VENNE SERA …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Agosto, 2018 @ 6:40 pmDetto altrimenti: foto del … giorno? No, della notte su Riva del Garda! (post 3301)
Venne sera e la luna col suo opale
chiaror d’argento sostituiva il sole
che lento iva all’ingù per le sue scale
di Rocchetta a dormir dietro la mole.
E poi ch’alcun momenti ebbimo conti
la luce disparì come far suole.
La notte quinci scese giù da’ monti
con quattro cime che le fean corona
sovra la Riva insieme a li suoi ponti
addormentati al par de la padrona.
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(Riccardante Lucattieri)
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GENOVA VVFF
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Agosto, 2018 @ 6:49 amDetto altrimenti: bravi! (post 3300)
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Senza parole
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GENOVA SECONDO GIORGIO CAPRONI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Agosto, 2018 @ 7:58 amDetto altrimenti: vorrei averla scritta io questa poesia …. (post 3299)
| Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria.Genova città pulita. Brezza e luce in salita. Genova verticale, vertigine, aria scale.Genova nera e bianca. Cacumine. Distanza. Genova dove non vivo, mio nome, sostantivo.Genova mio rimario. Puerizia. Sillabario. Genova mia tradita, rimorso di tutta la vita.Genova in comitiva. Giubilo. Anima viva. Genova in solitudine, straducole, ebrietudine.Genova di limone. Di specchio. Di cannone. Genova da intravedere, mattoni, ghiaia, scogliere.
Genova grigia e celeste. Ragazze. Bottiglie. Ceste. Genova di tufo e sole, rincorse, sassaiole. Genova tutta tetto. Macerie. Castelletto. Genova d’aerei fatti, Albaro, Borgoratti. Genova che mi struggi. Intestini. Caruggi. Genova e così sia, mare in un’osteria. Genova illividita. Inverno nelle dita. Genova mercantile, industriale, civile. Genova d’uomini destri. Ansaldo. San Giorgio. Sestri. Genova in banchina, transatlantico, trina. |
Genova tutta cantiere. Bisagno. Belvedere. Genova di canarino, persiana verde, zecchino.Genova di torri bianche. Di lucri. Di palanche. Genova in salamoia, acqua morta di noia.Genova di mala voce. Mia delizia. Mia croce. Genova d’Oregina, lamiera, vento, brina.Genova nome barbaro. Campana. Montale, Sbarbaro. Genova dei casamenti lunghi, miei tormenti.Genova di sentina. Di lavatoio. Latrina. Genova di petroliera, struggimento, scogliera.Genova di tramontana. Di tanfo. Sottana. Genova d’acquamarina, area, turchina.
Genova di luci ladre. Figlioli. Padre. Madre. Genova vecchia e ragazza, pazzia, vaso, terrazza. Genova di Soziglia. Cunicolo. Pollame. Trilia. Genova d’aglio e di rose, di Pré, di Fontane Masrose. Genova di Caricamento. Di Voltri. Di sgomento. Genova dell’Acquasola, dolcissima, usignuola. Genova tutta colore. Bandiera. Rimorchiatore. Genova viva e diletta, salino, orto, spalletta. Genova di Barile. Cattolica. Acqua d’Aprile. Genova comunista, bocciofila, tempista. |
Genova di Corso Oddone. Mareggiata. Spintone. Genova di piovasco, follia, Paganini, Magnasco.Genova che non mi lascia. Mia fidanzata. Bagascia. Genova ch’è tutto dire, sospiro da non finire.Genova quarta corda. Sirena che non si scorda. Genova d’ascensore, paterna, stretta al cuore.Genova mio pettorale. Mio falsetto. Crinale. Genova illuminata, notturna, umida, alzata.Genova di mio fratello. Cattedrale. Bordello. Genova di violino, di topo, di casino.Genova di mia sorella. Sospiro. Maris Stella. Genova portuale, cinese, gutturale.
