LA POLITICA FATTORIALE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Novembre, 2019 @ 3:29 pm

Detto altrimenti: ci vuole una buona capacità di calcolo …         (post 3689)

Non basta questo …

Le penne nei cassetti. In quanti modi diversi si possono distribuire 12 penne uguali in 5 cassetti? Se si indicano i 5 cassetti con le lettere a, b, c, d, e i modi in cui si possono distribuire le penne può essere rappresentato da una sequenza di lettere prese una per ogni penna inserita nel corrispondente cassetto, ad esempio la aa, bbb, ccc, dddd, orbene questa sequenza  indica che sono state messe 2 penne in a, 3 in b, 3 in c, 4 in d e zero  in e. Ma quante sono le possibili altre combinazioni? Molte, lasciamo ai matematici del calcolo fattoriale il compito di calcolarne il numero già di per se’ elevato e che aumenta notevolmente ove le penne siano diverse fra di loro!

Il caffè al bar. Tazza grande o piccola; in vetro; nero; macchiato caldo o freddo; corto o lungo; con caffeina o decaffeinato; americano etc. … quanti sono i clienti che possono ordinare ognuno un caffè “diverso” da tutti gli altri? Per fare bene il barman occorrerebbe una laurea in matematica!

… e nemmeno questo, perchè non sa ponderare il valore sociale e morale di ogni scelta

La Politica. Volendo fare un po’ di polemica, potrei dire che le palline sono politici da “sistemare” con un buon posto e i cassetti sono le società o gli Enti disponibili. Una volta, in modo molto più empirico, aveva provato a risolvere questo problema tale sig. Cencelli (si consulti “Manuale Cencelli”). Ma invece no. Il mio intento è serio. Le palline sono i diversi singoli possibili obiettivi di ogni partito, le idee di base sulle quali esso si regge. I cassetti sono i partiti esistenti, in numero molto inferiore a quello degli obiettivi-idee. Orbene, è molto difficile che l’elettore trovi un partito nel quale siano riposte – come tante penne diverse nello stesso cassetto – tutte le idee che egli stesso condivide. Ed allora quell’elettore ha tre possibilità: 1) non andare a votare (soluzione peggiore) oppure 2) egli dovrà scendere ad un compromesso con se stesso e votare per il cassetto … ops, scusate, per il partito che contenga il maggior numero di idee da lui stesso condivise oppure  3) quello che pur contenendo un numero inferiore di idee condivise, tuttavia contenga le idee che hanno per lui il maggior peso specifico.

Un esempio: ammettiamo che per un elettore l’idea che ha il massimo peso specifico sia quella della democrazia vera. Su quest’altare costui può ben votare per una coalizione che tenda a difendere questo valore anche se – ad esempio – una componente di quella coalizione vorrebbe l’acqua pubblica e gratuita o l’abolizione degli inceneritori per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati (cfr. Post n. 3687 “Cambiamenti climatici”).

La critica. Dice … ma quel tale scende a compromessi! Certo, rispondo, la Storia e la Politica sono state fatte sempre da compromessi (v. “I conti con la Storia” di Paolo Mieli nel post n.  3680 “Democrazia e politica”): guai a chi propugna idee assolute, a chi reclama l’unanimità, i pieni poteri, a chi è tutto d’un pezzo, a chi “me ne frego e tiro dritto”, a chi prima noi. 

Prima noi? E gli altri? Guai se tutti, anzi, se ognuno dicesse “prima noi!”. E’ un po’ come quando siamo in coda, fermi in un ingorgo del traffico e ce la pigliamo con tutti quegli “altri” che intasano le strade. State pur certi che lo stesso ragionamento lo sta facendo l’ognuno al volante di ciascuna di quelle altre vetture! Ed allora, cosa risolvete con il vostro atteggiamento?  Date forse un contributo alla soluzione del vostro problema? No di certo!

I problemi, anche quelli “politici” si risolvono discutendo, confrontandosi democraticamente e seriamente numeri alla mano  e scendendo a compromessi (v. sopra, Mieli, op. citata) e non insultando la controparte, ponendo aut aut agli alleati, o peggio utilizzando armi di distruzione di massa (rectius: della massa cerebrale di ogni elettore e quindi della democrazia vera) quali la retorica, la demagogia, il populismo, il sovranismo, la cosiddetta democrazia diretta (“diretta” è il participio passato del verbo dirigere della seconda coniugazione ed ha sempre significato passivo: orchestra diretta da …; riunione diretta da …; società diretta da ….; democrazia diretta da … etc.).

O no?

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ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Novembre, 2019 @ 11:46 pm

Questo post sta “avendo successo”: infatti la durata media di ogni visita sta passando dai pur già ottimi 3 minuti del post “In vino Veritas” ai 5 minuti attuali e il ritorno dei lettori affezionati (i non nuovi) dal 25 al 27% del totale!

Detto altrimenti: è la volta della Musa Euterpe, “Colei che rallegra”, ma non solo!   (post 3686)

Chi siamo, noi “Accademici delle Muse”? Be’ … basta che navighiate fra i post qui sul blog e lo scoprirete. E le Muse, chi erano? Figlie di Zeus e di Mnemosine (la dea della Memoria) erano importanti divinità della mitologia greca. Eccole elencate in ordine di importanza:

Clio, colei che rende celebri, Musa della Storia (e delle automobili, n.d.r.!) e del canto epico – Euterpe, colei che rallegra, Musa della Poesia Lirica – Thalia, colei che è in festa, Musa della Commedia – Melpomene, colei che canta, Musa della Tragedia – Tersicore, colei che si diletta nella danza, Musa della Lirica corale e della Danza – Erato, colei che provoca il desiderio, Musa della Poesia Amorosa – Polimnia, colei che ha molti inni, Musa della Danza e del Mimo – Urania, colei che è celeste, Musa dell’Astronomia – Calliope, colei che una bella voce, Musa della Poesia Epica .

