TUTELE CRESCENTI, VARIE ED EVENTUALI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Dicembre, 2015 @ 10:19 am

Detto altrimenti: problemi di sostanza travisati da una comunicazione maliziosa   (post 2233)

Il fatto: ti assumo a tempo indeterminato. “Se ti licenzio, l’indennità che ti pagherò sarà sempre più elevata quanto maggiore sarà la tua anzianità di servizio”. Ecco la tutela presunta crescente. Al riguardo mi permetto di sottoporre all’attenzione delle letrtici e dei lettori alcune sottolineature:

  • thSURNY2SJSe la mia tutela è al livello 100 e tu, con una nuova legge, me la porti a crescere con l’aumento della mia anzianità sino a 110, 120, 130 etc. questa è “tutela crescente”. Ma se la nuova legge mi porta la tutela da 100 a zero, salvo poi farla risalire lentamente a 10, 20, 30 etc., la tutela non è “crescente” bensì “azzerata e poi piano piano fatta crescere sino ai livelli anteriori alla nuova legge”.
  • L’anzianità. Se io cambio lavoro, i contributi proseguono, si sommano, la mia “anzianità contributiva” non è interrotta, intaccata, azzerata. Ma per contro “l’anzianità retributiva” viene azzerata: il nuovo datore di lavoro mi considera un “anno zero”. Ora questo potrebbe – ma solo al limite del ragionamento – essere accettato – sia pure solo parzialmente – ove io cambi completamente tipo di lavoro. Ma se da fare il pasticcere nella pasticceria “A” passo a fare lo stesso mestiere nella pasticceria “B” non si capisce perché io debba essere ridotto ad “anno zero”.
  • Che poi questo mio ultimo ragionamento è ancor più valido quando la pasticceria “B” è acquistata dal proprietario della pasticceria “A” ed io vengo licenziato dalla “A” e poi assunto nella “B” a condizioni inferiori rispetto al passato.
  • Tutto ciò nel pieno rispetto formale di una legge (inadeguata, n.d.r.) e in piena violazione sostanziale dei diritti del lavoratore. Mi domando: con quale (altissimo, n.d.r.) grado di ipocrisia mentale e della coscienza (nel caso migliore, volendo essere generosi: di disattenzione e superficialità) il legislatore non ha tutelato anche questi aspetti?

P.S.: a Milano dicono: “O felè fa ‘l to’ mestè”, pasticcere fa il tuo mestiere, nel senso che ognuno deve pronunciarsi su cose che conosce e non su altro, senza avere la pretesa di fare il mestiere  altrui. E benchè io non sia un esperto nel diritto del lavoro, tuttavia mi espongo volentieri a questo genere di possibile critica, se tale mio rischio può in qualche modo sollecitare un perfezionamento della regolamentazione della materia.

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DA NATALE A S. STEFANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Dicembre, 2015 @ 8:46 am

Detto altrimenti: lo si dice di una cosa che dura poco …   (post 2232)

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Gli affreschi dei Baschenis nella Chiesa di S. Stefano a Carisolo (TN)

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Oggi, S. Stefano (auguri a tutti gli Stefano e Stefania!). Da Natale a S. Stefano, un solo giorno, un lasso di tempo molto breve. Lo dicevano a noi bambini per indicare la poca cura che avevamo nel maneggiare oggetti e giocattoli: “A te le cose durano Natale a S. Stefano!”.

 

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th6C4N4513Le sere precedenti: la S. Messa di mezzanotte; le lunghe, belle e calde serate in famiglia … ed ecco che la mattina, anche questa mattina, tutti dormono fino a tardi. E allora – nella solitudine del mio rapporto a due con il mio computer – seduto a cercare di non far durare poco … no, non un oggetto, non un giocattolo ma un pensiero, il Pensiero del Natale. Quale? Ve lo dico subito. Provate voi stessi. Proviamo tutti noi, – io per primo– noi che ci sentiamo smarriti anche solo quando non troviamo più il nostro cellulare o quando ci accorgiamo di avere perso il portafoglio! Già, perché in quei momenti ci sentiamo esclusi dalla “comunicazione” con gli altri e dalla possibilità di difendere o di utilizzare il nostro denaro. Proviamo ad immaginare noi stessi in fuga da guerre, stragi, bombardamenti, e di trovarci in un paese straniero, sconosciuto, la cui lingua per noi sia incomprensibile, privi delle notizie dei nostri cari che fino a poco prima erano con noi,  senza “cellulare”, senza “portafoglio” , con pochi stracci addosso … affamati, assetati, infreddoliti, esausti, malati … In un paese straniero, dicevo? No, in due paesi stranieri, anzi “fra” due paesi stranieri: uno che vi espelle e l’altro che non vi accoglie. Proviamo. Poi ne riparliamo.

