LA FORTUNA DEL DON CHISCIOTTE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Aprile, 2016 @ 7:07 amDetto altrimenti:  by Alfonso Masi      (post 2352)
Quattro post fa ho scritto della rappresentazione di Alfonso Masi in commemorazione dei 400 anni dalla morte di Cervantes. Ben volentieri, oggi, pubblico il suo articolo sul Don Chisciotte, riassunto da Masi in apertura della sua recita.
INIZIA
Il 23 aprile 1616 è ritenuto da Borges il giorno più funesto nella storia della letteratura: è il giorno in cui quattrocento anni or sono morirono Cervantes e Shakespeare: il fondatore del romanzo moderno, lo spagnolo; il principe dei drammaturghi, l’inglese.
Il presente lavoro intende occuparsi della fortuna del romanzo di Cervantes perché il Don Chisciotte è un libro che ha dato seguito ad una enorme quantità di riflessioni e scritti che attingono svariate dimensioni della cultura: dall’opera lirica alla canzone, dal teatro alla poesia, dalla musica sinfonica al balletto sino alla pittura e alla grafica. Infatti il romanzo di Cervantes è una miniera inesauribile anche se molto spesso ne vengono proposte gli stessi capitoli con le solite vicende quali la lotta contro i mulini a vento o contro le nubi e lo scontro con pecore e caproni. In realtà il Don Chisciotte … chi l’ha mai letto a fondo? Un umorista spagnolo, a chi gli aveva domandato quale fosse il libro preferito, aveva risposto: “Il Don Chisciotte”. Aggiungendo poi una lode del romanzo e concludendo che l’opera era talmente fondamentale per lui che forse un giorno si sarebbe deciso a leggerla.
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Già nel 1600 il romanzo di Cervantes diventa così popolare in Italia che in tutta la penisola si diffonde il verbo chisciottare, cui faranno seguito nel 1700 i vocaboli donchisciottata, donchisciottesco, e nel 1800 donchisciottismo.
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Nel 1719 si ritrova la prima opera lirica che riprende le gesta del cavaliere spagnolo: ne è autore Francesco Conti che intitola la composizione Don Chisciotte in Sierra Morena. Pochi anni dopo anche Antonio Caldara mette in scena l’eroe di Cervantes, seguito poi da Antonio Salieri e da Giovanni Paisiello. Felix Mendelssohn nel 1825 compone senza ottenere successo Le nozze di Camacho, sempre ispirato al Don Chisciotte; ancora tratto dallo stesso soggetto è il melodramma di Donizetti del 1833 Il furioso all’isola di S. Domingo. Ma è il Don Chisciotte del francese Massenet del 1910 l’opera meglio riuscita e che ancora frequentemente ritorna nei teatri lirici. Anche il compositore spagnolo De Falla si è cimentato con lo stesso romanzo nell’opera El retablo de Maese Pedro, opera per marionette e tre cantanti: viene ripreso l’episodio in cui Don Chisciotte interviene allo spettacolo di un burattinaio e scende in lotta contro gli stessi burattini. Un ultimo melodramma sul Don Chisciotte è quello dell’emiliano Vito Frazzi, musicato nel 1952; inoltre esiste anche il musical di M. Leigh Man of La Mancha. All’abbondanza di titoli nel settore del melodramma fa riscontro invece la mancanza di interesse per il personaggio di Cervantes da parte degli autori di musica orchestrale, se si eccettua Richard Strauss che nel 1897 musicò il poema sinfonico Don Chisciotte,  Variazioni su di un tema cavalleresco. L’orchestra propone i temi dei due personaggi cui segue una serie di dieci variazioni che descrivono le avventure del cavaliere: dallo scontro con i mulini a vento all’amore per Dulcinea, all’attacco ai monaci mendicanti sino al ritorno a casa di Don Chisciotte, ormai rinsavito che comprende la futilità delle sue illusioni e si lascia andare ad una malinconica meditazione sulla irrealtà dei sogni.
Sempre in campo musicale anche i cantautori italiani sono stati folgorati dal cavaliere errante e dal suo scudiero. Ivano Fossati, nel cd Discanto del 1990, nel brano Confessione di Alonso Chisciano così canta: “A me, a me , a me/ una pazzia d’argento/ al mio cavallo una pazzia di biadaâ€. Roberto Vecchioni in Per amore mio (ultimi giorni di Sancho P.) fa parlare lo scudiero: “ No, Sancho non muore./ Ho combattuto il cuore dei mulini a vento/ insieme ad un vecchio pazzo che si crede me./ Ho amato Dulcinea insieme ad altri centoâ€. Infine Francesco Guccini nell’album Stagioni nel 2000 incide una canzone intitolata Don Chisciotte, un dialogo fra lo stesso cavaliere e il suo fedele scudiero. La follia di Don Chisciotte è dettata da una sete di giustizia e ciò lo porta a divenire il paladino che si batte contro tutte le ingiustizie; Sancio invece è intriso di realismo e cerca a più riprese di distoglierlo dai suoi ideali irrealizzabili. Ma l’ultima parola è quella del cavaliere: “Sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte. Siamo i Grandi della Mancha, Sancio Panza e Don Chisciotteâ€.
Anche nel balletto Don Chisciotte la fece da protagonista già a partire dal 1700 ad opera di Joseph Boismoirtier e di Angelo Tarchi. Nel 1800 altri balletti vennero presentati a San Pietroburgo, a Londra, a Berlino e a Torino. Di tali balletti rimane notizia nelle cronache, ma non hanno vinto il tempo come invece è toccato al Don Chisciotte musicato da Ludwig Minkus, realizzato con la coreografia di Marius Petipa e rappresentato la prima volta al Bolscioi di Mosca nel 1869. Minkus, un autore marginale nella storia della musica, ma la cui composizione continuamente risuona là dove ancora viene presentato il suo Don Chisciotte; lo stesso può dirsi di Petipa perché la sua coreografia non manca di frequenti riprese. Nella storia del Don Chisciotte in punta di piedi rientra anche un autore italiano contemporaneo, Goffredo Petrassi, che nel 1945 compose Ritratto di Don Chisciotte, presentato in forma concertistica al Teatro La Fenice di Venezia nel 1946 e come balletto a Parigi nell’anno seguente.