Come vedete non c’è una Musa dedicata espressamente alla Musica, ragion per cui io mi sono permesso di attribuire questa competenza ad una decima Musa da me nominata per l’occasione e cioè a Kalemusika, la Musa della buona musica.

Ciò premesso, veniamo alla nostra serata.  Primo lunedì del mese, 4 novembre, ed eccoci radunati nella nostra “sede”, l’accogliente casa della nostra Presidente Cristina. Si tratta del secondo appuntamento della nostra stagione 2019-2020 (il primo è stato l’8 ottobre, cfr. post). Stagione che ormai è ben l’undicesima dalla sua nascita! Come ci si “iscrive” al nostro gruppo? Semplice: con il passa parola, basta essere disponibili a regalare ai colleghi l’ “arte propria”, arte intesa come amore verso un’espressione umana, sia essa ricompresa o meno fra le dieci sopra indicate.

La prima parte della serata è allietata dal duo violino-pianoforte Saverio Gabrielli-Stefano Visintainer che hanno magistralmente eseguito il seguente programma di sala:

L. Dallapiccola: Tartiniana Seconda — L. Van Beethoven: Sonata no. 4 op. 23 in La minore — G. Fauré: Après un rêve — R. Schumann: Sonata no. 1 op. 105 in La minore — F. Schubert: Serenade.
Applausi da bis: infatti F. Kreisler, Marchr miniature Viennoise Ennio Moricone, Gabriel’s oboe.
Scrive Cristina: “Splendido il programma. Molto bravi i giovani musicisti che hanno dimostrato una grande capacità espressiva. Splendida l’interpretazione del violinista che ha dato il meglio di sè con grande disinvoltura. Ottima l’intesa ed il suono del pianoforte che ha “avvolto” magistralmente il suono del violino, dando vita ad una sonorità emozionante. Splendida e perfetta la tecnica! “ Ed io? Io cercheerò di “scritturarli” per un concerto a Riva del Garda, ospiti dell’Associazione Amici della Musica, presiddeduta dal prof. Franco Ballardini.

Praticamente un intero splendido concerto riservato, per oltre un’ora di Musica, come accadeva alle classi più ricche dei secoli scorsi: eh già, infatti noi ci sentiamo “ricchi” del privilegio di poter ascoltare queste esecuzioni esclusive in un ambiente esclusivo ma non escludente: infatti come dicevo prima, la nostra è una Accademia aperta!  

Alla fine degli applausi pausa tecnica, l’ Angolo delle Anteprime, cioè la segnalazione urbi et orbi delle iniziative e degli eventi segnalati e/o partecipati da ciascun Accademico, eventi che trovate inseriti in ordine di data nel post dedicato, denominato “Prossimi Eventi” (cfr. ivi).

E’ seguito il consueto intermezzo eno-gastro-astronomico, cioè la cena in piedi con le prelibatezze preparate dalle nostre Signore, fedeli seguaci dell’undicesima Musa, Kalofagete, la Musa del buon cibo (altra Musa creata da me, dopo Kalemusikà). Grazie di vivo cuore e palato a tutte loro!  

Seconda parte della serata, “Il diario” anzi, “i” diari di Mirna, Ernesto, Cristina e miei. Il Diario come strumento della Memoria (Dea Mnemosine, v. sopra); della Storia (Musa Clio, v. sopra) e della Comunicazione: e qui ci vorrebbe una dodicesima Musa, chessò … potremmo eleggere a tale ruolo, Retia, la Musa delle reti, che ne dite? Comunicazione, si diceva: innanzi tutto con noi stessi e poi con chi questi diari leggerà.
Il mio diario? Ne trovate il testo pubblicato due post prima di questo. Ernesto, ci ha mostrato con orgoglio, amore e tanta simpatia la raccolta dei suoi diari dei viaggi famiglia, a dimensione tipografica crescente come è stata crescente la sua bella famiglia. Cristina, la sua vita nei diari: resoconti puntuali di vita, famiglia, Musica. Mirna assente, il suo intervento è stato letto da Alfonso e ha riguardato la Città di Pieve Santo Stefano, cittadina quasi al confine fra Toscana, Umbria e Romagna, elettasi ed eletta a Città del Diario per via delle raccolte di diari, lettere e documenti della gente comune in cui si riflette, in varie forme, la vita di tutti e la storia d’Italia. A questa specifica iniziativa dedicherò un post.
 
Prossimo appuntamento accademico: lunedì 2 dicembre 2019, Recital di Maurizio Emer tromba solista e coro natalizio – Ezio Amistadi presentazione libro “Montanari si diventa”.   Buona Accademia a tutte e a tutti!      
I quattro “diaristi” da destra a sinistra: Cristina, Alfonso (per Mirna), Ernesto e il sottoscritto

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ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Novembre, 2019 @ 10:00 pm

Detto altrimenti: una serata alla quale non avrei potuto partecipare … anzi si!? (post 3684)

Ebbene si, raga, questa volta non avrei potuto partecipare alla consueta riunione mensile della nostra Accademia (lunedì 4 novembre 2019) “per un sopravvenuto inderogabile impegno istituzionale” essendo io presidente di altra associazione la quale mi ha chiesto di convocare per la stessa sera una riunione con cena, anzi, forse un aperitivo senza cena che allora io posso poi venire all’Accademia mappoi (mappoi) hai visto mai che la cosa si prolunga in una cena che allora io all’Accademia non posso venire e allora comesifa che all’Accademia io devo intervenire raccontando del mio “diario”?

