UN IMMIGRATO EXTRACOMUNITARIO CHE SI E’ FATTO ONORE …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Novembre, 2015 @ 2:16 pm

Detto altrimenti: … anche in campo letterario  (post 2180).

Tale Apuleio nasce berbero a Madaura, nella provincia romana della Numidia (nord Africa), intorno al 125 d.C.,  da una ricca sua famiglia. Ereditata una fortuna, studia a Cartagine, Atene e Roma, apprende il greco ed il latino. A Roma è iniziato al culto di Osiride e Iside, intraprende con successo la carriera dell’avvocato e approfondisce la sua cultura filosofica e religiosa.

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Il protagonista Lucio trasformato in un asino

Con la Prof (“Prof” senza puntino!) Maria Lia Guardini oggi abbiamo parlato del romanzo “Metamorfosi” di Apuleio, anche in raffronto al Satyricon di Petronio (v. alcuni post fa). Prima domanda ricorrente: perchè l’Autore (di turno) ha scritto questa o quell’opera? Chi ne erano i destinatari? In Petronio si pensa che volesse condannare (o condividere?) i costumi dissoluti della corte di Nerone. Nel Satyricon prevale infatti una ragione sociologica. Qui no. Qui, nelle Metamorfosi, al di là e al di sopra dell’aspetto superficiale (quello che appare ad una prima lettura disattenta), prevale la finalità religiosa.

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th1YXTUR3IInfatti già nella ”novella dentro la novella” e cioè nella favola di Amore e Psiche (psiche = anima), la trasformazione di Psiche in dea anticipa la conversione (trasformazione, metamorfosi) alla fine del romanzo del protagonista Lucio – già trasformato in asino – da asino in persona umana e quindi in sacerdote di Iside. Nel  frattempo ne succedono di tutti i colori: infatti già all’inizio del primo libro Apuleio avverte il lettore: guarda che ti divertirai. E infatti il lettore si diverte quanto meno nel cercare di immaginare le scene che sfilano sotto i suoi occhi, con un processo mentale che Italo Calvino definiva “cinematografia mentale”.

Lo stesso Autore ci avverte: la lingua utilizzata è il latino della periferia, dei non-latini (come potrebbe essere l’italiano parlato oggi dagli Istriani, n.d.r.).

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Il tema principale dell’opera è il “viaggio”, tema  ricorrente nella letteratura di tutti i tempi, da Omero a Dante a Goethe. Tema che troviamo anche in Petronio (anche se non si comprende bene dove si voglia andare a parare). E anche in Apuleio, nella cui opera però  il viaggio è un chiaro tendere alla conquista della religiosità.

La novella, anzi, le novelle nella Novella. Ve ne sono più d’una, un po’ come – ad esempio – nel Manzoni (quella della monaca di Monza; dell’Innominato; di Renzo senza Lucia e viceversa; etc.). Tuttavia i “quadri manzoniani” sono molto slegati fra di loro, mentre in Apuleio essi sono reciprocamente intersecanti.

Lo humor non manca: Giove che commina una multa in denaro agli Dei che non partecipano alle riunioni (imparino i nostri Parlamentari!); i briganti che si informano sule retribuzioni degli alti burocrati prima di decidere chi rapinare (stipendi e pensioni d’oro!); Giove che si dimostra laureato in giurisprudenza volendo per Cupido nozze “secondo il diritto civile”; etc.

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th[3]Troviamo poi la curiosità umana che da vizio diventa strumento del sapere; l’inopportuna apertura di una fiala che riconduce all’otre dei venti aperto dai compagni di Ulisse; una dantesca discesa agli inferi; paesaggi idilliaci e paesaggi salgariani; descrizione di interni; brani da “50 sfumature di grigio”; una molto compiacente e generosa giovane domestica dal nome promettente: Fotide (!); come perdere la verginità e dare la colpa ad un dio; l’episodio della giara che ci riporta a Pirandello; e poi, la giara? Permane il  dubbio che Boccaccio si sia ispirato ad Apuleio: in Apuleio l’amante di gode la moglie altrui affacciata verso l’interno della gara entro la quale sta lavorando il marito; nel Boccaccio, la donna è affacciata alla finestra e saluta il proprio marito per strada, mentre all’interno della casa, da dietro, l’amante …); la descrizione di un giovane (il modello della pubblicità maschile dell’epoca?) “di altezza proporzionata, robusta snellezza, incarnato discreto, capelli biondi e sciolti, occhi celesti ma vivi e splendenti come quelli di un’aquila, portamento nobile ma senza affezione” (può bastare?).