Mentre nel balletto il Don Chisciotte in punta di piedi ha ottenuto numerosissime rappresentazioni che si ricordano, la stessa fortuna non è stata ottenuta in campo teatrale e cinematografico. Le numerose messe in scena teatrali non sono state niente più che dignitose realizzazioni, ad eccezione del Don Chisciotte per la regia di Maurizio Scaparro con la partecipazione di Pino Micol e Peppe Barra, divenuto poi anche film nel 1983. Memorabile invece rimane il Don Chisciotte di Franco Branciaroli, impegnato nel doppio ruolo del cavaliere e dello scudiero, che interpreta imitando le voci di Vittorio Gassman e Carmelo Bene; sarebbe auspicabile una ripresa dello spettacolo proprio in occasione del quadricentenario della morte di Cervantes.
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In campo cinematografico si parla di “maledizione cinematografica del Don Chisciotte†e ciò specialmente a riguardo di Orson Welles. Il suo tentativo di riduzione del romanzo di Cervantes è uno dei più leggendari incompiuti della storia del cinema: doveva essere un programma di mezz’ora per la televisione, ma poi il regista si era talmente innamorato del soggetto da girare in continuazione nuove scene. Le riprese, iniziate in Messico nel 1957, si protrassero in Europa per quindici anni senza approdare ad un risultato definitivo. Nel 1992, sette anni dopo la morte del regista, lo spagnolo Jesus Franco mise mano alla mole di materiale girato montandolo in un progetto di quasi due ore che almeno mostra ai cinefili il non finito di Welles. Va pure ricordato il Don Chisciotte e Sancio Panza del duo Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che qui superano se stessi caratterizzando efficacemente i due personaggi: una delle loro migliori realizzazioni.
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In campo figurativo nel 1800 Gustave Doré, che già aveva illustrato con le sue incisioni sia La Bibbia che La Divina Commedia, si misurò con la stessa tecnica dell’acquaforte con il capolavoro di Cervantes e le sue acqueforti quasi sempre vengono riprodotte a commento delle traduzioni in lingua italiana del romanzo spagnolo. Conosciutissimo è pure il bozzetto realizzato da Pablo Picasso che raffigura i due protagonisti mediante un numero minimo di pennellate.
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Meno noto è il fatto che Picasso ha ripreso le due figure da un olio di Van Gogh in cui Don Chisciotte e Sancio sono immersi in un assolato paesaggio campestre.
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In campo filosofico Nietzsche si interessò al Don Chisciotte sebbene considerasse la sua scomparsa una morte insignificante in quanto morendo il protagonista si toglie la maschera che aveva indossato e rinnega se stesso e la vita da lui vissuta. Ne consegue che Nietzsche si schiera maggiormente dalla parte di Sancio che così esorta il suo padrone: “Non muoia, signor padrone, non muoia, accetti il mio consiglio e viva molti anni perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morire così, senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall’avvilimento. Su, non faccia il pigro, si alzi da questo letto e andiamocene in campagna vestiti da pastori e chi sa che dietro a qualche siepe non si trovi la signora Dulcinea disincantataâ€. Da notare un parallelo che accomuna Nietzsche e il cavaliere errante: Don Chisciotte scende da cavallo e ritorna savio mentre il filosofo a Torino abbraccia un cavallo e così dimostra la sua pazzia. Anche il filosofo spagnolo Miguel de Unamuno in Vita di Don Chisciotte e Sancho si è interessato del personaggio nel quale individua l’incarnazione dell’idealismo umano teso al conseguimento di una meta che non si raggiunge e che sempre rimane un miraggio.
E per concludere questo excursus nella fortuna ottenuta dal Cervantes, anche in campo poetico Don Chisciotte è stato cantato da vari autori. E’ entrato nei versi del poeta turco Nazim Hikmet: “Partì un bel mattino di luglio/ per conquistare il bello, il vero, il giusto/… Quando si è presi da questa passione/ e il cuore ha un peso rispettabile/ non c’ è niente da fare, Don Chisciotte,/ niente da fare/ è necessario battersi/ contro i mulini a ventoâ€. Pure il nostro Gianni Rodari ha subito il fascino dell’eroe della Mancia e della sua missione tanto da concludere i propri versi con un appello al Cavaliere dalla Triste Figura: “Ma se la causa è giusta,/ fammi un segno/ perché/ magari con una spada di legno/ andiamo, Don Chisciotte, io sono con teâ€.
FINISCE
Grazie, Alfonso, per avere scelto questo blog per la pubblicazione del tuo prezioso elaborato!
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SIMBOLIÂ -Â 1
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Aprile, 2016 @ 6:40 amDetto altrimenti: riflessioni su un libro appena iniziato     (post 2351)
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Il libro: “Simboli al potere†di Gustavo Zagrebelsky (Giulio Einaudi editore). Il simbolo, quasi un “doppio semiconduttoreâ€, ci consente di “tendere verso la conoscenza (una sorta di moto a luogo)†e che allo stesso tempo “tende a farci ricevere la conoscenza†(una sorta di essere ricevitori di), senza mai che nessuno dei due percorsi si compia interamente. L’Autore ci aiuta a comprendere quanto cerca di spiegarci: è come se guardassimo una realtà solo attraverso un cristallo deformante, cristallo che è per noi un simbolo.
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Tutto può essere un simbolo. Io ne ho avuto esperienza soprattutto in un caso. Ero stato nominato consigliere di amministrazione in una grande SpA. Dopo una prima riunione, l’azionista mi convocò e mi chiese cosa pensassi della sua società . Io avevo notato che in quella riunione mancava la “tensione†verso il risultato e lo espressi con poche parole: “Non colgo alcuna tensioneâ€. L’azionista si rabbuiò e mi rispose: “Se non la coglie lei vuol dire che non c’èâ€. Due considerazioni (importante è la seconda!): 1) l’azionista mi aveva fatto un grande complimento, dimostrando di apprezzare il mio giudizio fondato sulla una esperienza gestionale di decine di anni; 2) la riunione alla quale io avevo partecipato era stata un simbolo, nel senso che da quel suo svolgersi mi era stato detto (ricezione) che al di là di essa la gestione della società non andava bene (ma quanto “non bene”?), e che io, se mai avessi “attraversato quella lente†(trasmissione)  ovvero, se fossi stato posto in grado non solo di “consigliare†da semplice consigliere di amministrazione, bensì di decidere da Presidente o Amministratore Delegato, avrei operato in modo totalmente diverso (ma quanto “diverso”?) inserendo nel sistema molta “tensioneâ€.
Perdonate il riferimento personale, ma io stesso, fino ad oggi, non sapevo che quella riunione fosse (stata) un simbolo. L’ho citata perché mi ha fatto capire il senso delle prime pagine dello splendido libro che sto leggendo e che mi permetto di suggerirvi. Tornerò su di esso con altri post (Simboli 2, 3 etc.). Nel frattempo, buona domenica e buon 25 aprile a tutte e a tutti!