Genova di Sottoripa. Emporio. Sesso. Stipa. Genova di Porta Soprana, d’angelo e di puttana. Genova di coltello. Di pesce. Di mantello. Genova di lampione a gas, costernazione. Genova di Raibetta. Di Gatta Mora. Infetta. Genova della Strega, strapiombo che i denti allega. Genova che non si dice. Di barche. Di vernice. Genova balneare, d’urti da non scordare. Genova di “Paolo & Lele”. Di scogli. Furibondo. Vele. Genova di Villa Quartara, dove l’amore s’impara. |
Genova di caserma. Di latteria. Di sperma. Genova mia di Sturla, che ancora nel sangue mi urla.Genova d’argento e stagno. Di zanzara. Di scagno. Genova di magro fieno, canile, Marassi, Staglieno.Genova di grige mura. Distretto. La paura. Genova dell’entroterra, sassi rossi, la guerra.Genova di cose trite. La morte. La nefrite. Genova bianca e a vela, speranza, tenda, tela.Genova che si riscatta. Tettoia. Azzurro. Latta. Genova sempre umana, presente, partigiana.Genova della mia Rina. Valtrebbia. Aria fina. Genova paese di foglie fresche, dove ho preso moglie.
Genova sempre nuova. Vita che si ritrova. Genova lunga e lontana, patria della mia Silvana. Genova palpitante. Mio cuore. Mio brillante. Genova mio domicilio, dove m’è nato Attilio. Genova dell’Acquaverde. Mio padre che vi si perde. Genova di singhiozzi, mia madre, Via Bernardo Strozzi. Genova di lamenti. Enea. Bombardamenti. Genova disperata, invano da me implorata. Genova della Spezia. Infanzia che si screzia. Genova di Livorno, Partenza senza ritorno. Genova di tutta la vita. Mia litania infinita. Genova di stocafisso e di garofano, fisso bersaglio dove inclina la rondine: la rima. |
Giorgio Caproni, chi era costui? Ebbene, è inutile che io ricopi da internet la sua storia: leggetela però, è molo, molto interessante e arricchente. A questo punto, una confessione: scopiazzando da Caproni, livornese naturalizzato genovese … io, genovese naturalizzato trentino ho scritto una poesia analoga per Trento:
Trento città Natale
Trento, città, Natale
Trento di acqua e di vino
Trento adottiva
Schiva – Schiava – Surgiva.
Trento in verticale
Bondone si sale
In Vigolana l’Orsa s’inchina
A Trento – al Concilio – A birra alla spina.
Trento la Torre Verde
Adige sponda di erbe
Trento si tiene
A valle Fiume si perde.
Trento Fersena un rivo
Trento dove io vivo
Trento un nome
Un sostantivo.
Trento illividita
Inverno delle mie dita
Trento dolomia scolpita
Trento invita.
Trento le mille voci
Todeschi Taliani Ladini
Città Provincia Confini
Trento i mercatini.
Trento due volti
Trento in molti
Trento da solo
Trentino – Tirolo.
Trento neve fa bianca
Trento mai stanca
Di Autonomia
Di Sociologia.
Trento corona di monti
Trento traversano i ponti
Trento la Vigolana
l’Orsa – la maglia – di lana.
Trento colori
Bandiere Governatori
Trento viva diletta
Salita – Povo – Spalletta.
Trento la mala voce
Trento delizia e croce
Trento Piazza del Duomo
Campana – Fulmine – Tuono.
Trento i Senatori
Curia – Silenzio – Pastori
Trento caccia nei boschi
Politica – Cervi – Umori.
Dante Degasperi addita
Trento in sordina
Trento stupita
Trento – Marcello – Farina.
Trento studenti bolletta
Ragazze sci bicicletta
Trento giovane e bella
Amore in Camporella.
Trento lo smaccafam
Nonesi Pedavena
Birra Solandri
Polenta – La cena.