Insomma, un bel romanzo avvincente, assai gradevole da leggere anche solo superficialmente.

Prossimi appuntamenti del Gruppo di Lettura “I classici” sotto la guida della Prof (Prof senza il puntino!) Maria Lia Guardini: 1 dicembre 2015 (per terminare le Metamorfosi, 12 gennaio 2016. Ma che faremo il 12 gennaio? Emma propone una “antologia” di temi. La Prof i proemi. Io “Le vite paralelle” di Plutarco. Vedremo.

Maria Lia Guardini, Gruppo di Lettura dei classici, Biblioteca Comunale di Trento, primo piano, sala a fianco della Sala degli Affreschi, ore 10,00 – Entrata libera. Non mancate!

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PIETAS E PIETA’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Novembre, 2015 @ 7:28 am

Detto altrimenti: sono due “cose” ben diverse!                                 (post 2179)

Da molte persone, anche istruite, sento oggi parlare della pìetas che sarebbe dovuta nei riguardi delle vittime delle stragi di Parigi. Pìetas, termine erroneamente usato nel senso della nostra “pietà”.

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Enea  porta in salvo il padre Anchise dall’incendio di Troia

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E invece no. La pìetas latina NON era e NON è la nostra “pietà”. Infatti presso gli antichi Romani la pìetas esprimeva l’insieme dei doveri che l’uomo ha sia verso gli uomini in genere e verso i propri genitori in particolare, sia verso gli dei e che in questo caso s’identifica con la religione. Esempio di questo doppio significato di pietas lo porge Enea, il quale, mentre compie verso il padre i doveri di figlio, compie anche scrupolosamente i doveri che la sua religione gl’impone. Oggi noi abbiamo – per chi crede –  “onora il padre e la madre”

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E oggi, la nostra “pietà”? E’ cosa diversa: è il sentimento di affettuoso dolore, di commossa e intensa partecipazione e di solidarietà che si prova nei confronti di chi soffre.

Quindi, pìetas è un insieme di doveri. Pietà è partecipazione al dolore altrui. Due “cose” ben diverse, dicevo. E quindi, per favore (quaeso, di grazia!) non usiamo il termine pìetas al posto del termine  pietà, anche se più fine …!

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LA MIA BICI DA CORSA: 31 ANNI PORTATI BENISSIMO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Novembre, 2015 @ 5:43 pm

Detto altrimenti:  il primo amore non si scorda mai    (post 2178)

 

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“Ieri”, trentun anni fa …

Per costruirla, Mario Camilotto (Milano) mi aveva preso le misure, come facevano i sarti d’una volta. Era bianca con rifiniture in azzurro; i palmer (i copertoni, per i non ciclisti) a fascia bianca; i cavi dei freni alti a disegnare due eleganti volute sopra il manubrio, i pedali assicurati con cinghiette di cuoio. Abitavo a Monza, il week end a pedalare in Brianza Un’uscita tipo:. la salita di Onno, Monte S. Primo, Bellagio, il Ghisallo, la dioscesa di Onno. In estate in Piemonte e in Francia, tutti i colli erano miei: Sestriere, Monginevro, Lautaret, Galibier, Telegraf, Moncenisio, Izoard, etc..  Evviva la giovinezza!

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All’ “epoca” (è il caso di usare questo termine!) Lei era al top della gamma, addirittura  fotografata sulla copertina della rivista “Bicicletta”!