Ecco, questo è il “Pensiero di Natale” che vorrei non durasse solo da Natale a S. Stefano:

“ Se riflettiamo in modo da ampliare i nostri “contenuti della coscienza” in misura da eccedere il nostro consueto egoistico “perimetro individualistico”, l’aumentato contesto sociale influirà  maggiormente su di noi e -soprattutto – noi potremmo maggiormente influire su di esso”. 

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BUON NATALE!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Dicembre, 2015 @ 12:14 pm

Detto altrimenti? Buon Natale!    (post 2231)

  • Natale = Auguri + riflessione sul  trascorso nostro e sul futuro di tutti.
  • Ogni anno il Natale è diverso, perché si “arricchisce” delle novità dell’anno trascorso”, belle e brutte.

Le brutte: la “terza guerra mondiale”; la strage degli innocenti nel mare; la crescita della forbice fra l’eccessiva ricchezza di pochi e insopportabile povertà di molti.

th7AX95LOWLe belle: la conferenza di Parigi sul clima e il quarto capitolo dell’ Enciclica  di Papa Francesco “Laudati sì” al riguardo della quale il filosofo, saggista, sacerdote  Marcello Farina scrive “ … il punto della questione che Papa Francesco propone alle donne ed agli uomini  del nostro tempo è che la questione ambientale e la questione sociale si incontrano di nuovo  , sono interconnesse, l’una richiama l’altra, perché non è possibile separare la terra dall’uomo che la abita, la casa comune da coloro che vi cercano ospitalità: la dignità dell’una  è la salvaguardia della dignità di tutti” (“Acli trentine” 12/2015, “Ecologia integrale” pag. 6).

thGLS4CFUYMa Marcello Farina ci ricorda anche la definizione che Papa Francesco ci dà di “Bene Comune”: “l’insieme di quelle condizioni di vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di una comunità di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”. Ed è dal basso – prosegue Marcello – con il contributo di tutti, che si attua il Bene Comune, “antidoto più efficace contro l’individualismo e l’avidità dilaganti”.

Un problema: come dialogare, come agire in comune, insieme, ovvero, come comunicare  su questi temi? Il teologo Vito Mancuso su Repubblica ha recentemente messo a fuoco una tragica attitudine del nostro tempo, in virtù della quale  “si è perlopiù convinti che pensare in modo rigoroso conduca necessariamente al conflitto, mentre ogni prospettiva che invita all’armonia viene sentita come evasione e incapacità di cogliere la realtà”. Sembrerebbe una strada senza uscita. E invece, come uscirne?

Il Presidente Hollande indica come soluzione “il passaggio da una mondializzazione fondata sulla competizione  ad un modello basato sulla cooperazione, nel quale sarà più redditizio proteggere che distruggere”. Obama ha affermato non “non c’è più alcun conflitto fra crescita economica e protezione dell’ambiente”, con il che si torna alla “politica” di quel grande statista che è Papa Francesco!

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Da ultimo una  parola su questo nostro “Natale del terrore”, ovvero sul terrorismo. Esso sarà sconfitto se e quando dalla “cittadinanza (nel nostro caso europea) per legge si passerà alla “cittadinanza per convivenza  e cooperazione reciproca”: altro che nuove “mura tipo Berlino” o reticolati di filo spinato!

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Ed ecco che sullo stesso numero della rivista Acli, a pagina 27, troviamo un interessante ed esemplare articolo di Fabio Pipinato (Presidente Ipsia del Trentino e CTA) che ci ricorda come al male fatto con i bombardamenti si possa e si debba reagire con la forza della cooperazione internazionale.