Ho deciso così: ho scritto il testo del mio intervento, ne ho affidato la lettura in mia eventuale assenza ad un collega accademico (nientepopodimenoche Alfonso Masi!), ne ho programmato la pubblicazione automatica qui sul blog per le ore 22,00 della serata accademica in questione. In tal modo, se io sarò assente, non mancherà il mio contributo. Se invece sarò presente, il testo che segue costituirà la traccia del mio intervento diretto. Chennedite? Ecco il testo:

“Riccardo, ti andrebbe di diventare blogger?” Così Mirna Moretti – Grande Lettrice e già Book-blogger www.trentoblog.it/mirnamoretti  – mi disse nel novembre 2011. “Sai, l’editore Andrea Bianchi mi chiede di indicargli una persona con interessi diversi ed io ho pensato a te …”.  Sì, grazie Mirna. Incontro Andrea e dal 6 dicembre 2011 ad oggi ho pubblicato quasi 3700 articoli alla media di 1,4 post al giorno, articoli che poi si chiamano post senza la “s” finale anche se è un plurale, che dire posts sarebbe buffo, non vi pare? Sarebbe un po’ come dire che nei bars di Trento si vende una buona birra!

E questo mio spazio blog è diventato una sorta di diario condiviso, un diario luogo d’incontro con le lettrici ed i lettori, una raccolta delle mie emozioni-comunicazioni sugli argomenti più vari: ci trovare la bicicletta, la FIAB, gli Amici della Musica di Riva del Garda, lo sci, la vela, i libri, il gruppo di lettura Librincontri di Mirna e quello dei classici di Maria Lia Guardini, la famiglia, la musica, il sociale, la politica, l’economia, gli incontri intervista con molti personaggi, i viaggi, i cosiddetti Dialoghi di Plutone, le fotografie, la finanza e molta, molta Accademia delle Muse. Insomma, tutto me stesso. Non è un diario tutto ciò? E di questo prezioso sfogo non dirò mai abbastanza “grazie” a Mirna, la mia madrina blogger!

Talvolta scrivo con malizia, ma a pensar male … … “piensa mal y acertaras!”

Un aspetto interessante di questo mio “diario” è la lettura del software che gestisce la piattaforma: ogni giorno infatti io vedo quanti lettori mi hanno letto, l’età media, il sesso, la durata dei loro interventi, l’area geografica dalla quale leggono, le loro preferenze. Tutto nel più assoluto anonimato. Recentemente ho pubblicato un post (“International bloggering” del 25 settembre) con alcuni di questi dati, iniziando dal numero di lettori di un certo giorno, per ciascuna località estera:

Canada 2; USA 7; Messico 1; Venezuela 1; Ecuador 1; Brasile 4; Argentina 6; Norvegia 1; Svezia 1; Irlanda 2; Latvia 1; Lituania 1; GB 12; Francia 10; Germania 16; Polonia 3; Ucraina 2, Austria 7; Ungheria 2; Ceca 3; Slovenia 1; Croazia 4, Serbia 2; Grecia 4; Azerbaijan 1; Pakistan 2; India 1; Tailandia 1; Corea del sud 1; Australia 1. Mi chiedo: chi sarà mai a leggermi dall’Azerbaijan o dalla Corea del Sud? Non lo saprò mai! (Al momento mi mancano Giappone e Cina, ma arriveranno … arriveranno … non dubitate, ogni cosa a suo tempo!).

Il 55% dei miei lettori è di maschi. Il 70 % dei lettori (maschi e femmine) è compreso entro il 50 anni d’età. Gli argomenti preferiti sono viaggi e sport.

Il “mio” blog (in realtà io sono solo uno scrittore su blog altrui, il www.trentoblog.it di Andrea Bianchi) non è collegato ad alcuna rete social e quindi a maggior ragione vi ringrazio se continuerete a leggermi suwww.trentoblog.it/riccardolucattianche perché le vostre visite sono veramente preziose. Se poi incontrate qualche difficoltà ad inserire i vostri commenti, inviateli al mio indirizzo e-mail riccardo.lucatti@hotmail.it e li inserirò io stesso.

Ecco, la chiudo qui, scusandomi con voi per l’assenza, ma questi sono gli inconvenienti di noi V.I.P.-Vecchietti In Pensione, che non lavorano ma sono carichi di impegni d’ogni sorta: tutti piacevoli, s’intende, ma tanti!

Buona serata a tutte e a tutti!

Riccardo – Accademia delle Muse, 4 novembre 2019

P.S.: Questo testo sarà pubblicato automaticamente come post alle ore 22,00 del 4 novembre

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PRE-POLITICA, PRE-PARTITICA, POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Novembre, 2019 @ 12:10 pm

(V. un commento e relativa risposta in coda all’articolo)

Detto altrimenti: il lessico è molto importante e le parole sono pietre   (post 3688)

La confusione lessicale, una malattia del nostro tempo. Sempre più spesso infatti utilizziamo le parole a prescindere dal loro significato acquisito nei secoli: già, perché la lingua è evoluzione di significati. Basta mettersi “d’accordo” e non far sì che accada come nel gioco del telefono, ricordate? I bambini si mettono in circolo: il primo – in modo volutamente confuso – sussurra all’orecchio del secondo una parola; il secondo la ripete in maniera ancora più confusa al terzo e così via sino a quando si scopre che l’ultimo del circuito ha ricevuto una parola totalmente diversa dalla prima!

Un esempio: il termine “democrazia” nei secoli ha significato successivamente potere sul popolo (il democrator era il dittatore); strapotere del popolo; potere del popolo. Basta quindi non pretendere di vendersi oggi i contenuti di ieri con un lessico immutato: ciò oggi è maggiormente valido e soprattutto attuale proprio per il termine “democrazia”. Chi vuole capire capisca.

Il fatt …accio è che – purtroppo – siamo nella tempesta degli abusi linguistici, espressione del (mal) costume di certa stampa e della seri ..osità di certi politici, partiti, movimenti, schieramenti, programmi, leggi (Norberto Bobbio, “Destra e sinistra” pag. 14).