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Sul “Manghen”

Arrivato in Trentino ho cominciato con il Bondone per “finire” con il Passo del Manghen. Poi è arrivata “l’altra”, una barca a vela a Riva del Garda, e la mia bici è rimasta inoperosa per 20 anni! Ma si può tradire così il primo amore? Ecco, da cinque anni mi sono ravveduto e sono tornato all’ovile: l’ho ripresa con me, l’ho pulita e oliata. Io  le ho cambiato i pedali, i cavi dei freni, i rapporti al pedale; l’aria del Trentino le ha cambiato i colori (!),  e via di nuovo con il vento! Solo che mi ritrovo con una bici d’epoca! I colleghi ciclisti me la guardano, dalla bici deducono la mia età, qualcuno chiede: “Quanti anni ha?” “Io, settantuno! “No, la bici!” Sulla scia dei ricordi mi sono lanciato – era il 2011 – sulla salita del Bondone (da Garniga). All’attacco una signora si volta e mi incoraggia: “Salo, ghe n’ha  da pedalar lu!”. E brava … Arrivato a Garniga Terme, sosta per un succo di frutta. Il più è fatto, mi son detto, e invece … il più era ancora da fare! In totale 22 km! Una fatica boia: sarà l’età, la mancanza di allenamento e/o la mia (in allora solo incipiente) bronchitina cronica … fate voi! Il mio medico mi ha detto: “Ora che sei in pensione, ecchè … vuoi fare un regalo all’Inps? Basta con le salitacce!”

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nov. 2015

Oggi, trentun anni dopo …

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E difatti basta. Il che non toglie che in pianura e sulle salitelle ancora me la cavi, soprattutto se non sono ciapà via mal con la bronchite. Oggi, per esempio, mi sentivo benissimo: sono andato a Rovereto (a/r 50 km) con l’amico Fausto. Giornata splendida, temperatura ideale, senza vento. Pedalavamo in scioltezza, 80-90 pedalate al minuto per 28 kmh. Al ritorno una piccola piacevole avventura: ci sorpassa un “trenino” di ciclisti un poco più veloci di noi. Ci accodiamo sfruttando la loro scia. Arrivati al traverso di Mattarello, un rettilineo: non ce l’ho fatta, sono uscito dalla scia e con uno scatto li ho sorpresi, distanziandoli. Poi, dal momento che non avrei potuto mantenere a lungo quell’andatura, quando sono arrivato al bivio che conduce al sottopasso, io ho tirato diritto, fermandomi poi alla fontanella. Loro hanno deviato a destra (come contavo che avrebbero fatto!) e così il confronto si è interrotto! Buona la scusa, non vi pare? E Fausto, con i suoi 9000 (novemila) km pedalati quest’anno? Paziente e cortese, alla mia stessa velocità pur essendo agevolmente in grado di andare ben più veloce di tutti noi, nonostante montasse una mtb lui, e noi bici da corsa!

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Goood mooooorning, bikers! Joint us, unitevi a noi, iscrivetevi alla FIAB!

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JE SUIS PARISIEN!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Novembre, 2015 @ 10:34 pm

Detto altrimenti: Padam, Padam …     (post 2177)

Parigi … Padam, come la chiamano i Parigini, la Madame, la Signora. Ci sono stato molte volte. Per  lavoro. E avevo potuto viverla poco. Poi, la pensione, una vacanza, ed ecco, finalmente l’ho vissuta: Padam!

In fondo, l'Arco di trionfo

Ho fotografato l’arco di trionfo. Da molto lontano …

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Lo so, l’ho sempre detto, che Roma ha mille monumenti e opera d’arte di più, ma Parigi ha il fascino della Libertà. A Parigi ti senti libero. Di muoverti. A Roma no. A Parigi, la metropolitana ti porta velocemente ovunque, per cui tu la percorri liberamente, senza alcuna guida, vai dove ti porta il sentimento (ecco la libertà!): tanto sei sicuro che ti basterà scendere gli scalini di una stazione del metrò e arriverai facilmente a casa, all’albergo, o dove tu comunque avrai deciso.  Banale, direte voi. Lo so. Ma questa è la prima sensazione palpabile, di libertà.