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VELIERI DI CARTONE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Aprile, 2016 @ 6:23 amDetto altrimenti: una vecchia passione riaffiora ….  dopo 60 anni!  (post2350)
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Ho ricominciato a farli. Di carta, per la mia nipotina Sara. Poi di cartone. Poi di cartone doppio. Ora chissà che non riprenda in mano il traforo..
Questo mi sono ripromesso di realizzarlo con materiale di recupero, ma tant’è qualche aggiunta l’ho dovuta fare: 20 anellini a vite; un pezzettino di catenella (per l’ancora); una vite con bulloncino per fissare il boma all’albero. Il resto è tutto materiale di scarto (cartoni vuoti presi nei supermercati) o reperito in casa: nastri adesivi, pennarelli, spago, tutori per i fiori, spiedini per la carne o il pesce, colla, clips, pennarelli, un fazzoletto. Ma veniamo a lui “Sara”, l’ultimo veliero varato (i velieri sono sempre al maschile in quanto la marineria tradizionale sottintende “il legno”,  per cui:  il (legno) Vespucci, il (legno) Sara).
- Lft: cm. 37
- Altezza (dal “galleggiamento”): cm. 50
- Dislocamento (peso): gr. 300
- Pescaggio: 0
- Albero: ad una crocetta, passante
- Vele: fiocco, randa (spinnaker e genoa sono ancora in veleria)
- Dotazioni di bordo: ancora, due remi, mezzo marinaio, salvagente a ferro di cavallo, luci di via.
Non parlo della stazza (misurata in  tonnellate di stazza) anche perchè le Tons stazza sono misure di volume: una  ton stazza corrisponde a circa 2,8 metri cubi di ingombro della altezza di stazza x la lunghezza di stazza x la larghezza di stazza e non mi sembra il caso di mettermi a litigare con tanti decimali!
Come si fa a realizzarlo? Si prende un foglio di carta formato A4, lo si piega a metà lungo la sua lunghezza e si disegna, calcando la mano, la mezza proiezione della carena, vista dall’alto. Indi, aprendo il foglio, si ha il modello della “base†del veliero. Base che si realizza a cartone doppio. Indi si applicano le fiancate, (strisce di cartone doppio), fermandole provvisoriamente con nastro adesivo di carta, quello dei carrozzieri.
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Nella foto a fianco si notano: il secchiello porta catena dell’ancora (realizzato con un mio biglietto da visita; il manico con una clips fermacarte); l’ancora nera (clip fermacarte), il mezzo marinaio; la luce di via verde; due  parabordi; i candelieri e le draglie. A questo punto si prepara la “tuga†(il ponte, la coperta anteriore. A doppio strato, quello superiore un poco più largo di quello inferiore), i sedili e la chiusura dello specchio di poppa. Prima di “chiudere†lo scafo si monta la base dell’albero passante, rinforzandone sottocoperta l’alloggiamento del piede con un zoccoletto di due ulteriori quadratini di cartone sovrapposti, dentro i quali l’albero si “scaverà ” la sua sede. Dopo è solo un gioco di nastri adesivi e di amorevoli rifiniture.
Ancora e candelieri sono realizzati con clips fermacarte; albero e boma (che andrebbero  “armati” prima di essere montati!) sono di bambù ex tutori delle piante dei miei vasi da fiori; supporto windex in testa d’albero, con spillo da balia (windex di riserva nel gavone di prua); bompresso, tangone (posizionato verticalmente lungo l’albero)  e crocette, con tutori da fiori di misura minore; barra del timone, remi, stecche delle vele, sostegno boma, mezzo marinaio, asta della bandiera e scaletta di poppa sono realizzati con gli spiedini per arrosti; le luci di via a prua, verde e rossa, e la luce bianca posteriore (coronamento), con carta; bussola e log sono semplicemente disegnate, come il bottazzo paracolpi nero sui fianchi; sartie, drizze, cime, draglie, vang: tutte di spago (ma il prossimo veliero avrà gli stralli e le sartie di filo di ferro sottilissimo!); i parabordi sono stati realizzati arrotolando un cordoncino da cucito attorno ad un pezzo di spugnetta, quella che si utilizza per cospargere di lucido le scarpe. Per evitare lo strallo di poppa, le sartie – alte e basse – sono state ancorate sulla tuga in posizione un poco arretrata rispetto all’albero:  infatti ho avuto difficoltà a realizzare crocette appoppate. Manovre e attrezzature mancanti per le ovvie difficoltà della costruzione (vorranno scusarmi i velisti più attenti ): tesa base della randa; meoli; bozzelli; strozzascotte (sostituiti da pezzettini di scotch);  spinnaker; genoa; inferitura “vera” delle vele; barber.
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Attrezzatura necessaria per la costruzione: taglierino, bucarola per forare le cinghie di cuoio, ago da lana, forbici, pinze, seghetto, mini pinzetta depilatoria, clips fermacarte, vari nastri adesivi e colle, pennarelli, spaghie  fili vari. Tempo impiegato dall’ordine del committente (nipotina Sara) al varo: 10 ore ore. Solo che adesso sorge un problema: vorrei tenerlo io, questo modellino, a casa mia … Come potrei fare con Sara? Sarò costretto a costruirne un altro, magari meno sofisticato ma più maneggiabile da una skipper di cinque anni e mezzo!
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“Buon Vento” Sara! Al veliero, per la navigazione sul tavolo della cucina e a te, dolcissima nipotina, per il Mare della tua Vita!
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P.S: aggiungendo una deriva di almeno 100 gr. e rivestendo la carena immersa (opera viva) di un ulteriore strato di nastro grey, si rende il veliero realmente navigabile per durate non troppo lunghe in … una vasca da bagno! Sarà la mia prossima sfida di progettista: uno scafo nudo ma con la deriva, a mo’ di prototipo. Sempre in cartone … per ora!
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QUARUM, QUORUM E ABBONAMENTO TV
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Aprile, 2016 @ 5:22 amDetto altrimenti: comincio con il “latinorumâ€, ma leggete un po’ dove vado a parare … (post 2349)
Quarum, “delle qualiâ€. Qualche post fa scrivevo di Catullo, poeta amico di tale Cesare, generale imperatore storico romano, conquistatore delle Gallie, il cui De bello gallico (La campagna di Francia, diremmo oggi), inizia così: Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur … ovvero: la Gallia è divisa in tre parti, delle quali una è abitata dai i Belgi, un’altra dagli Aquitani ed una terza da quelli che si definiscono Celti e che noi chiamiamo Galli.
