RIFORMA DELLA GIUSTIZIA (solo alcune brevi considerazioni)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Maggio, 2013 @ 6:15 am

Detto altrimenti: “Aggiornamento, miglioramento della Giustizia”.

A Scuola e all’Università ci hanno sempre detto che la nostra Democrazia si fonda su tre poteri separati: il Legislativo (il Parlamento), che “fa” le leggi; l’’Esecutivo (il Governo), che le applica; il Giurisdizionale (la Magistratura), che controlla e giudica.
Ora, poiché nessuno è perfetto e tutto è migliorabile, nessuna meraviglia che anche il nostro sistema democratico sia suscettibile di miglioramenti e correzioni.

Il Legislativo. Circa 1000 persone che troppo spesso di fatto hanno delegato al Governo la funzione legislativa. Inoltre alcune di queste persone sono state chiamate al Governo, facendo quindi parte contemporaneamente di due funzioni e, in certi casi, “correndo” in Parlamento a votare per far approvare la fiducia al Governo, cioè a sè stessi!

Il Governo. Soprattutto quando ha avuto ampia maggioranza ed ampio lasso di tempo per fare le riforme e non le ha fatte ….

Quis custodiet custodes ipsos?

La Magistratura. Ecco il punto che pare catalizzare l’attenzione della politica, o almeno di una certa politica. I punti sui quali essa si concentra sono: la responsabilità civile dei giudici e la dipendenza dei PM dall’Esecutivo (quest’ultima chiamata “separazione delle carriere”).

Circa la separazione delle carriere dei PM dai giudici giudicanti, potrei anche essere d’accordo. Ma non sono assolutamente d’accordo sull’eventuale abolizione della obbligatorietà dell’azione penale o sul demandare all’esecutivo la gestione gerarchica dei PM e della loro attività.

Sulla responsabilità civile dei giudici (PM compresi) avrei qualche perplessità. Piuttosto si potrebbe inserire una maggiore “responsabilità interna” nel senso di prevedere sanzioni disciplinari veramente rilevanti non per quei giudici/PM la cui sentenza venga poi ribaltata o cassata ma per quei giudici/PM che non studiano i fascicoli, che non interrogano gli imputati (benchè richiesti), che pur di fronte a corpose documentazioni ed argomentazioni della difesa, non approfondiscono la causa limitandosi a dire “confermo quanto già esposto” oppure “mi rimetto a quanto risulta agli atti”, chiedendo “comunque” pesanti condanne e/o condannando “comunque”, “tanto poi si rivedrà tutto in appello e in Cassazione”.

Poi c’è un aspetto particolare: la cosiddetta “autorizzazione a procedere” da parte del Parlamento per consentire l’arresto di un Parlamentare. Il Parlamento dovrebbe valutare se il processo è stato instaurato “per impedire l’attività politica dell’imputato”. Non altro. Invece, spesso, si assiste a pronunce del Parlamento del tipo: “No, lui è una persona onesta, non può avere commesso quel fatto … io non la voto l’autorizzazione a procedere”. Così facendo il Parlamento snatura l’istituto e si sostituisce al Giudice di merito. Anche questo comportamento va “riformato”.

L’arretratoooo…!!

In parallelo all’evoluzione della revisione della materia, occorrerebbe da subito investire risorse sul completamento degli organici della Magistratura e sulla sua informatizzazione. Anche di recente, infatti, ho visto Giudici scriversi di pugno, a penna, i verbali dell’interrogatorio che stavano eseguendo! Vi immaginate cosa accadrebbe se il Ministero delle Finanze fosse altrettanto (poco) informatizzato? E allora, forse che il rendere tempestivamente giustizia ai cittadini è meno importante di un corretto e tempestivo prelievo fiscale?

Dove reperire le risorse necessarie? Ad esempio non acquistando gli inutili e costosissimi cacciabombardieri F35!

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IUS SOLI PER REFERENDUM?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Maggio, 2013 @ 2:11 pm

Detto altrimenti: mea Grillo, cosse ti me disgi?

Jus soli? Solo con referendum!

