RAI VERSUS (CONTRO) TRENTINO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Gennaio, 2014 @ 11:59 am

Detto altrimenti. RAI contro il Trentino? E “a me mi” dispiace avere già pagato il canone … (post 1309 – 59/2014)

Come replico? Tutti noi avremmo cento motivi per ribattere alle accuse dei Signori Vespa Bruno e Giletti Massimo. Io mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori una mia lettera aperta a questi due Signori:

Signori, se non altro per una questione di priorità, pensate Voi forse che sia meglio dedicare il Vostro tempo e a riempirci gli … schermi TV di attacchi a chi funziona bene, e non invece di sacrosanti attacchi a chi, a gruppi di cinquanta-cento alla volta, sta rubando soldi pubblici? A chi commette i reati, perché tali sono denunziati dai Vostri colleghi di Report e di Presa Diretta?

Signori, pensate Voi forse che noi “privilegiati Trentini e Sud Tirolesi” non ci si opponga a che il frutto di una buona gestione politica e amministrativa venga riversato in un barile (il Vostro!) pieno di mille buchi, piccoli e grandi, dai quali la maggior parte attinge “liquido” in modo elevato, illecito, palese e impunito? (O che prima non sia comunque necessario tappare quei buchi e arrestare quei ladri? N.d.r.)

Signori, pensate Voi forse che sia lecito attaccare una persona, un ente, un sistema, una Storia senza consentire un contraddittorio?

Pensate Voi forse che l’alternativa sia fra le Autonomie Speciali e quelle Ordinarie e non invece fra chi governa bene e chi governa male? Infatti vi sono Autonomie Ordinarie che governano bene e Autonomie Speciali che governano male!

Pensate Voi forse che sia giornalismo (cioè: giornalismo vero, professionale) preoccuparsi soprattutto dell’audience anche se ciò avviene a scapito della verità?

Signori, se pensate così, pensate male, molto male …

Vi ringrazio per avermi letto, resto in attesa di un Vostro cortese riscontro e porgo distinti saluti
                                                                                               Riccardo Lucatti

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SPA PUBBLICHE, PRIVATE O MISTE?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Gennaio, 2014 @ 8:07 am

Detto altrimenti: si fa presto a porre il problema in questo modo semplicistico … (post 1308)

N.B.: tanti post fa scrissi e pubblicai una serie di post in merito al libro di Gaetano Salvemini sulle origini del fascismo in Italia. Ecco, anche questo è un “post a puntate” nel senso che l’argomento svolto NON si esaurisce con questo post, bensì sarà oggetto di una succesiva serie di post.

Prima puntata

Recentemente (17 gennaio 2014, Rovereto) ho partecipato ad un convegno di politica economica. Un rappresentante di una associazione imprenditoriale privata ha dichiarato: “Il Pubblico faccia il pubblico, lasci stare le Spa, quelle sono di competenza dei privati”, alludendo alla proliferazione delle Spa pubbliche. Già il termine utilizzato, “proliferazione”, lascia intendere un degenerazione del sistema, un gigantismo del fenomeno che – come tale – presenta due elementi negativi: l’ “invasione di campo” (privato) da parte del soggetto pubblico, e l’ “invasione” dello stesso settore pubblico (strutture interne alla pubblica amministrazione) da parte di entità dalla stessa generate ma che poi rischiano di sostituirsi alla propria genitrice.

Ma, scialla, raga, calma … ragazzi, distinguiamo fra il “sistema” e la “degenerazione del sistema”. E’ chiaro che ogni “degenerazione” di qualsiasi sistema vada curata e corretta. Tuttavia ciò con significa che il sistema sia sbagliato: se una persona è malata, la si cura, non la si elimina.

