata. Ma questa è un’altra storia.

Piuttosto, non è la Francia, o quanto meno, non è la sola Francia a sfruttare l’Africa: infatti ci sono anche altri: le multinazionali (ad esempio quelle che fanno estrarre il coltran ai bambini); la Cina (che sta acquistando i terreni coltivabili: e chi si oppone in difesa dei contadini, deve scappare come Agitu dall’Eritrea); l’Olanda (che ci coltiva i suoi tulipani sfruttandone le risorse – innanzi tutto l’acqua – e pagando i lavoranti locali 60 dollari al mese!); noi stessi (primi venditori di armi a quel continente!)

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TRAMONTO SUL MAR LIGURE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Gennaio, 2019 @ 2:54 pm


Detto altrimenti: prosegue la serie dei post liguri in memoria di Fabrizio De Andrè   (post 3494)

Immaginate di essere a bordo di una canoa monoposto da regata, una di quelle a remi, quelle con gli scalmi esterni ed il seggiolino scorrevole. Infrangendo la legge, vi siete allontanati molto dalla costa. Il mare “respira”, nel senso che sembra il dolce sospiro di un giovane seno di donna. Non vi sono increspature di sorta: le uniche, piccolissime, le fanno le gocce d’acqua che stillano dai vostri remi alzati. Ed è il tramonto. ( La foto non rende l’dea, ma quando ero in barca non avevo con me nè telefonino nè macchina fotografica! Al largo, su una barchetta, da soli … mare calmissimo: la sensazione è molto diversa da quando lo “vivete” da riva. Pare un lenzuolo felliniano, si gonfia e sgonfia lentamente, un vero e proprio respirare …).

Tramonto sul mar ligure

Non sai / dove l’onda di sale sia nata / se vegli / oppur se riposa / né quale sia l’ultima meta dell’ala incantata / che avanza e ritrae il suo velo / la liquida seta di sposa / ad un cielo / che colma lo spazio d’amore. / E senza rumore / la mente s’immerge nell’acqua / nuotando pian piano / per non farle male / e con la sua rete / cattura al ricordo le nuove emozioni. / Poi / tu alzi i remi / e come in un rito / depositi in mano al tramonto dei suoni / l’essenza feconda / di piccole gocce di smalto / prezioso vagito / che hai ripescato / dal fiordo abissale / profondo infinito. / E vento di luce / d’azzurro cobalto / sospinge la barca alla sponda / sorgente dal mare / che ormai / al cielo lontano / si è unito.

RL

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CARUGGIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Gennaio, 2019 @ 7:18 am

Detto altrimenti: piccola strada fra le vecchie case liguri     (post 3493)

(prosegue la serie dei post liguri in memoria di Fabrizio De Andrè)

Caruggio

Nervi (oggi quartiere di Genova)

La storia / è passata di qui. / Ha lasciato il suo umore / nelle pietre levigate / nelle ombre frequenti / negli stretti ritagli di cielo / nelle case addossate. / Ascolta la voce / di quello che vedi. / Sofferma il pensiero / su chi riempie di sé / la piccola via. / Persone diverse / che un antico crogiuolo / difende / dal moderno artiglio rapace, / confusa umanità / padrona di un mondo / che tu / passante distratto / puoi solo violare / oppure / cercar di capire / in silenzio / ed amare.

Riccardo Lucatti

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FABRIZIO DE ANDRE’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Gennaio, 2019 @ 6:53 am


Detto altrimenti: a 20 anni dalla morte        (post 3492)

Fabrizio, una delle tue canzoni-poesia più enigmatiche, meno comprensibili per chi non sia Ligure e anche per noi non così facile, visto che si tratta di un dialetto antico. Poesia, dicevo, creazione, stimolo alla fantasia, parole come pennellate alla Van Googh, sentimenti colorati in apparente disordine che invece è libertà del pensiero. Grazie, Fabrizio, grazie! Da oggi e per qualche post mi dedicherò a te e alla nostra Genova. Già, perché io sono Genovese, “anche se” trasferito (felicemente direi) a Trento da trent’anni, a Trento che è sicuramente la mia seconda patria. Ma non posso né voglio dimenticare la mia prima. La creuxa si snoda fra “ville”, cioè fra appezzamenti di terra una volta coltivati dai “baccan” (contadini), oggi lottizzati e riempiti di edifici di lusso. Differisce da carrugio, piccola strada fra le case, adatta al passaggio dei “carri” (v. post successivo).

Creuxa de ma’

Umbre de muri muri de mainè / dunde ne vegni duve l’è ch’anè. / De ‘n scitu duve a lun-a a se mustra nua / e a neutte a n’a puntou u cutellu a ghua. / E a munta l’ase u gh’è restou Diu / u diau l’è in ce e se ghe faetu u niu. / Ne sciurtimu da u ma’ pe sciugà e ossa da u Dria / a funtan-a di cumbi nta ca’ de pria. / E in ta ca’ de pria chi ghe saià / in ta ca’ du Dria che u nu l’è mainà. / Gente de Luganu facce da mandillà / quei che de luassu preferiscian l’a. / Figge de famiggia udù de bun / che ti peu ammiale sensa u gundun. / E a ste panse veue cose ghe daià / Cose da beive cose da mangià. / Frittua de pigneu, giancu de Portufin / cervelle de bae ntu u meiximu vin. / Lasagne da fiddià ai quattro tucchi / paciughi in agrouduse de levre de cuppi. / E’ n sca barca du vin ghe navughiemu ‘n sci scheuggi / emigranti du rie cu’ i cioi ‘nti euggi. / Finchè u matin crescià da pueilu recheugge / praticament fre du ganeuffeni e de figgie. / Baccan da corda marsa d’aegua e de sa / che a ne liga a ne porta nte ‘na creuxa de ma.