Beppe, te lo dico in genovese: senti Grillo, cosa mi dici mai? I referendum, se male utilizzati, sono uno strumento di rafforzamento della democrazia formale e di distruzione della democrazia sostanziale. Belandi, te l’ho ditu molte votte, ma ti… ninte …accipicchia, te l’ho detto molte volte … ma tu … niente! Leggiti i miei post del 1 e del 12 aprile scorsi, leggiti … belandi …

Mi ri-spiego: l’istituto del referendum va bene solo per problemi “secchi” tipo “divorzio si/no” rispetto ai quali ognuno può ben prevedere quali potranno essere su di sé le conseguenze del voto referendario. Ma portare il popolo a decidere con referendum su un problema quale l’uscita dall’Euro … via … credo che solo il 10% della gente – a voler essere generosi! – potrebbe capire quali sarebbero le conseguenze di una simile decisione! E quindi, la stragrande maggioranza voterebbe con la “pancia” non con la testa. Tanto varrebbe tirare in aria una monetina!

Genova – Buenos Aires

Idem – anzi peggio – per l’istituzione dell’jus soli, cioè per la concessione della cittadinanza ai figli nati in Italia da una coppia di extracomunitari in Italia da oltre 5 anni, con casa e regolare lavoro. Si tratta infatti di regolarizzare i figli di chi regolare lo è già. Si tratta di capire che il mondo sta cambiando, che la molla che noi nord occidentali della terra abbiamo compresso per secoli, quella dell’imperialismo e dello sfruttamento del sud est del pianeta, si sta distendendo; si tratta di capire che “natura non facit saltus”, che non vi sono forzature in natura, e che, se noi queste forzature le facciamo, prima o poi la natura si riprende i suoi spazi. Negare la cittadinanza alle condizioni sopra indicate, significa – nel medio termine – cercare di ri-comprimere una molla sociale che prima o poi scatterebbe, sfuggendoci di mano, anzi, ferendo le nostre mani di uomini bianchi. E allora, ragioniamo nelle sedi più convenienti, cioè in Parlamento (Italiano ed Europeo), non andiamo a votare con in una cabina elettorale “pancia si/ pancia no”. E poi, Beppe, tu sei Genovese, come me, … tu sei appena più giovane di me (io sono classe ’44) quindi non puoi ricordare le emigrazioni italiane degli anno ’20 – ‘ 30, ma quelle degli anni ’40 – ’50 sì, quando proprio a Genova, al Consolato della Repubblica Argentina, in Albaro, di fronte alla casa dell’allora Sindaco Vittorio Pertusio, sì … di fronte alla “Farmacia “Albaro” … hai capito benissimo, i nostri concittadini facevano la fila per avere il visto per potere emigrare verso una terra della quale speravano a buona ragione di conquistarsi il diritto di diventare cittadini.

Erano gli anni “che a scuola” ci davano i “giornaletti” con il personaggio Erpinotto, per fare propaganda agli aiuti USA del piano ERP -European Recovery Program (o Piano Marshall) ed anche quelli con su tale Evita Peron … ricordi?

E allora? Questi “altri” le cui sorti tu vorresti affidare ad un referendum siamo noi stessi, gli “altri” di ieri.

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BARCHE A VELA O “STRUMENTI TECNOLOGICI DA CORSA”?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Maggio, 2013 @ 7:07 am

Detto altrimenti: proiettiamoci nel … passato ed evitiamo questi tristissimi, inutili  lutti nel mondo della vela!

Tragica scuffiata

Baia di S. Francisco, California, USA. 10 maggio 2013 – L’atleta olimpico britannico trentaseienne Andrew “Bart” Simpson, che vinse una medaglia d’oro a Pechino nel 2008,è morto durante le prove dell’America’s Cup nella Baia di San Francisco, in California. Il velista era a bordo insieme ad altri undici compagni sul catamarano Artemis (manager Paul Cayard), che si è capovolto (ha “scuffiato”) durante una prova di allenamento per le gare della Coppa America. Bart è stato sbalzato in mare quando il natante si è ribaltato, è rimasto imprigionato sott’acqua ed è affogato. Innanzi tutto esprimo le più sentite condoglianze ai familiari della vittima, ed al suo equipaggio.

… storica!

Detto ciò, vengo al dunque. In un recente passato ho assistito a questo dialogo: “Perché un a volta le navi (a vela, n.d.r.) le facevano in legno?”. Risposta: “Perchè erano più flessibili sulle onde”. Risposta sbagliata. Quella giusta sarebbe stata : ”Perché non c’era altro materiale disponibile”.

In planata, come una tavola da surf!