Fare pre-politica. Cioè fare qualcosa a prescindere dal programma di un partito. Ma allora chiamiamo questa attività con il termine pre-partitica! Ma se per pre-politica si intende occuparsi delle famiglie con bimbi down; dell’occupazione e dell’imprenditoria giovanile; dell’autonomia; della parità di genere; della violenza sulle donne … be’ tutto ciò non è attività pre-politica né pre-partitica, bensì è attività Politica con la P maiuscola.

Politica, inizialmente nell’antica Grecia dove il termine è nato, era l’aggettivo di teknè, tecnica e veniva usato come tale: teknè politikà, tecnica, capacità politica, cioè capacità di governare la polis, la città stato. Oggi usiamo il termine da solo, come aggettivo sostantivato. E purtroppo, talvolta la teknè – la capacità di risolvere i problemi della collettività – si è persa per strada.

Copenaghen, pieno centro: si scia sul tetto dell’inceneritore!

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Qualche esempio? Da una certa parte politica si dice: basta inceneritori! Al che vi rimando al mio post n. 3687 “Cambiamenti climatici”.

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Se gli tassi l’auto aziendale …

La stessa parte politica vuole tassare le auto aziendali, senza fare distinzione fra: 1)  le auto aziendali vero strumento di lavoro; 2) quelle puro “benefit” aziendale e 3) quelle di mera rappresentanza. Le prime sono quelle del commesso viaggiatore e del rappresentante di commercio che “vivono in auto” per buona parte della loro vita lavorativa e non vanno tassate. Le seconde sono i benefit per gli alti dirigenti che non la usano per lavoro ma per scopi privati e possono essere tassate. Le terze sono le grandi auto blu – molte sono pubbliche – e possono essere sia tassate che ridotte di numero.

Ma torniamo alla Teknè Politikà: occuparsi delle famiglie con bimbi down; dell’occupazione e dell’imprenditoria giovanile; dell’autonomia; della parità di genere; della violenza sulle donne … è fare vera Politica, quella con la P maiuscola. Non altro. Se poi per portare avanti questi progetti sarà necessario avvalersi di una struttura partitica, ben venga: infatti la nostra è una Democrazia Parlamentare e il Partiti Politici sono il ponte fra il demos–popolo  e il Parlamento e quindi fra il Parlamento e il Governo-kratos-potere: quindi in definitiva si unisce il demos al kratos, ed è democrazia. Affermare che il Parlamento non è più rappresentativo del demos è l’inizio del fascismo, anche se camuffato sotto le vesti della cosiddetta democrazia diretta.

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E non varrebbe affermare che “è tutto il popolo che lo vuole” come se il popolo fosse una massa omogenea, informe e uniforme, esprimente un’unica volontà, il che è materialmente impossibile! Esprime bene questo pericolo Umberto Eco nel suo libro “Il fascismo eterno” quando ci mette in guardia contro il populismo qualitativo, nel senso che la pretesa uniforme volontà del popolo è in realtà la volontà del princeps, del duce, dell’ uomo con i pieni poteri, del dittatore, etc. Chiamatelo come volete, la sostanza non cambia.

Ricevo una mail da F.T.: Caro blogger, ti dichiari democratico ma sembra che tu non ammetta che la destra vada al governo, mentre è tipico dei sistemi democratici l’aalternanza fra destra e sinistra”Rispondo: “Grazie caro lettore F.T. del tuo intervento. Si, mi va bene l’alternanza purchè essa avvenga con metodi democratici, cioè nel rispetto formale e sostanziale della nostra costituzione e dei suoi principi ispiratori e purchè chiunque vada al governo non modifichi le regole talchè l’alternanza – dopo di lui – non sia più possibile”

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Novembre, 2019 @ 7:35 am

Detto altrimenti: novembre andiamo, è tempo d’allagare …       (post 3687)

Povera Italia, povera Terra! Dove non si allaga e frana (Indonesia, Piemonte, Liguria, Campania, Francia), brucia (California, Siberia, Amazzonia). Quo usque tandem? Fino a quando, insomma? E allora interveniamo, innanzi tutto con un cambio di rotta culturale. Cultura = insieme di conoscenze. Ma noi, abbiamo le conoscenze necessarie alla comprensione del fenomeno e all’assunzione dei provvedimenti necessari? Oppure per ignoranza (+ pigrizia + malafede) rischiamo di passare da un eccesso all’altro?

La nostra era nera …

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Anni ’60. Mia famiglia d’origine. Auto familiare una Fiat 1221 GL nera con il tetto grigio perla, le fasce laterali e i montanti posteriori cromati, ruote bianche: una sciccheria! In famiglia eravamo in cinque, un po’ strettini su quei sedili. Nei viaggi “familiari”: “C’è caldo, aprite i finestrini”. Detto fatto: tutti i finestrini aperti. Dopo un po’: “C’è troppa aria, chiudete”. Tutti chiusi. Dopo un po’ si ricominciava …

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Anni 2000.Bici elettriche in montagna, troppe, ovunque. Dice … ed allora, vietiamole! E invece il CAI Centrale ha pubblicato numerosi quaderni sul ciclo escursionismo, materia che non va totalmente liberalizzata né totalmente vietata, bensì va “intelligentemente e scientificamente regolamentata”.

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Copenaghen, centro città: si scia sui rifiuti!

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Dice …inceneritori avanti tutta. Anzi, “Basta inceneritori!” Ma quale tipo di rifiuto va negli inceneritori? Non lo sapete? Ve lo dico mio: l’indifferenziato. E dove mai dovrebbe andare, sennò? Dice … ma bruciare inquina. No amici: a Copenaghen ne hanno costruito uno enorme in pieno centro e sul tesso spiovente hanno realizzato una pista da sci!