Ricordiamo. Dalla grande cisi del ’29 gli USA uscirono grazie ai piani statali (new deal, politica industriale pubblica, v. mio post dell’ 8 febbraio 2013). Dopoguerra italiano: non ci dimentichiamo il grande meccanismo di investimenti diretti ed indotti messo in modo dall’IRI …

Il privato oggi (fino ad oggi) ha inteso che computo della Spa fosse quello di “massimizzare l’utile” in un sistema di mercato libero, anzi, liberissimo. Orbene, se il comunismo ha impiegato cento anni a mostrare i propri limiti, il capitalismo puro c’è riuscito in un decennio. E allora? Allora in medio stat virtus. Mi spiego. Alla base dei miei ragionamenti stanno alcuni punti. Infatti a mio sommesso avviso occorre che si chiarisca (e si accetti) quanto segue:

1. che oggi l’obiettivo di una Spa è cambiato: non è più quello di massimizzare l’utile economico, bensì di far crescere le Persone che vi lavorano e la Società al cui interno la Spa opera;

 2. che un servizio pubblico può ben essere gestito da una Spa, in quanto essa NON ha i vincoli gestionali della pubblica amministrazione, ed HA le competenze e le metodologie gestionali e decisionali tipiche di una entità non solo efficiente ma soprattutto efficace, e cioè mirata al raggiungimento di un risultato (non necessariamente in termini di utile economico, vedi dopo, n.d.r.);

 3. che una Spa (che ha concessioni e fa investimenti pluriennali) ha correttamente una programmazione pluriennale (aggiornata di anno in anno) che va ben al di là delle scadenze politiche elettorali di breve -brevissimo termine di una qualsiasi amministrazione pubblica;

 4. che i fattori della produzione non sono due (capitale e lavoro), bensì tre: motivazione del personale, capitale e lavoro;

 5. che si adegui e completi la legge (codice civile) che regola le Spa miste (pubblico-private) e pubbliche;

 6. che in assenza di ciò, l’azionista pubblico si comporti come se tale legislazione fosse già adeguata;

 7. che le Spa miste e pubbliche, o almeno alcune di esse, siano successivamente privatizzate;

 8. che la privatizzazione sia all’inglese, lingua nella quale “privatizzare” si traduce con ”to go public”, cioè “apertura del capitale al pubblico dei cittadini” e non all’azionista privato di turno;

9. che è più “privatizzata” una Spa appartenete a tanti enti pubblici , di una Spa apparenente ad un solo privato o a pochi privati

 10. che le pubbliche amministrazioni azioniste delle Spa si dotino di un Assessore alle Spa dotato della “cultura delle Spa” Per fare due esempi: 1) che sappia distinguere fra elementi patrimoniali, economici e finanziari; 2) che sappia che l’ordine giusto dell’agire di una Spa è a) piano strategico pluriennale; b) piano annuale o budget; c) piano finanziario (e non viceversa!). Cioè, che sia in grado in grado di dialogare con la stessa “lingua” delle SpA ed abbia il potere di decidere in merito alla loro gestione;

 11. che si abbia chiaro che una Spa concessionaria che fa investimenti possa dedurli dal canone di concessione eventualmente stabilito;

 12. che l’obiettivo di una Spa pubblica (o mista) dovrebbe essere il risultato economico vicino allo zero, per destinare invece ogni surplus agli investimenti ed al miglioramento del servizio:

13. che le Spa pubbliche o miste non siano necessariamente di “un solo” ente pubblico ed operino solo sul territorio di quell’ente, bensì siano di proprietà pubblica plurima  ed operino su aree funzionali omogenee “anche se” intercomunali, interprovinciali, interregionali, interstatali;

Fine. Per ora. Il resto alla prossima puntata (nel frattempo … su quanto sopra, concordate? 1) Si? Molto bene!  2) No? Discutiamone!)