Erano in legno ed avevamo forme arrotondate, quelle adatte a “dialogare” meglio con le onde. Infatti quelle navi/barche erano fatte per navigare “anche se” il mare non era completamente piatto. Poi si sono sviluppati altri materiali: vetroresina, ferrocemento, alluminio  e da ultimo il carbonio. Alla ricerca della leggerezza e della rigidità. Inoltre si sono modificate le forme, soprattutto a vantaggio di carene plananti, cioè con il “fondo” (cioè la carena) piatto, molto larghe soprattutto a poppa e con il “dritto” di prua e poppa verticali per allungare la linea di galleggiamento.

Catamarano “oltre” la planata!

Ma non è bastato: ci siamo inventati i moderni catamarani, che sviluppano velocità fono a 40 -45 nodi, cioè circa 80 kmh! Il risultato? Si tratta di strumenti da corsa ( non li definisco  barche), sui quali un errore umano o un imprevisto può trasformarsi nel migliore dei casi in danni milionari e nel peggiore in perdite di vite umane. Ecco, io credo che l’attuale periodo di crisi che sta attraversando gran parte del mondo “civilizzato” ci debba far riflettere anche su questo tipo di “sviluppo” della navigazione (rectius, competizione) a vela.

Azzurra … solo per vederne la carena: “dislocante”, non “planante”

Ho qui davanti a me che scrivo due riviste di vela: il n. 6 del giugno 1983 di “Vela e Motore” riportante in copertina l’equipaggio di “Azzurra” condotto da Mauro Pellaschier (il 18 giugno 1983 sarebbero iniziate a Newport le regate di selezione per la Coppa America); e il n. 5 del giugno 1992 di “Vela” con in copertina un grande “Grazie Moro”, quello di Paul Pierre Cayard. E provo tanta nostalgia, nostos algeo, dolore per il (mancato) ritorno (al passato). Dal greco.

Ecco, “7,40 metri” di barca da vera crociera vera!

Infatti io credo che così come in altri settori dello sport si adottano cautele a tutela dei partecipanti (reti di protezione nelle piste da sci; vie di fuga nelle gare automobilistiche, laddove nel passato i piloti si schiantavano contro i muretti a bordo pista); così anche nelle regate veliche occorrerebbe proiettarsi … verso il passato, abbandonare gli “strumenti da corsa” e tornare alle “barche”: anche se da corsa (nella nautica si dice “da regata”). Ciò inoltre potrà aiutare anche a divulgare maggiormente la cultura della vela e la diffusione della nautica a livello popolare. So bene che questo discorso è assolutamente fuori luogo in un periodo di dura crisi economica, ma la crisi c’è anche in Francia, e in quel paese, da sempre, possedere una barchetta di sette metri per “tirare bordi” con la famiglia è stato (ed è) come da noi possedere ieri una Fiat 1100 (ve la ricordate?) e oggi una Fiat Punto. E non essere persone – bersaglio del fisco.

Ecco, “8 metri” da regata travestiti da crociera

E le barche da crociera? Ormai anche quelle cosiddette da crociera spesso sono barche da regata “travestite” da crociera, così chi le acquista partecipa a regate destinate a barche da crociera e le vince perché lui, sotto sotto … sotto il suo fondo schiena, quando è seduto al timone, si ritrova – di fatto – una barca da regata!                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

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IL TUNNEL DI BASE DEL BRENNERO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Maggio, 2013 @ 8:20 am

Detto altrimenti. non di solo TAV piemontese vive l’uomo … ovvero,  “repetita juvant”: replica del mio post del 14 giugno 2012 ore 05,49 a.m.

Inizia.

Detto altrimenti: una o tre gallerie? Ovvero, spinto da una mia personale “nostalgia” riprendo un discorso per me ormai “storico”. Anche perché non di solo TAV piemontese vive l’uomo …

1998. l’Architetto Karl Trojer di Terlano (Bolzano) fu uno dei promotori di ATT3 – ALPTRANSFER – CONSULTING-GEIE/EWIG, con sede a Bolzano, Via Frischin, 3, cioè di un Gruppo Economico di Interesse Europeo per la progettazione del tunnel del Brennero. Ad esso partecipavano alcune società e molti ingegneri, architetti ed economisti austriaci, altoatesini, trentini ed italiani. Io ne diventai “coazionista” e consigliere.