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Dice …basta centrali a carbone, “decarbonizziamo”. Va bene, ma anche se aveste decarbonizzato tutte le centrali avreste risolto solo metà del problema, perché una quota analoga di inquinamento deriva dall’economia dell’allevamento del bestiame e dall’agricoltura, settori quasi del tutto orfani di una politica di decarbonizzazione.

La Cina decarbonizza le centrali a casa propria, ma ne costruisce una enorme nei Balcani che se poi il vento soffia da quella parte ci farà un gran bel regalo!

Dice: l’acqua deve eessere pubblica e gratuita! Ma … siamo certi che la complessa industria del ciclo dell’acqua (ricerca, captazione, potabilizzazione, distribuzione, investimenti relativi) possa essere affidata ad uffici pubblici? Siamo certi che senza il contributo finanziario e gestionale dei privati il sistema possa funzionare? E se l’acqua fosse gratuita, quanto aumenterebbero gli sprechi? Già in Italia siamo i primi in Europa quanto a consumo giornaliero pro capite di acqua potabile, con ben 428 litri!

Dice … adottiamo l’economia circolare! E pensiamo solo ai rifiuti ma nulla si fa per l’allungamento della vita dei beni di consumo, per i quali anzi vige la prassi della loro “durata programmata”  “così poi si è certi che si romperanno e i consumatori ne acquisteranno altri!”.

Dice … la l’economia verde fa perdere posti di lavoro! Dico: costoro però si fermano lì, non avanzano proposte alternative. E invece qui non si tratta di deindustrializzare, ma di governare l’innovazione e il passaggio ad una industrializzazione responsabile.

Dice … insomma, caro blogger, ma tu cosa proponi? Un’ideuzza ce l’avrei anzi due: 1) per la soluzione del problema nel medio periodo (la soluzione “ a breve” la lascio alla politica, anzi, alla Politica): nelle scuole, all’interno della materia “Educazione Civica” inseriamo un corposo capitolo di “Educazione ambientale”. 2) Nell’elenco degli “Stati canaglia” oltre che quelli che agevolano il terrorismo, inseriamo anche gli stati finanziariamente canaglia (ad esempio Malta) o ecologicamente canaglia (ad esempio il Brasile).

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IN VINO VERITAS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Novembre, 2019 @ 8:43 am

(Questo post sta “avendo successo”: la durata media di ogni visita sta passando da 1 a 3 minuti e il ritorno dei lettori affezionati (i non nuovi) dal 7 al 25% del totale!

Detto altrimenti: in trattoria nel basso Piemonte      (post 3685)

Pellizza da Volpedo: “Il quarto stato”

Dopo la visita alla tomba di famiglia di mia moglie a Volpedo (AL): 300+300 km Trento-Volpedo-Trento, in giornata.

Ristorante Enoteca Le Vinaie (foto ufficioturisticodellevallideltortonese.it)

Monleale, confinante con Volpedo. In trattoria (ve la suggerisco): si tratta de “Le vinaie”, Piazza IV Novembre, Monleale (AL) Tel. 346 6301029.   “Quanto vino c’era nella bottiglia che vi abbiamo servito?” Così siamo stati interpellati alla cassa, al momento di saldare il nostro pranzo.

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In un atttimo ho rivisto una scena antica: S. Angelo in Colle (Siena), splendido paesino-frazione “vicino al quale” c’è Montalcino, patria del mio babbo. Il “trattore” (soprannominato “Buonanotte” e come diversamente, sennò?) predispone la merenda per alcuni avventori: pane, affettati, formaggi. Poi alza il fiasco del vino, lo “analizza” controluce per registrare quanto vino contenga. Lo stesso gesto farà al momento del conto, per valutare la quantità di vino bevuto e quindi da pagare.

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Ebbene sì!

Secondo pensiero istantaneo: maccome (maccome) si può pensare che noi due (Maria Teresa della zona ed io di padre Montalcinese!) durante un pranzo nella campagna del basso Piemonte non si sia bevuta (almeno) un’intera bottiglia di croatina?

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Monleale (foto vivitortona.it)

Croatina: dicesi di vino “bonarda-di-fuori zona-ma-ottimo- anzi!” quasi barbera, naturalmente spumeggiante. Quello del quale si tratta è lo ”Scaldapulci” della cantina di Franco Scherpa sulla splendida collina di  Monleale (AL) tel. 338 6585785. E Franco, ormai un amico, noi ogni anno ci concediamo il suo vino (evviva gli anacoluti manzoniani, quelli con due soggetti!). Una telefonata e ce ne fa trovare un cartone direttamente in trattoria. Ma non basta: Franco è venuto a salutarci di persona, quando si dice un amico, un vero signore!

In cantina con Franco Scherpa

I vini. Oltre la croatina: lo chardonnay e soprattutto il barbera di quello che quando lo versi fa la schiuma che poi se ci metti dentro un coltello “sta in piedi”;  lo spumante di Monleale.

Spumante di Monleale: ne conservo una bottiglia dell’anno del mio matrimonio, 5 gennaio 1971. Lo so, lo so che non è un vino da invecchiamento, ma per noi due è un ricordo prezioso: la stapperemo a Monleale al compimento dei 50 anni di matrimonio, nella cantina di Franco, in presenza di un enologo che rediga un verbale su come si è tramutato qual vino. Franco, sei avvisato, preparati!

Prosit!

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Altro vino, lo spumante brut DOC dei Colli Tortonesi, bottiglia omaggiataci dalla gentile signora gestrice (grazie!). Evvabbè … il cibo ottimo, l’accoglienza in trattoria spontaneamente e genuinamente amichevole … possiamo ben perdonare il gestore (che poi era una bella signora) per avere dubitato della nostra leale e generosa predisposizione al buon vino.

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Pedalare necesse est!