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Dal quarum (femminile) al quorum (maschile), marchingegno ideato per dare voce a chi non dice nulla. Infatti nel diritto romano “chi tace non dice nullaâ€. Ma noi, inadeguatissimi eredi di tanta cultura, ci siamo inventati il “chi tace acconsente†e dal campo di una saggezza un po’ alla buona dei proverbi popolari lo abbiamo trasportato nelle nostre leggi: se non vai a votare si/no al referendum (e ci risiamo con il latinorum!) allora vuol dire che dici “noâ€. Referendum, perifrastica passiva: ciò che deve essere riferito, riportato (al popolo, nel nostro caso).
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Alle Strasse fahern nach Rom, passen Sie aber auf wer Sie dorthin fehrt, tutte le strade portano a Roma, ma state bene attenti a chi vi ci porta. Vi si porta a decidere su qualcosa … ma state bene attenti a chi e come vi ci porta …
Traduciamo: se non si raggiunge un certo livello di partecipazione di aventi diritto (genitivo: “di†aventi diritto “maschiliâ€, visto che si usa il quorum e non il quarum, ma si sa, il maschile ha assorbito il femminile, ma questa è un’altra storia, n.d.r.), allora la consultazione non è valida. Non è valida e non si abolisce una leggina contro la quale di sono espresse ben 13 milioni di persone a fronte dei soli 3 milioni dei suoi difensori.
Demo-crazia, cosa era costei? Storicamente, all’inizio letteralmente “potere sul popoloâ€; poi “strapotere arrogante del popoloâ€. Oggi (teoricamente, n.d.r.)  “potere della maggioranza di tutto il popoloâ€. Quindi occorre andare a votare altrimenti succede quanto segue (piccolo esempio): siamo in 100. A votare vanno solo in 30, dei quali (quorum) 20 votano in un unico identico modo e quindi comandano su tutti noi 100. Questa non è democrazia, bensì oligarchia, governo di pochi. Quindi, il non andare al voto distrugge la portata odierna della democrazia e la fa regredire ai suoi precedenti, negativi, significati storici.
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Dice … trivelle … ma si trattava di decidere su un progetto, su idee … No, raga, non è andata così! La non informazione e – peggio – la disinformazione hanno fatto sì che si sia agito (da parte del popolo dei non votanti) sulla base di opinioni, su sondaggi degli umori e delle suggestioni indotte dalla propaganda. E anche questa non è più democrazia ma regime. Regime mediatico. La disinformazione? Non mi fate ripetere … dai … basta che vi leggiate i miei due post precedenti sulle trivelle … Cosa? Volete che mi ripeta? Evvabbè, una per tutte: ci hanno parlato di “chiusura anticipata delle trivelle†invece che di “chiusura alla data contrattualmente stabilita, senza la modifica di una proroga sine die (altro latinorum!). E nessuno ci ha detto che le compagnie rallentano la produzione ( ecco quindi la necessità per loor della proroga) per non sforare lo zoccolo gratuito che hanno dallo Stato (50-80 mila tons all’anno!) oltre il quale pagherebbero l’8% (in Croazia: niente franchigia e royalties al 10%).
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Ma che volete, le parole sono pietre, scriveva quel tale Don Milani, e se le usi male, possono ferire. E tutti noi siamo stati feriti. Come quando ci si dice che per il pagamento del canone TV si è stabilito l’inversione dell’onere della prova. Avrei potuto scriverne separatamente ma chevvolete, mi viene bene così, mi ci sento trascinato per i capelli. Ma procediamo con ordine.
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Imposta: un quid (latinorum!) che si paga allo Stato a fronte di servizi indivisibili quali la difesa, la magistratura, etc.. Si paga in relazione al reddito. Tu dichiari, lo Stato può accertare cifre diverse ma non è tenuto a dartene prova: sta a te provare il contrario, ovvero che hai ragione tu e non lui. Ecco l’inversione.
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Tassa: un quid (v. sopra) che si paga a fronte di un servizio chiesto ed ottenuto: la tassa postale, la tassa TV. Orbene, applicare anche qui l’inversione dell’onere della prova, concettualmente equivale a dire: “Tu mi devi pagare il costo di dieci lettere raccomandate AR all’anno: sta a te dimostrare che non le spedisciâ€. Ho esagerato con l’esempio, ma un mio maestro, il filosofo del diritto Hans Kelsen mi ha insegnato che per verificare un concetto occorre esasperarne le conseguenze …
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Ed ecco che abbiamo trasformato una tassa in un’imposta a fronte di un servizio che viene considerato sempre più “indivisibile”: tutti possono guardare la TV anzi tutti guardano la TV anzi tutti devono guardare la TV. Altrimenti che regime mediatico sarebbe mai il nostro? Questa sì che è coerenza!
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CERVANTES (BY ALFONSO MASI & C.)
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Aprile, 2016 @ 5:45 amDetto altrimenti: 400 anni fa moriva, insieme a tale William Shakespeare …  (post 2348)
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Ieri pomeriggio, Circolo Culturale Rosmini in Trento. L’amico Alfonso Masi, insieme al suo staff composto da Ester D’Amato, Vito Basiliana, Mimmo Iannelli (voci), Luciano Maino (fisarmonica) ha commemorato i 400 anni dalla morte dell’Autore del Don Chisciotte. Scenografia di Umberto Sancarlo.Quanti di noi dicono di conoscere il Don Chisciotte? Moltissimi. Quanti lo hanno letto integralmente? Pochi. Quanti hanno riflettuto sul significato reale del personaggio? Pochissimi. Soprattutto c’è rimasto il lessico figurato della “battaglia contro i mulini a vento†e del “fare o non fare il Don Chisciotteâ€. Un po’ come per il “Pinocchio†del Collodi che poi si chiamava Carlo Lorenzini. Ma veniamo alla recita. Sala piena. Brevissima presentazione di un (come sempre troppo) frettoloso presidente del Circolo, nell’uscire di scena più veloce della messa a fuoco di una macchina fotografica!
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Il testo. Sintesi “estratta†dal testo integrale: questa a parer mio è stata la prima grande fatica di Alfonso: come è difficile fare sintesi, in ogni campo! Indi la scenografia: il cavallo Ronzinante, opera (unica) di Umberto Sancarlo, i mantelli, lancia e spada: quanto basta per creare l’ambientazione.