Il Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE) è una figura creata nell’ordinamento europeo con il regolamento comunitario n. 2137 del 25 luglio 1985, Si tratta di una figura giuridica proposta dall’Unione Europea avendo come riferimento il francese GIE (Group d’Interet Economique) con lo scopo di unire le conoscenze e le risorse di attori economici di almeno due paesi appartenenti all’Unione. Nelle intenzioni dei legislatori europei, questo dovrebbe permettere a piccole e medie imprese di poter partecipare a progetti più grandi di quanto le loro dimensioni permetterebbero. Tuttavia il fine del GEIE non è quello di ottenere un profitto, per quanto questo non sia vietato, quanto piuttosto fornire un ausilio alle attività delle imprese europee che lo costituiscono. Caratteristica principale di un GEIE è che deve essere costituito da aziende di almeno due paesi appartenenti all’Unione Europea mentre non è permesso ad aziende di paesi terzi di partecipare; inoltre, al momento della costituzione, si può decidere se dare o meno una scadenza predeterminata al GEIE. Il legislatore europeo al riguardo lascia notevoli spazi di autonomia in cui operare. Ciò perché i singoli Stati avrebbero dovuto uniformare questo nuovo tipo di soggetto a quelli già esistenti nelle varie legislazioni interne. In ogni caso, un GEIE è sottoposto alla giurisprudenza dello Stato in cui è situata la sede che, per questo motivo, deve essere dichiarata nell’atto costitutivo pena l’invalidità della costituzione stessa. In Italia il regolamento 2137/85 è stato assorbito ed integrato dal decreto legislativo n. 240 del 23 luglio 1981.

Una delle tre gallerie (“canne”) previste dal nostro GEIE

All’epoca il nostro obiettivo era quello di fare accettare dall’ente pubblico, cioè da quello costituito fra gli Enti ferroviari tedesco, austriaco ed italiano, il nostro progetto, alternativo al loro il quale prevedeva invece la realizzazione di una sola galleria a doppio senso di marcia, unica per treni passeggeri e treni merci. La soluzione da noi proposta invece prevedeva la costruzione di tre gallerie (canne, parallele, una per ogni senso di marcia ed una di servizio) da utilizzarsi solo per treni merci teleguidati. I passeggeri sarebbero stati trasportati sulla linea attuale, rimodernata. I vantaggi della nostra proposta erano i seguenti:

1. si evitava il rischio insito nel far transitare sugli stessi binari treni merci e passeggeri aventi velocità molto diverse;
2. in caso di incidente (è di questi giorni il deragliamento di un treno merci nella stazione di Bressanone! Cosa succederebbe se un treno merci deragliasse nella galleria di base del Brennero?);
a. si agevolava l’intervento dei soccorsi;
b. si evitava il blocco dell’intera linea. Infatti in caso di blocco di una “canna”, ne sarebbero restate due pienamente funzionanti;
3. si evitava ai passeggeri lo stress di percorre oltre 50 km sottoterra;
4. si accorciavano i tempi di esecuzione dell’opera (la montagna sarebbe stata aggredita contemporaneamente in più punti) e si sarebbero ridotti i costi di costruzione (una canna di 6 m. di diametro è “autoreggente” e non necessita di opere di sostegno interno) e i costi di gestione (fra l’altro si evitava la installazione di costosi sistemi di areazione, perché il treno merci era privo di conducente e comunque, procedendosi in una canna sempre nella stessa direzione, il treno stesso funzionava da stantuffo per il rinnovamento dell’aria);
5. si aumentava il volume delle merci trasportate.

All’epoca non riuscimmo ad avere udienza presso le competenti autorità, e dopo molti tentativi a vuoto, il nostro GEIE si sciolse.

Recentemente sulla stampa locale (L’Adige, 15 aprile 2012, pag. 63, all’interno della lettera “Traffico merci e Tir, Tunnel del Brennero, la soluzione migliore”, a firma di Paolo Valente) leggo una frase: “Una galleria tripla, con due canali di scorrimento e un tunnel esplorativo che avrà, a suo tempo, molteplici funzioni”.

Capirete la soddisfazione. Mi domando: come e quando, finalmente, sarebbe stata adottata la nostra “vecchia” proposta, di noi che volevamo “farci tre canne”? Chi, fra i lettori, mi può aggiornare?

Finisce

Qualcuno mi sa aggiornare? Grazie in anticipo.

