DORIAN

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Febbraio, 2012 @ 5:36 pm

Detto altrimenti: caro micio, ho radunato altre tue foto …

Marzo 2001, Edoardo mi saluta prima di lasciarmi da Riccardo

Gli amici mi dicono che è normale soffrire per l’improvvisa morte del tuo gatto, dopo dieci anni che lui ti aveva adottato e ti faceva le coccole. Chi non ha mai avuto animali forse non mi capirà del tutto. Chi li ha avuti, penserà che io abbia scoperto l’acqua calda … ma era la prima volta che avevo una bestiolina in casa … arrivata quasi per caso, un regalo di mio figlio Edoardo … Dorian era diventato parte della famiglia. E lui aveva scelto me, come suo “amico” Sì, i mici, sono loro a sceglierci, non viceversa.
Dorian mi seguiva negli spostamenti da una stanza all’altra. E non per chiedere da mangiare o altro, ma semplicemente per starmi vicino talchè io dovevo sempre avere un posto libero per lui accanto me: davanti al computer, a pranzo, alla televisione. Nel lettone matrimoniale poi io accennavo a mia moglie la canzone “E lui fra di noi …”.

Qui ho un anno, sono in vacanza al mare (Bogliasco, GE): ho già l'aria furbetta ...

Al mattino appena mi svegliavo e la sera prima che io mi addormentassi Dorian veniva a trovarmi, sdraiandosi sul mio petto guardandomi con quei suoi occhioni azzurri e dolcissimi.
Questo è l’aspetto che maggiormente ricordo e che mi fa commuovere, ogni volta che lo penso. Questo suo darmi la amicizia, ricercarmi, volermi state accanto. Questo suo darmi tanto, chiedendo poco, veramente poco. Noi “umani” dovremmo veramente imparare molto da loro, da queste bestioline.
Quando ci si spostava in automobile, il tragitto da casa alla macchina e viceversa lo faceva dentro la sua gabbietta. I primi tempi, quando capiva che si stava per uscire, (e lo capiva, e presto anche, alla prima borsa o valigia che vedeva girare per casa!)

Qui controllo Maria Teresa che aggiorna i suoi registri di scuola

andava a nascondersi sotto il lettone, al centro, ed io a sdraiarmi per prenderlo e farlo uscire. Tuttavia mai un graffio, una ribellione. Era sereno e rassegnato, del tipo “Va bene, va bene … vengo”. Poi, in auto, tutto il sedile posteriore coperto da un asciugamano, era tutto suo, tranne qualche “affaccio” sul bracciolo anteriore, fra me e Maria Teresa, forse per controllare se … avevo imboccato la strada giusta.
E le serenate alla gattina della porta a fianco a Trento e quella del piano di sopra a Riva del Garda, quando andavamo a trovare la nonna?
Avevi una cuccetta tutta tua, con la copertina … quando mai!? Dove si dorme? In inverno, sui piedi miei o di Maria Teresa. Nella

Oh, ecco, hanno aggiunto un posto a tavola ...

bella stagione, nel posto più fresco della casa, in sala da pranzo, con tutti quei tappeti e divani … e se no perché ce li avrebbero messi?

Sapevi chiedere ciò che volevi, ma con garbo e dignità, sempre. Volete qualche esempio?

 Io sono a letto o in poltrona, leggo un libro. Dorian arriva, si sdraia sul mio petto o sulle ginocchia e con una zampina cerca di scostare il libro “che ci divide”. Al terzo tentativo cedo.
 Fame? Basta sedersi dignitosamente in silenzio davanti alla ciotola vuota, o anche semipiena se le crocchette sono vecchie … e che diamine!

Le mie esplorazioni della nuova casa

 Acqua fresca? Stessa attesa dentro la vasca da bagno. Meglio se io m i riempio d’acqua il cavo della sua mano: gli piace bere da lì! In mancanza si beve dalla apposita ciotola.
 Coccole al mio rientro a casa? Ci si sdraia a pancia all’insù.
 Grattatina con la apposita spazzola? Si salta sul tavolo della cucina. Chi vuol capire capisca.
 Vuole giocare? Gli bastava mordicchiare delicatamente i miei pantaloni e poi corsa a nascondersi fra le gambe del tavolo della sala.
 Uscire sul balcone? Come per chiedere cibo, davanti alla porta finestra.
 Rientrare in casa? Normalmente lasciavo la porta finestra accostata. Dorian si alzava sulle zampette posteriori, si appoggiava con quelle anteriori al vetro ed il gioco era fatto.
 Se sono a tavola o al computer e non ho collocato accanto a me una sedia per lui … piccoli colpetti con le zampine sulla gamba (destra o sinistra, non importa). Se poi tardavo, me lo ritrovavo sulla tastiera del computer! 

Sto benissimo .... letteralmente fra due guanciali!

I suoi miagolii, rari e misurati, uno per ogni circostanza. La serenata alle gattine, un lungo miaaaaoooooo (da pianoforte); voglia di coccole? Un semplice mià (nota più “corta”,.da fortepiano, con la o appena sfumata), breve breve. Il viaggio in auto dura troppo? Miaoo miao, due volte. Ci capivamo alla prima, vero Dorian?
E quella volta che sei venuto con noi in vacanza al mare, in Liguria? Eri piccolo … ti abbiano lasciato solo casa un pomeriggio … tu ti sei infilato nel poggiolo della vicina e poi in casa sua … e quella signora a chiedere aiuto a noi perchè … perché aveva paura a prenderti in braccio!
E quella volta, l’unica, che ti ho portato a cena con me, dagli amici

Qui sto facendo la serenata alla gattina del piano di sopra

con casa e giardino alle pendici del monte Brione a Riva del Garda? Uscendo non ti ho più visto! 24 ore di ricerche (Maria Teresa mi aveva fatto nero!) e poi dov’eri finito? Sotto il pavimento di legno della loro veranda c’era un piccolo intercapedine, perché non esplorarlo? Però quella volta … io avevo sbagliato, d’accordo, ma anche tu … via … per 24 ore senza rispondere ai nostri richiami! E quando alla sera successiva, in risposta a nostro scuotere la tua ciotola piena di crocchette abbiano sentito il tuo miaoooo flebile flebile … che gioia! Un’altra volta ti avevamo perso … in casa: eri dentro un armadio! Insomma, in queste occasioni tutto è bene quel che è finito bene.

Una delle mie prime "uscite" (nel giardino di Sandra, a Riva del Garda), 11 anni fa ...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mia ultima fototessera

Questa volta però non è finita bene. Dorian, te l’eri cavata egregiamente da un volo dal terzo piano, avevi ancora sei vite a disposizione … perché te le sei bruciate tutte e sei, così, improvvisamente? Stavi bene, pulito, curato, sereno e poi …. improvvisamente, nonostante le immediate cure del veterinario ed il ricovero presso la clinica per gatti, perché … a nemmeno undici anni compiuti? Sai, me ne ero accorto che qualcosa non stava andando bene, l’ultima mattina che sei salito ul letto per il buongiorno. Non è stato il solito salto silenzioso per cui ti materializzavi all’improvviso sul copriletto, al mio fianco. No. Ho sentito che mentre saltavi ti aiutavi a salire con le unghiette sulla “parete” laterale del letto: la spinta non era stata sufficiente, cominciavano a mancarti le forze, e tu, ugualmente, non hai voluto macare all’appuntamento e sei venuto a salutarmi! Grazie Dorian per  l’affetto  che mi hai regalato!