Trento la Via Grazioli
Vino – Dolci – Pinoli
Trento soffonde le luci
Il Natale gli Amici.
Trento la Villa Moggioli
Trento il Viale Trieste
Trento le Buone Feste
Trento le Buone Intenzioni …
… ed i panettoni.
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GENOVA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Agosto, 2018 @ 4:10 pmDetto altrimenti: e il suo viadotto … (post 3298)
Viadotto Morandi – Alcune brevi osservazioni:
- Il Min. Di Maio afferma che alla base della revoca della concessione non ci sono “i cavilli” del contratto, ma i morti. Frase ad effetto, non vera, ma che sortisce l’effetto, appunto …
- Il concessionario aveva l’obbligo della manutenzione e il concedente l’obbligo di controllare il concessionario. Giovenale direbbe. “Quis custodiet custdes ipsos?” Ma i controllori, chi li controllerà? Che ci sia una corresponsabilità per culpa in vigilando?
- Nella mia vita lavorativa, fra l’altro, sono stato responsabile di SpA pubbliche. Come tale avevo l’obbligo di assicurarmi – a spese mie – per eventuali danni che avessi procurato alla Pubblica Amministrazione. I concessionari del viadotto sono assicurati?
- Si apprende che il contratto di concessione sarebbe coperto dal segreto di Stato!!!???
- La CONSOB-Commissione Nazionale per le Società e la Borsa richiama il governo ad una maggiore prudenza nelle sue affermazioni, le quali hanno affondato titoli di Borsa, sino alla sospensione della loro trattazione per eccesso di ribasso. Al limite della turbativa della borsa …
- Le vittime: i morti, i feriti, i loro familiari, l’economia locale e nazionale, il buon nome delle società di engineering e di costruzione italiane all’estero ed anche i risparmiatori, piccoli azionisti di minoranza delle società che controllano l’autostrada in questione, società “controllate” da pacchetti di controllo (non è necessario che siano di maggioranza assoluta) in mano a certi privati.
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I SOCI FIAB RACCONTANO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Agosto, 2018 @ 3:49 pmDetto altrimenti: vacanze in bicicletta (post 3297)
Lago di Garda – Lago di Ledro e ritorno.
Ore 08,15, si parte in e-mtb. Riva del Garda, 73 mlm, Strada del Ponale, 3,5 km sterrati, qualche minima difficoltà. Si arriva al Bar Ponale Alto Belvedere. Qui un bivio (asfaltato ma senza auto) a sinistra, stretta, per Pregasina. Io prendo a destra, più larga, fino a raggiungere il punto che chiamo “B” per puro riferimento del lettore, allo sbocco superiore della galleria carrozzabile (Strada Provinciale di Pregasina) che salendo dalla SS 240 a sud di Biacesa (Riva del Garda – Ledro), condurrebbe a Pregasina. Dopo circa 300 metri, a sinistra si riprende una pista ciclabile per mtb. (tot. Km 6) . I successivi 4 km sono “duri” sia per le pendenze che per il fondo della pista. In alcuni punti più ripidi il fondo è cementato e un cartello avvisa: biciclette alla mano. In 10 km si arriva al lago (Molina di Ledro, 638 mlm). Tot. un’ora e un quarto. Mezza borraccia di acqua e sali.
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Da qui, con altri 9 km in senso orario si aggira facilmente il lago: prima sulla SP, poi su una ciclopedonale sterrata, poi su una pedonale ghiaiosa (procedere con molta cautela: ovviamente i pedoni hanno la precedenza assoluta). In 19 km dalla partenza sono di nuovo a Molina di Ledro. Sosta per un succo di frutta.
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Per scendere, preferisco non fare i 4 km “duri” di cui sopra e utilizzo la SS 240. Velocissimo, in 7,5 km circa supero Prè e Biacesa (415 mlm). Indi giro a destra per Pregasina (630 mlm), dopo una breve discesa, con 1 km di leggera salita in galleria illuminata (due sole auto incontrate) mi ritrovo al punto “B”. Da qui con 6 km sono a Riva. Il tachimetro segna 34 km, dopo 3 ore di pedalata, soste per foto e bevande comprese.