Anzi, le abbiamo chiesto di segnalarci un appartamentino da affittare per una decina di giorni la prossima primavera: infatti da “sposini a pedali” vogliamo concederci una bici-vacanza sulle splendide colline del Volpedese. Abbiamo poi una seconda idea: portare a pedalare su quei colli i colleghi di FIAB Amici della bicicletta, Trento, purchè si trovi la sistemazione alberghiera per un paio di notti per 25-30 persone. Vedremo.

Coppi e Bartali: chi passa la borraccia a chi?

Volpedo, Pellizza da Volpedo e l’antica pieve romanica di San Pietro (già citata nel X secolo); Monleale, le sue colline; Monleale e Volpedo, vicini a Castellania, la patria di Fausto Coppi; Monleale e Volpedo: i loro vini; il loro cibo; soprattutto la loro Gente.

Pescheti in autunno: foto o quadro di Van Gogh?

Da visitare in primavera e in autunno, le stagioni migliori, le più colorate. Meglio se “a pedali”.

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LIBRI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Ottobre, 2019 @ 4:28 pm

Detto altrimenti: libri, che si affollano sulla mia scrivania, che litigano per essere letti prima degli altri … (post 3683)

David, un amico, mi ha mandato un sms: “Grazie per i libri che mi suggerisci di leggere”. Questo per me stato un motivo rassicurante (ma allora vi sono persone che leggono libri!) e di soddisfazione personale: come è bello ritrovarsi “sui libri”, condividerne i principi, ragionare sui contenuti, riflettere, pensare! E poi … tutto ciò per un blogger vale ancora di più, perché il blogger ne scrive ogni giorno nei suoi post, si apre agli altri: non è mai solo.

Solo? Solo che io ho un problema: quelli i libri (due soggetti alla napoletana, bellissimo!) quelli i libri, dicevo, sulla mia scrivania fanno l’ italian file, la fila all’italiana (cfr. post “Italian file”!): si spintonano, cercano di aggirare la fila sui lati: insomma, vogliono “letti” (participio passato secondo il diletto sardo, cioè vogliono essere letti) con precedenza sui colleghi.

Un esempio? Eccolo! Appena fra di loro si è sparsa la voce che io stavo leggendo un giallo (cfr. post Giallisti a confronto”), si sono levate mugugni e voci di corridoio fra la fila dei libri in attesa: “Maccome? Un altro giallo? Non gli sono bastati quelli di Mankell?  E poi, con i tempi che corrono, non è meglio se legge e scrive di noi?” A parlare sono i due ultimi arrivati, che poi a forza di spingere sono qui davanti a me in prima fila. Eccoli: “Il potere, la carriera e la vita – Memorie di un mestiere vissuto controvento” di Pier Luigi Celli, Chiarelettere Editore; “Dì la verità anche se la tua voce trema” di Daphne Caruana Galizia, Bompani “Munizioni”.

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Ed io? Io per mettere pace fra di loro, ho iniziato a leggerli entrambi ma siccome che (“siccome che”, evviva i dialetti, quello trentino questa volta!) ne stavo già leggendo uno, mi chiedo chissà come si dice “entrambi” quando i “due” sono “tre”? Eppoi (eppoi) uno si domanda perché io faccia tutto questo. Semplice: non volete mica che io limiti la capacità di lettura delle mie lettrici e dei miei lettori e la costringa entro i confini del mio già letto! Io leggo e segnalo, segnalo e leggo: in tal modo le varie letture progrediscono in parallelo, come una serie di lampadine collegate in parallelo, circuito nel quale ognuna si accende insieme alle altre e non è condizionata dall’accensione della lampadina precedente, come invece accade nei circuiti-in-serie e come accadrebbe se io segnalassi solo un libro già letto.

Cosa? Qualche cenno sui contenuti dei due libri? Celli: il primo fattore della produzione non è nè il capitale né il lavoro, bensì la motivazione di chi lavora. E guai agli organigrammi verticalizzati! Caruana Galizia: giornalista uccisa con il tritolo perchè svelava la mafia maltese: non per niente la collana “Munizioni” è curata da Roberto Saviano.

Buoni libri a tutte e a tutti!

P.S.: la mia madrina blogger, grande lettrice e conduttrice di Libincontri, è informata”! (www.trentoblog.it/mirnamoretti)

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ACHTUNG! SOVRANISTI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Ottobre, 2019 @ 9:32 am

Detto altrimenti: uscire dall’UE e/o dall’Euro? Una follia!     (post 3682)

(a seguito del post precedente “Finanziaria”)

1944, seconda guerra mondiale in corso: a Bretton Woods gli alleati stabiliscono il sistema dei cambi fissi parametrati sul dollaro USA e sull’oro: l’oro valeva 35 dollari l’oncia; il dollaro 625 lire; il franco svizzero 175; il marco tedesco 145 (ricordo bene? Ma anche se mi sbagliassi, farebbe lo stesso …). Perché tutto ciò? Per dare stabilità e certezze (innanzi tutto agli USA, ma anche a noi). 1970: il regime dei cambi fissi viene abbandonato (troppi andavano in USA a comperare l’oro delle sue riserve contro un prezzo troppo conveniente solo per l’acquirente!).

La lira, come le altre valute, fu abbandonata a se stessa e tutti si accorsero che essa valeva di meno di quanto risultasse da quel rapporto fisso con il dollaro USA e che conveniva acquistare valuta estera contro lire. Da qui fuga di capitali, stretta valutaria, stretta creditizia. Ricordo solo alcune regolette degli anni ’70:

divieto di possedere valuta estera (stretta valutaria); limiti alla concessione del credito (stretta creditizia); costo effettivo annuo del denaro anche oltre il 30-35 %; obbligo per ogni importatore di versare a Bankitalia su un conto infruttifero bloccato per sei mesi la metà delle somme pagate all’estero a fronte delle merci importate. Può bastare? E’ a questo che i sovranisti ci vogliono riportare?