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I passaggi della recita: la vestizione del cavaliere; l’incontro con i mercanti; lo scudiero Sancio Pancha; la lotta contro i mulini a vento; notte nella locanda; la liberazione di una dama; la battaglia contro le nuvole; l’incontro con i galeotti; la battaglia contro i caproni; la visita a Dulcinea; le tre contadine; verso casa; il cavaliere della luna bianca; epilogo.
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Fantascienza? Surrealismo? Analisi psicologica? Pscicanalisi? Sì, il “tutto questo†di 400 anni fa. Il desiderio dell’uomo di superare se stesso; la sua spasmodica ricerca del superamento di ostacoli anche inesistenti (che quando non esistono spesso siamo noi stessi a crearceli!); il desiderio si affermarsi “comunqueâ€; l’anelito verso un amore idealizzato. Di fronte a tutto ciò, la saggezza popolare di un Sancio Pancha: semplicità , il suo ricco e furbesco accontentarsi di poco, il suo tenere i piedi per terra. Tutto sommato un testo di psicanalisi.
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Gli intervalli musicali azzeccati. La recitazione degli interpreti? Perfetta, appassionata, coinvolgente nel tono e nella gestualità . Peccato qui leggii ma non si poteva certo pretendere che conoscessero a memoria quel lungo testo.
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Bravi, anzi … bravissimi! Applausi da standing ovation.
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Prossimo appuntamento della troupe Masi: stesso luogo, mercoledì 26 aprile 2016 ore 17,00: “Essere o non essere – Maratona di monologhi di Shakespeareâ€. Stesso Autore, stesse voci con in più Mariabruna Fait e Bruno Vanzo. Presentazione di Antonia Dalpiaz.
Associazione Culturale “Antonio Rosmini” – Via Dordi, 8 – Trento – Tel. e fax 0461 239994 – info@assrosmini.191.it – www.associazrosminitrento.it – Con il patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio di trento e Rovereto
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CATULLO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Aprile, 2016 @ 12:52 pmDetto altrimenti: a scuola di classici da Maria Lia Guardini, la nostra “Prof senza puntinoâ€, presso la Biblioteca Comunale di Trento  (post 2347)
Catullo, chi era costui? Nato a Verona intorno al 85 a. C., crebbe fra la Valle dell’Adige e il Garda (di formazione, quindi, anche un po’ trentino-gardesano!). I suoi erano ricchi e amici di Cesare che durante la campagna di Gallia andava a svernare a casa loro. La sua fu una vita da bohèmienne. Casa a Roma, villa a Sirmione. Un grande amore: Lesbia (in realtà , Claudia). Lesbia non era una prostituta, ma una tizia che faceva innamorare di se’ molti, che faceva perdere la testa a molti, soprattutto a Catullo che ne risulta innamorato come un ragazzino sa fare alle prime cotte.
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Catullo, il primo poeta per il quale la pratica della letteratura diventa una esperienza soggettiva e personale (prima di lui la letteratura era “solo” educativa, formativa). Ad esempio,quando tratta dei valori fondamentali del matrimonio fides, pietas, castità (della donna!), li rielabora e li interiorizza. Esalta la differenza fra l’amore fisico e il “volersi bene”. Il suo è uno dei “tempi” dell’amore greco: Omero, Saffo, Catullo.
Alla stessa età di poco più di 30 anni, Orazio era un uomo maturo, Catullo un ragazzino assolutamente trasparente ed innamoratissimo di Lesbia. La sua poesia è “interiorizzataâ€, come i valori della civiltà della sua epoca. Scrive della famiglia, dei suoi amori, dell’amore, dell’amore per Lesbia. Muore giovane a 33 anni. Io, da velista gardesano, amo riportarvi una sua poesia, quella famosissima, su Sirmione (carme 31):
Paene insularum, Sirmio, insularumque
ocelle, quascumque in liquentibus stagnis
marique vasto fert uterque Neptunus,
quam te libenter quamque laetus inviso,
vix mi ipse credens Thyniam atque Bithynos
liquisse campos et videre te in tuto.
O quid solutis est beatius curis,
cum mens onus reponit, ac peregrino
labore fessi venimus larem ad nostrum,
desideratoque acquiescimus lecto?
hoc est quod unum est pro laboribus tantis.
salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude
gaudente, vosque, o Lydiae lacus undae,
ridete quidquid est domi cachinnorum.
Sirmione, perla delle penisole e delle isole,
di tutte quante, sulla distesa di un lago trasparehnte o del mare
senza confini, offre Nettuno delle acque dolci e salate,
con quale piacere, con quale gioia torno a rivederti!
A stento mi persuado d’avere lasciato la Tinia e le contrade della Bitinia,
e di poterti guadare con sicura pace.
Ma c’è cosa più felice dell’essersi liberato degli affanni,
quando la mente depone il fardello e stanchi
di un viaggio in regioni straniere siamo tornati al nostro focolare
e ci stendiamo nel letto desiderato?
Questa, in cambio di tante fatiche, è l’unica soddisfazione.
Salve, amabile Sirmione, festeggia il padrone
festoso, e voi festeggiando, onde del lago di Lidia, voglio da voi uno scroscio di risate, di tutte le risate che avete.
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Vi chiederete perché ho usato il grassetto in alcuni passi. Perché sono quelli che ho sempre amato e ricordato: perdonatemi quindi questa debolezza. Infatti sono i versi che mi sono venuti alla mente quando stavo per iniziare una traversata mediterranea in notturna sulla mia barchetta a vela da regata (non abilitata a tali navigazioni!) e pensavo sì alla bellezza del viaggio, ma anche alla pace che avrei avuto dopo che avessi finito la traversata senza incontrare venti di tempesta.
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Un altro passaggio famoso è il carme 85, di sole due righe:
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. / Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. / Non so, ma sento che questo mi accade: è la mia croce.
Odi et amo, espressione entrata nel lessico dei nostri tempi. Una nota su quel “excruciorâ€. Al tempo di Catullo non esistevano ancora i verbi riflessivi, che ci consentirebbero di tradurre meglio quel passivo “sono crocifisso†con un “mi crocifiggo io stessoâ€. L’espressione “è la mia croce†rende l’idea, ma non il fatto che è lui stesso che si mette in croce.
Parole … Catullo talvolta utilizza quelle usate dal popolo. Ad esempio per dire “bella†(contrario di brutta) usa il termine latino “bella†e non “pulchraâ€. Ma questi sono dettagli.