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SILVIO RI-CONDANNATO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Maggio, 2013 @ 7:53 am

Detto altrimenti: per frode fiscale

“Sono un perseguitato …”

Milano, 9 maggio 2013. Imputato per frode fiscale e condannato in primo grado nel processo sull’acquisto dagli USA di diritti TV da parte di Mediaset, Silvio Berlusconi è stato condannato anche dalla Corte d’Appello di Milano, la quale ha confermato la pena a quattro anni di reclusione (di cui tre coperti da indulto), l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e quella  dagli uffici direttivi per tre anni.

I fedelissimi del capo reagiscono:

• Ghedini: “La prevenzione ha vinto sui fatti”.
• Schifani: “Continua la persecuzione”.
• Brunetta: “Accanimento disgustoso”.
• Una nota del PDL: “Il popolo della libertà scende in piazza in difesa di Silvio Berlusconi. La manifestazione si svolgerà sabato 11 maggio a Brescia, alle 16 in Piazza Duomo, con la partecipazione del presidente”.

Io osservo:

1) Ma la sentenza non è ancora definitiva, infatti i gradi di giudizio sono tre, c’è ancora la possibilità del ricorso alla Corte di Cassazione (per motivi di legittimità, non di merito). Ed allora mi chiedo, perché tutta questa fretta… che poi … nel frattempo … scatterà Santa Prescrizione! Forse per guadagnare tenuta presso il proprio elettorato? Chi organizza e soprattutto chi paga questa manifestazione? Il PDL con i soldi dei “rimborsi elettorali”? Ma allora io devo pagare le tasse allo Stato che le dà ad un partito che ci organizza manifestazioni contro la Magistratura? Oppure a pagare è lo stesso Silvio, ed allora mi chiedo: questo finanziamento è regolare alla luce delle leggi che regolano il finanziamento  privato ai partiti?

2) Una persona che si candida permanentemente quale uomo delle istituzioni e del Governo, organizza una manifestazione contro una delle principali istituzioni del Paese?

3) Berlusconi è disponibile a finanziare analoghe manifestazioni anche a “difesa” di tanti altri “condannati ingiustamente”?

4) Ma dai, Silvio, non tutti i mali vengono per nuocere: dopo che Grillo ti ha rubato per troppo tempo la scena, ora sei di nuovo tu la Prima Donna … ops, scusa, il Primo Uomo!

Oh tempora … oh mores! Mala tempora currunt …

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EURI CHIACCHERATI ED EURI IGNORATI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Maggio, 2013 @ 7:09 am

Detto altrimenti: decisioni di investimento e spesa molto discusse e altre no.

IMU: tanto tuonò che piovve (o spiovve?). IMU si, IMU, no, IMU forse, IMU diversa … e chi più ne ha più ne metta. Peccato che tutti coloro che ne parlano tendano a dimenticare il principio della “partita doppia”, secondo la quale ad ogni “dare” corrisponde un “avere” e viceversa. In altre parole, come utilizzo gli incassi dell’IMU? Ovvero; se non la incasso, da dove prendo le risorse necessarie a quell’utilizzo?

La partita doppia fu descritta, in maniera più approfondita rispetto ai suoi predecessori, dal frate matematico italiano Luca Pacioli, nel suo libro “Summa de arithmetica, geometrica, proportioni et proportionalita” (Venezia, 1494).

Ma non è questo il focus del post, bensì il fatto che di quei 4 miliardi che di euro e dei 1,5 miliardi per il rifinanziamento della cassa integrazione si parli tantissimo, mentre nulla si dice dei 200 miliardi assegnati dal Parlamento nel dicembre 2012 al Ministero della Difesa (ma chi ci sta attaccando?) e dei 2,8 miliardi di euro appena versati dall’Italia al fondo salva stati (e salva banche, n.d.r.) ESM, che si vanno a sommare agli oltre 40 miliardi già versati tra il 2011 e 2012 (“notiziola” da Il Sole 24Ore).

UE: madre, non matrigna

Ora, io sono un europeista convinto, ma anche nei rapporti con l’UE la partita deve essere doppia; e cioè mentre “diamo” all’Europa, possiamo, anzi, dobbiamo anche “chiedere”. Chiedere cosa, direte voi? Bè, io una richiesta ce l’avrei: la possibilità di avviare una serie di emissioni di titoli del debito pubblico irredimibili (cioè sui quali lo Stato paga solo interessi senza dovere restituire il capitale, che ogni investitore potrebbe andare a vendere alla Borsa valori) a rendimenti un po’ più elevati di quello riservati ai titoli redimibili (attuali), senza che queste nuove emissioni – che andrebbero in parte a sostituire i vecchi debiti – siano conteggiate come debiti dello Stato. Un’operazione del genere darebbe il tempo al Governo di realizzare i “Buoni Propositi” e cioè di ottenere risultati significativi in materia di lotta a: evasione ed elusione fiscale, corruzione, privilegi di casta, per reperire e generare i fondi necessari alla ripartenza degli investimenti produttivi.