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Ed è sempre di questi giorni, un altro, nuovo Regalo di Natale per chi ha bisogno: Francesca Ferrari organizza a Trento il pasto domenicale per le oltre 150 persone che, nutrite dalla solidarietà pubblica nei giorni feriali, la domenica resterebbero senza mangiare.

Ecco le risposte da dare questo Natale! Questi sono i veri “Regali di Natale” da fare agli Altri e innanzi tutto a noi stessi!

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Termino qui con un Buon Santo Natale (lasciatemelo scrivere e dire: Santo e santo, per tutti i credenti in ogni religione) a tutte le donne e a tutti gli uomini del nostro tempo!

 Firmato: il vostro blogger Riccardo

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E NON NEVICA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Dicembre, 2015 @ 5:05 pm

Detto altrimenti: aveva cominciato ai primi di novembre, ma poi …   (post 2230)

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Dalla Malga Zambana (ora attrezzata anche per il pernottamento), vista sul Brenta

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Un vecchio detto popolare piemontese: “Quando nevica sulla foglia l’inverno non dà tanta noia” (Quando fioca su la foja l’invern  dà nen tan noja”). E infatti …. infatti l’era ‘n pez che nol se vedeva ‘l Brenta cosita, senza nef …

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Il Brenta, dalla stessa malga, dieci mesi fa (febbraio 2015)

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Da cima Paganella verso nord (Val di Non)

Son salito in “Paganela”, la montagna “tuta bela” per farme ‘na siata … E la sciata l’ho fatta, sulla neve “sparata” dai cannoni. Peccato. Peccato per gli operatori del turismo, gli impiantisti, per la montagna che ha sete, molta sete. E le previsioni? Mah … guardando la foto dal satellite tedesco (www.wettwerzentrale.de), par che il tempo voglia farci un dispetto: le perturbazioni arrivano dall’Atlantico, ma appena in vista dello stretto di Gibilterra si passano la parola e si dividono, metà a nord delle Alpi e metà a sud della Sicilia!

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Ma io questa sera ho voluto interrogare i segnali locali: la cima del monte Bondone. La cima del nos Bondon aveva un cappello di nuvole, e come tutti sanno, “quando ‘l Bondon g’ha ‘l capel o che fa bruto o che fa bel”. Be’ … allora possiamo stare tranquilli …

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TRANSNISTRIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Dicembre, 2015 @ 7:14 am

Detto altrimenti: questa terra sconosciuta     (post 2229)

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Ho letto “Nel sonno non siamo profughi” di Paul Goma (Keller Ed.) e soprattutto – ve lo raccomando! – “Educazione siberiana” di Lilin Nicolai (Einaudi Ed.) e ho iniziato a conoscere la drammatica storia di questa regione, a noi così vicina ed a noi così sconosciuta.

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Tormentata zone di frontiera, contesa fra Romania, Moldavia e Russia. In internet potete leggere molte notizie al riguardo.

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Ne scrivo perché ve lo avevo anticipato nel post del 20 dicembre scorso (“Una comica ferroviaria…”). In quella occasione, sul treno, di fronte a me, due giovani donne straniere. Cerco di capirne la lingua. Russo? Maria Teresa dice no, forse rumeno. Chiediamo. Una era rumena, l’altra moldava. Fra di loro parlavano una sorta di rumeno.

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Simboli russi in Transinistria

Simboli russi in Transinistria

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La moldava conosce l’italiano e il russo. Le chiedo: “Vi è speranza che i problemi della Transinistria possano essere risolti?”. Risponde: “Quali problemi? In Transinistria si fa la bella vita, si vive benissimo”.

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Passaporto della Transinistria: in caratteri cirillici

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Ho capito, penso, sei filo-russa. Ma le tue dichiarazioni mi mettono in allarme se le confronto non solo con quanto ho letto nei libri di cui sopra, ma soprattutto con le recentissime opposte affermazioni della signora moldava- non-filo-russa che ha fatto la badante a mia suocera per anni, la quale mi parla di un odio vivissimo dei russi-filo-russi verso quella parte di popolazione di origine moldava-rumena.

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Ed allora questo suo elogiare la qualità della vita in quella regione mi mette in allarme in quanto è un denegare il problema, volerlo nascondere per preparare il terreno a cosa? Ad una ennesima “pulizia etnica”?