 

 

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Imposte, equità, famiglia e ….

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 16 Febbraio, 2012 @ 6:49 pm

 Detto altrimenti: pane al pane e vino al  vino  + … un po’ di formaggio (ovvero, alcune riflessioni sul lessico  familiare fiscale + … qualcos’altro)

1) Si dice: Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) e Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche (IRPEG). Ciò è vero per l’IRPEF, la quale è l’imposta è sul reddito delle persone fisiche cioè sulla somma calcolata senza detrarre prima se non una minima parte dei costi di produzione del reddito. Ma al contrario, L’IRPEG è l’imposta sull’utile delle imprese, cioè su quello che resta tassabile dopo la detrazione della stragrande maggioranza dei costi di produzione del reddito. Il suo nome esatto dovrebbe essere IUPEG, cioè Imposta sull’Utile delle Persone Giuridiche. A meno che una famiglia non riesca ad organizzarsi in società, detraendo dalla massa imponibile il costo dell’affitto, del mutuo, delle bollette, dei trasporti, etc., la Morale (n. 1) è che la persona fisica (la famiglia) è penalizzata.

2) Si dice: l’IVA, l’Imposta sul Valore Aggiunto, non è un costo né un ricavo, ma una partita di giro perché l’impresa la paga a monte (quando acquista beni e servizi) e l’incassa a valle, quando vende beni o servizi. Se il prezzo di vendita sarà maggiore di quello d’acquisto, l’IVA incassata in più sarà versata allo Stato, a pareggio. Ma la famiglia è solo acquirente di beni e servizi, mai venditrice. Quindi l’IVA la paga solo, a monte. Non la può scaricare a valle, mai. Morale n. 2 : come sopra.

3) Rivalutazione degli immobili anche ai fini dell’applicazione dell’ICI-IMU. Nel caso di una famiglia, la rivalutazione colpisce subito l’immobile, generando immediate maggiori imposte, indipendentemente da un aumento del reddito della famiglia la quale vede “certificato” l’aumento del valore dell’immobile e cioè vede “accertato” il maggior valore del proprio patrimonio, e pertanto deve far fronte a maggiori imposte, cioè a maggiori esborsi finanziari, senza poter contare su maggiori introiti finanziari. Per pareggiare tale sbilancio, la famiglia dovrebbe avere maggiori entrate e cioè, al limite, vendere l’immobile stesso. Morale n.3 : come sopra.

4) L’adeguamento del valore dell’immobile “dichiarato in atto notarile” al suo valore di mercato, valore diventato negli anni molto superiore al dichiarato, fa sì che quando la famiglia acquista un immobile non potrà più essere invitata dal venditore a dichiarare nell’atto notarile un valore inferiore e a (pre) pagare una parte del prezzo “a parte”. Quanto sopra:
a) “fa male” alle singole famiglie compratrici e venditrici di case in quanto potrebbe portare un aggravio di prezzo per la famiglia acquirente e un aggravio di imposte per la famiglia venditrice;
b) “fa bene” a tutte le famiglie (anche non venditrici o compratrici di case), perché tutti i venditori e tutti i compratori di case pagheranno più tasse e tutte le famiglie potranno contare su maggiori servizi da parte dello Stato;
c) “fa bene” a tutti perché elimina dalla circolazione masse notevoli di denaro nero, contribuendo alla moralizzazione del sistema (ecco il …”qualc0s’altro!)

Morale n. 4 : qui l’equità c’è.

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GLI “ACCADEMICI DELLE MUSE” ALL’OPERA PER SAN VALENTINO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Febbraio, 2012 @ 5:05 pm

Cliccate su Marisa De Carli Postal fra due suoi quadri

Detto altrimenti: si tratta di loro attività “extra moenia” dell’Accademia, ma sempre all’interno dell’antica cerchia delle mura medievali di Trento

Ebbene sì, amici, non sto per raccontarvi manifestazioni organizzate dalla nostra Accademia delle Muse, ma di altre attività, svolte da chi è “anche “ nostro collega Accademico. Per chi si fosse messo in ascolto in questo momento, l’Accademia delle Muse è un circolo privato trentino nel quale si fa musica, pittura, poesia, teatro, fotografia, viaggi, etc.,… cioè, ognuno porta il contributo della sua esperienza, arte, passione, hobby, professione.  Ovviamente i nostri associati operano anche al di fuori delle nostre riunioni … e quindi, eccoli a voi nella giornata di San Valentino, insieme ad altri valentissimi colleghi aderenti ad altri Sodalizi e Associazioni:

Cliccate per ingrandire! Da sin.: T. Caroli; M. De Carli Postal; E. Postal; E. Buratti; L. Zanella

Ore 16,45, presso il Centro Rosmini, a cura dell’Associazione Dante Alighieri, nell’ambito della rassegna “L’arte al femminile”, con la presentazione da parte della Professoressa Signora Luciana Grillo Laino, la prima conferenziera, Tania Caroli, ha parlato di un suo libro scritto in due tempi ispirandosi a due quadri di un pittore americano di cui mi sfugge il nome (forse Hopper?). Ha una scrittura veramente molto bella, asciutta e molto incisiva: intanto che si legge sembra di vedere scorrere un film. Indi  la “nostra Accademica” Marisa Postal ha parlato di due suoi  quadri esposti, ha poi presentato una breve ricerca di tipo sociologico sulla donna nell’arte ed ha llustrato l’arte di tre pittrici: Artemisia Gentileschi, del ‘700; Emily Carr, canadese  di fine ‘800; – Frida Kahlo, messicana del ‘900. E’ quindi intervenuta la poetessa Elisabetta Postalche ha letto e commentato tre sue poesie. Indi è

Cliccate sul folto pubblico

stata la volta di Enrica Buratti, pittrice poetessa, la quale ha letto alcune sue poesie ed ha commentato alcuni quadri. Infine, last but not least, Loretta Zanella, la quale ha parlato del suo libro scritto per la malattia dl padre ammalato di alzheimer.

La sala era piena!