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OPEN BLOG: UNA TESI DI LAUREA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2014 @ 9:45 am

Detto altrimenti: mi giunge un open post, il riferimento ad una tesi di laurea (Dr. Fausto Lammoglia, Università di Genova): “Boschi, acque, venti ed alberi, il favore della giungla ti accompagna ovvero Il cantico della Carità. Carlo Gnocchi, Baden Powell e la bellezza dell’educare”. (post 1307- 57/2014)

Inizia

“Caro Riccardo, ti inoltro questo messaggio inviato alla fondazione don Gnocchi. Non so se sia pubblicabile come post, però lo meriterebbe, se servisse a far conoscere un po’ di più l’associazione, che tanto bene continua a fare nonostante i pochi fondi a disposizione.

Don Carlo Gnocchi

Visitare il centro don Gnocchi di Milano. Un impegno a cui ho mancato per due anni. Da quando ho iniziato a scrivere la mia tesi, e avvicinato per la prima volta la figura di don Carlo, mi sono sentito vicino a questo grande uomo che tanto bene ha fatto per i suoi fratelli e per la Chiesa intera. Finalmente, dopo due anni, ho colto l’occasione della pubblicazione della tesi per recarmi personalmente a donare alcune copie al centro. L’esperienza è inenarrabile. Grazie alla guida sapiente e cortese di don Maurizio Rivalta, e la gentilezza di Emanuele Brambilla che ha organizzato la stessa, ho potuto visitare il museo e il santuario, dove l’aria che si respirava mi ha riempito di commozione e affetto per il Beato. Ma ancor più importante per me è stato visitare gli ospiti della clinica, stringere le loro mani, accarezzarne i visi, sentirne i gesti d’affetto. Respirare quell’aria di serenità, fede e speranza, in mezzo a tanta sofferenza è un vero e proprio miracolo. Si sentiva vibrare forte la presenza di don Carlo che, proprio come nelle sue ultime parole, ama ancora molto, come nessun altro può amare, questi ragazzi, attraverso quello che ha fatto in vita, e quello che fanno oggi i volontari, i sacerdoti, e tutte le persone impegnate in questa opera di carità. L’amore di don Carlo, di don Rivalta, e di tutto il personale è contagioso e irradia chiunque si avvicini, arricchendo le persone che entrano in quel mondo, anche solo come ospiti o visitatori, ma che sono accolti come membri di un’unica famiglia. In luoghi come questo, risuonano ogni giorno le parole del Vangelo:

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.”

Finisce

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TAV E FRANE SU TRENI IN LIGURIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2014 @ 9:16 am

Detto altrimenti: io non sono un “no TAV” … sono per una analisi aggiornata di progetti ritenuti prioritari (post 1306 – 56/2014)

Un dialogo

Io
Il TAV non serve: alle merci non interessa viaggiare veloci, ma arrivare in tempo. E poi mandare treni passeggeri a 160 kmh e treni merci a 80 kmh rappresenta un rischio enorme. Infine il traffico merci su quella linea sta diminuendo, etc..

Un amico
Ma oggi questo è ormai un problema politico, non più tecnico. Si è detto che si fa, lo si fa anche “contro” le opposizioni vandaliche, etc..

Strage ferroviaria sfiorata per pochissimo …

Io
Eccomi a te, salgo anch’io dal piano tecnico al superiore piano politico. Posto che la politica è scelta delle priorità e ricerca del bene comune, dimmi: è più urgente il TAV o il raddoppio e la messa in sicurezza della linea Genova-Ventimiglia (anche alla luce del recente disastro appena sfiorato)?

Un amico
Ma sono stati stanziati i fondi … e poi è in programma

Io
Attento, amico: oggi non possiamo e non dobbiamo creare nuovo debito pubblico. E i piani di investimento a lungo termine programmati e garantiti “a prescindere” da “gestioni separate” come i 20 miliardi di euro all’anno per dieci garantiti – comunque e a prescindere – in favore del Ministero della Difesa (Parlamento, dicembre 2012); il piano di investimenti TAV (idem come sopra), rappresentano di fatto un “futuro debito obbligatorio” per le generazioni ed un limite per i governi futuri, quale pesante eredità passiva. Mi dici che è in programma? Peccato che la velocità di aggiornamento dei programmi pubblici sia troppo lenta … ancor più lenta rispetto alla stessa pur lenta velocità della loro realizzazione!

