DEMOCRAZIA, PARTECIPAZIONE, LIBERTA’, AUTONOMIA, POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Gennaio, 2016 @ 2:00 pm

Detto altrimenti: cinque concetti validi per ogni partito politico e per ogni cittadino                             (post 2261)

 Anteprima

In questo tempo di turbolenze economiche, sociali e politiche globalizzate ad ogni livello, in ogni dove e di ogni possibile intensità, ho voluto provare a soffermarmi su alcune riflessioni di tipo politico non partitico, ovvero tali che possano interessare i polloi (dal greco: i molti), la polis (il luogo dei molti) la politica (la partecipazione di molti alla vita pubblica: infatti “politica” è un concetto al plurale!) – Il tutto da un angolo visuale trentino, se non altro perché io scrivo in “Trento”blog, non vi pare? E poi, 2260 post fa io iniziai la mia “carriera” di blogger con il post “Il Trentino che vorrei”, e allora …

 … e allora adesso  possiamo cominciare

 1 - La Democrazia, dal greco popolo-forza ha assunto nel tempo significati diversi:

  • Inizialmente il democrate era “chi aveva il potere sul popolo”, ovvero il tiranno;
  • poi, le classi più ricche, escluse dal governo, utilizzarono il termine per contestare la forza della classe popolare che stava al governo;
  • Oggi democrazia indica “governo della maggioranza del popolo”. In realtà però indica la maggioranza di coloro che vanno a votare e se a votare vanno in pochi, allora la democrazia è il governo di una minoranza sulla maggioranza, cioè è una non-democrazia.

Orbene, se vogliamo la vera democrazia, occorre che i cittadini si riavvicinino  alla politica e al voto, perché se la partecipazione diminuisce, la democrazia tende a regredire al suo primo significato di tirannide sostanziale se non anche formale.

2 – La partecipazione si ottiene incontrando, ascoltando, informando e rispettando i cittadini, facendo cioè politica di unione e non di divisione;  politica di comunicazione cioè di azione comune innanzi tuto con chi ti sta vicino. Il che significa che la politica

  • si faccia carico di una faticosa azione personale per creare moltissime occasioni di incontri;
  • si ponga al loro servizio e non al loro comando, nel rispetto delle idee liberamente espresse in piena autonomia da ognuno. Libertà e autonomia, dunque

 3 - La libertà (delle idee). Sono libere le idee espresse da ognuno senza condizionamenti esterni di sorta, fermo restando che libertà non significa però “fare ciò che si vuole” ma poter scegliere fra le diverse opzioni che la morale, il vivere civile, il buon senso e le leggi consentono.

In questa sede parlo solo della libertà delle idee, perchè se passassi alla “libertà personale” dovrei iniziare quanto meno dalla critica alla “libertà” della cosiddetta Repubblica Ateniese, nella quale a fronte di un uomo libero vi erano quattro schiavi; o dalla lettera dell’ apostolo Paolo agli Efesini (6, 5-9)” Schiavi, ubbidite ai vostri padroni con timore, tremore e semplicità di cuore come se ubbidiste a Cristo … e voi padroni, trattateli bene perchè davanti a Dio sarete tutti uguali”; oppure dal Bonaparte che reintrodusse la schiavitù nelle colonie; o dal  Presidente USA Jefferson che mentre vietava l’importazione di (ulteriori) schiavi, se ne avvaleva nella sua fattoria modello a Monticello (Monticello – Charlottesville, Virginia USA … non Monticello Brianza!) …

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 th78IZKP3U4 - L’Autonomia delle idee. Sono autonome le idee maturate all’interno di ogni persona. Tuttavia dobbiamo distinguere due tipi di Autonomia 1) Autonomia concessa: quella che Maria Teresa concesse al Granducato di Toscana quando lo diede al marito Duca di Lorena al quale aveva sottratto il Ducato d’origine; 2) Autonomia Trentina ovvero Autonomia ideata, richiesta e conquistata: e i Trentini devono dire grazie innanzi tutto a Don Lorenzo Guetti, primo a concepirla con la creazione della cooperazione stile Raiffaisen e primo a reclamarla di fronte a quella stessa Austria. Ingredienti di questa prima Autonomia furono: la libera scelta (ecco la libertà del pensiero) di molti soggetti interessati (ecco il pluralismo); la collaborazione reciproca (ecco la cooperazione); l’impegno di gestirsi autonomamente (ecco l’autonomia); l’impegno personale e solidale (ecco la corresponsabilizzazione); l’impegno iniziale e non solo successivo (ecco la continuità dell’impegno); l’obiettivo della realizzazione di un bene (ecco l’obiettivo), bene definito Bene Comune proprio per essere una costruzione realizzata sin dall’inizio con il contributo dialettico di tutti (ciò che lo distingue da una piazza o da una strada che sono  solo beni pubblici o collettivi).

 th6HSPHJ3E5 –La Politica. Anche oggi il Trentino sull’esempio e con il metodo dei primi Cooperanti, deve costruire un Nuovo Bene Comune: cioè una Nuova Politica per Nuova Autonomia, valori che devono essere entrambi sempre di più “Speciali” in quanto frutto del libero e autonomo pensiero di ogni cittadino, realizzati attraverso il confronto e il rispetto dell’apporto di ognuno. Nessuna omologazione quindi, nessun mono-pensiero, nessun “ipse dixit”, ma una pluralità di intelligenze attivate da una politica intelligente.

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Josif Brodskij, sepolto a Venezia

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Chiudo con una citazione: Josif Brodskij, premio Nobel per la poesia, nel suo libro “Il canto del Pendolo” mette in guardia i giovani: “Diffidate del mono pensiero, delle folle osannanti e delle unanimità dei consensi se non altro perché all’interno dei grandi numeri più facilmente può nascondersi il male”.

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E voi, care lettrici e cari lettori, cosa  pensate … che le mie siano utopie? D’accordo, ma le utopie sono traguardi semplicemente  “non ancora” raggiunti!

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DALL’OLANDA CON AMORE … PER LA BICI!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Gennaio, 2016 @ 2:25 pm

Detto altrimenti: fin dove? Fino in Australia!                            (post 2260)

thANEOV7GVUei raga, mica scherza quello li! Leggetelo un po’ su artic-cycler.com! Ha già pedalato per 26.000 km dall’Olanda fino in Malesia, destinazione Australia, anzi, il centro dell’Australia visto che lui è originario di una zona vicino alla famosa Uluru, alias Ayers Rock! Da notare: usa una biciclettona “da trasporto” carica di quattro grosse sacche: infatti quando non trova alloggio in una casa dorme in una tendina microscopica. Ha superato passi fino a m 4500, deserti, paesi sconosciuti … In una singola tappa è riuscito a percorre oltre 200 km! Io l’ho già citato nel mio blog: infatti tempo fa l’incontrai per caso al bicigrill di Nomi (TN), praticamente all’inizio del suo viaggio! Mi auguro e gli auguro che alla fine della sua impresa egli la renda pubblica in qualche altro modo: un libro, un documentario, una trasmissione televisiva, serie di conferenze, etc.. Ne varrebbe la pena, che ne dite?