Ma le spese militari, direte voi, te le sei dimenticate?

No, e faccio una premessa: io vengo (anche) da una famiglia di militari. Babbo, Maresciallo Maggiore dei Carabinieri (CC), mio zio generale a quattro stelle già comandante della FTASE (Forze Terrestri Alleate del Sud Europa) a Verona, fratello e nipote  Sottotenenti (Sten) di Complemento (Cpl) dei CC. Io stesso Sten di Cpl degli Alpini.

L’imperatore Vespasiano, quello dei “vespasiani” a pagamento … quello che “pecunia non olet”, il denaro non manda odori, non puzza …

Ciò premesso, io credo che oggi occorra rivedere la priorità di tutte le spese, anche di quelle militari. Ma quelle sono speciali, dirà qualcuno, quelle devono essere considerate a parte …  Eh no, cari miei, “Pecunia non olet”, il denaro non puzza, non denunzia la sua provenienza (e la sua destinazione, n.d.r.), rispose l’imperatore Vespasiano a chi gli faceva notare che i “vepasiani”  a pagamento che aveva fatto istallare a Roma sarebbero stati maleodoranti.  Oggi diciamo:  il denaro non ha il cartellino. E’ denaro e basta. Ed ecco che allora i “vasi” del denaro devono essere comunicanti, altrimenti qui si crea una nuova casta: la “casta dei vasi (militari) di denaro non comunicanti” nel senso della “pesca reale, a chi dice bene, a chi dice male” che poi non è il massimo della democrazia e della morale, che vorrebbe il “bene comune” non il “bene di alcuni”.

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MORALISTI ANTI TAV?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Maggio, 2013 @ 11:23 am

Detto altrimenti? MORALISTI PRO TAV!

Io non sono “un” anti TAV. Io sono “anti TAV” pur non essendo grillino, rivoluzionario, anti progressista. Sono anti TAV innanzi tutto perché a mi avviso vi sono altre priorità di investimento e di spesa.  Il secondo motivo è che il progetto è “vecchio” e non è stato aggiornato rispetto alla continua diminuzione del traffico merci su quella direttiva ferroviaria. Vi risparmio i tanti altri motivi.

Per anni sono stato; Vicepresidente di un importante interporto; azionista e amministratore del Geie ATT3 del Brennero; nel direttivo nazionale di una primaria associazione di categoria di imprese pubbliche e private operanti nel settore della mobilità; a capo di SpA della mobilità. Quindi potrò anche sbagliarmi, ma i miei – se non altro – non saranno mai “discorsi di pancia o da bar”.

Recentemente ho sentito affermare da un pro TAV: “Così sistemiamo i moralisti anti TAV”. Eh no, caro amico, la morale è sicuramente la “ricerca del bene comune”. Ora …  tu affermi che realizzare il TAV è fare il bene comune. Bene, sei “morale”. Io affermo che il non realizzarlo è fare il bene comune. Bene, sono “morale” anch’io. Come la mettiamo? Ti propongo: lasciamo da parte la Morale, quella con la M maiuscola e rivediamo il progetto alla luce della situazione attuale della mobilità, finanziaria, economica, delle altre priorità, etc..

E già che ci siamo, stiamo attenti ad usare le parole, perché “le parole sono pietre” (firmato Don Lorenzo Milani).

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ANCORA IL PONTE SULLO STRETTO? MA BASTA ….

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Maggio, 2013 @ 7:33 am

Detto altrimenti: prima di dar fiato alla voce, occorre verificare che il cervello sia connesso

I costi? I rischi sismici? I sistemi viari di accesso?Il vento? Le infiltrazioni mafiose? Le altre priorità più … prioritarie?

L’amministratore unico di Anas, Pietro Ciucci, intervenendo ieir al congresso nazionale della FIT-CISL a Cagliari sul tema delle reti TEN-T ha dichiarato:

“Appare poco plausibile il corridoio Helsinky – La Valletta senza un collegamento stradale da Napoli in poi. Infatti, la proposta della Commissione europea CEF individua quali sezioni predefinite del Corridoio la ferrovia Napoli-Reggio Calabria e Messina-Palermo e via mare Palermo-Valletta. Non viene specificato come collegare la Calabria alla Sicilia e rimane quindi la necessità di un ponte sullo Stretto: ferroviario, ma anche stradale”.