 

 

Alfonso Masi

 

Cliccate su Mariabruna Fait

 Ore 17,30, Biblioteca Civica, Sala degli affreschi, l’Accademico delle Muse Alfonso Masi e Mariabruna Fait in un “quasi monologo”, visto che gli attori erano due. Alfonso Masi ha recentemente testimoniato il giorno della memoria con un monologo di ben altri contenuti. Nel giorno di San Valentino, il discorso è completamente diverso. Si tratta infatti di “Caro amore ti scrivo”, esposizione di brani di lettere d’amore, d’ amore sempre “in assenza”, visto che di tratta di lettere, appunto. Amore coniugato nelle sue varie sfaccettature dell’abbandono, del desiderio, della nostalgia, della gioia, dell’esaltazione e perchè no? Anche della sessualità. Ci siamo gustati una splendida lettera di Penelope al marito Ulisse che a guerra finita “tardava” a rientrare a casa; altre di Gabriele D’Annunzio (prevedibili!); di Cesare Pavese, scritta nel 1950, pochi giorni prima di morire suicida quarantaduenne; di Giuseppe Ungaretti, innamoraosi quasi ottantenne di Bruna, una poetessa conosciuta in Brasile, alla quale scriveva una lettera ogni due giorni; di Mozart, molto passionale e semplicemente “arrapato” della moglie;  di Gioacchino Rossini, che definisce l’amore “una sinfonia in Sol maggiore”; del partigiano Paolo Braccini, poco prima di essere fucilato; di Carlo Lucarelli, che sintetizza così l’amore: “Se sei felice o soffri io sono felice o soffro con te. Se non ci sei, mi manchi”; di Alessandro Bergonzoni che all’amata che gli dice “Mostro!”, risponde: “Sì, mostrami tutto di te!”Solo per citare alcuni “scrittori d’amore”. Non sono mancati voli di fantasia (a parte a lettera di Penelope, tutte le altre sono vere): una serie di lettere scritte a Giulietta (quella di Giulietta e Romeo) ed uno scambio epistolare fra una gattina innamorata ed un bel gattone focoso.

Cliccate sul pubblico!

Ore 20,30, Istituto Comprensivo “Comenius” di Cognola, la Presidente dell’Accademia Cristina Endrizzi Garbini in concerto: “Ritratti in musica”: Franz Schubert, viennese, morto trentaduenne nel 1828, dopo aver composto oltre 720 opere. Cristina La Generosa, pur influenzata, si è sobbarcata un compito non da poco. Schubert, lo “splendido monotono”, il romantico melanconico (e squattrinato), molto bello per chi gli si dedica con attenzione .  Il repertorio è stato vario. Per citare solo alcuni brani eseguiti, tre momenti musicali fra i quali l’allegro, vivace e conosciutissimo n. 3 in fa minore. E poi tre “improvvisi” (Op.142 n. 2; Op. 90 n. 3; Op. 90 n.4), i Valzer Nobles del 1827, Op. 77 e, per finire fuori programma, la splendida 

Cliccate su Cristina Endrizzi Garbini

“Staendchen Op. 51”, la conosciutissima Serenata. Cristina, con la sua breve ma efficace “lectio magistralis” ci lascia sempre qualcosa in più, arricchisce la nostra (scarsa) cultura  di musicofili dilettanti, e ci consente di gustare appieno la musica, i suoi Autori e la loro epoca. Grazie, Cristina!

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TRENTO PER ME, DA 25 ANNI E NE SONO FELICE, ma anche “Genova per noi”

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 15 Febbraio, 2012 @ 7:00 am

Detto altrimenti: … “finalmente” (per dirla con il Goldoni), cioè, “dopo tutto”  io sono nato a GENOVA e allora, lasciatemi scrivere …100 motivi per cui è bello vivere a Genova, o anche solo 100 motivi per cui è bello ogni tanto tornarci,  ri- conoscerla, visitarla e conoscerla. L’elencazione non è mia, me l’ha mandata un’amica da Zena! (ALLA FINE DEL POST TROVERETE  IL TESTO DELLA CANZONE  “GENOVA PER NOI” DI PAOLO CONTE)

E poi … anche perchè Genova non è solo alluvioni e naufragi!

Genova, mare e monti

01. Una città che non sarà mai una metropoli, per fortuna
02. Avere mare e monti a distanza di 30 minuti, forse anche meno
03. Non conoscere il concetto di nebbia
04. La “focaccia” calda a tutte le ore
05. Il cielo terso che abbaglia gli occhi nelle giornate ventose
06. Il silenzio irreale che si gode dalla cima della Lanterna
07. I colori dell’orizzonte dopo una violenta burrasca
08. La cucina genovese, che riesce ad essere ricca con quasi niente
09. “Belìn”, questo nostro intercalare onesto, melodioso e mai volgare
10. Il mare, ovunque
11. Il centro storico più grande d’Europa

A fugassa seneize ...la focaccia genovese

12. Il centro storico più grande d’Europa, che non è una bomboniera per turisti distratti, ma un luogo veramente abitato e vissuto (Via del Campo, Fabrizio De Andrè)
13. Il centro storico più grande d’Europa con i suoi colori, la sua luce, le sue ombre, i suoi odori (non sempre gradevoli).
14. Il centro storico più grande d’Europa, con un tale miscuglio di stili e architetture .. che gli abusi edilizi passano quasi inosservati
15. Il centro storico più grande d’Europa, il cui ventre marcio ti emoziona anche quando dovresti incazzarti
16. I Palazzi dei Rolli, patrimonio dell’Umanita’
17. La medaglia d’oro per la Resistenza
18. Avere inventato la Repubblica alcuni secoli prima della Rivoluzione Francese

FC Genoa

19. Il Genoa e la Sampdoria
20. La Sampdoria e il Genoa (par condicio)
21. Avere inventato la Banca. Ma di questa invenzione non so quanto abbiamo da vantarci
22. Trentatré chilometri di costa, che per andare da Voltri a Capolungo devi chiedere ferie
23. Il vento di tramontana che d’estate benedici perché non sopporti la “maccaja”. (caldo umido)
24. Il vento di tramontana che d’inverno maledici perché ti taglia la faccia
25. Le fessure blu cobalto del cielo tra le case dei “caruggi” (alias, vicoli)

Sampdoria

26. La colazione “alla genovese” con la “fugassa” (focaccia ) pucciata nel caffelatte
27. I contrasti tra quartieri “bene” e quartieri “degradati”.
28. Portare la tua nuova amica a “vedere la città dall’alto”
29. Piazza dell’Amor Perfetto

Vespa Rally 180 c.c. (1971)

30. Sfrecciare sul lungomare con la Vespa (la mia era una Rally 180 c.c., n.d.r.!)
31. Gli autobus che si inerpicano anche sulle strade più assurde
32. “Le donne di Genova, che ridono tra i denti” ( Francesco Baccini )
33. Le donne di Genova, che parlano come “camalli” anche quando hanno l’aspetto da nobildonne .. e troviamo tutto ciò molto attraente
34. Le donne di Genova, che sembra sempre che ce l’abbiano solo loro
35. Le donne di Genova, che sembra sempre che ce l’abbiano solo loro .. anche quando sei il loro amante / fidanzato / marito da dieci anni
36. Una gatta che attraverso la persiana verde di una finestra scruta il cielo blu
37. Le pietre bianche e nere del Medioevo fianco a fianco con la Modernit�
38. Poter fare il bagno in mare ad ottobre come se fosse la cosa più normale del mondo
39.