Un amico

Si è fatto tardi, scusa, devo andare … rischio di perdere il treno (da Trento a Rovereto, n.d.r.)

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BUROCRAZIA: BENE, BENINO, MALE, MALISSIMO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2014 @ 8:58 am

Detto altrimenti: burocrazia, spesso la si critica in modo generico … proviamo ad analizzarne un aspetto in modo più specifico (post 1305 – 55/2014)

Si, si … fate leggi di semplificazione … tanto poi di qui hanno a passare …

Burocrazia, misto di sistema di garanzie e sistema di potere. Garanzia contro discrezionalità e abusi. Sistema di potere quando rallenta o stravolge le leggi. Come? Con i Regolamenti di Attuazione. Infatti spesso la burocrazia tarda a rilasciare tali Regolamenti, mettendo di fatto le leggi in naftalina. Altre volte emana Regolamenti che stravolgono lo spirito della legge.

Ecco, uno dei contenuti della prossima campagna elettorale di un partito popolare e territoriale potrebbe essere questo: nessuno ritardo e nessun stravolgimento dello spirito della Legge da parte dei Regolamenti di Attuazione.

Altro obiettivo: riscrivere le procedure, i processi decisionali, una sorta di certificazione di qualità, semplicità, efficacia. Uno studio da tradursi poi in pratica. Chi se ne fa carico?

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POPOLARISMO SOCIOLOGICO TRENTINO E IL SIGNOR VESPA BRUNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2014 @ 8:23 am

Detto altrimenti: leggiamo dentro la trasmissione del Signor Vespa Bruno.  (post 1304 – 54/2014)

Perché il Signor Vespa Bruno ha attaccato la nostra Autonomia? Ci ha attaccato solo per fare audience? In tal caso non perderei tempo a ragionarci sopra.

Oppure egli è contro ciò che essa rappresenta, e cioè la cassaforte che conserva i valori del popolarismo di Don Luigi Sturzo, l’Autonomia di Don Lorenzo Guetti (nato a Vigo Lomaso, Giudicarie esteriori) e di Don Giuseppe Grazioli? Don Guetti, fondatore della Cooperazione e dello Spirito Autonomistico secondo cui Autonomia è “partecipazione al governo della cosa pubblica” (si vedano i relativi post pubblicati nel blog: Don Guetti, post del 21.11.2012 – 1.12.2012 – 3.12.2012. 24.4.2013 — Don Grazioli, post del 1.12.2012).

(Signor Vespa Bruno, se li legga!)

Ma torniamo alla NAO, Nostra Autonomia Oggi. Oggi più che mai la nostra Autonomia non può essere – ciò che non è mai stata – cioè Comunità del rancore, chiusa in se stessa, lontana dal Paese, lontana da Bolzano, bensì sempre di più consapevole attore in un ruolo nuovo, quale intermediario e gestore del rapporto fra “flussi” e popolazione, fra “flussi” e società locale.

Essa è sempre di più il catalizzatore delle Euroregioni, ponte verso gli Stati Uniti d’Europa, quale unica dimensione geopolitica capace di far modificare – agendo insieme agli USA – l’attuale rotta di collisione del Mondo contro … se stesso!

Il territorialismo (popolare) politico trentino è “rinato” da poco, cioè è ri-nato moderno, cioè non esposto alla trappola del modello rancoroso leghista o “Loss von Bozen” quale risposta al “Loss von Trient”. Territorialismo comunitario al suo interno e verso l’Europa, lontano dal comunismo, dal capitalismo sfrenato, dal populismo antieuropeo.