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La libertà, innanzi tutto di vivere: quella violata dai criminali. Ma … questa volta  i criminali “ne passeront pàs!”

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Aderendo ad un invito internazionale, questo mio lumino, accesso tutta la notte …

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Parigi brucia? No, ieri Hitler non ce l’ha fatta. Oggi invece Parigi esplode. Delle stragi dei nuovi criminali.  Ich bin Berliner, aveva detto Kennedy a Berlino per denunciare il famigerato muro della vergogna. Je suis Parisien! Deve dire ognuno di noi, per essere vicino alle Vittime parigine, a tutti i Parigini, a tutti i Francesi, a tutta l’Umanità sfregiata da questi assassini. Insieme, per abbattere un  nuovo muro della vergogna, quello del fanatismo criminale.

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EDIZIONE STRAORDINARIA: UN ULTERIORE DANNO DEL TERRORISMO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Novembre, 2015 @ 2:01 pm

Detto altrimenti: il day after le stragi di Parigi         (post 2176)

Oltre l’orrore e lo stazio delle tremende stragi, il terrorismo ci procura un ulteriore gravissimo danno: infatti potrebbe condurre gli Stati  verso una politica di chiusura su se stessi, in posizione – di fatto – anti Stati Uniti d’Europa.

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Cos’altro aspettiamo? Mettiamole le strisce!

Infatti, come rispondere al terrorismo? C’è chi dice: “Qui ci vogliono le maniere forti!” “E’ ora di finiamola” “Facciamogli vedere di cosa siamo capaci noi!” “Chiudiamo le frontiere” … Sit sane verum, sarà pur vero che ormai molti sono condotti a queste (sole) conclusioni muscolari. Tuttavia, oltre che a rispondere militarmente attraverso la NATO, occorre porsi anche (anche) un altro problema di politica estera: dove ci potrebbe condurre una reazione che non fosse inquadrata in una politica europea? Alla chiusura di ogni stato su se stesso, alla non-Europa: ed ecco un ulteriore gravissimo danno per tutti noi causato dal terrorismo internazionale. E invece no. La nostra reazione deve essere l’accelerazione del processo di unificazione politica dell’UE negli USE-United States of Europe, o se preferiamo, EUE-Etats Unis d’Europe. Nel frattempo … Italia, attenta: le frontiere “interne” europee sono ben più facili da chiudere da parte dei tuoi colleghi Stati Europei di quanto non lo sia la tua, quella sul mare, quelle sulla quale approdano i profughi. E allora attenta Italia! La politica europea  non può arrivare ad ignorare questo aspetto: infatti potresti subordinare la tua partecipazione militare alla partecipazione dell’UE al problema ed ai costi dell’immigrazione sulle nostre coste.

Ma non basta indirizzare correttamente la politica estera. Infatti occorre non squilibrare la politica interna di ogni paese. La politica interna, fatta di equilibri fra centro, destra, sinistra, non può cedere al “purchè torni la sicurezza e l’ordine” di tristissima memoria: infatti non vi è alcuna ragione per sacrificare, sull’altare della emergenza terrorismo, la democrazia europea.

Un’ulteriore considerazione: la religione dell’Islam sconfessi pubblicamente e fermamente chi uccide al grido di  “Allah akbar”, Allah è grande.

Infine … e Papa Francesco? Che dire … un Papa chiropratico, ovvero un Medico che prima di prescrivere medicine a cura dei mali, cerca di indicare i comportamenti per prevenire l’insorgere della malattia. Con il massimo rispetto, ammirazione, stima, devozione e gratitudine  per la sua Persona, s’intende!