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L’ALTRA SERA IL GOVERNATORE VISCO DA FAZIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Dicembre, 2015 @ 7:40 am

Detto altrimenti: … ma … e la CONSOB?       (post 2228)

th[2]L’Italia al salvataggio di quattro banche. Visco ha affermato: “Abbiamo fatto il massimo”, “Ci deve pensare la magistratura a ricercare e punire eventuali responsabilità” … “Occorre provvedere per legge”. Poi cita i condizionamenti della geopolitica ed elenca molte pur lodevoli funzioni operative svolte dall’Istituto che egli governa. Al riguardo mi  permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori alcune sottolineature: fare il massimo non basta se poi i risultati sono quelli sotto gli occhi di tutti. La magistratura farà comunque come sempre il proprio dovere. L’attenzione non andava puntata sui condizionamenti della geopolitica (divagazione che distrae dal problema specifico)  e sulle molte pur lodevoli funzioni operative svolte dall’istituto di emissione, ma piuttosto sul fatto che Bankitalia avrebbe dovuto intervenire anche sulla eventuale carenza di una legge la quale avrebbe dovuto impedire ciò che è successo. In altre parole: si è omesso di suggerire al mandriano di costruire una solida palizzata per impedire che i buoi scappassero dalla stalla e dal recinto prospiciente. Ora che i buoi sono scappati, affermare che tocca allo sceriffo arrestare i ladri di bestiame e che si deve costruire la palizzata – ovvero che serve una nuova legge – è sottrarsi alle proprie responsabilità.

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Qualcuno (ma perchè non Visco?) osserva: era compito della CONSOB – Commissione Nazionale per le Società e la Borsa –  Autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari. Ed io mi chiedo: chi ne sono i componenti? Chi li nomina? A chi rendono conto? Sono sanzionabili? Quanto ci costano? Andrà da Fazio anche il Presidente della Consob?

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LA TIRANNIA DEGLI AUTOMATISMI E DELLA MODULISTICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2015 @ 6:30 pm

Detto altrimenti: non servirà a nulla, ma almeno … sfoghiamoci un po’!    (post 2227)

(In alcuni recenti articoli mi sono occupato della democrazia. Ora è il turno della tirannia)

thGTGG8ZYDDi fronte a voi un nastro registrato: “Se vuoi X, premi 1; se vuoi Y, premi 2, etc.” Solo che dietro ad ogni X etc. si annida una cascata di sub ipotesi X1, X2 etc.. Alla fine vi rendete conto che il problema che vi ha indotto a fare quella (micidiale) telefonata non è contemplato nella serie. A questo punto vi giunge un avviso: “Sarete collegati con l’operatore AB/CD”. Voi restate inattesa. Inutilmente. Alla fine cade la linea. Voi telefonate a figli, amici etc.. Alla fine uno di loro riesce a parlare con un operatore che lo avvisa che la procedura è cambiata, che dovete scaricare un altro modulo e spedirlo ad un indirizzo diverso. Ah … vabbè …

I moduli. Nella maggior parte dei casi chi li ha concepiti non si è mai posti dalla parte di chi li deve utilizzare: “ Si, c’è scritto così ma vuol dire cosà …”. Ah … vabbè …

Le procedure. “Si, ma non è aggiornata …”. Ah … vabbè …

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PAROLE IN POLITICA: DEMOCRAZIA, MAGGIORANZA E AUTONOMIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2015 @ 7:21 am

Detto altrimenti: pensando e ripensando, si affinano i concetti     (post 2226)

Le parole. Don Lorenzo Milani in “Lettera ad una professoressa” scriveva che “le parole sono pietre”: occorre maneggiarle con cura perché se ti sfuggono di mano possono fare del  male. Le parole sono anche  la rappresentazione di  realtà, impressioni, volontà, etc. insomma, esistono in quanto rappresentano qualcosa.  Esse poi, in quanto tali, sono anche strumento di informazione unilaterale e di informazione reciproca ovvero di comunicazione (spesso di  sentimenti). Esse si sono “formate” nel tempo come tali. Tuttavia, nel tempo, è cambiata la “portata” del veicolo “parola”. Vediamo qualche esempio.