Good bike a tutte e a tutti!

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RICCHI E POVERI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Gennaio, 2016 @ 7:53 am

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Detto altrimenti : ricchi e poveri? E’ ora di cambiare musica!             (post 2259)

 

 

 

 

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No … non questi!

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E ora cosa mi diranno? Che sono un cattocomunista, un rivoluzionario? Be’ … rivoluzionario mi starebbe anche bene, in un certo senso però, ovvero senza kalashnikov e bombe varie, intendiamoci! D’altra parte un bel precedente ce lo avrei, di Uno nato 2016 anni fa …

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thM4MYUDEUNo. Non sto farneticando. Non mi sto né paragonando a quell’Uno (ci mancherebbe altro!), né riferendomi al famoso gruppo musicale di cui sopra, bensì al fatto che ieri molta stampa fra la quale due giornali “opposti” (Avvenire e Il Manifesto) ha riportato lo studio che l’Oxfam ha elaborato in previsione della riunione di Davos, studio che  informa del fatto che 62 (sessantadue) persone possiedono al mondo la ricchezza pari a quella di 3.500.000.000 (tre miliardi e mezzo) di persone. La Repubblica poi studia il fenomeno nella sua tendenza, che va sempre nella stessa direzione: un sempre minor numero di persone sempre più super ricche ed un sempre crescente numero di persone sempre più super-povere.

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Non credo che sia necessario scomodare menti matematiche di questo livello: basta meno, molto meno …

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Ora, se ci ricordiamo qualche nozione di matematica e ci poniamo di fronte al concetto di “limite”, possiamo provare a calcolare quale sarà il limite dell’equilibrio sociale del nostro pianeta per R1 tendente a [+ infinito] e R2 tendente a [zero], ove per R1 si intende la ricchezza dei paperoni e per R2 la ricchezza di quell’agglomerato di 3,5 miliardi di persone. A questo punto mi auguro che fra le mie lettrici ed i miei lettoti vi sia un esperto di matematica, perchè, che volete mai, io ho studiato al liceo classico e sono laureato in giurisprudenza e più di tanto da me non si può pretendere, diamine!

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LA VIA MICAELICA A PIEDI, di Gian Paolo Margonari …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2016 @ 5:47 pm

… detto altrimenti: “MarGOnauta”                               (post 2258)

Cari amici vi scrivo … Care lettrici e stimati lettori, come sapete il mio è anche un “open blog” ovvero un blog che ospita molto volentieri i postaltrui (tuttaunaparola) cioè gli articoli di amici. Questa volta però l’ho fatta grossa: mi sono impegnato in un viaggio di “una premessa e quattro puntate” lungo la Via Micaelica, viaggio che Gian Paolo Margonari alias MarGOnauta ha percorso ovviamente a piedi mentre io lo rifarò solo attraverso la tastiera del mio computer!

Riccardo

Gian Paolo Margonari, chi era costui? (Anzi, chi “è”?)

 “Festina lente”: affrettati lentamente, affermavano nostri antenati Latini. A me piace adeguare l’espressione con “ Cammina lesto, viaggia lento”.

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          … o con le scarpe o senza scarpe … 

Gian Paolo, già insegnante, poi nel ramo del credito, attualmente in pensione, cioè diversamente attivo. Frequentatore da tempo immemorabile dell’ambiente montano di cui apprezza in egual misura gli aspetti antropico-culturali e quelli naturalistico-botanici, ama trasmettere la gioia del viaggiare a piedi. Cassiere della sezione SAT di Trento e spesso capo-gita nelle varie escursioni programmate. Coinvolto quale docente sulla filosofia del camminare/viaggiare nei corsi di formazione degli Accompagnatori di Escursionismo del CAI ed in corsi “nazionali” dedicati agli insegnanti. Dal maggio 2006 al maggio 2009 Consigliere Centrale del CAI per conto dalla SAT. Iscritto all’Albo delle Guide Alpine come Accompagnatore di Territorio del Trentino. Ama molto – fra l’altro – i viaggi (soprattutto a piedi) e i libri (quasi tutti) ed è probabilmente a causa di queste passioncelle che i lettori possono “godere“ delle sue colpe letterarie, frutto di esperienze di via-andante: 

  • “El Camino de Santiago de Compostela – Breviario/Diario di un trekking tutto speciale” – Curcu & Genovese Ed., Trento, giugno 2005.
  • “Un uomo a zonzo sulla Via Francigena – Diario & amene divagazioni di un viaggiatore a piedi”; Curcu & Genovese Ed. , Trento, giugno 2007.
  • “ La Guida – Col du Grand Saint-Bernard – Canterbury”; Curcu & Genovese Ed., Trento, dicembre 2011.
  • “Un viaggio a piedi tra due Culture – Andreas Hofer Weg/Via Andreas Hofer”; Curcu & Genovese – Trento, febbraio 2010.
  • “Il Sentiero di San Vili – Un cammino di storie e Storia”; SAT – Trento, dicembre 2013.
  • Con altri: “Venticinque anni in montagna con il Circolo Sociale della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, raccolta sistematica di 300 escursioni nel Trentino-Sudtirolo”; Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto – Trento, 2005.

Le motivazioni del via-andante 

ll filosofo e matematico francese Cartesio affermava: “Cogito ergo sum” ovvero “Penso quindi esisto”. Parafrasandone il pensiero, mi sento di tradurre in termini moderni l’espressione con: “Cammino quindi sono vivo”. Tuttavia se invece di limitarmi a “camminare” io “viaggio”, cambia anche la conseguenza della mia azione ed il risultato è “Viaggio, quindi sono vitale”. Infatti, se camminare fa bene, viaggiare a piedi è meglio.

Ma allora, qual è la differenza tra il camminare e il viaggiare a piedi? Il camminare, cosa buona, salutare e giusta, è solo l’aspetto fisico-meccanico, ovvero l’aspetto hard della mobilità umana; mentre viaggiare a piedi, aspetto soft, è “Camminare  +  Cultura”. E camminando io dialogo innanzi tutto con me stesso ma soprattutto con i compagni di viaggio e la gente che incontro; con il Territorio-natura-cultura-soprattutto cultura del fare; con i suoi usi, costumi, tradizioni, folklore, Storia e storie. Tale è il mio approccio quando preparo un “viaggio”.