Della vita pubblica, Catullo disprezza ed evita la politica. Il suo modello è l’opposto dell’Enea virgiliano, tutto dedito alla patria. Critica fortemente Cicerone (“disertissimus” nipote di Romolo, ovvero arido campagnolo) e a seguito di sue probabili rimostranze, rafforza ironicamente la dose con quanto segue: “Ma come? Ti offendi per quanto scrive contro di te il più misero dei poeti, tanto più misero io quanto più tu sei grande?†In realtà , confermando il suo giudizio negativo su Cicerone, a contrario esaltava se stesso, ovvero. “Poichè in realtà io ti reputo infimo, parallelamente cresce il mio valore”.
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Catullo, mille altre cose da dire, ma questo mio, si sa, è solo un post … ah … dimenticavo: gli hanno dedicato un aeroporto, quello di Verona! Prossimo appuntamento: martedì 3 maggio, ore 10,00 presso la Biblioteca Comunale di Trento, primo piano, aula a fianco della sala degli Affreschi.
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CON LA FIAB NEL PARCO REGIONALE DEI COLLI EUGANEI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Aprile, 2016 @ 11:22 amDetto altrimenti: FIAB- Federazione Italiana Amici della bicicletta, Gruppo di Trento: bicicletta, rispetto reciproco e della natura, cultura, zusammen sein, stare insieme  (post 2346)
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Lo avevo promesso, che la prima foto del post sarebbe stata la sua: Ilaria, la nostra guida “indiana†ovvero locale (visto che abita a 200 metri dal nostro hotel (l’ottimo “Eliseoâ€), la giovane studentessa che ci ha pre-pedalato per tre giorni attraverso i ghirigori delle ciclabili locali. Giovane, gentile e … in gamba, anche in senso senso letterale, perché lei, assolutamente non allenata, con una bicicletta normale (cambi solo alla ruota), ha iniziato a condurci alla velocità di 22 kmh (con i muscoli ancora freddi!). Per le grandi salite poi … dammi retta, Ilaria, fai montare una “guarnitura†multipla ai pedali, come abbiamo tutti noi: vedrai che differenza!
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Col. Guglielmo Duman, Medaglia d’Oro al Valore Ci …clistico: “Esponeva impavido il suo corpo al traffico nemico delle auto pur di far attraversare indenni i suoi associati”
L’Hotel Eliseo. Ottimo dicevo, innanzi tutto perché associato ad Albergabici Fiab, e quindi dotato di un apposito garage per le nostre preziose biciclette. E poi, dopo una pedalata, la piscina riscaldata! Uao raga! Che lusso! La posizione centralissima. Il personale sorridente. Le camere ok. Il cibo super. Che volere di più? Il responsabile di tutto ciò? Il nostro Presidente Guglielmo Duman, organizzatore della tre giorni di cui ora vi parlo. Il merito principale, suo e della Fiab? Quello di condurci a visitare e conoscere luoghi, culture, opere ed avvenimenti con i quali – altrimenti – noi mai saremmo entrati in contatto.
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E veniamo ai Colli, premettendo che – per ragioni si spazio – non posso riportare tutti i ricchi particolari storici ed artistici che ci sono stati regalati dalle nostre guide e che in parte potete reperire in internet. Il mio succinto report comunque vi servirà da stimolo per visitare questi luoghi. Colli “Euganei”. Il termine deriva dal dal greco “eugeneis†di nobile stirpe”, o forse anche da una popolazione ligure che li abitava, gli Ingauni (poteva un blogger nato a Genova tralasciare questa possibilità ?). Nel loro territorio è stato individuato e circoscritto il Parco Regionale dei Colli Euganei, luogo della nostra “Tre giorniâ€.
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Venerdì 15 aprile 2006, 25 km
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Arrivati in auto a Montegrotto Terme (da Trento 150-200 km a secondo del percorso scelto) già vestiti da ciclisti, visitiamo il Monastero di S. Daniele in Monte (salita di 1 km all’8%) che risale all’anno 1076, oggi abitato da Monache Benedettine provenienti da Fiume. Visita guidata e quindi, al momento di ripartire, uno di noi si accorge che aveva dimenticato in Hotel la chiave dell’antifurto …
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Si prosegue in discesa e in pianura: Monteortone, visita guidata al Santuario della Beata Vergine della Salute (che preservò la popolazione dalla peste manzoniana). Nelle vicinanze, pranzo al sacco o quasi.
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Si riparte per l’ Abbazia di Praglia (XI secolo) che visitiamo guidati dal simpatico Fra Girolamo nato in USA, cresciuto a Buenos Ayres, che parla italiano con un leggero accento argentino ed intercalare veneto!
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Sabato 16 aprile 2016, km 42
In ciclabile verso Battaglia Terme, visita guidata al Castello Catajo (Ca’ del tajo, Casa del taglio, del canale), primo pezzo forte della giornata. Guidati da una simpatica e bravissima guida Giorgia Dianin (insieme a noi nella foto di gruppo, alla fine del post). Villa-castello, reggia dei Colli Euganei (350 stanze!), sede della famiglia degli Obizzi, mercenari “signori della guerra†dell’epoca, capitani di ventura giunti in Italia nel 1007 al seguito dell’imperatore Arrigo II. Villa e relativi giardini. Da non perdere.
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Si prosegue: sfioriamo la Villa Emo (Palladio) e arriviamo a Monselice, che visitiamo chi con la guida, chi da solo alla scoperta del paese. Indi saliscendi con un km finale all’8-9% e arriviamo ad Arquà Petrarca per visita alla tomba del Petrarca e alla casa donatagli dal suo main sponsor Francesco il Vecchio da Carrara. Indi pranzo in trattoria.
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Sposi che attraversano il cortile della nostra trattoria, colti al volo!
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Indi per agevoli saliscendi, visita a Villa Barbarigo, splendido complesso monumentale di Valsanbizio, realizzato nella seconda metà del seicento dal nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo, che si estende per ben 10 ettari. Visita introdotta da una graziosa guida.
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Domenica 17 aprile 2016. 22 km
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Si parte un po’ dopo, si pedale di meno stante che poi si deve tornare a Trento. Visitiamo il Museo dell’Aria nella Villa-Castello di San Pelagio con rimembranze dannunziane …
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… e accampamento medievale ricostruito da gruppi appassionati di tale genere di rappresentazioni.
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Fra i tanti cito volentieri la Compagnia del Corno Nero (compagniadelcornonero@gmail.com, anche su Facebook), con le loro illustrazioni del cibo e della cucina del tempo di Dante.