La parola “demagogo”  2500 anni fa indicava il “capo politico della fazione popolare”. Oggi essa indica chi vuole diventare capo delle folle ammaliandole con proposte strumentali e, pur di  giungere al potere, sobilla il popolo con la promessa di appagare ogni sua aspettativa.

La parola Democrazia (demos, popolo; kratè, potere). 2500 anni fa indicava innanzi tutto  “il potere sul popolo” da cui “demokrator”, chi esercitava il potere sul popolo: quindi anche un tiranno. Come secondo significato (assunto dalla classe dei possidenti esclusa dal governo) la parola indicava, denunciandolo, “il potere quasi violento del popolo”. Solo successivamente il termine ha significato qualcosa che più si avvicina al significato odierno della parola.

Democrazia e maggioranza. Oggi molti associano i due concetti di  “democrazia” e “maggioranza” il che non è. Infatti noi occidentali pretendiamo di esportare nel mondo la nostra “democrazia”, che però è quella di una minoranza di paesi ricchi che utilizza la maggior parte delle risorse del pianeta a danno di una maggioranza, formata dal resto della popolazione (povera) del mondo. In realtà, la contrapposizione non è fra maggioranza e minoranza, ma fra “possidenti” e “non possidenti”.

Obiettivo di un partito politico che si ispiri ad una “democrazia sostanziale” quindi, non è (solo) aumentare il numero degli iscritti, ma aumentare il numero dei “possidenti”, ovvero il numero di coloro che ancora non possiedono – innanzi tutto – un bene strategico (= indispensabile e insostituibile): la prospettiva di un futuro dignitoso.

Democrazia oggi. Essa è un “valore in fieri” ovvero un qualcosa cui tendere, un’utopia nel senso di un qualcosa non ancora (pienamente) realizzato. In tal senso è un bene. Ma se per contro si pretende di vederla pienamente realizzata – il che è impossibile, in quanto essa è il Bene Assoluto, e quindi non raggiungibile pienamente – si corre il rischio di cadere nella consapevolezza della sua non raggiungibilità piena e quindi di ripiegare verso il suo opposto: la dittatura che può essere “politica” o anche solo “di un mono pensiero”.

In tal senso si esprimeva Rousseau il quale pensava che la migliore forma di governo fosse quella che ponesse la legge sopra gli uomini, ma poiché egli riteneva ciò irrealizzabile, non vedeva che altro sbocco di una soluzione opposta, ovvero il dispotismo più arbitrario (solo che poi – pensando a Caligola e a Nerone – aggiungeva che avrebbe voluto che tale despota fosse Dio!).

Democrazia e il suo contrario. Da qui una considerazione attuale (“sull’attualità”): chi si sente legibus solutus cioè al di sopra delle leggi, di fatto è già un tiranno. E ciò avviene quando non si rispettano le leggi (illegalità immorale) o – peggio – quando ci si comporta come se le leggi non esistessero, nemmeno avendo la percezione che le si stia violando (illegalità amorale). Ma per essere “tiranni” non è necessario essere capi politici. Infatti esiste anche una tirannia quotidiana, di piccoli atti violenti contrari al cosiddetto  “diritto dei privati”, come i comportamenti di chi non rispetta o anche solo dileggia le decisioni e le prescrizioni di una qualsiasi assemblea (ad esempio condominiale);  di chi – come Demostene – dileggiava e aggrediva chi non la pensava politicamente come lui; di chi cerca di eludere la coda davanti ad uno sportello; di chi parcheggia l’auto occupando stalli anziché uno solo; di chi, essendo addetto ad un pubblico servizio, lascia che il proprio telefono squilli per decine di minuti prima di accettare di rispondere all’utenza.

Democrazia e Autonomia. Possiamo notare come la Democrazia abbia due caratteristiche in comune con la nostra Autonomia: 1) ovvero l’essere Democrazia e Autonomia dei Beni “Comuni” in quanto entrambi “costruiti” con l’apporto iniziale di tutti. 2) L’essere due Beni “In fieri”, in quanto utopici, ovvero Beni non “ancora” raggiunti. E quell’  “ancora” durerà sempre, il che non significa doversi arrendere di fronte all’impossibile, ma, al contrario, comporta in capo ad ognuno il dovere morale di  aumentare ogni sforzo per il loro conseguimento: quotidianamente, da parte di ognuno.