Infatti, l’appartenenza dell’Italia all’Euro per certi aspetti è simile al regime dei cambi fissi: la moneta che noi utilizziamo (i “nostri” Euro) è soggetta solo alle variazioni che riguardano l’intera area euro e non solo l’area Italia. Quindi guai ad uscirne! Dice … ma noi von “vogliamo” uscirne! Dico: si, basta che non siano gli altri a cacciarci, quando riscontrassero che spendiamo una moneta sorretta solo dalla loro economia e non più anche dalla nostra.

40 anni fa, durante una mia vacanza in Grecia. All’entrata in quel paese avevo dollari USA che cedetti contro dracme. All’uscita mi obbligarono a cedere le mie dracme residue contro dollari: fui stupito: maccome? Non conservate gelosamente la valuta pregiata? La ragione era che “guai” se le dracme fossero circolate all’estero: tutti avrebbero capito quanto meno esse valevano rispetto al valore loro attribuito all’interno di quel paese!

Ecco perché ho intitolato questo post “Achtung! Sovranisti”


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FINANZIARIA 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Ottobre, 2019 @ 8:39 am

Detto altrimenti: nelle SpA è diversa, da sempre     (post 3681)

SpA, Società per Azioni, usualmente di proprietà dei privati (ma oggi esistono molte grandi SpA pubbliche e miste pubblico-privato) e gestite secondo quell’ottica originaria (salvo eventuali correzioni “pubbliche”). In queste mie brevi riflessioni prendo in esame solo le SpA private-private.

Esse erano gestite secondo un principio oggi superato: massimizzare fatturato e utile, a prescindere (dal trattamento riservato ai dipendenti). Oggi (per fortuna, grazie anche ad Adriano Olivetti!) si sta capendo che il primo fattore della produzione non è né il denaro né il lavoro, ma la motivazione dei dipendenti. Ma non è di questo che voglio parlavi … ma tant’è … mi scappava di dirvelo!

Orbene, queste SpA sono gestite secondo una pianificazione triennale scorrevole, cioè rinnovata di anno in anno. Al suo interno, secondo un budget annuale il quale non viene modificato in corso d’anno, bensì serve per verificare mese per mese le cause di eventuali scontamenti i quali rappresentano o una certa incapacità previsionale o il verificarsi di eventi imprevedibili.

Ero a capo di una SpA italiana a maggioranza Siemens. Verso il fine d’anno riscontrammo un utile molto superiore al previsto. Ai dirigenti che me lo segnalavano io manifestai soddisfazione. Uno di loro, tedesco, mi disse: “No, dottore, da Monaco arriveranno critiche perché non siamo stati in grado di prevederlo!” Superato questo “scoglio”, restava la mia soddisfazione perché saremmo stati in grado di distribuire un dividendo maggiore del precedente. Lo stesso dirigente. “No, dottore, l’azionista vuole un dividendo maggiore di quello che avrebbe avuto se avesse investito sul mercato tutte le somme che ha investito su di noi”. Insomma: capacità previsionale perfetta e rendimenti ai migliori livelli del mercato sul totale del capitale investito. Dalla Siemens io ho imparato moltissimo, anche se poi al mio dirigente che si chiamava ( e mi auguro che “si chiami” ancora!!)  Klage, dissi: “Her Klage, bitte, keine Klage!” E klage in tedesco significa “lamento”!

Ciò premesso, i concetti che vorrei vedere trasportati e recepiti nella metodologia delle nostre leggi finanziarie sono i seguenti:

  1. non ritenere vincolate somme che sono state rese tali nel passato rispetto a priorità non più tali (= revisione delle priorità e cioè della pianificazione pluriennale); 2) valutare ogni scelta di spesa e di investimento secondo il criterio economico del costo di ciò che di diverso e di meglio potrei realizzare con quella somma; 3) non prescindere mai da come coprire il fabbisogno finanziario, copertura da effettuare pur mantenendo una costante riduzione dell’indebitamento pubblico.

Perché tutto questo? Perché la moneta (euro) rappresenta l’economia reale dei paesi aderenti e se l’Italia non produce abbastanza e/o rischia la bancarotta finanziaria, potrà essere estromessa dall’euro, il che sarebbe una rovina. Ma della sciagura dell’autarchia monetaria ve ne parlerò nel prossimo post.

(continua)

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DEMOCRAZIA E POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 27 Ottobre, 2019 @ 9:26 am

Detto altrimenti: dobbiamo moltissimo alla Grecia!       (post 3680)

Per comodità dei lettori, copio qui la sinetsi che troverete in fondo all’articolo: … in gioventù sono stato istruttore sezionale di alpinismo. In età matura velista appassionato. In entrambi i casi non mi è mai capitato di trovarmi in situazioni di estremo pericolo di vita, cioè non sono mai stato bloccato su una parete durante una tempesta di neve e ghiaccio né in balia di grandi onde sotto il Mistral. Tuttavia in entrambi i casi la prima regola da applicare sarebbe stata una sola: “durare”. Cito questa regoletta perché in democrazia e in politica la prima regola da applicare – innanzi tutto a se stessi – è “esserci”, fare demos, cioè fare popolo.

Demo-crazia, demos-kratos, potere-popolo. Nei millenni il termine ha assunto significati molto diversi.

  1. Inizialmente significava “potere sul popolo” e il democrator era il dittatore. Al riguardo mi piace citare una lirica che ho scoperto in internet: Who opened the door for the democrator? / And how come he let in the market-conquistadors? / Why is he acting as if he has something to hide? / The privilege of the stupid is to be taken for a ride… Chi ha spalancato la porta al democrator? Come mai costui si è collocato nel gruppo dei conquistadores? Perché si sta comportando come se avesse qualcosa da nascondere? Il privilegio dello stupido è quello di farsi prendere in giro.