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Dopo un pranzo al sacco, tutti a Permunia, in visita all’eccezionale Museo Civico della Navigazione Fluviale a Battaglia Terme, guidati dal suo ideatore e realizzatore, il Capitano Riccardo Cappellozza (1), un 85enne pieno di storia, vita, vitalità ed entusiasmo. Da ligure di nascita qual sono e da attuale velista gardesano qual sono diventato, ho particolarmente seguito ed apprezzato la sua opera e la ricchezza di particolari con la quale egli ce l’ha illustrata. Il museo è contenuto in una casa del Comune, su tre piani, contiene migliaia di pezzi, modelli, fotografie, documenti (altri 500 sono in attesa di restauro ed esposizione).
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(1) Capitano. Il suo biglietto da visita riporta “Barcaiolo abilitato”, ma vi assicuro – e parlo da velista con patente nautica vela-motore illimitata (escluse le barche da 25 metri in su, classificate “navi”) – la sua abilità e le sue conoscenze superano di gran lunga quelle della maggior parte degli  skipper della domenica e non solo. La sua esperienza in tutti i settori di quel tipo di navigazione e della vita di bordo, riuscire a manovrare quei barconi stracarichi in acque poco profonde, in mezzo alla corrente e senza motore … bè, ragazzi,. non è assolutamente da tutti! Quindi lasciatemelo promuovere Capitano a pieno titolo!
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Vi si documentano imbarcazioni, cantieri, vie navigabili, propulsione, la vita di bordo, l’economia della professione. Per maggiori info, www.provincia.padova.it/museo_navigazione.
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A fianco: le vie d’acqua
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Un esempio della difficoltà della loro navigazione. Se una barca si arenava (erano lunghe trenta metri, spessore del fasciame di sette cm. in larice, ordinate in noce), l’arresto avveniva per incaglio laterale longitudinale, secondo l’asse stesso della corrente e del fiume.
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Vista di interni: le vacanze estive della famiglia consistevano in “crociere di lavoro” sul “cargo” di papà Riccardo
A quel punto una seconda barca si affiancava alla barca arenata, si ancorava alla sua prua e si lasciava traversare dalla corrente, creando una sorta di diga a valle della barca ferma. In tal modo il livello dell’acqua si alzava e la prima barca si disincagliava. Quando i canali c’era poca acqua, la stessa tecnica veniva utilizzata, di ponte in ponte, facendo fare da diga ad una barca che pescasse di meno e facendo navigare le barche più grosse, di ponte in ponte, sull’onda che si creava quando la prima barca, la barca-diga, si disimpegnava dalla sua posizione, liberando il corso all’acqua in cui livello, nel frattempo si era alzato!
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Rientrati a Montegrotto, eccezionale gelato presso la gelateria pasticceria Della Bona e quindi tutti a casa! Che altro dire se non grazie alla Fiab e all’organizzatore Guglielmo? A tutte le lettrici e lettori: joint us, unitevi a noi iscrivetevi alla Fiab, anche rispondendo con un vostro commento al presente post, dai … we ‘re waiting for you all!
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Good bike everybody!
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TRIVELLE 2
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Aprile, 2016 @ 8:00 amDetto altrimenti: ha vinto la disinformazione: quorum non raggiunto! Â Â (post 2345)
QUORUM, termine latino. Purtroppo dai Latini non abbiamo acquisito anche il concetto giuridico che per loro “chi taceva non diceva nulla”: infatti ieri chi ha taciuto (non andando a votare), stante la presenza del quorum ha detto “no” all’abrogazione di una legge truffa.
Sono stato derubato di soldi e di democrazia, ma non accetto di essere anche preso in giro
Sono appena rientrato da una pedalata di tre giorni con la FIAB nel Parco Regionale dei Colli Euganei (v. post sucecssivo ancora in allestimento). Avevo fretta di pubblicare quel resoconto ma prima ho pensato giusto scrivere alcune considerazioni sull’esito del referendum di ieri, referendum del quale ho già scritto due post fa.
Ieri sera sono andato a votare alle 20,00 ancora vestito da ciclista. Questa mattina ho appreso che l’80% dei Trentini ha votato contro le trivelle, ma il quorum non è stato raggiunto. Ecco che purtroppo ha vinto la “furbizia italica†Divide et impera” (si legge dìvide et ìmpera), dividi e comanda, dividi i concetti e potrai fare ciò che vorrai! Infatti hanno diviso due concetti: 1) in un primo momento, hanno stabilito che una rilevante quantità annua di estratto (gas e petrolio) fosse “in esenzioneâ€, ovvero che su quello zoccolo (migliaia di tonnellate annue!) le compagnie petrolifere non pagassero nessuna royalty allo Stato, cioè a noi (in Croazia non esiste alcuna franchigia!). A questo punto le compagnie petrolifere hanno rallentato l’estrazione annua per potere operare gratuitamente. Poi esse si sono accorte che così facendo, la concessione sarebbe scaduta ben prima dell’esaurimento del giacimento. E allora, che fare? 2) in un secondo tempo, basta far prorogare la concessione fino al completo sfruttamento del giacimento: una leggina ed il gioco è fatto.
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Cui prodest? Cui bono’ (Cicerone) – A vantaggio di chi? Chi ci guadagna?
Cosa? Alcune regioni promuovono un referendum popolare per ostacolarci? Scialla raga, calma ragazzi, basta dire che questa eventuale “chiusura anticipata†(in realtà sarebbe una “chiusura non posticipata†n.d.r.) delle piattaforme avrebbe fatto perdere posti di lavoro … che altrimenti questo gas e questo petrolio lo dovremmo importare con petroliere che possono fare naufragio, ed il gioco è fatto! Vuoi vedere che non si raggiunge il quorum?
E così è stato. Peccato che i posti di lavoro (mille o poco più) sarebbero venuti a mancare solo alla scadenza naturale originaria delle concessioni, e cioè fra 15.25 anni e che nel frattempo i lavoratori avrebbero potuto essere riconvertiti. Peccato che se una piattaforma si “rompeâ€, inquina le coste e rovina il turismo e le decine e decine di migliaia di lavoratori che i sono addetti perderanno il loro posto di lavoro. Peccato che l’estratto che ricavate poi ve lo vendete all’estero. Peccato che le quantità che estraete e vendete siamo importanti solo quanto all’utile che voi ricavate, ma che comunque sarebbero irrilevanti rispetto al nostro fabbisogno nazionale globale. Peccato che le royalties che voi non pagate allo Stato le debba pagare io con il mio F24. Peccato che taluno abbia detto che “andare a votare non è un dovereâ€: affermazione gravissima! E’ un dovere e come! Se non vai a votare distruggi la democrazia. Tutto qui. E vi sembra poco? Se a votare vanno solo poche persone, la maggioranza di quei pochi governerà su tutti: e questa vi sembrerebbe una democrazia? Ma via, siamo seri! E mi dispiace che a dire queste parole sia stato il Presidente Emerito della Repubblica Giorgio Napolitano.