Boccadasse, Bucca d'ase, Bocca d'asino (piccola baia a forma di -)

Boccadasse, di giorno e di notte sempre affascinante
40. Vedere da Via XX il vessillo della città sventolare con orgoglio sulla Torre Grimaldina
41. Scoprire angoli della città che non hai mai notato per vent’anni anche se sono sempre stati lì, sotto il tuo naso, da sempre
42. Appisolarsi sulla spiaggia senza nessuno che ti rompa le scatole per sloggiarti
43. I possenti leoni della cattedrale di San Lorenzo, che non sembrano per nulla cattivi, ed infatti sono diventati i “cavallucci” più amati dai bambini
44. Il “pesto”, che ci offendiamo se gli altri lo copiano, anche se sappiamo benissimo che oramai lo fanno tutti
45. La vista da Capo Santa Chiara, che vengono le vertigini da tanto che sei a strapiombo sul mare

Vista dal Capo Santa Chiara

46. I chilometri di ringhiere di ghisa che hanno vissuto mille stagioni e sono sempre lì, con quel colore indefinito, con quel colore “un po’ così”
47. La metropolitana più corta del mondo, che se fossimo in America sarebbe già diventata un’attrazione tipo Disneylan
48. Il piacere delle birrerie con i tavolacci di legno che hanno visto passare generazioni di ragazzi, appena usciti dall’ascoltare il coro della SAT o del Monte Cauriol
49. Inforcare gli occhiali da sole 365 giorni all’anno (o quasi)
50. L’enorme basilica di Carignano, fatta costruire da una famiglia nobiliare per puro “dispetto” verso i “vicini di casa”
51. Salire in 10 minuti per i “bricchi” (montagne attorno a Genova ), e trovarsi fuori dal mondo

Panorama da Castelletto

52. Salire in 10 minuti per i “bricchi” di cui sopra e trovarsi dentro una calda osteria (“ostaia”)
53. I veri genovesi … quelli che “una parola è poco, ma due sono già troppe”
54. I veri genovesi, così “chiusi” e così grandi di cuore
55. Ammirare dai Magazzini del Cotone l’arco del porto al tramonto
56. Il mare grigio d’ardesia disteso sotto il Belvedere di Castelletto
57. I mille locali della “movida”: piccoli, caldi e non troppo rumorosi
58. Sentire i nostri vecchi parlare in dialetto e riuscire a capire quello che dicono (più o meno)
59. Portare in giro per il mondo il nostro animo sinceramente “antipatico”
60. Archivolti, antri, colonne, cancelli …una città rompicapo, sempre uguale e sempre diversa

Panni stesi

61. I circoli della “pétanque” (boccie ) a Sampierdarena, nemmeno fossimo in Provenza
62. Tirare fuori il cappotto dall’armadio solo poche settimane all’anno
63. Centomila muri scrostati dal tempo
64. Gli slip e i reggiseni stesi sulle facciate delle case, che ti chiedi con curiosità di chi saranno
65. L’aperitivo delle 19, che non è stato inventato a Genova, ma ci piace credere che sia così
66. L’aperitivo delle 19 d’estate, con la brezza che ti asciuga il sudore di una giornata in spiaggia .. e sei sempre a 10 minuti da casa
67. Il selciato e le mura delle “creuze”, immutate nei secoli dei secoli, mentre oggi le case nuove vanno in malora dopo pochi anni. Creuza de mà, Fabrizio de Andrè
68. Le strambe declamazioni di Melina Riccio che puoi leggere anche sui cassonetti della rumenta.(spazzatura)

Neve a Boccadasse

69. Prendere in giro i “padani” per le code che si devono sorbire in autostrada per raggiungerci
70. La Notte Bianca, dove bisogna farsi largo tra la folla col “machete”
71. La presenza e il ricordo di De André in ogni angolo della città vecchia
72. Il “pandolce” .. .che non è mica fatto d’aria come quella roba da milanesi
73. La spruzzata di neve a gennaio che paralizza la città e fa subito chiudere le scuole di ogni ordine e grado nemmeno vivessimo al Polo Nord
74. Il “mugugno”, (lamentarsi) che almeno questo non costa nulla
75. Il “mugugno”, che è diventato il nostro sport preferito
76. Il misto “torte di verdura” servito in trattoria
77. La collana di perle delle nostre “brave ragazze”, che poi è la stessa delle loro madri, delle madri delle loro madri, ecc. ecc.

La farinata genovese

78. Gli spazi sprecati nel bel mezzo della città, che ti chiedi sconcertato come sia possibile
79. La “farinata” … semplicemente geniale
80. La Sopraelevata, che in effetti bruttina lo è, ma se non ci fosse la città rimarrebbe spezzata in due
81. La Sopraelevata, che in effetti bruttina lo è .. ma che vista ragazzi !
82. Il cartello arrugginito “città denuclearizzata” che ti accoglie quando torni a casa dalle Riviere
83. Prendere la granita a Castelletto, anche quando non fa caldo
84. Indicare educatamente ad un turista la strada per uscire sano e salvo dai caruggi
85. Far capire ad un turista che non esiste solo l’Acquario (impresa molto più difficile)

Via del Campo c'è una graziosa ...

86. Riuscire a perdersi nei vicoli .. nemmeno fossimo noi i turisti
87. “Genova è un’idea come un’altra” (Paolo Conte)
88. Le nostre brutture . che solo noi genovesi abbiamo il diritto di parlarne male
89. La coloratissima “urban art” di Piazzetta Faralli
90. La storica funivia a cremagliera di Granarolo
91. La musica ovattata che sale dai locali e dai baretti incastrati in mezzo agli scogli
92. I concerti “casalinghi” dei Meganoidi
93. Ammirare la città dall’alto quando si torna a casa con l’aereo
94. I colori, i suoni, il caos del vecchio Mercato Orientale
95. Leggere 10 gradi sul termometro nelle mattine d’inverno e mugugnare che “fa freddo”

Genova Nervi in inverno, 8 gradi più che in centro ...

96. Leggere 10 gradi sul termometro nelle mattine d’inverno, arrivare a 20 gradi a mezzogiorno, e mugugnare che “fa caldo”
97. Leggere 10 gradi sul termometro nelle mattine d’inverno, arrivare a 20 gradi a mezzogiorno .. e ti vien voglia di fare qualsiasi altra cosa tranne che lavorare
98. “Che Genova non è mai una cosa sola. Ma sempre due cose assieme, o tre, o quattro. Sempre, in ogni suo luogo, circostanza e anima” (Maurizio Maggiani)
99. Genova, che non ammette mezze misure: o la si odia, o la si ama
100. Trovarsi in qualunque punto di Genova e pensare che viviamo in ta citè ciu bella du mundu, nella città più bella del Mondo, anche quando per mille motivi “a ne fa arraggià” (ci fa arrabbiare)

“GENOVA PER NOI”  DI PAOLO CONTE

Con quella faccia un po’così
quell’espressione un po’così
che abbiamo noi prima andare a Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c’inghiotte e non torniamo più.

II. Eppur parenti siamo in po’
di quella gente che c’è lì
che in fondo in fondo è come noi selvatica
ma che paura che ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte
e non sta fermo mai.
Genova per noi
che stiamo in fondo alla campagna
e abbiamo il sole in piazza rare volte
e il resto è pioggia che ci bagna.
Genova, dicevo, è un’idea come un’altra
Ah… la la la la

III. Ma quella faccia un po’così
quell’espressione un po’così
che abbiamo noi mentre guardiamo Genova
ed ogni volta l’annusiamo
e circospetti ci muoviamo
un po’randagi ci sentiamo noi.
Macaia, scimmia di luce e di follia,
foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia.
E intanto nell’ombra dei loro armadi
tengono lini e vecchie lavande
lasciaci tornare ai nostri temporali
Genova ha i giorni tutti uguali.
In un’immobile campagna
con la pioggia che ci bagna
e i gamberoni rossi sono un sogno
e il sole è un lampo giallo al parabrise.
Ma quella faccia un po’così
quell’espressione un po’così
che abbiamo noi che abbiamo visto Genova…

P.S. 1 –  nel mio post del 26 gennaio scorso trovate il testo di “Creuza de ma’ “ di Fabrizio De Andrè, in dialetto e in italiano.