Bensì esso è nato pochi anni fa come gestore del rapporto fra forze del capitale locale e forze del lavoro locale, salvo oggi essere cresciuto ed essere il gestore del rapporto fra la società locale da un lato e i flussi della politica internazionale e statale, della immigrazione, della rete, della finanza, delle multinazionali, delle culture altrui. Autonomia quindi come comunità che pensa ed opera per se stessa ed essendo anche modello di una costruenda analoga gestione a livello nazionale e internazionale.

(Signor Vespa Bruno, “mi consenta” … )

Specificando ulteriormente, Autonomia ieri come Identità, poi come Territorialità e – da oggi – come ricerca del nuovo modello di crescita, cioè di un nuovo modello di sviluppo, prima, meglio e “contro” di chi nel Paese sta cercando di superare (distruggere) le reti corte, cioè le società di mezzo, siano esse i sindacati, le associazioni di categorie, la cooperazione, i piccoli comuni, le province, le regioni, le Autonomia Locali, gli “aderenti pensanti” ai partiti. Per creare cosa, poi?

Nuovo modello di sviluppo. Si parla di Green Economy, senza sapere che essa è “semplicemente” il “capitalismo che incorpora in se’ il concetto del limite”, con il che si realizza il Bene Comune (v. post precedenti). Un sociologo argentino afferma che il nuovo modello di sviluppo si basa su “potenza” unita al “limite”. Chi è questo sociologo? Tale Papa Francesco. Altro dirvi non vo’ …

Caro Signor Vespa Bruno, anche noi abbiamo avuto un nostro Bruno, Bruno Kessler, peccato che sia morto: avrebbe saputo risponderLe ben meglio di quanto non sia stato capace io …

Appendice

Un po’ di storia: il Partito Popolare

Gennaio 1919: Don Luigi Sturzo (prete siciliano) fonda il Partito Popolare, che si differenzia dalle preesistenti organizzazioni cattoliche e religiose, proclamandosi fedele ai  rincipi del cristianesimo ma non più sotto il controllo del Vescovo/Vaticano. La precedente Unione Elettorale cattolica (ante guerra) scomparve motu proprio. L’Unione Economico Sociale fu sciolta dal Vaticano. I sindacati fondarono la Confederazione Italiana dei lavoratori, la quale, insieme alle tre Cooperative dei consumatori, dei produttori e delle banche si allearono al Partito Popolare. Il Partito Popolare condannava l’imperialismo, sosteneva la società delle nazioni e il disarmo, voleva abolire la segretezza dei trattati internazionali, voleva il suffragio universale per le donne, la proporzionale, una forte legislazione sociale, lotta all’analfabetismo, libertà di comunicazione,  lotta alla burocrazia. Tuttavia era “nazionalista” nel reclamare Dalmazia, Asia Minore, Etiopia, etc.. Andamento lavoratori iscritti: 1914, 107.000 – 1918, 162.000 – 1919, 200.000 -1920, 1.189.000 (di cui 945.000 mezzadri, piccoli proprietari, affittuari) – 1920, 2.150.000. – Iscritti ai sindacati socialisti, 750.000 (classi agricole).

(Gaetano Salvemini, “Le origni del fascismo in Italia, Lezioni di Harward” – Feltrinelli Ed.)

 

 

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LA COMUNICAZIONE NELLA pOLITICA e nella Politica

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2014 @ 7:30 am

Detto altrimenti: … nella politica e nella Politica   (post 1303 – 53/2014)

C’era una volta la IT, Information Technology, tecnologia dell’informazione, utilizzata nelle SpA (per favore, leggete il mio articoletto di qualche post fa, Italia SpA). Io informo molto o poco e gestisco i dipendenti e la SpA attraverso il canale unidirezionale della tanta o poca informazione che “faccio emanare” da me. Così anche nella politica.

Poi nelle SpA si è capito che conveniva passate alla ICT, Information Communication Technology, tecnologia della informazione e della comunicazione. Io coinvolgo i dipendenti, li responsabilizzo, distribuisco loro responsabilità congiunta a potere, agevolo il manifestarsi dei loro contributi spontanei, li ascolto, discuto con loro.