Mi piacerebbe sapere chi sia l’autore di questi versi, se non altro per ringraziarlo di averci messo in guardia contro un uso particolare del termine (e del potere). Democrator, cioè di fatto dittatore, era sicuramente Pericle il quale per non rendere il previsto rendiconto finanziario annuale si fece rieleggere per trent’anni di fila. Pericle il guerrafondaio di guerre tutte perse (in Egitto, a Siracusa, infine contro Sparta, quella fatale per Atene, che se non fosse morto prima di peste, avrebbe chiesto la pace!).

Per comprendere la “democrazia “ ateniese mi permetto di suggerire la lettura di un breve testo scritto da un anonimo, l’ Anonimo Ateniese, “La democrazia come violenza” edito da Sellerio: un tale, contrario al regime ateniese e quindi esule, ci spiega come mai la “democrazia” di Atene perdurasse per tanti anni nonostante i suoi molti difetti che in realtà ne snaturavano l’essenza.

2) La seconda vita del termine democrazia: “strapotere del popolino”, espressione usata in senso critico e dispregiativo dalle classi nobili e ricche per criticare un governo a maggioranza popolare. Oggi forse potremmo trovare un equivalente dire “strapotere del web”.

3) Terza vita: potere del popolo. Ma a questo punto occorre fare attenzione: di quale popolo? Di un popolo che si parla, che si incontra, che discute nei luoghi deputati e che alla fine esprime una volontà-maggioranza (come dovrebbe essere); oppure di un popolo che non si parla; che si incontra solo sul web con un like; che inneggia a chi parla in sua vece e afferma di esprimere la volontà del popolo?

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A quest’ultimo riguardo mi permetto di suggerire la lettura di un piccolo ma great libro di Umberto Eco, “Il fascismo eterno” edito da La nave di Teseo, 60 paginette per i 5 Euro mai così ben spesi. Eco mette in guardia contro il populismo qualitativo, cioè contro la pretesa di taluno di esprimere la volontà uniforme dell’intero popolo, considerato come una massa qualitativamente omogenea (il che non esiste, n.d.r.).

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Circa il pericolo delle folle osannanti, delle unanimità assolute, leggete la prefazione dell’autore Josjf Brodskj al proprio libro “Il canto del pendolo” Ed. Adelphi. Cito a memoria: “Giovani, diffidate delle folle osannanti, delle unanimità di pensiero … se non altro perchè dentro i grandi numeri più facilmente può nascondersi il male”.

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Ecco quindi che noi, che viviamo il terzo significato del termine, non dobbiamo regredire al secondo né tanto meno al primo!

Quindi il problema “democrazia” diventa problema “popolo”: se manca il popolo comunicante al suo interno (nei partiti politici) manca il demos e senza il demos, ecco che il kratos-potere da solo non può far nascere la demo-crazia. Ecco quindi l’importanza di “esserci” in politica. Politica, anche qui un “grazie!” alla Grecia, per la quale il termine politica era un aggettivo di teknè, tecnica, ovvero tecnica politica. Noi lo abbiamo sostantivato e lo utilizziamo così, tout court. Tecnica di governo della polis che poi era la città stato, quindi oggi tecnica di governo dello Stato. Ma … lo Stato siamo noi! E allora innanzi tutto andiamo a votare, non facciamo come in una città di poco più di 100.000 abitanti che non nomino per ragioni di privacy, nella quale ben 30.000 aventi diritto al voto non vanno a votare alle Comunali!

Dice … si caro blogger, predichi bene tu, ma non esiste nessuna forza politica che mi rappresenti interamente il mio pensiero.  Rispondo: che bella pretesa, fare politica senza scendere ad alcun compromesso, anche con se stessi. Dice: ecco vedi? Parli di compromessi, di una cosa negativa!

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Rispondo: no caro amico, il compromesso ha fatto la storia, da sempre. Al riguardo ecco un altro libro fondamentale di cui mi permetto di suggerire la lettura: “I conti con la Storia – Per capire il nostro tempo” di Paolo Mieli (Ed. Rizzoli), al capitolo “Mosche e scarafaggi: quando i compromessi fanno la storia” (pagg.- 38-47), là dove Mieli cita il filosofo israeliano Avishai Margalit, secondo il quale se una mosca si posa sull’unguento di una vostra ferita, la scacciate e la cosa finisce lì: un compromesso accettabile. Per contro vi sono compromessi sordidi, nel senso che non potreste mai mangiare una minestra nella quale fosse caduto uno scarafaggio: fuori delle immagini Mieli cita una serie di compromessi della storia, alcuni accettabili anzi necessari e utili ed altri sordidi. Leggete voi stessi il testo completo.

Dice … quali sono oggi secondo te, blogger, i peggiori nemici della democrazia? Rispondo: la retorica, la demagogia, il polulismo, il sovranismo, l’antieuropeismo. Ah … dimenticavo: il disinteresse, la distrazione, l’assenza da parte dell’elettorato.

A quest’ultimo riguardo, perdonate un riferimento personale: in gioventù sono stato istruttore sezionale di alpinismo. In età matura velista appassionato. In entrambi i casi non mi è mai capitato di trovarmi in situazioni di estremo pericolo di vita, cioè non sono mai stato bloccato su una parete durante una tempesta di neve e ghiaccio né in balia di grandi onde sotto il Mistral. Tuttavia in entrambi i casi la prima regola da applicare sarebbe stata una sola: “durare”. Cito questa regoletta perché in democrazia e in politica la prima regola da applicare – innanzi tutto a se stessi – è esserci”, “fare demos” cioè fare popolo.

Grazie per esserci stati, nel senso di avermi letto sin qui!

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