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POLITICA DI GUERRA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Dicembre, 2015 @ 1:23 pm

Detto altrimenti: oggi come nel passato    (post 2225)

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La storia si ripete. Nel mondo dell’antica Grecia la politica era soprattutto se non esclusivamente politica di guerra:  fare o non fare questa o quella guerra. Atene, famosa, colta, esemplare (“portata ad esempio”) vinse molte battaglie (per soggiogare le città-isole alleate) ma perse guerre disastrose (Siracusa; Egitto), fini a perdere l’ultima (Sparta), che le si rivelò micidiale.

In allora a decidere erano  i cittadini a pieno titolo (politico)  ovvero solo i maschi, nati in Atene da due genitori ateniesi, in grado di armarsi da soli e quindi di combattere. Poi la piena cittadinanza fu allargata ai marinai, motore della flotta. Quando poi Atene si trovò sull’orlo della disfatta totale, cercò di allargare la cittadinanza a tutti, schiavi compresi. Inutilmente.

Oggi, purtroppo, la politica torna ad essere una politica di guerra. E i “cittadini” di allora,  oggi sono i “cittadini” del mondo, ovvero gli Stati armati. La guerra. Le guerre. Molte fatte per “esportare la libertà e la democrazia”. Niente di più ipocrita (ma questa è un’altra storia). Le guerre si sa le decide la politica. E la politica decide le guerre politiche (interne a se stessa)  e quelle con le armi (esterne a se stessa).

Dice … ma la politica è espressione della maggioranza, quindi è una espressone “democratica”, quindi va bene così. Eh, no, non è così semplice la cosa.  Non usiamo, vi prego, il termine “democrazia” il quale – storicamente – era stato coniato ed utilizzato dalle classi dei possidenti non al governo per connotare in senso negativo la forza e la violenza di un governo “popolare”. Già allora la vera antitesi non era ( e non è, n.d.r.!) fra maggioranza e minoranza, ma fra ricchi e poveri. Anche oggi, nel mondo, non governa a maggioranza (i poveri) ma la minoranza (i ricchi). Aspirare all’estensione di questo metodo come “esportazione della democrazia” significa riportare di fatto il termine lessicale al suo significato originario di “governo della violenza”: questa volta dei ricchi. Nei fatti: esportare violenza.

Infatti, purtroppo anche continua la contrapposizione fra persone/Stati ricchi e sempre più ricchi e persone/stati poveri e sempre più poveri. Oltra agli Stati ufficiali poi vi sono gli “stati occulti” ovvero i poteri  economici finanziari trasversali (ma anche questa è un’altra storia).

Sta di fatto che in un sistema del genere ove le maggioranze in quanto tali non contano poiché molto  spesso non hanno i mezzi per esercitare un potere “effettivo”, “efficace” (che porti risultati concreti), spesso emerge il princeps, ovvero il politico dotato di carisma, capacità retorica, autorevolezza (o lo Stato dotato delle armi più forti), il quale si pone a capo di una democrazia formale – principato effettivo. Non parlo di “tirannide” solo perché a questo termine oggi noi ricolleghiamo automaticamente arresti, processi sommari, violenze fisiche d’ogni tipo, mentre è “tirannide” anche quella di chi rimane al potere per un numero indefinito di anni (Pericle raggiunse quasi il trentennio) ed anche chi tratta i propri avversari politici da una posizione di pregiudiziale superiorità politica tacciandoli, come li tacciava Demostene, di tradimento ed invocando per loro la bastonatura, fisica (Demostene, Mussolini) o “politica” che essa possa essere.

Come si esce da tutto ciò? Be’ io ho socraticamente posto il problema: alla soluzione ci pensino persone assai ben più preparate  di un povero blogger …

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UNA COMICA FERROVIARIA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Dicembre, 2015 @ 8:07 am

Detto altrimenti: … di chi usa sempre e solo l’auto           (Post 2224)

WP_20151219_002Come sono cambiati i treni dai tempi miei! Pensate un po’ … ho potuto fare il biglietto da casa, con il computer: un successo! Mai avrei creduto di essere tanto bravo … che lo sapete anche voi che “ai miei tempi” questi cosi non esistevano! Già … dovevo andare a Bologna a pranzo da mio figlio … sì, mio figlio: ormai è grande, lavora in quella città in un’importante Gruppo: “Papà, dai, lascia stare l’auto … è più sicuro: la nebbia, il traffico …”. Ed io l’ho voluto accontentare.