La Via Micaelica: da dove a dove

Altresì chiamata Via dell’Angelo o Sacra Langobardorum, è dedicata a San Michele Arcangelo, è la via che collega da secoli tre santuari/abbazie: Monte Sant’Angelo (Gargano, Puglia); Mont Saint-Michel (Normandia) e, nel mezzo, l’abbazia Sagra di San Michele (Sant’Ambrogio in Val di Susa – Torino). I tre luoghi si trovano geograficamente a 1000 kilometri di distanza l’uno dall’altro, esattamente allineati lungo una retta azimutale di 120° ESE che li unisce e idealmente conduce – stessa direzione – al Monte Carmelo in Israele. 

Michèle Arcangelo

Il nome di origine ebraica significa “Chi come Dio?”. Nella Bibbia è il nome di un principe degli angeli e ricorre due volte nel Libro di Daniele. Nel Nuovo Testamento (epistola di Giuda) Michèle è definito Arcangelo, mentre nel Libro dell’Apocalisse si accenna alla sua battaglia, alla guida di altri angeli, contro il dragone Satana.

L’immagine di Michèle Arcangelo, sia per il culto che presto gli fu tributato, sia per l’iconografia, dipende direttamente dai passi dell’Apocalisse. Sulla base di tale testo ne vennero scritti altri dedicati a lui dedicati, i quali lo definirono come un essere maestoso con il potere di pesare le anime prima del Giudizio. L’iconografia bizantina prediligeva l’immagine dell’arcangelo in abiti di dignitario di corte rispetto a quella, occidentale, sopra descritta.

Le apparizioni. Celebri quelle a lui attribuite: sul monte Gargano a Monte Sant’Angelo (secolo VI); a Roma sul mausoleo di Adriano (590 d.C.) perciò detto Castel S. Angelo); in Normandia (708 d.C.) nel luogo poi detto Mont Saint-Michel.

 Il Culto Micaelico

 In epoca carolingia, il culto si diffonde verso est, lungo l’itinerario dei monaci celtici, fino alle Alpi Bavaresi, i cui santuari, dedicati all’Arcangelo, occupano generalmente le cime dei monti (per un approfondimento: “Le Vie dell’Angelo” di Giuseppe Piemontese, Bastogi Editrice Italiana, maggio 1999).

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 7 - MG_6264Mont Saint-Michel in Normandia (Francia)

Il culto di San Michele Arcangelo, ampiamente diffuso in tutt’Europa, ha fatto dell’abbazia una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianità. L’isolotto ha circa 960 m di circonferenza e una superficie di circa sette ettari. La roccia, granitica, si eleva a un’altezza di 92 m sul livello del mare, ma con la statua di San Michele collocata in cima alla guglia della chiesa abbaziale, raggiunge l’altitudine di 170 m.

Normandia (Normandie). Per noi il nome ricorda lo sbarco – 6 giugno 1944 <D-day, il giorno più lungo> – con il quale le truppe alleate iniziarono la liberazione della Francia invasa dai nazisti nella seconda guerra mondiale.

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 Abbazia “Sagra di San Michele” in Val di Susa (Torino)

Viene eretta tra il 983 e il 987 e avvolge la cima del monte Pirchiriano (m 962) all’imbocco della Val di Susa, lungo una delle vie che già nell’antichità collegavano l’Italia all’Europa del Nord Ovest. Il secolo XII segna il periodo di massimo splendore dell’abbazia. Nel 1836 Carlo Alberto di Savoia incarica Antonio Rosmini di insediare nella Sagra una comunità di suoi religiosi che tuttora custodisce gli edifici abbaziali.

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Monte Sant’Angelo (Gargano, Puglia)

thELEOL7XWAlto su uno sperone calcareo, rimira il Tavoliere e il golfo di Manfredonia. Famoso per la presenza del Santuario sotterraneo di San Michele originatosi secondo la tradizione a seguito di tre apparizioni (490, 492, 493 d. C.) di San Michele Arcangelo al Vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano. Il complesso monumentale è costituito da costruzioni di varie epoche sorte intorno alla grotta delle apparizioni.

 La Via Micaelica: un ponte tra Occidente e Oriente

La Via Micaelica inizia a Mont St. Michél, attraversa la Francia, raggiunge la Sagra di San Michele e si innesta sulla Via Francigena (Canterbury-Roma) nei pressi di Vercelli e da qui fino a Roma. Dopo aver percorso in altra data la Via Francigena da Canterbury fino a Roma, avevo deciso di completare il percorso a piedi da Roma a Bari seguendo la Via Micaelica, per poi proseguire in nave da Bari fino al porto israeliano di Haifa, e a piedi da Haifa a Gerusalemme.

L’itinerario non è segnato. Non ci sono indicazioni di sorta né esiste una guida: “il bello della diretta”. Infatti siamo in Italia, Paese civile, organizzato, di poeti, santi e navigatori ma non di camminatori! Al diavolo, quindi, guide, tour operator, prenotazioni: cercherò di programmare le tappe come nel mio stile, giorno per giorno, per ritrovare la dimensione avventurosa e fantastica del Viaggio e godermi l’intenso piacere dell’incertezza: la cosa eccitante è (anche) non sapere tutto. Non un viaggio tutto-compreso, quindi, bensì Viaggio tutto-sorpresa.

Su queste premesse, limiterò la preparazione ad una valutazione di massima della direttrice di marcia: verificherò sul campo il grado di fattibilità e di percorribilità, cercando di destreggiarmi dai depistaggi della modernità motorizzata: autostrade, strade, tunnel, tangenziali, rotonde ecc.. Mi doterò quindi di una carta fisico-politica “strategica” scala1:500.000 dell’Italia meridionale che mi darà il senso della rotta lungo la Via Francigena del Sud o Via Micaelica. La mia direttrice sarà la Via Appia Antica, da Roma fino a Formia, indi l’Appia Traiana passando per Minturno, Caserta, Benevento, Troia in Puglia, dove termina la Traiana.

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 th34R8QUHELa scelta di percorrere l’Appia Antica non è casuale. Infatti la Via Appia, la più moderna strada del mondo antico… è quasi uno slogan pubblicitario!. La Via prende il nome del censore Appio Claudio Cieco che iniziò la costruzione nel 312 a.C.. Collegava Roma con Capua e poi con Benevento e Brindisi, formando un ponte terrestre tra il Mar Tirreno, lo Ionio e l’Adriatico, da dove era più semplice l’imbarco per l’Oriente. Quasi sempre rettilinea, larga circa m 4,10, una misura che consentiva la circolazione nei due sensi, affiancata da un duplice percorso pedonale, per consentire la separazione del traffico pedonale da quello veloce dei cavalli: attenzioni che purtroppo la modernità ha cancellato a danno degli utenti deboli della strada: Il marciapiede romano termina alla periferia dei villaggi, spesso in corrispondenza del camposanto: quasi un monito per i temerari che volessero spingersi oltre. Considerata la sua importanza di collegamento, nonché l’imponente struttura ingegneristica, fu denominata regina viarum.