Dottor Ciucci, “mi consenta”: Lei conosce la parola “priorità”? Di questi tempi, non Le pare che le priorità siano altre? E poi, non Le sembra, egregio Dottore, che comunque, prima, occorrerebbe provvedere a rendere funzionali le tratte Messina-Palermo e la Salerno-Reggio Calabria? Non è che la Sua uscita è una captatio benevolentiae di tale Silvio Berlusconi? Quando scade il suo mandato presidenziale? Sa, a pensar male …

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DISASTRO NEL PORTO DI GENOVA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Maggio, 2013 @ 6:14 am

Detto altrimenti: la Repubblica Marinara non ne esce comunque bene …

Dice … ma la colpa o se vogliamo la causa è di terzi, non della Repubblica Serenissima … sì, vabbè, ma l’immagine … l’immagine deturpata resta. E poi … anzi … ma innanzi tutto le vittime: sette? Nove? E i feriti che hanno perso un arto? Nel passato non troppo lontano era accaduto già un incidente del tipo di quello attuale, per carità, solo del tipo, assai meno grave, quando un incrociatore della nostra Marina Militare, in manovra di ormeggio, si danneggiò la poppa contro il molo. fatto non bello, ma non così grave.

Come era …

L’incidente di due giorni fa invece è un fatto gravissimo. Pare … ma lo confermerà la scatola nera … pare che “non sia entrata la retromarcia”, cioè che si sia trattato di un guasto dei sistemi di propulsione e governo … il Ministro, in Parlamento, così dice, oppure un problema ai cavi di traino o, infine, l’eccessiva velocità della manovra. Pare. Vedremo. A me è sorto un dubbio. Ho sentito alla TV che su quella torre di controllo era istallato un potente sistema radar per il controllo del traffico su tutto il Mare Tirreno Settentrionale. Allora mi sono domandato: se la portata dei suoi radar era tale, era proprio necessario costruirla così vicina all’acqua, e non una decina di metri più arretrata, in posizione più sicura? Le postazioni degli addetti alla bigliettazione dei caselli autostradali sono protette da importanti blocchi di cemento contro il pericolo di essere travolti da un’automobile fuori controllo … e quelle sì che non possono essere spostate di dieci metri, perché è lì e solo lì che possono essere collocate, quelle sì …

Altri incidenti del passato? Il naufragio della London Valour, il 9 aprile 1970, ma fu tutt’altra cosa: La nave era all’ancora fuori della diga foranea. Il Comandante, a guadagno di tempo, aveva ordinato di predisporre le macchine alla revisione, per cui la nave non avrebbe potuto più manovrare se non trainata dai rimorchiatori. Sopravvenne una libecciata che la spinse contro la diga. Molti furono le vittime, morte durante le difficilissime operazioni di salvataggio.

Un incidente evitato? Il 30 ottobre 2008 un traghetto spagnolo che è riuscito ad entrare in posto sotto raffiche di vento laterali di 80 nodi (140 kmh!)! (Ho le foto in power point ma non riesco a trasferirle qui, peccato … sono impressionanti: la nave che, molto sbandata a causa del vento al traverso, entra nel varco ovest del porto, in località “Foce”, in un canale largo appena 200 metri, con scogli a babordo e il molo a tribordo. Un capolavoro d’arte marinara!)

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AD UN AMICO, PER IL SUO SETTANTESIMO COMPLEANNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 8 Maggio, 2013 @ 7:45 am

Detto altrimenti: time flies like an arrow, il tempo vola come una freccia

Lorenzo, un amico. ma potrebbe avere un altro nome, essere un altro amico. Vostro, ad esempio. Non cambierebbe nulla. Compirà 70 anni. ma lui era molto, molto più vecchio di voi che eravate nati … qualche mese dopo!

Dalla galea dell’ Ammiraglio Andrea Doria (da cui il Liceo Doria) …

Genova. Eravate arrivati in quella classe, trasferiti da altra scuola, in una classe che non era stata la vostra, e … gradita sorpresa! Per la prima volta vi era capitata una classe mista, con tante ragazze! Uaoooo! Tuttavia questa vostra allegria era un po’ smorzata dalla timidezza che riscontravate in voi stessi rispetto agli altri compagni, “veterani” del loro rapporto reciproco e con il gentil sesso. E poi, l’incognita dell’ambiente …. i professori … come sarebbe andata? Vabbè che venivate da una scuola severissima, quindi peggio di quella sarebbe stato difficile. Comunque un po’ di tensione l’avvertivate.