Solo che … come ci vado alla stazione? Con il taxi? Ma se hai la fermata del bus sotto casa! E allora scendi, vai a vedere gli orari. Detto, fatto: ore 08,29. Il Trento è alle 09,10, il tragitto per la stazione è breve. Ma … e i biglietti? Vai all’edicola dei giornali ed è fatta. Come sei bravo!

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La fermata del bus, vista dal balcone di casa

La mattina. Con la moglie, pronti  per tempo, ci presentiamo alla fermata alle 08,15. Alle 08.20 accorgo che ho dimenticato il telefonino in casa. Lascio  miei guanti a Maria Teresa e corro a prenderlo: infatti è pur vero che ho stampato gli estremi del biglietto, ma ci tenevo a poter mostrare al controllore avere il “biglietto elettronico” sul telefonico, una figata da niente! Scendo in strada alle 08,25 in tempo per vedere passare l’autobus. Lo rincorro, lo raggiungo alla fermata alle 08,26. Maria Teresa stava parlando con l’autista: “Ma lei è in anticipo …”. “Si, vabbè, ma tanto io per ripartire aspetto l’orario”. Io salgo alle 08, 27. L’autista riparte con due minuti di anticipo sulla tabella di marcia. No buono.

“Maria Teresa, per favore, dammi i miei guanti”. “Ne ho uno solo, l’altro dev’essermi caduto di mano alla fermata”. Peccato, ci tenevo tanto ….

Arriviamo alla stazione con larghissimo anticipo. Comperato il giornale  si va al marciapiede. Scendere e salire le scale con una valigia piena di vini trentini Doc non è cosa da poco. Entriamo nella saletta d’aspetto. Un giovane ci guarda. Noi lo salutiamo. Poi Maria Teresa pensa che potremmo andare ad aspettare il treno nei locali del bar. Usciamo dalla saletta. Paziente, addomesticato, mi accingo a rifare discesa e salita di scale con 20 litri di vini-regalo al seguito. Poi rifletto: “Ma … scusa, abbiamo già fatto colazione, che ci andiamo a  fare al bar”? Giusto. Rientriamo nella saletta. Il giovane di prima, essendo rimasto solo, si era stava concedendo una sigaretta. Come noi entriamo, lui esce.

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Il guanto ritrovato …

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Il guanto perso. Un pensiero costante. Un’idea! Telefono ad una condomina amica: “Scusa, scenderesti mica in strada a vedere se trovi un guanto …?” “Si, vado”. Dopo un po’: “Trovato!”. Bene, grazie! Ora sono tranquillo … purchè nel frattempo io non perda l’altro!

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… l’altro!

Annuncio ritardo, cinque minuti (da Bolzano, già cinque minuti? Che bravi!): ma a Verona i minuti per la coincidenza scendono a sette! Speriamo bene! Ad Ala i minuti di ritardo sono saliti a otto. Il terrore corre sul filo. Passa la Capotreno: “Senta, per favore, avvisi il collega che ci aspetti…”. “Si certo, siete in tanti …” Poi l’altoparlante ci informa che troveremo la coincidenza al binario 10. Bene.

In treno, breve colloquio con una Moldava sulla Transinistria. Ne parlerò fra qualche post. 

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Bologna. All’arrivo mio figlio ci attende alla stazione, lato “strage”. Fa sempre impressione, quell’orologio fermo all’ora dell’esplosione. Tralascio i dettagli della festa familiare, dell’ottimo pranzo a base di pesce e vini superdoc.

thHWGL051ZSi torna in stazione. Binario 16: e chi se lo sarebbe aspettato? I binari sono al terzo piano sotto … scale mobili, pareti in acciaio, luci “spaziali”: per le Frecce (già, abbiamo prenotato un treno diretto, superveloce, il Roma-Bolzano, paghi un posto e ne ricevi due!), hanno interrato i binari: uao! Una figata! In meno di due ore siamo a Trento, a casa un minuto prima delle 21.00. Questa volta: ebbrava Trenitalia! Che differenza da quando, nei miei film, viaggiavo clandestino nei carri bestiame!

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