A Troia abbandonerò la direttrice dell’Appia Traiana e devierò sulla Via Micaelica o Cammino dell’Arcangelo o Sacra Langobardorum sul Gargano toccando Lucera, San Severo, San Marco in Lamis, S. Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo. Da qui scenderò a Manfredonia e, sulla costa lungo il Golfo di Manfredonia e il Mare Adriatico, raggiungerò Margherita di Savoia, Barletta, Trani, Bisceglie, Molfetta, Bari.

 Perché ne scrivo?

 Il Viaggio a piedi si articola ed è solitamente goduto in tre momenti: quando si prepara, quando si effettua e quando si rievoca. Il presente scritto vuole essere sintesi di questi tre aspetti per chi vorrà prepararsi al viaggio.

Ancora: nei miei Viaggi solitamente solitari, vorrei portare tutti i miei cari e i miei amici, anche quelli che camminano con fatica o non possono permettersi lunghe distanze; per questo ne scrivo, per amicizia, non per autocompiacimento dell’impresa.

Infine, questo Viaggio nell’Italia del sud non si trova né sui giornali né sui libri, ha troppe strade asfaltate, troppi capannoni industriali dismessi, troppe “isole ecologiche” che puzzano, ma difende un’umanità profondissima nei paesi; consente incontri che riempiono un Viaggio, rivela tenerezze commoventi. Un Paese ricco di contraddizioni, tutto da cambiare e tutto da amare, proprio com’è l’Italia.

 Gian Paolo Margonari, detto altrimenti MarGOnauta

Ecco, raga, siamo alla fine del primo “pezzo”: come premessa non c’è male, non vi pare?  Seguirà in quattro articoli il “Diario Breviario” del viaggio da Roma al Pireo. A me non resta  che augurarvi “Buon Viaggio con il MarGOnauta!”

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CRISI PERCHE’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Gennaio, 2016 @ 7:59 am

Detto altrimenti: navigando fra le crisi  (economiche, del pensiero, etc.)            (post 2257)

Da internet: 1933. Tale Rodolfo De Angelis, attore, pittore e poeta vicino agli ambienti futuristi, che con Filippo Tommaso Marinetti diede vita al Nuovo Teatro Futurista, scrisse e interpretò una canzonetta: “Ma cos’è questa crisi?”. La straordinaria modernità risiede nel testo tristemente attuale che affronta con buonsenso spicciolo i problemi veri o presunti del moderno capitalismo, trattati volutamente con goliardica positività miscelata con scientifica perizia: finta superficialità, sfottò e critica sociale.

 Ed ecco le sue soluzioni spicciole per superare la crisi;:

  • L’impresario teatrale cerchi un bravo attore.
  • La persona ricca spenda il suo denaro.
  • Si smetta di cercare la fortuna di una vincita al casinò e ci si metta a lavorare.
  • Le nazioni smettano di voler fare la parte del leone.
  • L’esercente si contenti di guadagnare il giusto.
  • La donna troppo magra per le diete … mangi patate!
  • Chi ha soldi li faccia circolare.

Soluzioni spicciole, si diceva, Ma già … 1933, XI° anno Era Fascista. Che altro vi sareste aspettato? Molta retorica, grande successo della canzonetta! Ed oggi, che dire? Amarcord … mi ricordo … no, non sono così vecchio, diamine! Ma se cercate sul mio blog “Crisi economiche degli ultimi 150 anni” trovate di che documentarvi:

  • Vienna 1870: scoppia la “bolla” delle azioni ferroviarie;
  • USA 1929: si producono derrate alimentari che non danno ritorno economico: è la fame;
  • USA anni nostri: banca o non banca? Scoppia la “bolla” dei mutui sub prime;
  • Banche UE: e qui non la si finirebbe più …;
  • anni nostri: crisi da globalizzazione. E parliamone un po’ … ci provo … vorrete scusare … meglio provarci che rimanere inerti, intellettualmente a rimorchio, non credete?

Ma ecco in mio tentativo di ragionamento:

  • nei secoli e per secoli abbiamo diviso il mondo in tanti vasi non comunicanti e – a seconda dei casi – ognuno diversamente  compresso. Di che? Compresso di ricchezza e/o di armi e/o di povertà e/o di guerre e/o di malattie e/o di tirannide e/o di democrazia vera o finta che sia, etc.;
  • la comunicazione globale ha reso comunicanti questi vasi;
  • i flussi di riequilibrio che ne sono derivati sono irruenti, violenti, travolgono il nascituro con l’acqua sporca …
  • siamo passati dalla negazione agli altri, alla pretesa fallimentare esportazione verso quegli stessi altri. Di cosa? Della libertà, della democrazia.

Democratico chi? La democrazia, ecco la chiave di volta del problema. Un amico, scherzando, diceva: “ La mocrazia è quella cosa che io voglio per me ma nego agli altri”. Ora, proprio ieri discutevo della cosa con una persona. Di fronte a certe mie perplessità, il mio interlocutore aveva inteso che io negassi l’esistenza della democrazia nei Paesi nei quali noi oggi siamo abituati ad affermare che esista (USA, UE, Italia, etc.). E invece no, il fatto è che lui impostava il problema “democrazia si/no”, mentre io nel senso “verso la democrazia si/no”. Cerco di spiegarmi: per me la democrazia, come qualsiasi altro Bene Strategico (=  “indispensabile e insostituibile”), è una utopia perenne, ovvero un Bene Comune (=  “ricercato e costruito sin dall’origine con il concorso di tutti”) al quale sempre tendere anche se si è consci che non lo si raggiungerà completamente mai.

Ragion per la quale per me non esistono stati democratici e stati non democratici, bensì stati che si avvicinano o si allontanano sempre di più alla/dalla democrazia. Una questione di quantità in fieri. Un parallelo, per capirsi meglio: mio esame di Medicina Legale, Genova anni ’60. Prof. Aldo Franchini: “Ogni sostanza è un veleno: poi, dipende dalla quantità … di cianuro ne bastano milligrammi. Di torte al cioccolato ce ne vogliono ben di più”.

thPOOIO1FTA questo punto tuttavia se riflettiamo bene sorge un ulteriore problema: cos’è la democrazia? Sarebbe interessante e necessario intendersi, prima, durante e dopo la sua costruzione/ricerca. Un mio “amico di pensiero”, il Signor Luciano Canfora (1), nel suo bel saggio “La democrazia- Storia di un’ideologia” (Ed. Laterza, prima ed. 2008) ci sottopone riflessioni profonde e precedenti storici fondamentali. Già il sottotitolo titolo, tuttavia, è abbastanza preoccupante, perché una ideologia potrebbe essere definita come un’idea che non dialoga con le altre idee. Ed allora?