… alla caracca (non era una caravella!) Santa Maria dell’Ammiraglio Cristoforo Colombo (e omonimo Liceo C. Colombo): per forza che poi sono diventato velista!

Molti sguardi erano puntati su di voi, la “novità”. Entra un primo professore, fa l’appello. Giunto al vostro nome domanda. “Ah … proveniente dalla tale scuola, ripetente?” “No”. “Perché ha cambiato scuola?” (Maccome, mi dà del lei?) “Perché non andavo d’accordo con un professore sull’ordine della tabella periodica degli elementi di Mendeleev” (solo per alludere al prof. di chimica, n.d.r.)”. “Ah, ho capito, si sieda pure, grazie”. In mattinata entrano altri professori: stesse domande, stesse risposte, fino a che, ad un certo punto, quando stavo rispondendo all’ennesima domanda, si alza un mio (nuovo) compagno, Lorenzo, e dice. “Professore, proviene dalla tal scuola, non è ripetente, e non andava d’accordo con il professore di chimica, per cui ha preferito cambiare aria”. Grazie Lorenzo, pensai: hai compreso il mio imbarazzo, mi hai teso una mano, dopo solo tre ore di “conoscenza”. Devi essere diverso, molto diverso (cioè migliore di altri).

Ecco, questo fu il primo approccio con Lorenzo. Lo chiamammo poi “il Grande Spirito”, perché non parlava, sentenziava. E se qualcuno non si comportava bene, lui, già canottiere, lo persuadeva con un gesto fisico …, no, cosa avete capito, non con una violenza fisica … bastava un gesto … Era stimato. Da noi, dai prof e dai genitori. “Mamma, vado ad una festa” “Cosa? E’ gente che conosco?” “No, ma c’è Lorenzo” “Allora vai pure”. Lorenzo, una garanzia. Anche per i genitori.

Una professoressa, un giorno: “Io, se voglio so essere cattiva. Volete vedere? Prendiamo uno a caso, da interrogare: venga Lorenzo!” E il Grande Spirito si sacrificò per tutti noi …

Dopo l’esame di maturità ci concedemmo due vacanze.

La prima al mare, in tenda canadese da tre posti. Il terzo era Paolo. Chi dorme al centro (la posizione più scomoda)? Lorenzo!

La seconda nelle Langhe, a Callianetto, la patria di Gianduia, presso suo nonno. Sempre con Paolo. Di giorno in giro per i boschi, in bicicletta o con una vecchissima motocicletta con il cambio “ a cacciavite” … già, perché per cambiare marcia occorreva agire con un cacciavite su certi ingranaggi. La sera a giocare a carte con il nonno, sorseggiando una barbera che ci stava dritto un coltello da quanto era “spessa”. Un giorno facemmo una colletta per consentire a Paolo di comperarsi un fucile ad aria compressa. A quei tempi – purtroppo – fumavamo e avendo finito i soldi da quel giorno ci concedemmo mezza sigaretta alla volta o qualche sigaro del nonno. Paolo ed io andavamo anche a caccia e Lorenzo ebbe a dire: “Distruggete qualcosa che non sarete mai capaci di riprodurre”. Le parole sono pietre, scrisse Don Milani …

Ci perdemmo di vista. Dopo tanti anni io venni assunto alla STET, a Torino. Sapevo che Lorenzo abitava in quella città da anni. Una sera telefonai: “Pronto? Il dottor …?” “Si, sono io. Chi parla?” “Sono il dottor Lucatti”. Uaoooo, che festa! Era inverno, sera tardi. Dopo mezz’ora lo vedemmo arrivare con la moglie Margherita (altra nostra compagna di classe) e la figlioletta in braccio, bene avvolta in una coperta!

Ecco, questo è il mio “vecchio” compagno di scuola Lorenzo. Ma potrebbe tranquillamente essere uno dei vostri compagni di scuola, solo per questo motivo non ne ho scritto il cognome. Quindi, buon compleanno, Lorenzo, e insieme a te, anche a tutti gli altri “vecchi” compagni di scuola di tutti noi ex alunni della … vita e di una vita!

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