P.S.: 2 – Motivo di cui al n. 3,  nebbia a Genova: una sola volta, 1961 se ricordo bene, di mattina, eclisse tiotale di sole, tutti sui bricchi (monti) a guardare … e in città … nebbia a banchi assolutamente ben netti, nella “piana” fra Piazza Palermo e Piazza della Vittoria, ma solo nelle strade perpendicolari alla costa!

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NAUFRAGI E NON

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Febbraio, 2012 @ 7:52 am

Detto altrimenti: in mare i maggiori pericoli si corrono vicino alla costa non in mare aperto, sia in caso di tempesta che di mare calmo.

La London Valour ha già urtato la diga foranea

9 aprile 1970, Genova. Tempesta con naufragio. Il cargo London Valour era alla fonda, posizionato circa 1300 metri a sud della testata di levante della diga foranea Duca di Galliera del porto (accesso est). Io ero arrivato sulla passeggiata a mare, a 200 metri dalla nave, a bordo della mia Vespa Rally 180, che poco dopo avrei fatto fatica a mantenere nella in posizione eretta a causa del forte vento. Il Comandante aveva ordinato lo smontaggio dei propulsori poiché dovevano essere revisionati integralmente una volta entrati in bacino con l’ausilio dei rimorchiatori che erano attesi da lì a poco. Improvvisamente sulla costa si abbatté una libecciata di enorme violenza (prevista dai bollettini meteo, 60 nodi, circa 110 kmh!); l’ancora della nave cominciò ad arare ed essa andò ad incagliarsi sugli scogli della barriera. A causa dei fortissimi venti e di onde sino a 4 metri, durante le operazioni di soccorso morirono molti membri dell’equipaggio, compreso il comandante. Le successive indagini appurarono le sue gravi responsabilità, in quanto egli non si avvide in tempo del variare delle condizioni meteorologiche, né avvisò l’equipaggio del fatto che l’avviamento dei motori della nave, per motivi tecnici, avrebbe richiesto un tempo decisamente superiore al normale. Nell’unica foto allegata, vedete la nave ormai arenata contro l’esterno della stessa diga al cui interno, invece, è passato il traghetto “Fantastic” di cui qui di seguito ed alle altre foto.

Imboccare l'entrata del posto con 60 nodi di vento al traverso, a poche decine dui metri dalla schiuma della risacca contro gli scogli! (Foto scattata da terra senza teleobiettivo!)

30 ottobre 2008, Genova. Tempesta senza naufragio. Stessa entrata est del porto.. Il traghetto da crociera “Fantastic” della Grandi Navi Veloci SpA, proveniente da Barcellona con circa 500 persone a bordo, alle 08,45, con mare forza 10 e venti a 60 nodi, riesce ad entrare in porto. Manovra assai rischiosa, molto ben eseguita dal Comandante al quale tuttavia non è mancata anche una buona dose di fortuna! Infatti in quel punto il braccio di mare è largo solo 200 metri!. Un minimo errore di valutazione, un anche lieve calo della potenza dei motori come pure un improvviso fuorigiri, una raffica di vento più anomale delle altre avrebbero

Questa la possono ben raccontare ... i 500 passeggeri!

portato la nave a schiantarsi contro gli scogli della spiaggia. Alla fine si sono riscontrati una trentina di feriti, a causa del rollio e del beccheggio della nave. Lucky strike, colpo fortunato!

Gennaio 2012, Isola del Giglio. Mare calmo con naufragio … della Concordia.

Tre capitani, tre comportamenti: il primo, distratto e sfortunato. Il secondo, abile e fortunatissimo. Il terzo … vabbuo’ … ia …

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INCONTRI – 9) DANIELE DONATI – Presidente dell’Associazione Culturale Lavisana

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Febbraio, 2012 @ 8:15 am

Detto altrimenti: … Donati? … ma non era il cognome della moglie di Dante Alighieri?

Comune di Lavis (Tn)

Nato  quasi 40 anni fa a Lavis, dove è  cresciuto, figlio di uno dei maggiorenti della cittadina, Romano, uno dei tanti Trentini andati in Australia e poi tornato per essere  depositario di autentici frammenti di storia trentina, locale e d’emigrazione, capace di testimoniare più che solo raccontare storie ed aneddoti che sembrano di un’altra epoca ma che invece sono storie vissute personalmente negli ultimi ottant’anni. Da questa premessa ben si comprende come Daniele, Presidente della locale Associazione Culturale Lavisana, non possa che essere figlio d’arte. Impegnato nel suo lavoro, marito e papà, trova il tempo per questo ed altro …

Daniele Donati , innanzi tutto il tuo cognome …

Il Presidente Daniele Donati

Donati, è un cognome importante nella nostra storia, ma non so se le mie origini mi portino fino a Dante o alla nobile famiglia dei guelfi fiorentini. Sicuramente se facessi una ricerca araldica scoprirei nobili origini  e mi manderebbero a casa lo stemma di famiglia, ma credo che di storico ci sarebbe ben poco.

Presidente, quando e come è sorta l’Associazione Culturale Lavisana?
L’Associazione  nasce ufficialmente nel 1978 però già nel 1972 aveva cominciato a muovere i suoi primi, come sezione culturale, all’interno del Circolo Cine Fotoamatori di Lavis
Logisticamente, come siete organizzati?
Non siamo messi benissimo. Al momento la sede dell’associazione è presso l’abitazione del suo presidente. I nostri archivi, le nostre pubblicazioni, il materiale storico che nel corso degli anni abbiamo raccolto al momento é custodito nelle soffitte o nelle cantine di alcuni nostri associati . A breve il Comune dovrebbe darci un locale nella parte più antica del paese. Per una sede vera e propria confidiamo in prossime ristrutturazioni di immobili del Comune.
In pratica, chi vi opera concretamente, oltre al Presidente?
Il lavoro principale viene svolto dai nostri tre storici, Andrea Brugnara, Andrea Casna e dal nuovo entrato Daniele Erler, che sono rispettivamente direttore, vicepresidente e segretario dell’associazione, che vede poi il supporto di tutto il direttivo (10 persone in tutto) e di volta in volta di qualche socio.
Finanziariamente, godete di contributi pubblici e di sponsorizzazioni?
I soldi … sarebbe bello poterne fare a meno ma con la sola buona volontà non si va lontano! La nostra attività è supportata da un contributo annuale del Comune a da un contributo annuale della Cassa Rurale di Lavis Valle di Cembra. Altre entrate sono rappresentate dalle tessere dei soci, ma si tratta di pochi euro in quanto l’iscrizione ne costa solo cinque.
Per i progetti più importanti ci è capitato di chiedere aiuto anche a Provincia e altre istituzioni locali con un buon riscontro, probabilmente grazie alla bontà del progetto.
Come viene diramata l’informazione circa le vostre manifestazioni?
Attraverso i canali classici quali locandine, articoli su giornali locali e comunicati sulle televisioni locali. Poi siamo attenti anche ai nuovi modi di comunicare è quindi mail, facebook, ecc..
Nel passato più recente, quali manifestazioni ha organizzato?
L’ultima manifestazione è stata fatta in dicembre con una mostra di 15 giorni e una pubblicazione sulla nobile famiglia dei Thun ed il loro legame con la comunità di Koenisgberg. In autunno abbiamo organizzato una serie di incontri legati al 150°  anniversario dell’Unità d’Italia.
Abbiamo anche organizzato due pomeriggi con i bambini in cui abbiamo portato per le strade del paese San Nicolò, con frate, Angelo e Krampus che distribuivano dolci a tutti i presenti. Un successo inaspettato.
Conservate documentazione di quanto andate facendo?
Cerchiamo di catalogare e conservare tutto. Certo che se avessimo una sede tutto sarebbe più comodo. Adesso è già un’impresa sapere chi ha cosa.
Siete sul web? Pensate di andarci?
Abbiamo i nostro sito internet www.associazioneculturalelavisana.it
e siamo presenti anche su facebook