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Ma tant’è … i “proprietari della Verità” lo hanno suicidato …

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Allora aveva ragione quel tale Socrate che era convinto che il sapiente più sapiente di tutti i sapienti fosse quello che “sapeva di non sapere”. Ed allora concludo: io – ovviamente – la soluzione non ce l’ho, né per la crisi economica, né per il raggiungimento della piena democrazia, né per … etc.; diffido di tutti coloro che mi dicono di averla; concordo con tutti coloro che sono impegnati nella ricerca. E questo “essere cercatori” per me vale in ogni campo: morale, sociale, politico, religioso, della fede, economico, etc.

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Buona ricerca a tutte e a tutti!

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(1) Dello stesso autore: “Esportare la libertà – Il mito che ha fallito” – Mondadori, 2007.

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UTOPIA DI THOMAS MORE ALIAS TOMMASO MORO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Gennaio, 2016 @ 2:32 pm

Detto altrimenti: “IL MARGINE – Dieci anni di casa editrice, cinquecento  di Utopia” (Utopia,  qualcosa di non ancora raggiunto)             (post 2256)

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Il Margine al Caffè letterario Galilei

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A margine de Il Margine, società Editrice. A margine della traduzione di Utopia di Thomas More da parte della Prof senza puntino Maria Lia Guardini, una tre giorni di Utopia Trentina: una vera e propria orchestrazione di eventi. Direttore d’orchestra: Paolo Ghezzi. Venerdi 15 gennaio (ieri), sabato (oggi) e domenica (domani).

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Maria Lia Guardini

Non è facile tradurre in “blogghese” l’avvenimento. Partiamo dal libro di Tommy, come lo chiama Maria Lia. Trovate sunto, commenti etc. in internet. Ieri all’esposizione della Traduttrice era presente una mia inviata, mia moglie Maria Teresa. Per Lia, Tommy è un buon amico innanzi tutto per il suo latino non cattedratico, non solenne: “Cicerone fa venire la febbre, il latino di Tommy è magico ed oscilla fra serietà e sorriso. Ha una certa leggerezza ed è strumento di gioco ironico. … Il tono delle parole ti tradisce per quello che sei – dice Cesare Pavese – “per questo …  se Tommy parla così bene … è un buon amico”.

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WP_20160116_001 - Copia - CopiaAncora: “Tommy ha una grande passione per la cultura e civiltà greca: il testo trasuda greco da ogni pagina, non solo linguisticamente (“utopia”, ou-topos, non luogo). Inoltre, “nella letteratura greca, che è la più politica di tutte, vi è una serie di utopie, ad esempio la fuga dalla realtà negli uccelli di Aristofane, o anche nelle “Rane” dello stesso autore, come in molti autori successivi”. Terzo motivo di innamoramento: “Tommy è uno specchio inquietante anche del nostro presente (pag. 115) sui magistrati … un campo minato: ogni singola persona è ok ma i sistemi non funzionano: Sanità, Chiesa, Politica, Giustizia, etc”.Ed allora a me non resta altro da dire se non che “quel testo andrebbe adottato nelle scuole”. Già, perché nella vita guai a non avere “utopie” modelli ai quali ispirarsi, modelli che alimentano la voglia di vivere, di esserci, di pensare autonomamente. Non abbiate paura di leggere qual libro, in quella traduzione particolare: infatti se il latino di Tommy è stato quello semplice, attuale, della gente comune, lo stesso si può dire della traduzione che ha cercato di rispettare quella originalità e spontaneità. Dice … ma è un libro per pochi, per i filosofi … No, scialla raga, calma, ragazzi, non è così. Così come libri che sembrano per ragazzi (Pinocchio) invece sono per i grandi, così questo che sembra per (pochi) grandi in realtà è per tutti, a cominciare dai i giovani.

Per concludere, dell’Autore – poi fatto Santo, protettore degli uomini politici – Maria Lia afferma che se vivesse oggi “i politici … i politici li prenderebbe a calci nel sedere!” (almeno molti di loro: condivido. N.d.r.).

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“Prova … prova …”

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Una tre giorni, dicevo: io ho potuto assistere a gran parte della mattinata di oggi. Ve la racconto in breve. Innanzi tutto la mia “mania” di arrivare in anticipo mi ha dato l’occasione di aiutare l’amico Paolo Ghezzi nell’allestimento del “palcoscenico” all’interno del bar caffetteria letterario Galilei, a Trento. ed ecco in breve gli interventi ai quali ho assistito:

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Grazia Villa, avvocatessa in quel di Como. “Utopia” come raffronto fra il conciliabile e l’inconciliabile, fra il possibile e l’impossibile (ma almeno ci stiamo provando! N.d.r.), secondo concetti che “se fossero tradotti in note sarebbero un’opera di Mozart”. La vita come sintesi di elementi contrapposti, la cui sintesi rappresenta l’utopia quotidiana, ovvero l’obiettivo cui tendere, un divenire continuo: “Inventiamoci le utopie di oggi per comprendere gli ossimori che possono cambiar la storia”.

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IMG_3693 (2)Emanuele Curzel (rivista Il Margine) ci legge quattro articoli dalla rivista (avrebbe voluto che fossero sei, ma il tempo è tiranno, firmato Paolo Ghezzi) senza dirci né la paternità né la data di pubblicazione. I concetti: “Vivere “anche” la vita terrena? No, soprattutto la vita terrena. La retorica dell’esaltazione dell’alpinismo e della guerra alpina: da condannare (da ex istruttore sezionale di alpinismo: condivido). Le diverse “scale” del tempo, dello spazio, delle quantità travolgono l’antropocentrismo. Il discorso della vedova di mafia Rosaria Schifani e le parole del Papa hanno squarciato il velo della reticenza: la mafia come il nazismo: gli “eletti” (i mafiosi, i nazisti), razza superiore di irresponsabili; l’eliminazione della colpa individuale; la dissociazione della coscienza: uno si limita a comandare; l’altro solo ad eseguire.

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Marcello Farina, Don Marcello Farina, l’amico Marcello (così si capisce subito da che parte sto). Ci parla del suo libro, “La tenerezza accompagnatrice di Dio – Appunti per il Giubileo” (Ed. Il Margine). Libro che gli è stato “estorto” da due suoi amici (Silvano Zucal e Francesco Ghia) “raccoglitori di suoi brani e pensieri altrimenti sparsi”.  Tenerezza, parola nuova che vogliamo sostituita a “misericordia dopo processo e condanna”. Martin Lutero: “La misericordia vien prima della giustizia”. Con Papa Francesco stanno cambiando le parole e il loro tono: auguriamoci che Francesco abbia la forza di cambiare anche le cose.