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FOTOPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Novembre, 2015 @ 7:56 am

Detto altrimenti : questa mattina hanno tagliato il lenzuolo del cielo  …      (post 2175)

 

 

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Se avessi sottomano una bussola, potrei dirvi verso quale meta sta volando quell’areoplano che, con un taglio un po’ sfilacciato,  all’alba ha diviso  in due parti il lenzuolo azzurrognolo del cielo che copriva la Notte di Trento,  lasciando intravedere la Grande Luce dell’Universo che sta aldilà  …

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FINANZA DISPONIBILE … RESIDUA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Novembre, 2015 @ 3:15 pm

Detto altrimenti: … oltre quella già “impegnata”                       (post 2174)

Per governare occorrono risorse finanziarie. I bilanci delle “nostre” due Provincie Autonome sono ricchi, ma la maggior parte delle risorse sono “impegnate, bloccate” con impegni di spesa pluriennali. La parte disponibile per l’azione del governo di turno è quindi molto contenuta.

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Quanti F24 ci vogliono per comperare un F 35?

A livello statale ricordo, a titolo d’esempio, le rilevanti somme annuali stanziate qualche dicembre fa da un Parlamento bi-partizan e garantite per dieci anni alla Difesa per  l’acquisto dei cacciabombardieri F35, somme disponibili a quello scopo “a prescindere” da successive, eventualmente più impellenti esigenze. E’ di ieri la dichiarazione degli stanziamenti pluriennali per il nuovo centro di ricerca dì di eccellenza nell’area dell’Expo. Localmente, qui da noi, il discorso vale per somme stanziate a favore dell’Università (e ci mancherebbe altro!) con analoga garanzia pluriennale.

Ora …è pur vero che i progetti di lungo termine richiedo certezze finanziarie di lungo termine, ma sull’altro fronte, quello della esigenza di una maggiore flessibilità finanziaria, stanno le mutazioni epocali dell’economia e della finanza mondiale, le quali hanno influenza anche sulla nostra micro-realtà. Pertanto, non sarebbe condivisibile attribuire un primato all’una o all’altra delle due esigenze sopra adombrate, bensì occorre porsi il problema dell’equilibrio delle due opposte necessità.

L’Italia, gli Italiani … una grande famiglia. Ecco, tanto per capirsi, prendiamo una famiglia composta da padre, madre e tre figli’ con un unico reddito abbastanza contenuto. Il capofamiglia decide: “Per dieci anni gli  8/10 del mio stipendio sono impegnati per fare laureare e specializzare il primogenito. Se gli altri miei due figli nel frattempo saranno disoccupati, vedano di farsi bastare la somma che resta disponibile”. Vi parrebbe giusto tutto ciò?

Lo stesso ragionamento di può fare per le “gestioni separate INPS” tipo quella dei telefonici. Si tratta anche in questo caso di somme bloccate, e gli altri … evvabbè, mica posso pensare a tutto io, un semplice blogger, diamine!

 

 

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ACHTUNG ! BAN …KEN

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Novembre, 2015 @ 7:47 am

Detto altrimenti: le banche annunciano pesanti licenziamenti 

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thNV1P9C3PFare banca. Raccogliere risparmio e redistribuirlo sotto forma di prestiti a famiglie e imprese. Questa la mission istituzionale. Solo che non sempre si sono comportate così, sin dai tempi dello scandalo della Banca Romana, per arrivare ai “giorni nostri” (Sindona, IOR, Montepaschi, etc.). Ma al di là del malaffare vi sono state anche “semplici” deviazioni istituzionali, nel senso che la banca si è messa a “fare finanza”, ovvero a lucrare nel breve termine con investimenti in titoli che poi si sono rivelati dannosi nel medio lungo termine.

Nel frattempo, a fronte degli ottimi risultati a breve, il top management si è pagato stipendi e buonuscite miliardarie che non ha certo restituito quando sono sopravvenute le perdite.