Mostra Thun

Qual è la rispondenza della popolazione alle vostre iniziative?
Talvolta spendi tempo e fatica e poi vedi che solo poche decine di persone vengono a vedere il frutto del tuo lavoro e allora pensi di avere sbagliato qualcosa. Poi parli con persone di altre associazioni e capisci che anche loro difficilmente riescono a smuovere l’interesse della gente. Il nostro compito è quello di fare una proposta; se a fine serata o manifestazione c’è qualcuno che se ne torna a casa soddisfatto, allora credo che abbiamo fatto un buon lavoro.
In quali rapporti siete con altre associazioni e organismi locali, quali SAT, circoli sportivi, organizzazioni di volontariato, etc.?
Nel corso degli ultimi anni mi sembra ci sia un maggiore dialogo con le altre associazioni, ci sono progetti comuni che cerchiamo di portare avanti assieme. Credo sia giusto che ogni associazione mantenga la propria identità, ma credo sia anche fondamentale non pestarsi i piedi e provare a portare avanti qualcosa di importante assieme.
Nel panorama dei Comuni “minori” (e cioè, escludendo i “grandi ed i “medi” quali Trento, Rovereto, Riva del Garda, Pergine, Borgo Valsugana) ti risulta che esistano analoghe Associazioni?
Di sicuro esistono realtà simili alla nostra, basta prendersi la briga di andare e cercare e si vedrà che anche nei paesi più piccoli ci sono incontri, conferenze manifestazioni ecc. Da questi punto di vista il nostro territorio è una fucina inesauribile.
Esiste una reciproca comunicazione?
A livello di singole associazioni, se si esclude qualche progetto che viene portato avanti assieme, non c’è molta comunicazione. Noi comunque siamo iscritti al Centro Servizi per il Volontariato.
Ultima domanda: come valuti che sia colto il senso ed il significato del vostro impegno?
Mi sembra che il nostro lavoro sia apprezzato sia dalla popolazione sia dalle istituzioni pubbliche.
Anche se come ti ho detto non smuoviamo folle oceaniche. Un dato confortante è che negli ultimi anni abbiamo ricevuto un discreto numero di richieste di iscrizione da parte di persone che hanno visto cosa facciamo e che hanno deciso di dare una mano. Questo ci ha permesso di ringiovanire l’associazione e di portare forze fresche, nuove idee ed entusiasmo. A questo punto non mi resta che invitare tutti a consultare il nostro sito e a venire al nostro prossimo appuntamento fissato per il giorno 2 marzo alle ore 20.30 presso l’Auditorium della Biblioteca di Lavis per una serata dal titolo “A bordo della Città di Milano – L’impresa del dirigibile Italia di Umberto Nobile fotografata da Carlo Felice Garbini”. Interverranno Cristina Endrizzi Garbini, Alessandro Aichner, Enrico Fuochi.”

Grazie Presidente, la vostra iniziativa è assolutamente meritevole: mantenete vivo l’amore e l’interesse per le tradizioni, per la cultura, per lo “stare insieme” e dimostrate quale sia l’enorme differenza fra il “fare” e “l’aspettare che altri facciano”. 

 

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VIABILITA’ SOSTENIBILE: PROPONIAMO PER LA NOSTRA PROVINCIA UN MANIFESTO PER SALVARE I CICLISTI (e per indurli a rispettare a loro volta le regole)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Febbraio, 2012 @ 7:25 am

Detto altrimenti: l’amico Alessio Zanghellini mi segnala dal Corriere della Sera quanto promosso dal quotidiano londinese Times per aumentare la sicurezza di chi usa le due ruote.

Il sindaco di Londra, Boris Johnson in biclicletta nella City

La campagna “Cities fit for cycling” del Times a sostegno della sicurezza dei ciclisti in pochi giorni ha raggiunto 20 mila adesioni. Il 2 febbraio scorso, il Times, dopo un grave incidente subito in novembre da una sua giornalista ora in coma, aveva aperto la sua homepage con un appello, chiedendo al governo inglese una serie di azioni da porre immediatamente in campo per tentare di fermare una strage che ha contato, in dieci anni, ben 1.275 ciclisti uccisi. Ecco gli interventi proposti per la GB:

1. Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote.
2. I 500 incroci più pericolosi del paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato.
3. Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta nel Regno Unito e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti.
4. Il 2% del budget della società che controlla le autostrade dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione.
5. La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida.
6. la velocità di 30 km/h devono essere il limite di velocità massima dei moto ed autoveicoli nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili.
7. I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili prendendo ad esempio lo schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays Bank.
8. Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.

Ciclista ferito (solo leggermente, per fortuna) dopo un "incontro" con un'auto su una ciclabile!

La campagna si è estesa in tutta Europa e ha conquistato il Web, inducendo ulteriori interventi più specificamente necessari in Italia, paese in cui oggi circolano oltre 11 milioni di biciclette e che, a livello europeo, nel 2010, si colloca al terzo posto per la mortalità stradale dei ciclisti, preceduto solo dalla Germania (462 morti) e dalla Polonia (280).

Cliccate sulla foto: normativa per ciclisti in Val Aurina (Bz)

E voi, quali osservazioni avete da fare a favore e/o a carico dei ciclisti? Quali norme proporreste fossero ribadite (se già esistenti), o emanate ex novo e comunque rispettate, fatte rispettare e sanzionate nella nostra Provincia Autonoma?

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EDIZIONE STRAORDINARIA – ACHTUNG! LIBERALIZZAZIONI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Febbraio, 2012 @ 6:15 am

Detto altrimenti: ma con quale coraggio?

Ma con quale coraggio da parte di talune categorie si stanno oggi attivando tutti i mezzi (oltre 2.400 emendamenti!) per opporsi alla loro rispettiva liberalizzazione? Con quale coraggio, di fronte ad un Paese che rischia di affondare, facendo ben più vittime della Concordia? 

Quo usque tandem ...?