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Marcello cita Benigni: “Il Papa ci sta portando verso il cristianesimo”. Verso, ecco, moto a luogo, oggi quasi utopico, un ou-topos, un non (ancora) luogo (n.d.r.), verso l’ “essere umani”, il cristianesimo dell’essere umani: il principale se non unico intento del Vangelo è il vivere della/sulla nostra terra, vivere bene la nostra “terrestrità”: il Cielo è un puro Dono di Dio. Una necessità: adeguare il linguaggio, la liturgia, le strutture della Chiesa. Platone non va più bene con il mondo dell’al di qua staccato dal mondo dell’al di là. Già qua dobbiamo vivere l’al di là. Non più una fede top down, ma una fede frutto della ricerca, dello sforzo di ognuno. Le parole calate dall’alto rischiano di rendere superflue le religioni. Marcello cita più volte Maria Zambrano e Dietrich Bonhoeffer. Marcello mi perdonerà la ruvidità intellettuale di questa sintesi di una chiesa-Utopia, “non ancora pienamente realizzata” (n.d.r.).

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Roberta Zalla: la Trento utopica non (ancora) realizzata, ma in fieri. Beni collettivi e pubblici. Beni Comuni. Il programma della Nuova Trento. Ma … forse più che (solo) un programma di governo (della città) è un modello ideale, un’utopia, un “quid” non (ancora) raggiunto ma al quale tendere. Ed è già molto, Roberta. Complimenti!

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L’organizzatore-conduttore della serie di manifestazioni, Paolo Ghezzi con il Sindaco di Trento Alessandro Andreatta.

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Silvano Zucal filosofo. Dobbiamo smettere di essere i “mortali” per diventare i “natali”. Non più individuati sul come si finisce ma sul come si nasce. E la nascita da donna dimostra l’insensatezza dell’individualismo. La filosofia della nascita è una filosofia di genere. Ma nascere una volta non basta: infatti occorre rinascere continuamente alla vita, che solo così non sarà incubo. E ogni volta rinasciamo – nudi – con la speranza che nutre ogni forma di utopia.

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Barbara Bertoldi e il suo violoncello. Momento musicale. Brani dal suo CD “Il bestiario”. Musicista classica, professoressa, cantautrice apparentemente “leggera” in realtà profondissima. Brava, anzi, bravissima!

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Il Bestiario, un CD di canzoni scritte, suonate a cantate da Barbara: di quelle che sembrano per i più piccoli ma sono (anche) per i più grandi: come Pinocchio! I testi dei vari pezzi poi … sono letteralmente musicali, nel senso che più che rispettare la metrica delle parole, seguono la metrica delle note. E la sua voce? Ha i toni maggiori e minori, i diesis … insomma: un CD da non perdere!

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La kermesse di cultura e umanità varia iniziata ieri prosegue domani. Ma io mi fermo qui: mi scuserà l’amico Paolo Ghezzi. Nel frattempo …

   … buone utopie a tutte e a tutti!

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2 Comments »

EH NO, CARA EUROPA, COSI’ NON VA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Gennaio, 2016 @ 7:54 am

Detto altrimenti: e come se non bastasse ci critichi?        (post 2255)

Questo è un post politico, lo confesso, ma da mezzo-sangue-linguaccia-toscana-da-parte- del-mi’-babbo proprio un ce la fo’ a starmene bono bono e zitto e ti scrivo:

Inizia

 

Mi raccomando: le impronte disgitali!

Mi raccomando: le impronte disgitali!

“Caro Signor Junker, la veda … il problema un l’è se la flessibilità l’ha inventate lei o Matteo … gli è un falso problema! Quello vero è che mentre la su’ Europa e sci lascia quasi dassoli a fronteggiare la marea de’ migranti, tutto quello che la su’ Europa saffare è rimproverare chi sta fascendo il lavoro per tutti e proporre un arroccamento dei magnifici sei (Italia e Grecia esculse, naturalmente!) in una nuova acropoli, della serie “non nel mi’ sgiardino”.

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Ogni tanto anche uno Junker  prende una facciata e  batte  il muso in terra!

O nini, ma o che tu disci? (E ti do del tu che mi viene meglio) … le impronte disgitali un le sapremmo prendere dannoi? Ma vieni te a vedere quello che noi si fa e un ci frastornare co’ ‘ste grullaggini! E siccome te tu mi ha’ provocato, e ti ricordo che quando qui da noi e si fasceva la cultura del mondo occidentale, i tu’ Galli e razzolavano in capanne di paglia! Ovvia, e mi sci hai tirato per i capelli e mi sci hai … Eppoi … oh te … con quel nome da cacciabombardiere tedesco  te tu ha’ da scercare di “volare” un pochinino più alto: te tu  vedrai che avrai quel che che ti manca: una onesta visione d’insieme, invece di perderti nelle tu’ tante strumentali percezioni sensoriali! Ovvia… facciamola poco lunga che ‘sta mattina un è serata …”

Finisce

E mi perdonino i Toscani Doc se il dialetto un l’è tanto presciso:  gli è tanto che manco dalla terra del mi’ babbo ….

Firmato: blogger Riccardo, europeista convinto, iscritto 40 anni fa al MFE-Movimento Federalista Europeo di Altiero Spinelli.

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WILLIAM SHAKESPEARE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Gennaio, 2016 @ 6:50 am

Detto altrimenti: “Sir” William Shakespeare!                             (pre-post 2254)

 

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“Pre-post”? Che mi viene a significare, direbbe il commissario Montalbano … Mi viene a significare che il 23 aprile prossimo sono 400 anni dalla morte del grande poeta e drammaturgo inglese e il vostro blogger, insieme a ben altra mente (vedrete, vedrete!) si sta preparando per celebrare l’avvenimento. Nel frattempo se voi, gentili lettrici e amici lettori, avete da segnalare il “vostro” Shakespeare – ricordi di scuola o altro, brani, passaggi ai quali tenete particolarmente – segnalateli all’indirizzo riccardo.lucatti@hotmail.it.

Grazie e … Buon Shakespeare a tutte e a tutti!

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RACCOLTA DIFFERENZIATA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Gennaio, 2016 @ 6:49 am

Detto altrimenti: o che invece non sia “differenziante”?    (post 2253)

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Dopo due post molto lunghi e densi di cultura eccone uno breve e se volete anche un po’ banale, scontato, ma però (“ma però”, rafforzativo!) quando vedo una cosuccia del genere, benedico i telefonini per le foto che ti consentono di fare. Eccheddiamine! Macchessifacosì? (La lingua parlata evolve quella scritta). Raccolta “differenziante” – dicevo – nel senso che differenzia chi la fa in questo modo in quanto lo rende diverso dalle altre persone. Quelle civili.