Consumo elettrico: 60% di una batteria da 400.
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Good e-mtb & good FIAB everybody!
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GENOA-SAMPDORIA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Agosto, 2018 @ 5:56 pmDetto altrimenti: insieme (post 3296)
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ANCORA GENOVA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Agosto, 2018 @ 1:56 pmDetto altrimenti: e i suoi viadotti …. (post 3295)
Ora si parla di responsabilità tecniche, manutenzioni, risarcimenti. Ma io mi chiedo: quando si realizza un’opera simile, non si indica la “data di scadenza” come sui medicinali? Chi la commissiona e paga per ricevere un manufatto conosce quanto esso durerà? Poi lo dà in concessione per quanti anni? Anche oltre la data di scadenza?
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Chi ha sbagliato? Chi si è dimenticato di indicare la data di scadenza o chi non l’ha voluta conoscere? Cui prodest? Cui bono? Chi ci guadagna? Direbbe quel tale avvocato M.T. Cicerone …
Ora faremo un esame di tutti i ponti/viadotti italiani e controlleremo le loro manutenzioni e scopriremo anche la data di scadenza di ognuno. E dopo tale data, ne costruiremo di nuovi? Con quali soldi? Forse risparmiando e non ripristinando il servizio militare obbligatorio: così avremo le risorse che altrimenti avremmo dovuto impegnare per la riattivazione delle caserme dismesse da decenni … O anche riducendo gli acquisti dei cacciabombardieri F35 …
Vedremo.
P.S.: nel frattempo il governo grida “Revochiamo la concessione!” E la massa, inconsapevole degli aspetti economici, finanziari e giuridici, lo applaude. Ecco, alla (mala)comunicazione odierna non importa se tu dici cose sagge o stolte: importante è prevedere l’effetto che le tue dichiarazioni faranno sulla massa. Tu dici: “Non hai lavoro? la colpa è degli immigrati!”. Non è vero, ma la gente ti vota …
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ALTERNANZA DI POST DISTENSIVI E POST SERI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Agosto, 2018 @ 1:38 pmDetto altrimenti: questo è distensivo, il prossimo sarà ancora su Genova … (post 3294)
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Il mio FUN è ormeggiato in Fraglia Vela Riva, club velico nel quale stiamo per ospitare due campionati mondiali di classe. Morale: la Fraglia ci ha chiesto di liberare gli ormeggi per un certo periodo. Whisper è stato trasferito al Circolo Vela Torbole. Ce l’ho portato io stesso, questa mattina presto, a motore. Il ritorno? In bicicletta, ovviamente!
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La mia bici? Una Camilotto Expert di 35 anni (still going sdtrong), all’epoca al top della gamma (pensate, pesa kg. 9,5: un record per l’epoca!) era molto emozionata, sapete, è stato il suo battesimo della vela anche se io sono andato a motore …
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Quanto si dovrà fermare a Torbole? Un mese, un mese e mezzo … evvabbè … Comunque Whisper, non ti crucciare: sei in … terra straniera, ma io verrò spesso a trovarti …
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MA SE GHE PENSO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Agosto, 2018 @ 7:27 amDetto altrimenti: dedicato a Genova Ferita (post 3293)
Ieri Sera la TV … senza titolo … una rassegna di cantautori genovesi … un omaggio a Genova Ferita. Genova … forse Gens Nova? Può darsi … Anchio voglio fare la mia piccola parte, regalandovi le traduzioni di due testi.
La prima canzone, Ma se ghe penso, fu lanciata in un primo momento con il titolo Se ghe penso, senza la congiunzione iniziale “ma”, aggiunta in un secondo momento. La paternità della canzone è sicuramente attribuibile a Mario Cappello, tanto per i versi, quanto per la musica, mentre Attilio Margutti collaborò alla stesura musicale. L’anno di nascita del brano è il 1925 ed è divenuta d’uso tradizionale e simbolo della cultura musicale ligure.