Creuxa di mare

Ombre di facce, facce di marinai / da dove venite dov’è che andate. / Da un posto dove la luna si mostra nuda / e la notte ci ha puntato il coltello alla gola. / E a montare l’asino ci è rimasto Dio / il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido. / Usciamo dal mare per asciugare le ossa dall’Andrea / alla fontana dei colombi nella casa di pietra. / E nella casa di pietra chi ci sarà / nella casa dell’Andrea che non è marinaio. / Gente di Lugano facce da tagliaborse / quelli che della spigola preferiscono l’ala. / Ragazze di famiglia odore di buono / che le puoi guardare senza il preservativo. / E a queste pance vuote cosa gli darà / cose da bere cose da mangiare. / Frittura di pesciolini, bianco di Portofino / cervella di agnello nello stesso vino. / Lasagne da tagliare ai quattro sughi / pasticci in agrodolce di lepre delle tegole (gatto, n.d.r.). / E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli / emigranti della risata con i chiodi negli occhi. / Finchè il mattino crescerà da poterlo raccogliere / praticamente fratello dei garofani e delle ragazze. / Padrone della corda marcia d’acqua e di sale / che ci lega e ci porta in una creuxa di mare.

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POLONIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Gennaio, 2019 @ 7:30 pm


Detto altrimenti: nuovi nazionalismi        (post 3491)

Hanno pugnalato a morte PAWEL ADAMOWICZ, il sindaco (democratico, dell’accoglienza, della democrazia vera e della pacifica convivenza) di Danzica. Al suo funerale tutti tranne uno: il capo del partito nazionalista. Con ciò, non intendo certo “darvi una notizia” – sapete già tutto – ma indurre me stesso a riflettere: alla Polonia non è bastato il proprio antisemitismo autonomo pre-bellico con il programma di deportazione degli Ebrei in Madagascar;  non sono bastate le deportazioni naziste e sovietiche: ora si ricomincia con il nazionalismo!
Accendo la TV e mi trovo su RAI Storia, la storia e la vita di una poetessa ebrea polacca, Zuzanna Ginzburg Ginczanka: poetessa famosa, arrestata, torturata, violentata e fucilata dai nazisti sul finire della guerra, quando aveva 27 anni. Sono andato a cercare alcune sue poesie: me ne è sfuggita una che non trovo, quella dove dice che il veliero è stato travolto da un’onda d’acciaio. La troverò. Nel frattempo ne riporto qui alcune

SPENSIERATEZZA – 1933
Ho significati per parole che non esistono,
ho parole bizzarre che non hanno significato; 
respira a fondo, e pensa
quanti respiri il cielo può accogliere.

GRAMMATICA – 1934 (poesia con la quale iniziò ad essere famosa)
… e attecchire nelle parole è una tale gioia
e innamorarsi delle parole è così facile, 
e osservarle alla luce come vino di Borgogna. 
Gli aggettivi che si stiracchiano come gatti
e come gatti sono fatti per le carezze …
L’avverbio invece è un miracolo improvviso
una sorpresa inaspettata di acciarini sfregati …

Le parole sono pietre, scriveva Don Milani. Oggi, le parole sono pietre alle quali ognuno pretende di ricollegare un significato personale: “Io sono populista perché mi occupo del popolo”.

NOTA A MARGINE – 1936
Non sono nata dalla polvere, non ritornerò polvere.
Non sono discesa dal cielo e non tornerò in cielo.
Io stessa sono il cielo come una volta di vetro.
Io stessa sono la terra come fertile suolo. 
Non sono fuggita da alcun luogo e non tornerò laggiù.
A parte me stessa non conosco altra lontananza.
Nel turgido polmone del vento 
e nel cuore indurito delle rocce
devo me stessa qui dispersa ritrovare.

Si intravede il buio in fondo alla galleria, il buio della guerra ed il rifugiarsi in se stessa.

IL RISVEGLIO – 1940
Mi guardo intorno oramai desta
da incubi e visioni. 
Dal caos affiora,
squarciando nebbie e misteri, un mondo grande e semplice,
metalli magnetici, vegetazione rigogliosa
e azioni eroiche.

Il sogno che in fondo alla galleria ci sia la luce di una rinascita.

NON OMNIS MORIAR – 1942
Non omnis moriar, 
i miei possedimenti,
prati di tovaglie,
roccaforti di armadi,
distese di lenzuola, 
preziosa biancheria
e vesti, vesti chiare
mi sopravviveranno.
Non lascio alcun erede,
che la tua mano frughi
tra le mie cose ebree
signora Chominowa, 
donna di Leopoli,
prode moglie di una spia,
lesta delatrice
madre di un Volksdeutscher.
Adesso sono tue, 
perché lasciarle ad estranei …

Poesia-denuncia che Zuzanna porterà con se’ per circa tre anni. Denunciata alla Gestapo dalla sua portinaia Chominowa nel 1942, riuscì ad eludere la cattura sino al gennaio 1945, mese della sua fucilazione. Dopo la guerra, la poesia sarà una prova dell’accusa contro la sua delatrice, che verrà condannata a quattro anni di reclusione, due dai pubblici uffici ed alla confisca di tutti i beni.


Poesia che vive e che ci aiuta a vivere. Grazie, Zuzanna!

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