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STEFANIA NEONATO: MUSICA A ROVERETO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Gennaio, 2016 @ 6:32 pm

Detto altrimenti: la musica emoziona sempre, ma questa volta ….              (post 2252)

 

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… e in molti anche sul blog!

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Nella sala della Filarmonica di Rovereto  ieri sera in sala eravamo in molti da Trento per ascoltare Stefania: colleghi dell’Accademia delle Muse, altri (ciclisti) della Fiab … in molti che sono diventati, per una sera, “Roveretani nella Musica” insieme ai tanti Roveretani doc che riempivano la sala.

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Stefania – figlia d’arte, il papà era pianista – si è diplomata in pianoforte al Conservatorio Bonporti di Trento, e poi … poi, quanta strada ha fatto! Oggi Stefania è docente alla Musikhochschule di Stoccarda, famosissima Scuola Superiore Musicale. E questa è una (purtroppo non rara) particolarità, quella di essere un “cervello italiano fuggito” ovvero “migrato” verso lidi stranieri. Ma questa è un’altra storia. Figlia d’arte, dicevo, anche per via materna: anche mamma Mirma suona strumenti. Non musicali bensì “cartacei”: i libri. Infatti io sono collega dell’amica blogger Mirna, che potete leggere a apprezzare nel suo blog “Tra un libro e l’altro” già “Un libro al giorno” http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/. I libri, strumenti particolari con i quali Mirna suscita in chi la segue altrettante emozioni. Ma anche questa è un’altra storia.

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Ed allora veniamo – finalmente direte voi! – a Stefania. Stefania è una bella giovane signora, una profonda musicologa, una collezionista di pianoforti antichi (i fortepiani), una interprete – fra l’altro –  di musiche del settecento e dell’ottocento su pianoforti d’epoca, i fortepiani appunto.

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I fortepiani. Io un poco li conosco perché Stefania il 1 febbraio 2012 (v. il mio post http://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?p=1599) ha accettato di venire a tenere una lectio magistralis su tali strumenti al Conservatorio Bonporti in Riva del Garda, su invito del compianto Ruggero Polito, allora Presidente della locale Associazione Amici della Musica. Fortepiani, già illustrati dal “tecnico di fortepiani” Marco Barletta (post 26 gennaio dello stesso annohttp://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?s=marco+barletta ).

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Stefania. Un’amica carissima. Appena posso la catturo e la ospito nei miei post: non me ne faccio mancare una di occasioni! E questa volta, come dicevo, a Rovereto, ad eseguire brani del roveretano Giacomo Gotifredo Ferrari e di tale Ludwig Van Beethoven.

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Stefania suona, poi parla. I concerti ai quali assistiamo sono due: uno di note ed uno di parole. Parole come note musicali, parole che colpiscono, anzi accarezzano i nostri sentimenti: così è accaduto in particolar modo quando Stefania ha introdotto l’ “adagio sostenuto” della Sonata op, 27/2 in do min “Quasi una Fantasia” di Beethoven, alias “Al chiaro di luna”.

Amici, senza nulla togliere alle altre sue esecuzioni e all’altro autore, lasciate che un musicofilo non musicologo par mio si limiti a questa citazione. Ascoltavo Stefania a occhi chiusi e vedevo il “mondo di Beethoven” attento a godere di quella musica eseguita su quello strumento, l’unico disponibile all’epoca. Le note più “corte”, la diversa funzione del pedale (nel fortepiano non ancora tale), una scrittura ed una esecuzione che ereditano dal passato, vivono il presente e si proiettano nel futuro (musicale). E ci fanno sognare.

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Infatti la Musica (la maiuscola non è utilizzata a caso) è “anima”, ovvero una entità piena di sentimenti, passioni e emozioni, sentimenti ed emozioni che poi suscita e regala a chi la ascolta. La Musica, una entità complicatissima e splendida per chi voglia anche solo ascoltarla anche senza (purtroppo come me!) averla “studiata”. Per me è poi anche una vera e propria “lingua” a fianco dell’italiano, del tedesco etc. Tuttavia una lingua universale, assai più diffusa, parlata e comprensibile da parte di chiunque di qualsiasi altra. Basta dedicarle attenzione e tempo, atteggiamenti che presto si tramutano in amore. E Stefania è un’ottima “insegnante di lingue”! Grazie, Stefania!

Un avviso: le “Note al programma” che trovate qui di seguito sono il secondo concerto al quale accennavo! Imperdibile al pari del primo!

Firmato: il vostro blogger Riccardo

Programma di sala

 Giacomo Gotifredo Ferrari (1763-1842)

Caprice Op. 8 do minore (180?)

Sonata Op. 10/1 Do maggiore (1795)

  • Allegro spiritoso
  • Andantino con espressione
  • Scherzando

Ludwig van Beethoven (1770-1827)

Sonata “Quasi una Fantasia” Op. 27/2 do# minore (1801)

  • Adagio sostenuto
  • Allegretto
  • Presto agitato

Ludwig van Beethoven

Sonata Op. 2/3 Do maggiore (1795)

  • Allegro con brio
  • Adagio
  • Scherzo: Allegro
  • Allegro assai

Bis: W. A. Mozart, Fantasia in re minore.

NOTE A PROGRAMMA 

“Ferrari, Beethoven e l’Europa pianistica fra Settecento e Ottocento”

Per chi non conoscesse l’opera pianistica di Giacomo Gotifredo Ferrari (Rovereto 1763 – Londra 1842), l’ascolto dei suoi brani potrebbe creare una certa confusione. Stilisticamente infatti, essi presentano una sintesi delle correnti estetiche circolanti in Europa – quella continentale e l’Inghilterra – fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.

concerto rovereto 16 012La passione del musicista roveretano per W. A. Mozart e per un classicismo formale non ancora peraltro completamente declinato, ma comunque quasi interamente a-problematico, si colora del particolare gusto melodico dello stile galante e operistico mediterraneo e soprattutto si anima delle novità più squisitamente tecniche del repertorio pianistico. Accanto alla sua cospicua produzione operistica, Ferrari coltiva assiduamente la composizione di Sonate per cembalo o pianoforte (con altri strumenti ad libitum o obbligati) e di altri generi piuttosto comuni e diffusi fra i musicisti dilettanti della nobiltà terriera e dell’alta borghesia commerciale.

Nel 1801 Muzio Clementi pubblica il suo Metodo pel pianoforte e, proprio a cavallo dei due secoli arriva – forse per primo – a coniare un nuovo linguaggio pianistico, un idioma nettamente più “muscolare” e istrionico dello stile tardo-barocco e del primo Classicismo per tastiera, uno stile che Beethoven accoglierà preparando il terreno ai primi virtuosi dell’era romantica.