La seconda, Creuza de ma, Fabrizio De Andre: È la canzone d’apertura e dà il titolo ad un suo album. La locuzione ligure crêuza de mä, nel genovesato, definisce un viottolo o mulattiera, talvolta fatto a scalinata, che abitualmente delimita i confini di proprietà privata e collega (come del resto fanno praticamente tutte le strade in Liguria) l’entroterra con il mare. La traduzione letterale è quindi “viottolo di mare” o, utilizzando un ligurismo, “crosa di mare”.
Il testo parla dei marinai che, tornati dal mare, poeticamente descritto come “un posto dove la Luna si mostra nuda” (cioè non ombreggiata da colline, piante o case) e dove la notte ha puntato il coltello alla gola, vanno a mangiare alla taverna dell’Andrea, alla fontana dei colombi nella casa di pietra, e pensano a chi vi potrebbero trovare: gente di Lugano poco raccomandabile e ragazze di buona famiglia.
Il testo è incentrato sulla figura dei marinai e sulle loro vite da eterni viaggiatori, e racconta appunto di un ritorno notturno dei marinai a riva, quasi come estranei. De André parla delle loro sensazioni, narra le esperienze provate sulla loro pelle, la crudezza d’essere in balìa reale degli elementi; affiora poi una ostentata scherzosa diffidenza, che si nota nell’assortimento dei cibi immaginati, accettabili e normali (o quasi, per un vero marinaio), contrapposti ad altri, come le cervella di agnello, o il pasticcio di “lepre di tegole” (il gatto, spacciato per una sorta di coniglio), decisamente e volutamente meno accettabili, citati evidentemente per fare ironia sulla affidabilità e saldezza dell’Andrea e, forse, di tutto un mondo a cui sanno di non appartenere.
” E ‘nt’ a barca du vin ghe navighiemu ‘nsc’i scheuggi” (E nella barca del vino navigheremo [anche] sugli scogli) “finché u matin…bacan d’a corda marsa d’aegua e de sä” (finché il mattino… padrone della corda marcia d’acqua e di sale”) con quella corda finirà per legarci e riportarci al mare [al nostro destino] lungo una crêuza de ma.
MA SE GHE PENSO
O l’êa partîo sénsa ‘na palanca, l’êa za trent’anni, fòrse anche ciù. O l’àia lotòu pe métte i dinæ a-a bànca e poéisene un giórno vegnî in zu. E fâse a palassinn-a e o giardinétto, co-o ranpicante, co-a cantinn-a e o vin, a branda attacâ a-i èrboi, a ûso letto, pe dâghe ‘na schenâ seja e matìn. Ma o figgio o ghe dixeiva: “No ghe pensâ a Zena cöse ti ghe vêu tornâ?!”
Ma se ghe penso alôa mi veddo o mâ, véddo i mæ mónti e a ciàssa da Nonçiâ, rivéddo o Righi e me s’astrenze o cheu, véddo a Lanterna, a Cava, lazù o Meu… Rivéddo a-a seja Zêna ilûminâ, véddo la-a Fôxe e sento franze o mâ e alôa mi pénso ancón de ritornâ a pösâ e òsse dôve ò mæ madonâ. O l’êa passòu do ténpo, fòrse tròppo, o figgio o l’inscisteiva: “Stémmo ben, dôve t’êu andâ, papà?.. pensiêmo dòppo, o viâgio, o mâ, t’ê vêgio, no convén!” “Òh no, òh no! mi me sento ancón in ganba, son stùffo e no ne pòsso pròpio ciù, son stanco de sentî señor, caramba, mi vêuggio ritornâmene ancón in zû… Ti t’ê nasciûo e t’æ parlòu spagnòllo, mi son nasciûo zeneize e… no me mòllo!” Ma se ghe penso alôa mi véddo o mâ, véddo i mæ mónti e a ciàssa da Nonçiâ, rivéddo o Righi e me s’astrenze o cheu, véddo a Lanterna, a Cava, lazù o Meu… Rivéddo a-a seja Zêna iluminâ, véddo la-a Fôxe e sénto franze o mâ e alôa mi pénso ancón de ritornâ a pösâ e òsse dôve ò mæ madonâ. E sénsa tante cöse o l’é partîo e a Zêna o gh’à formòu tórna o seu nîo.