Cosa? Che dite? Che sto facendo politica? No, scialla raga, non sto facendo politica partitica, bensì politica della polis, ovvero mi sto occupano di problemi che dovrebbero interessare “polloi†ovvero molti, ovvero i molti che abitano la polis, la città , la città stato, oggi lo Stato.
E dire che sarebbe bastato copiare il modello della Croazia: concessioni a termine, nessuna franchigia, e royalties al 10% (le nostre sarebbero all’8% ma tanto … chi le pagherà mai?).
Dice … ma fra quelle compagnie c’è anche l’italiana ENI. Eh già , il paravento per giustificare i regali alle compagnie estere. E poi, anche se le Stato avesse voluto “aiutare†l’Enel, avrebbe dovuto prima spiegarlo con chiarezza a noi e all’UE, non vi pare?
Finisco con un pensieraccio (infatti, a pensar male si fa peccato ma si indovina!): che ci sia stato un’intesa fra le compagnie estere e l’ENI nel senso “Vai avanti tu, Eni che a me mi vien da ridere?â€
Ecco perchè ho affermato di essere stato derubato di soldi e di democrazia. Ma non permetto che si offenda la mia intelligenza, poca o tanta che essa sia.
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PAUSA POST
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Aprile, 2016 @ 6:28 pmDetto altrimenti: il vostro blogger si prende una pausa        (post 2344)
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Care lettrici e cari lettori, nei giorni 15, 16 e 17 aprile sarò con gli amici della Fiab a visitare la casa natale di Francesco Petrarca e tante altre cose belle in provincia di Padova. Come? In bicicletta, naturalmente! E ho deciso di non portarmi appresso il computer! Quindi mi scuserete se non pubblicherò con tempestività vostri eventuali commenti alle mie sudate carte (elettroniche).
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Dai, che poi al mio rientro vi racconto tutto con foto! Nel frattempo … non sapete cosa vi perdete a non essere associati alla Fiab …
Good bike everybody!
P.S.: … ma rientriamo a Trento in tempo per andare a votare sul referendum “trivelleâ€, of course!
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TRIVELLE 1
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Aprile, 2016 @ 5:27 amDetto altrimenti: si o no?          (post 2343)
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L’Italia, e parliamone “del paese là ove ‘l sì suonaâ€! Così scriveva Dante Alighieri … ma era all’Inferno! Ora … non che noi si sia all’inferno, ma un poco “infernale†appare il fatto che se non vuoi le trivelle devi votare sì e che se le vuoi devi votare no. Mi ricorda quel tale che – decenni fa – invitava le vecchiette a votare Madonna Santissima Immacolata, MSI!
Trivelle … qui in Trentino a chi chiede “Come va?†e lo dice in dialetto “Com’ela?†se l’interpellato è un po’ avanti con gli anni talvolta lo senti rispondere “Eh, caro, ormai l’è pù grand ‘l bus de la trivela†… Ma veniamo alle trivelle, quelle vere. Ieri sera un partito politico – l’UPT, unico fra tanti – ha organizzato una conferenza sulle ragioni del sì e quelle del no. Al riguardo osservo:
bene averne discusso;- benissimo per i moltissimi giovani in sala;
- malissimo che qualcuno abbia invitato a non andare a votare al referendum;
- il problema è soprattutto politico, indice di una svolta;
- le condizioni alle quali le concessioni su “tratte di mare, anche per più trivelle†sono accordate alle compagnie petrolifere, sono un regalo rispetto ai “prezzi†praticati dalla Croazia. In particolare su grandi quantità di gas e olio estratto è applicata una franchigia per cui le compagnie rallentano la produzione per non pagare l’affitto allo Stato;
- rallentare l’estrazione esige il prolungamento della concessione (ecco la legge che il referendum vuole abrogare);
- impianti vecchi che durano ancora a lungo richiederebbero elevate manutenzioni che spesso le compagnie non fanno nella misura prudenzialmente dovuta;
- il numero di lavoratori che perderebbero il lavoro in caso di disastro ambientale è molto superiore ai lavoratori che fra dieci e venti anni si dovrebbero riconvertire in caso di mancata proroga sine die delle concessioni;
- la quantità di gas e olio estratta è irrilevante ai fini delle necessità del paese (a parte che l’estratto poi viene venduto all’estero).
- Le ragioni del no? Sono state di “portata globaleâ€: “Se non corriamo qui il rischio di inquinamento, lo si corre altrove sulla terra o con le petroliere che trasportano il petrolio. E allora, tanto vale …â€
Una mia domanda non formulata: “Ma se si estrae gas e olio vicino alla costa, non si corre in rischio che la costa collassi “per sostegno manco†come descriveva Dante Alighieri circa la causa delle “ruine†di sassi vicino a Rovereto, alludendo alle frane causate dal ritiro dei ghiacciai, ghiacciai che con la loro presenza avrebbero sostenuto i fianchi della valle?
A questo punto sono chiare due cose: che io sono un appassionato dantista e che voterò “sìâ€, se non altro perchè avere stabilito una franchigia elevata che induce le compagnie petrolifere ad estrarre più lentamente ed ora prorogare sine die la concessione è un combinato disposto (furbesco all’italiana!) che offende la mia tasca di cittadino e soprattutto la mia intelligenza di Persona.
P.S.: sui rischi e sui danni delle estrazioni marine leggete il libro “Il quinto giorno†di Frank Schaetzing (Ed. TEA).
E’ stato detto: “Votare non è un dovere”. OK, non è un dovere la cui violazione sia sanzionata dalla legge, ma votare è un diritto garantito dalla legge ed allo stesso tempo è  un dovere civile e morale.
E’ stato detto: “La chiusura anticipata delle trivellazioni …”. Ma quà chiusura anticipata? E’ la chiusura alla scadenza contrattuale. Al contrario, si parla di prorogare sine die (con il NO) /o di non prorogare (con il SI)  tali scadenze.
Le parole .. le parole sono pietre, scriveva Don lorenzo Milani. Lo conoscete? Si? Bravi! No? Leggetelo.
E’ stato detto: “Questo referendum è una bufala”. Ma se è espressione legittima di organi delle regioni previsti dalla nostra struttura democratica!  Fatemi capire … Eppoi, cui prodest? Cui bono? Direbbe quel tale avvocato Cicerone … a chi giova? Chi ne trae utili?
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