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Anni ’70, io mi ricordo … io non me ne dimentico …

La banca prospera se l’economia prospera e viceversa, tranne in un caso. Seconda metà degli anni ’70: stretta creditizia e valutaria feroce, tassi alle stelle, economia in forte crisi (solo per dirvene una: gli importatori erano obbligati a versare in un conto corrente infruttifero presso la Banca d’Italia un importo vincolato per sei mesi pari alla metà delle somme pagate all’estero per le loro importazioni!!). Ebbene, mai come in quella fase le banche chiusero i bilanci in fortissimo utile, “grazie” – si fa per dire – alla forbice fra tassi passivi (interessi pagati dalle banche alla clientela depositante) e tassi attivi (interessi incassati a carico dei soggetti finanziati), forbice anche di 10 (dieci) punti percentuali!

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Oggi. Globalizzazione, crisi, computer. Già, ci si sono messi anche i computer … Nel nel libroo) “Così parlò bellavista”, a Luciano de Crescenzo che tutto orgoglioso annunciava alla madre che stava cercando di vendere computer al Comune, la donna rispondeva: “Lavori nei compiutèr? T’avissi a far male! E poi, venderli al Comune? Ma qua’ Comune? Quello il Comune non se li accatta i computèr che fanno mille operazioni in un secondo! Quello il Comune assume mille persone e gli fa fare una operazione a testa …”

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th7FPA2HUPL’uomo ha vinto la complessità: ha inventato i computer. Il computer ora sta sconfiggendo l’uomo o quanto meno lo induce ad una riconversione che nel medio termine potrà anche essere virtuosa, ma che nel breve termine …  guai a chi ci si trova nel mezzo! Già, ma chi sono quelli ce si trovano in mezzo al guado ora che sta arrivando l’ondata di piena della crisi? I dipendenti bancari licenziati e tutti i contribuenti che pagano le tasse allo Stato che versa soldi all’UE che sovvenzione le banche per impedire che falliscano, della serie too big to fail, troppo grandi, troppo importanti perché siano lasciate fallire.

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P.S.: grazie alla segnalazione del lettore Gianluigi (v. il relativo commento), integro il mio post: il governatore VISCO ha segnalato una grave “mancanza di segnalazione” ovvero che due anni fa l’UE ha deliberato il BAIL IN ovvero che in caso di possibile fallimento di una banca, a concorrere al suo salvataggio saranno innanzi tutto gli stessi clienti. Ciò, per evitare di coinvolgere indiscriminatamente tutti i contribuenti. Ma nessuno ci aveva detto nulla! Leggete qui sotto:

LE METAMORFOSI (no, non quelle di Apuleio, bensì quelle della UE!)

Il deficit di patrimonio di una banca (diminuito a seguito di perdite)  rispetto a quello necessario perché la banca possa continuare ad operare (la cosiddetta soglia minima di patrimonio) viene ripianato non dall’ esterno della banca, ma innanzi tutto presso gli stessi clienti, che vedono i loro crediti trasformati in capitale sociale (secondo una sequenza prestabilita, e con esclusione dei depositanti garantiti e pochi altri creditori), fino al livello necessario a ristabilire detta soglia minima. Insomma, in una certa misura, alcuni depositanti vengono trasformati da creditori in azionisti. Per effetto di questa metamorfosi, i “vecchi” azionisti della banca vedono diminuire in percentuale le loro partecipazioni azionarie o addirittura  non sono più azionisti della banca. Contemporaneamente, la banca dovrebbe essere ristrutturata dal punto di vista operativo e dovrebbe essere capace di reperire liquidità all’esterno, proprio grazie all’ avvenuto rafforzamento patrimoniale.

Scendendo nel dettaglio, se una banca rischia il fallimento,  a dover sborsare il proprio denaro saranno nell’ordine:

  • i “vecchi” azionisti;
  • gli obbligazionisti meno assicurati (le obbligazioni subordinate verranno coinvolte nel pagamento);
  • i depositanti di somme superiori ai 100 mila euro:
  • lo Stato.