MA SE CI PENSO
Era partito senza un soldo
Era già trent’anni e forse anche di più
Aveva lottato per mettere i soldi in banca
E potersene un giorno tornare in su
E farsi una palazzina e il giardinetto
Con un rampicante, la cantina e il vino
La branda attaccata agli alberi a uso letto
Per darci una schienata sera e mattina.
Ma il figlio gli diceva: “Non ci pensare
A Genova cosa ci vuoi tornare a fare?”
Ma se ci penso allora vedo il mare
Vedo i miei monti e la piazza della Nunziata
Rivedo il Righi e mi si stringe il cuore
Vedo la lanterna, la cava e laggiù il molo.
Rivelo a sera Genova illuminata
Vedo la Foce e sento frangere il mare
E alloora mi penso ancora di tornare
A posare le ossa dove è mia nonna-
Era passato del tempo, forse troppo
Il figlio insisteva: “Stiamo bene,
tove vuoi andare? Ci opensiamo dopo,
il viaggoo, il mare, sei vecchio, non convien!”
“Oh no, oh no mi sento ancora in gamba
Sono stufo, non ne posso proprio più,
sono stanco di sentir segnor caramba
io voglio ritornarmene un po in su.
Tu sei nato ed hai aprlato spagnolo,
io son nato genovese e non mi arrendo!”
Ma se ci penso allora vedo il mare
Vedo i miei monti e la piazza della Nunziata
Rivedo il Righi e mi si stringe il cuore
Vedo la lanterna, la cava e laggiù il molo.
Rivelo a sera Genova illuminata
Vedo la Foce e sento frangere il mare
E allora mi penso ancora di tornare
A posare le ossa dove è mia nonna-
E senza tante cose è partito
E a Genova si è fatto di nuovo il suo nido.
CREUZA DE MA’
Umbre de muri muri de mainè
dunde ne vegni duve l’è ch’anè.
De ‘n scitu duve a lun-a a se mustra nua
e a neutte a n’a puntou u cutellu a ghua.
E a munta l’ase u gh’è restou Diu
u diau l’è in ce e se ghe faetu u niu.
Ne sciurtimu da u ma’ pe sciugà e ossa da u Dria
a funtan-a di cumbi nta ca’ de pria.
E in ta ca’ de pria chi ghe saià
in ta ca’ du Dria che u nu l’è mainà.
Gente de Luganu facce da mandillà
quei che de luassu preferiscian l’a.
Figge de famiggia udù de bun
che ti peu ammiale sensa gundun.
E a ste panse veue cose ghe daià
Cose da beive cose da mangià.
Frittua de pigneu, giancu de Portufin
cervelle de bae ntu u meiximu vin.
Lasagne da fiddià ai quattro tucchi
paciughi in agrouduse de levre de cuppi.
E’ n sca barca du vin ghe navughiemu
‘n sci scheuggi
emigranti du rie cu’ i cioi ‘nti euggi.
Finchè u matin crescià da pueilu recheugge
praticament fre du ganeuffeni e de figgie.
Baccan da corda marsa d’aegua e de sa
che a ne liga a ne porta nte ‘na creuxa de ma.
MULATTIERA DI MARE
Ombre di facce, facce di marinai
da dove venite dov’è che andate.
Da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola.
E a montare l’asino ci è rimasto Dio
il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido.