Pur esaltando Mozart e criticando lo stile pieno di prolissità e stravaganze di Beethoven, Ferrari accoglie nei suoi brani pianistici – soprattutto nelle Sonate per pianoforte solo – il primo idioma clementino che aggiungeva a un impianto classico elementi spiccatamente virtuosistici (anche spesso desunti dalla letteratura clavicembalistica italiana) come scale, arpeggi, ottave, terze e tutto ciò che poteva rendere l’esecuzione pianistica estroversa e avventurosa.

Questi aspetti risaltano indubbiamente nelle Sonate Op. 10 dedicate a M.me Pauline de Meternich, pubblicate a Londra attorno al 1795 ma possibilmente più tarde.

concerto rovereto 16 014Il Capriccio Op. 8 – che mostra numero d’opera incerto (Op. 7 nel RISM) e anno di composizione non pervenuto – pur esibendo la doppia destinazione pour le clavecin ou le pianoforte sembra alludere alla potenza e varietà dinamiche del pianoforte. L’introduzione a carattere grave e con note lunghe necessita indubbiamente del sostegno sonoro dello strumento a corde percosse mentre la parte seguente, più libera e “a capriccio” richiede la ricchezza dell’effetto del pedale di risonanza per rendere al meglio i cambi di colore armonico. Il finale sospeso sulla dominante Sol rientra nello stile usuale di brani “a fantasia” o “a capriccio,” spesso semplicemente “canovacci improvvisativi” da usare come introduzione a brani maggiormente strutturati. In questo caso si farà seguire a questo Capriccio introduttivo la Sonata in Do maggiore Op. 10/1, in modo da creare un effetto di “preludio” a una Sonata.

Il brano in questione rappresenta lo stile pianistico maturo di Ferrari, impensabile senza la familiarità con lo stile inglese e con i compositori Haydn e Clementi, attivi a Londra in quegli anni. La pienezza degli accordi e degli accompagnamenti – con veri e propri effetti orchestrali – risponde all’evoluzione dello strumento e soprattutto alla diversa concezione costruttiva della scuola inglese: suono pieno, più lungo e meno “penetrante” del suono dei pianoforti viennesi; più cantabile e potente, adatto ai sempre più diffusi e ampi spazi dei concerti pubblici.

Il cantabile ispirato a Clementi si dispiega nell’Andantino con espressione, dove le pause e la gestione drammatica dei diversi caratteri musicali danno l’idea di una vera e propria “scena teatrale,” come nelle Sonate mature del compositore romano, naturalizzato inglese. Il Rondo finale Scherzando riporta a una certa leggera brillantezza le vette espressive toccate nei primi due movimenti.

In dialogo con la Sonata Op. 10/1 di Ferrari, la Sonata in Do maggiore Op. 2/3 presenta uno stile spiccatamente virtuosistico, a testimonianza della necessità di Beethoven di affermarsi nei suoi primi anni a Vienna come pianista prima ancora che come compositore. Ispirata chiaramente allo stile “atletico” di Clementi, questo brano, con le altre due Sonate della stessa opera, è dedicato a Joseph Haydn, modello indiscusso per la struttura formale e per il gesto retorico classico. I primi tre movimenti della Sonata presentano contrasti spiccati, come se nel primo stile di Beethoven fossero già presenti in sintesi tutti gli elementi di sviluppo verso l’estetica pianistica più tarda. Nell’Allegro con brio forti contrasti si susseguono fra il primo tema maggiore, agile e staccato e il secondo tema minore, cantabile e legato, e ancora fra il primo tema e il vicino ponte modulante, a ottave spezzate e a carattere orchestrale. In generale, il contrasto fra zone più sobrie e “asciutte” e quelle più ricche di sonorità o comunque più piene e cantabili è una cifra ricorrente nell’Allegro iniziale, nell’Adagio, fra tema maggiore e sezione in minore, fra lo Scherzo e il Trio. Questa tensione fra scritture diverse – da un lato quella retorica più articolata di matrice haydniana e dall’altro quella densa e orchestrale inaugurata da Clementi e dalla scuola inglese – e in un’epoca in cui Beethoven ancora non specificava un particolare uso degli smorzatori suggerisce all’interprete “storicamente informato” un uso mirato ma ampio del pedale di risonanza, come un vero e proprio “registro” a effetto (su questo strumento ancora come leva “a ginocchio”).

L’uso prolungato della risonanza dello strumento sembra ormai irrinunciabile anche per il primo tempo della “Sonata Quasi una Fantasia”, altrimenti nota come “Chiaro di luna”. In questo spettrale Adagio a terzine, apparentemente ispirato all’Andante della morte del Commendatore dal Don Giovanni mozartiano e forse a sua volta modello per il Capriccio di Ferrari, la melodia emerge più come effetto che come frase compiuta. Beethoven raccomanda Sempre pianissimo e senza sordino, dove sordino sta per smorzatori e l’indicazione sempre pianissimo suggerisce probabilmente l’uso del registro di moderatore, un panno di lana che, frapposto fra le corde e i martelli crea una sonorità molto attutita, quasi immateriale. In questa sede, con una sala non troppo grande e uno strumento adatto, è forte la tentazione di interpretare questa indicazione come il consiglio di mantenere la barra degli smorzatori sollevata per tutta la durata dell’Adagio, espediente che aiuta a cogliere la novità del mondo sonoro ed estetico di Beethoven e l’unicità di questo brano.

concerto rovereto 16 016Il carattere “di fantasia” di questa Sonata si concentra indubbiamente nell’originale Adagio, quasi un’introduzione ai successivi Allegretto e Presto agitato, da eseguirsi senza interruzioni. Beethoven sperimenta qui con il genere e il contenuto nella direzione di una forma nuova che, dalla tradizionale struttura di sonata in tre o quattro tempi, sembra voglia arrivare a un discorso più flessibile e continuo. L’elemento improvvisativo, sempre caratterizzante lo stile pianistico beethoveniano – si noti ad esempio la cadenza scritta nell’Allegro con brio della Sonata Op. 2/3 – e tuttavia ancora inglobato in una forma netta, diventerà la norma nelle sonate a partire dal 1800, arrivando a coniare lo stile di “sonata-fantasia” dell’ultima stagione del compositore di Bonn.

Lo strumento utilizzato per questo concerto è la copia di un pianoforte di scuola viennese firmato da Anton Walter del 1804 e realizzata da Paul McNulty nel 2008. L’estensione della tastiera è di cinque ottave e mezza e sono presenti tre registri “a ginocchiera”: smorzatori, moderatore e una corda.

 Firmato: Stefania Neonato

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