Non dovranno invece partecipare al bail in i possessori di obbligazioni garantite, i titolari di pensioni e di salario dipendente (dalla banca stessa). Ogni Stato membro avrà infine la facoltà di decidere l’esclusione di altre categorie. Parlando di percentuali: nel caso in cui una banca rischi il fallimento, lo Stato interverrà per salvarla solo dopo che azionisti e creditori avranno pagato l’8% delle passività totali dell’istituto. Lo scopo della norma, è quello di evitare che a pagare siano tutti i contribuenti. In realtà, però, a rimetterci sarà chi deposita i propri soldi.

Personalmente osservo:

1) l’interpretazione tendenziale del provvedimento riconduce al concetto originario della Cooperazione, secondo il quale ogni cliente è ipso facto azionista. Solo che qui, tanto per cambiare, nessuno è stato preventivamente informato e poi “la legge sarà uguale per tutti salvo le eccezioni di legge”. 

2) Il Bail in determinerà la migrazione dei depositi maggiori verso banche extra UE presso le quali il depositante non rischi di essere “metamorfosizzato”.

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BANCONOTE O MONETE?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Novembre, 2015 @ 6:52 am

Detto altrimenti: USA batte UE uno  a zero                         (post 2172)

WP_20151112_001Tanti anni fa feci una lunga vacanza negli USA. Da quel viaggio  mi sono rimaste alcune banconote da un dollaro. All’epoca noi avevamo ancora le banconote da mille e duemila lire. Oggi il confronto delle banconote USA di piccolo taglio con le nostre monete da uno o due Euro è istintivo. Mi chiedo: perché, per questi tagli, loro hanno la banconota e noi le monete? Le monete … le monetine … gli spiccioli … talvolta ci danno anche fastidio in tasca, siamo più portati a non considerarli importanti ma soprattutto a spenderli senza riflettere molto!  E allora, perché? Quali sono i ragionamenti (se ragionamenti vi sono stati) che hanno portato a questa scelta? Grazie se qualche lettrice o qualche lettore mi sa dare risposta.

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MANAGER!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Novembre, 2015 @ 6:16 pm

Detto altrimenti: chevvordì? (Dal romanesco: cosa vuol dire?)      (post 2171)

“Manager”, temine anglosassone che si traduce con il nostro “direttore”. Solo che qui da noi in Italia occorre essere più precisi. Infatti vi possono essere (e vi sono) tanti “direttori” che non sono manager e viceversa. Ma allora, qual è il significato che attribuiamo noi Italiani alla parola che abbiamo importato dal mondo anglosassone?

Ecco, il manager (che sia direttore o meno non importa) è la persona:

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    No buono!

  • alla quale è affidata una posizione di responsabilità e di livello;
  • creativo;
  • efficace più che efficiente;
  • che non ha dipendenti bensì collaboratori;
  • che stimola la creatività dei collaboratori;
  • che sa motivare i suoi collaboratori;
  • che sa formare e far crescere i propri collaboratori;
  • che opera per funzionigramma più che per organigramma;
  • che nei rapporti con i collaboratori non applica il dìvide et ìmpera;
  • che non esita a discutere i problemi con tutti i suoi collaboratori riuniti;
  • che non usa il piano ferie e permessi quale strumento di potere;
  • che ha autorevolezza più che autorità;
  • che sa organizzare e delegare potere e responsabilità;
  • che accetta che su di se’ e sui suoi collaboratori il potere sia unito alla responsabilità;
  • che non si rende insostituibile;
  • che sa trasformare le necessità in opportunità;
  • che si organizza con più soluzioni;
  • che non persegue il miglioramento di un obiettivo, ma l’obiettivo migliore;
  • che affronta ogni fatto singolo – buono o cattivo che sia – come un fatto seriale;
  • i cui collaboratori sono lieti di andare a lavorare.

Quale è la dote più importante, se proprio se ne dovesse scegliere una? A mio avviso, dopo un’esperienza personale di 40 anni in quella posizione, la qualità segnata in grassetto. Infatti i fattori della produzione, in ordine di importanza, non sono “capitale e lavoro”, bensì

  • motivazione dei lavoratori;
  • capitale;
  • lavoro.

Infatti senza la motivazione dei lavoratori, capitale e lavoro fanno poca strada!

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