Fino a quando, mi domando, quo usque tandem … diceva Cicerone, abuteris patientia nostra? Fino a quando si abuserà della nostra pazienza, dello spirito e della capacità di sopportazione del nostro Paese? Avvocati, notai, petrolieri, farmacisti … tanto per non fare nomi … lascerei fuori i tassisti, che proprio non mi paiono i maggiori responsabili delle rigidità che hanno impastoiato per decenni il Paese …

In alcuni miei passati interventi ho sottolineato come oggi l’Italia rischi un secondo Medio Evo, con la cancellazione del Ceto Medio (v. post di data 28 dicembre 2011 e 21 gennaio 2012), cioè di quella classe che da un lato garantisce i consumi e dall’altra rappresenta il modello, il traguardo al quale, usando una “terminologia ferroviaria” del passato, la “terza classe” sociale può legittimamente aspirare. 

Grazie, Presidente!

Oggi esprimo lo stesso concetto con altri termini: L’Italia deve risvegliare, riattivare, far rinascere la “mobilità sociale”, ovvero deve ristabilire le precondizioni secondo le quali, chiunque, anche se “humili genere natus”, purchè si impegni e ne abbia le doti di volontà e di intelligenza, possa raggiungere ogni più alta posizione nella scala sociale, economica finanziaria, politica etc..
Occorre cioè che si superi l’attuale realtà italiana secondo la quale la maggior parte dei figli fa ciò che ha fatto il padre, di farmacista in farmacista, di notaio in notaio, di medico in medico etc.. 

Grazie, Presidente!

Ed allora, coraggio, Presidente Monti, coraggio, siamo con Lei, vada avanti! Con quale coraggio? Con il coraggio che ha una Persona come Lei, consapevole di essere, immediatamente dopo il Presidente Napolitano, il Nuovo Rifondatore della Repubblica; con il coraggio di chi non è un politico “di mestiere”, né tanto meno un improvvisato; con il coraggio di chi non è ricattabile dallo spettro della non rielezione; con il coraggio che Le deriva dalla nuova rinnovata considerazione internazionale che Lei ha riguadagnato per il nostro Paese da Lei oggi ben governato e, conseguentemente, assai ben rapresentato. Con  questo coraggio. Grazie, Presidente! Grazie a Lei sono nuovamente orgoglioso di essere Italiano.

E dopo le liberalizzazioni, Presidente, si occupi delle privatizzazioni delle tante spa pubbliche, non nel senso “italiano” di cederle necessariamente ad un imprenditore privato, bensì, nella misura massima possibile nel senso anglosassone, secondo cui privatizzare si traduce con l’espressione “to go public” cioè “andare verso il pubblico” cioè aprire il capitale sociale delle società alla cittadinanza, creando un azionariato diffuso. A cominciare dai servizi pubblici locali.

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Eroi, ieri e oggi

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Febbraio, 2012 @ 9:30 am

Detto altrimenti: nell’antica Grecia erano Eroi solo i figli di in Dio/Dea e di una donna/uomo mortali . Lo erano per diritto di nascita, indipendentemente dalla loro successiva condotta.

L'Eroe Achille

L’Iliade “di poco fa”, cioè del post precedente, mi ha richiamato alla memoria la figura dell’Eroe per gli antichi Greci. L’omerico Achille  era figlio della dea Teti e del mortale Peleo). Oggi, secondo questo canone, chi ha fede potrebbe dire che abbiamo un solo Eroe: Gesù Cristo. Tutti gli altri che avessero compiuto  imprese eccezionali o avessero comunque qualità superiori alla media sarebbero stati ( e sono, ai giorni niostri)  “semplicemente” uomini/donne che facevano il loro dovere in modo e con abilità straordinarie. Non sarebbero Eroi. Per restare nell’Iliade di Omero, il troiano Ettore non lo era, ma era migliore di Achille. Almeno lui si batteva per difendere la patria e la famiglia, non per riprendere la moglie di un amico, Elena, scappata a Troia con l’amante Paride, né faceva sciopero perché gli avevano sottratto la concubina preferita

Madre Teresa di Calcutta

Oggi, alla figura dell’Eroe, si è sostituita – ma vale solo per i credenti – la figura del Beato e del Santo. A parte costoro, peraltro purtroppo assai rari, oggi, non ci servono Eroi  ma donne e uomini che facciano il loro dovere. Di questi abbiamo un gran bisogno.

Un commesso viaggiatore muore in un incidente automobilistico nella nebbia e nella neve della Val Padana, mentre cerca di portare a casa la pagnotta. Altri, tanti, troppi, muoiono negli incidenti sul lavoro in miniera, nelle fabbriche, sui campi, nei cantieri.

Mamme, lavoratrici, pendolari. Abitavo a Monza. Lavoravo a Milano. Mattina presto Dall’interno dell’auto spesso vedevo giovani mamme con in braccio un fagottino imbacuccato, che correvano a portarlo (suppongo), alla nonna e poi, via, di corsa, al treno per Milano, per poi prendere un bus o il metrò ed essere, finalmente, alle otto e mezza – nove, in ufficio e poi, sempre verso le otto, ma questa volta di sera, per essere di nuovo a casa, dopo essere passate dal supermercato e poi a riprendere il fagottino di cui sopra. In estate e in inverno, con l’afa soffocante con l’umida fredda nebbia padana. Una mia impiegata veniva a lavorare a Milano nord, tutti i giorni, in treno, da Bormio. Un’altra, da Pavia. 

Salvo D'Acquisto

Il Brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto, in servizio dopo l’8 settembre, si offrì quale vittima innocente al fuoco nazista per evitare la fucilazione di alcuni ostaggi civili.

Un altro brigadiere dei CC di nome Dario, dopo lo stesso 8 settembre, catturato dai Tedeschi che erano stati informati dell’armistizio (loro si, gli Italiani no!) si rifiutò di prestare servizio ai loro ordini e si fece due anni di campo di concentramento in Germania. Ebbe fortuna, tornò a casa da sua moglie, cioè mia mamma, da

L’altro Brigadiere, qui già Maresciallo Capo …

mio fratello e da me. Era stato carabiniere a Palù di S. Ordola (Tn)  e a Bolzano, Brigadiere a Vermiglio (Tn). Finì la carriera come Maresciallo Maggiore a Cles (Tn).

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L’ILIADE LETTA NELLA BIBLIOTECA DI TRENTO, con MARIA LIA GUARDINI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Febbraio, 2012 @ 7:49 am

Detto altrimenti: la Professoressa Maria Lia Guardini, presso la Biblioteca Civica, ne gestisce una interessante rilettura attualizzata. Ovvero, i poemi classici per tutti, per i giovani d’oggi e per quelli di ieri (si veda il post del 31 gennaio scorso)

Omero

Omero, migliaia di anni fa. Poeta greco. “Epta poleis màrnontai sofen diarizein (?) (einai to patrida ?)  Omerou: Smurne, Kios, Kolofon, Itaka, Pulos, Argos, Azinai” (cito a memoria versi che udii 52 anni fa. perdonerete quindi gli immancabili errori): sette città si contendono l’onore di essere la patria di Omero: Smirne, Chio, Colofone, Itaca (o Rodi?), Pilos (o Salamina?), Argo, Atene. Poeta diventato cieco (O me oròn, Omero, il non vedente) che riuscì a far scrivere ciò che gli aedi (cantastorie), persone di grandissima capacità mnemonica, solevano riportare a voce di generazione in generazione. L’Iliade narra di un Turco (della città di Troia, in Anatolia o Asia Minore che dir si voglia) che rapisce la moglie di un Greco. I Greci, che all’epoca erano organizzati sulla base di tante città-stato, si coalizzano, allestiscono un esercito ed una flotta e vanno a riprendersi la donna, dopo una guerra di dieci anni conclusa con la distruzione di Troia.