E le cose, nelle SpA, sono andate molto meglio di prima.

E in Politica? Molto meglio se si adotta il secondo sistema, la ITC. Comunicazione, quindi. Tuttavia occorre distinguere.

• Comunicazione come dialogo o anche come communis-actio, azione comune?
• Comunicazione
o all’interno di ogni partito?
o Fra un partito e l’altro?
o Dal partito alla popolazione (politica) propria?
o Dal partito alla popolazione (politica) “altrui”?

Le risposte? Che ognuno provi a trovarle da solo … poi discutiamo.

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DEMOCRAZIA WEB? NO … PIUTTOSTO “WEB-CRAZIA”!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2014 @ 7:04 am

Detto altrimenti: perché non mi convince (post 1302 – 52/2014)

Teoricamente funziona. Dicono: Abbiamo un programma. Chi aderisce al nostro movimento, sa che dobbiamo realizzare quello e nient’altro. Se poi sorgono problemi nuovi, noi li spieghiamo sul web e la rete decide. Funziona. Teoricamente. In pratica mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori alcune sottolineature:
1) quanto al programma potrebbe anche andar bene, ma però (lo so, lo so … che “ma però” non si dice, ma a “me mi” – e ci risiamo, povera lingua italiana! – a me mi piace lo stesso scriverlo!) … si diceva? Ah sì … ma però vorrei sapere quanta gente che approva il programma e aderisce al movimento è consapevole – ad esempio – delle conseguenze che deriverebbero all’Italia (rectius, “contro”  l’Italia!) dall’uscita del Paese dall’Euro. E quanta genta conosce i contenuti dei diversi sistemi elettorali oggi sul tappeto?
2) Quanti sono gli ammessi a votare e quanti i votanti rispetto ai milioni di aderenti al movimento?
3) Quali sono le garanzie circa la corretta gestione dei dati e dei voti circolanti in rete?

Ecco, salvo che mi si dipanino questi dubbi, questa qui più che una demo-crazia mi pare una web-crazia e non nel senso di “potere della rete”, bensì nel senso di “potere di chi gestisce la rete”. Cosa doppiamente diversa dalle demo-crazia.

(Nella “democratica” Atene di Pericle, le genti governate erano 300.000; alle assemblee pubbliche avevano diritto di partecipare 30.000; vi partecipavano 5.000; parlavano in 50; decideva uno solo. Leggete “Il mondo di Atene” di  Luciano Canfora, Ed. Laterza, collana I Robinson).

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POST 1301 IL TRENTINO CHE VORREI “DUE”

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Gennaio, 2014 @ 7:52 am

(post tecnico, vi avviso, molto tecnico!)

Detto altrimenti: 1300 post fa questo era il titolo del mio primo post. Oggi, dopo oltre due anni di “attività da blogger”, ho ripreso quel tema. (post 1301 – 51/2014)

1) Giovani

a. Diventiamo un ulteriore “paese estero” per i migliori giovani del Paese.
b. Trasmettiamo ai nostri giovani l’esperienza dei nostri “meno giovani”: serie di incontri affinchè l’esperienza non si perda (come avviene in Olanda).

2) Mobilità

a. Tessera sosta unica per tutta la PAT (ed ev. Regione).
b. Mobilità a velocità zero: sistema parcheggi (i lavoratori pendolari!)
c. Dislivelli Trentino Biciland (Trento 2000; Zambana-Fai).
d. Autobrennero: traffico pesante a tariffa differenziata per fascia oraria.
e. Tunnel del Brennero: 3 canne solo per le merci (ex ATT3 Alptransfer Consulting GEIE/EWIV).

3) Turismo

a. Masi in rete attraverso i sentieri in quota (come in Sud Tirol).
b. Trentino Biciland: valorizziamo i dislivelli e mettiamo in rete le piste ciclabili e “gestiamole noi”!
c. Film Festival Internazionale della navigazione a vela.
d. Trentanodi Srl” Scuola (internazionale) di perfezionamento velico classe crociera.