Usciamo dal mare per asciugare le ossa dall’Andrea
alla fontana dei colombi nella casa di pietra.
E nella casa di pietra chi ci sarà
nella casa dell’Andrea che non è marinaio.
Gente di Lugano facce da tagliaborse
quelli che della spigola preferiscono l’ala.
Ragazze di famiglia odore di buono
che le puoi guardare senza il preservativo.
E a queste pance vuote cosa gli darà
cose da bere cose da mangiare.
Frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervella di agnello nello stesso vino.
Lasagne da tagliare ai quattro sughi
pasticci in agrodolce di lepre delle tegole (gatto, n.d.r.).
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
emigranti della risata con i chiodi negli occhi.
Finchè il mattino crescerà da poterlo raccogliere
praticamente fratello dei garofani e delle ragazze.
Padrone della corda marcia d’acqua e di sale
che ci lega e ci porta in una creuza di mare.
Coraggio, Genova, coraggio … ti rialzerai anche questa volta. Tu che al Barbarossa dicesti no, tributi non te ne pagherò mai e dai, tre nuove cinta di mura, la flotta … e lui, politicamente, ti “autorizzò” a non pagarle. Tu che il tuo Vescovo Jacopo da Varagine (Varazze) teorizzò la derivazione del tuo potere di Repubblica Marinara direttamente da Dio, saltando Papato e Impero. Tu che trionfasti su Venezia all’isola di Curzola e su Pisa alla Meloria … Tu che non si sa se il portoghese deriva dal genovese o viceversa … tu che nel tuo linguaggio hai termini arabi (camallo, kamal, portatore) e greci (Mandili, mandillo, fazzoletto), tu che le tue torri d’avvistamento si erigono ancora lungo le coste di tutto il Mediterraneo … tu che il tuo Balilla con il suo Che linse accese la rivolta contro gli Austriaci … tu che in Piazza Dante conservi la casa di Cristoforo Colombo … dai che ti rialzerai ancora una volta!
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GENOVA THE DAY AFTER
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Agosto, 2018 @ 5:21 pmDetto altrimenti: se fosse stata una azienda … (post 3192)
In una azienda, una SpA, per intendersi, si fanno investimenti. Ogni investimento viene ammortizzato nel tempo, nel senso che il suo costo iniziale viene ripartito anno su anno per tutti gli anni della sua durata tecnica/economica. A quel punto si valuta se continuare ad utilizzarlo oppure se si può continuare ad usarlo senza che ciò influisca sulla produzione, sulla sicurezza e sulla produttività.
I ponti in Italia, quelli costruiti negli anni 60 in calcestruzzo armato: i tecnici dicono che il calcestruzzo non è eterno, in Giappone questi manufatti vengono sostituiti ogni 20 anni, da noi crollano al 51° anno d’età. Il problema non è quello di fare le pur doverose migliori manutenzioni, ma innanzi tutto quello di scadenzarsi la data della durata tecnica dei manufatti.
Ora, solo ora, si farà questo censimento. Ora, solo ora, si prenderà coscienza delle criticità. Ora si vorrà, si dovrà provvedere. Con quali fondi? Taluno dice: sforiamo il livello dei parametri UE. Io mi permetto di dire: no, prima rivediamo l’ordine delle priorità di spesa, militari in testa. Come ho scritto in post precedenti, il 92 % dei Comini italiani sono a rischio idrogeologico e i disastri idrogeologici richiedono interventi non meno urgenti di quello della revisione e sostituzione di ponti italiani (Genova, alluvione autunno 1970, 44 morti; e tutte le altre alluvioni a seguire … e i terremoti etc. etc.). Orbene, per la difesa idrogeologica del suolo si stanziano circa 70 milioni di euro all’anno; per le spese militari la stessa cifra: 70 milioni di euro al giorno. In questa situazione, si sta parlando di ristabilire il servizio militare obbligatorio: quanto ci sosterà? E’ una priorità?
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