Dopo l’Iliade segue, dello stesso Autore, l’Odissea, il viaggio di ritorno di un Greco, Ulisse, fino alla sua Itaca, e, a firma di Virgilio, l’Eneide. viaggi di un Troiano in Italia, poi copiato da tale Goethe con il suo “Viaggio in Italia”. Ma queste sono altre storie.

Restiamo in tema. L’Iliade, letta oggi con uno sguardo superficiale, dal punto di vista della sceneggiatura è soprattutto un “film di guerra”. Scontri ed uccisioni continue che si interrompono ogni sera, al calar della notte. Di notte non si combatte: tutti al “ristorante del rispettivo accampamento” a magnar e bever.  Ed ecco che qui mi sorgono tre domande:

1. Ma quanti erano questi guerrieri, da entrambi le parti? Infatti ogni giorno si trattava di rimpiazzare schiere di caduti, guerrieri fisicamente forti,  muscolosi, addestrati, esperti nell’uso di spada, scudo, lancia e arco. Non di reclutare i ragazzi del ‘99 per schierarli sul Piave. Dove prendevano i rimpiazzi? Dice … ma erano tantissimi, da ambo le parti. Ah sì? Erano tantissimi? Ed allora mi sorge il secondo dubbio.

2. Come si potevano approvvigionare di cibo due numerosissimi eserciti, durante i ben dieci anni di guerra? Una volta dato fondo alle scorte, depredate le campagne e le coste … che facevano? Andavano a pescare? Si mettevano a coltivare i campi? La velocità dell’utilizzo delle scorte era ben maggiore della loro stessa capacità di essere ricostituite, quand’anche …
3. Terzo dubbio: “ e dopo aver mangiato, mangiato e ben bevuto …” la mattina dopo a combattere? Con quel cerchio alla testa per il tannino e la enormi fiorentine alla brace, probabilmente “underdone” cioè al sangue? (Non “bloody”, per carità, che letteralmente significherebbe  “sanguinolente, sanguinarie” ma che più spesso viene usato come insulto :“maledette”, “dannate”. Infatti, ad un turista che non sapendo bene l’inglese, aveva chiesto al cameriere una “bloody steak” , una bistecca al sangue, nelle sue intenzioni, il cameriere, con sarcasmo, chiese: Perhaps do you want also some fucked potatoes?)

Ma non basta. devo capire cosa fosse, per i contemporanei di Omero, quel racconto: fantascienza? Il vangelo dell’epoca? Già, perché l’Iliade (come pure l’Odissea) è piena zeppa di fatti extra-terrestri, di miracoli e di interventi dei loro dei. E loro ci credevano nei loro dei, e come! Basta guardare che po’ po’ di templi avevano dedicato loro, splendide testimonianze giunte sino a noi!. Ed allora? Ripeto: probabilmente fantascienza per chi non aveva fede o credeva solo negli “dei storici” un po’ come oggi taluno crede solo nel “Cristo storico”. Vangelo per i credenti.

Navi, accampamento e fortificazioni greche

Un film, dicevo. Anche per la tempistica delle azioni (e qui entra in gioco il regista Omero). Quanti film infatti, in un paio d’ore, ci raccontano vicende di decenni, di secoli . .. Ciò accade anche nell’Iliade. Un esempio? I Greci decidono di costruire un muro ed un fossato a difesa delle loro navi, che giacciono tirate in secco sulla spiaggia. Detto fatto. Poche righe sotto.” Erette le difese, tutti a cena, visto che s’è fatto tardi”. Ma si trattava di un’opera importante, opera che gli Dei guardavano ammirati e stupefatti dall’alto dell’Olimpo, una grande opera pubblica, un po’ come – mutatis mutandis (“cambiate le cose da cambiare”, cos’altro avevate capito!?) – la Muraglia Cinese, unica opera umana visibile dalla luna! In poche righe? E nel frattempo, i Troiani, stavano a guardare il nemico che si fortificava? O forse avevano anticipato l’orario della loro cena?

Ho scherzato, solo per rendere attraente e adatta ad essere materia di un “post” di un “blog”. Ma “ridendo castigat mores” che non vuol dire che “ridendo castigo i negri”, bensì che “pur con forme scherzose cerco di correggere i costumi”. Infatti, ora facciamo i seri.

L’animo umano, le sue passioni, la sua ricchezza e le sue miserie, la ricerca e l’amore per le proprie origini, la cura delle proprie tradizioni, l’amore per la cultura, il rispetto e la pietas per i morti. Tutto è rappresentato nell’Iliade. E molta poesia, poesia vera. Molte similitudini (dalle quali mi piace pensare che abbia attinto Dante Alighieri, soprattutto se leggete l’Iliade nella traduzione di Vincenzo Monti, scritta in endecasillabi, anche se non in terzine a rima incatenata!). Noi, oggi, non abbiamo inventato nulla.

Ecco, a questo punto ho un’ultima domanda da pormi. La lettura è il cibo della mente, recita un recentissimo ed apprezzato spot televisivo per invogliare gli italiani a leggere. Mi domando: come si può far comprendere ai giovani il valore educativo e formativo dello studio dei classici? Di qualcosa che alla loro età viene perlopiù trangugiato a forza come un’amara medicina senza “soave liquor sugli orli del vaso” per dirla con il Parini, e non gustato lentamente, con piacere, come un prezioso. saporito e nutriente alimento?
Certo, mi direte, quella è l’età della semina. Il raccolto verrà dopo.
Già, mi permetto di rispondere, ma se oggi si tolgono i semi ai seminatori, se oggi la scuola si riduce a saper fare e copiare ricerche in Internet (Internet, che pure io apprezzo ed utilizzo), cosa farà crescere la mente dei nostri ragazzi?
Vogliamo mandare i nostri ragazzi a scalare la ripida parete della vita senza aver fatto far loro una adeguata scuola in una palestra di roccia?

Stiamo attenti: a forza di “semplificare, tagliare, ridurre, dimenticare” ci stiamo riducendo ad accettare che sia dato a noi stessi solo “panem et circenses”, cioè quel tanto che serve a noi per sopravvivere e distrarci, e a chi ci governa per fare impunemente quello che gli pare. Nulla per alimentare la nostra mente, la nostra capacità critica, di analisi, di sintesi, il senso della storia (che si ripete! badate, si ripete!), della famiglia, dello Stato, del senso del dovere? Nulla di tutto ciò?

Ed allora, viva l’iniziativa del Governo attuale che allo “Spendete gente!” del governo precedente ha sostituito un rafforzamento del “Leggete, Gente e … passa parola!”. Viva l’iniziativa della Biblioteca di Trento, viva la conduzione da parte di Maria Lia Guardini, viva voi che mi avete letto sin qui e che, mi auguro, vorrete aggiungere un vostro commento!

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