4) Industria

Prendiamo a modello le procedure burocratiche austriache.

5) Privatizzazioni e SS.PP.LL.

Dalle privatizzazioni all’italiana al “to go public” inglese per aree intercomunali omogenee (dalle Polizie locali alle società di sosta, v. Busa del Garda).

6) Internazionalizzazione

In campo internazionale – insieme a Bolzano – dobbiamo puntare sull’Euregio e sull’Europa delle Regioni quale ponte verso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa, anche solo come modello teorico elaborato da esperti. Infatti gli Stati Uniti d’Europa l’unica dimensione geopolitica che può contribuire ad una inversione del senso di marcia del mondo.

 7) In campo nazionale

Ritengo che si debba puntare ad un aggiornamento dell’ordine delle priorità. E il primo problema è il Problema Morale, Questo perché la soluzione del Problema Morale porta alla soluzione di tutti gli altri problemi (lavoro, welfare, etc.). Il Principio morale? eccolo …

A. già laicamente enunciato nel Codice Hammurabi 2200 anni a. C.: “Non fare agli altri … fai agli altri …” (Morale laica).
B. poi ripreso dalla nostra religione 2200 anni dopo (Morale religiosa).
C. Oggi questa morale si impone se non altro come “morale gestionale e di governo” come “unico strumento gestionale per invertire il senso di marcia dell’Italia, dell’Europa, del Mondo”, che oggi si traduce in
a. riordino delle prioritÃ
b. verifica del modello di sviluppo
c. riequilibrio distributivo della ricchezza e delle risorse
d. ricerca del Bene Comune, nel senso della ricerca per ognuno di noi di un bene proprio che però non contrasti, non ostacoli, non impedisca il bene altrui.

Internamente agiamo in favore dei giovani:
• diventiamo per i giovani del Paese un ulteriore Stato Estero (Ufficio reclutamento tipo CH, D, A) nel quale migrare;
• per i nostri giovani facciamo come in Olanda: affianchiamo loro i nostri uomini di esperienza così che il patrimonio di esperienze personali maturato non vada perso. Prepariamo chi sta cercando un lavoro, affianchiamo chi il lavoro

Chi desidera approfondire i singoli temi, intervenga con il suo commento. Apriremo una sorta di forum!

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LA COMMEDIA DELL’ARTE IN pOLITICA (le minuscole non sono utilizzate a caso).

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Gennaio, 2014 @ 7:12 am

Detto altrimenti: ho scritto in politica, non in Politica …(le maiuscole e le minuscole non sono utilizzate a caso). (post 1300 – 50/2014)

Oggi ne abbiamo due … di “politiche”: la Politica  (le maiuscole non sono utilizzate a caso) di chi cerca di fare Politica, cioè di risanare danni ventennali, di faticosamente porre le basi per l’arresto della caduta e di porre le basi per la ripresa del Paese. Questa è Politica.

Poi vi è la politica (le minuscole non sono utilizzate a caso), quella che mi ricorda la Commedia dell’Arte. Ricordate? All’incirca dalla metà del 1500 alla metà del 1700 (si estinse per la riforma operata da Carlo Goldoni). Come funzionava? Ecco le sue note distintive:
• gli attori si esibivano sulle piazze;
• andavano “di loco in loco” (ma non avevano ancora né camper né reti televisive);
• lo facevano per denaro;
• improvvisavano.

Ah …, scusate, dimenticavo … chiamavano ad agire con loro anche le donne … ma questa novità non era assolutamente di per sè una cosa negativa  in teatro. E in politica? Altrettanto, salvo casi in cui vi siano state chiamate per doti … particolari, ben diverse da quelle che la Politica richiederebbe. Nel senso che un’ottima estetista dentale non è detto che possa diventare da un giorno all’altro  un’ottima politica …

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