VIABILITA’ SOSTENIBILE: PROPONIAMO PER LA NOSTRA PROVINCIA UN MANIFESTO PER SALVARE I CICLISTI (e per indurli a rispettare a loro volta le regole)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 13 Febbraio, 2012 @ 7:25 am

Detto altrimenti: l’amico Alessio Zanghellini mi segnala dal Corriere della Sera quanto promosso dal quotidiano londinese Times per aumentare la sicurezza di chi usa le due ruote.

Il sindaco di Londra, Boris Johnson in biclicletta nella City

La campagna “Cities fit for cycling” del Times a sostegno della sicurezza dei ciclisti in pochi giorni ha raggiunto 20 mila adesioni. Il 2 febbraio scorso, il Times, dopo un grave incidente subito in novembre da una sua giornalista ora in coma, aveva aperto la sua homepage con un appello, chiedendo al governo inglese una serie di azioni da porre immediatamente in campo per tentare di fermare una strage che ha contato, in dieci anni, ben 1.275 ciclisti uccisi. Ecco gli interventi proposti per la GB:

1. Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote.
2. I 500 incroci più pericolosi del paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato.
3. Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta nel Regno Unito e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti.
4. Il 2% del budget della società che controlla le autostrade dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione.
5. La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida.
6. la velocità di 30 km/h devono essere il limite di velocità massima dei moto ed autoveicoli nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili.
7. I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili prendendo ad esempio lo schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays Bank.
8. Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.

Ciclista ferito (solo leggermente, per fortuna) dopo un "incontro" con un'auto su una ciclabile!

La campagna si è estesa in tutta Europa e ha conquistato il Web, inducendo ulteriori interventi più specificamente necessari in Italia, paese in cui oggi circolano oltre 11 milioni di biciclette e che, a livello europeo, nel 2010, si colloca al terzo posto per la mortalità stradale dei ciclisti, preceduto solo dalla Germania (462 morti) e dalla Polonia (280).

Cliccate sulla foto: normativa per ciclisti in Val Aurina (Bz)

E voi, quali osservazioni avete da fare a favore e/o a carico dei ciclisti? Quali norme proporreste fossero ribadite (se già esistenti), o emanate ex novo e comunque rispettate, fatte rispettare e sanzionate nella nostra Provincia Autonoma?

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EDIZIONE STRAORDINARIA – ACHTUNG! LIBERALIZZAZIONI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 12 Febbraio, 2012 @ 6:15 am

Detto altrimenti: ma con quale coraggio?

Ma con quale coraggio da parte di talune categorie si stanno oggi attivando tutti i mezzi (oltre 2.400 emendamenti!) per opporsi alla loro rispettiva liberalizzazione? Con quale coraggio, di fronte ad un Paese che rischia di affondare, facendo ben più vittime della Concordia? 

Quo usque tandem ...?

Fino a quando, mi domando, quo usque tandem … diceva Cicerone, abuteris patientia nostra? Fino a quando si abuserà della nostra pazienza, dello spirito e della capacità di sopportazione del nostro Paese? Avvocati, notai, petrolieri, farmacisti … tanto per non fare nomi … lascerei fuori i tassisti, che proprio non mi paiono i maggiori responsabili delle rigidità che hanno impastoiato per decenni il Paese …

In alcuni miei passati interventi ho sottolineato come oggi l’Italia rischi un secondo Medio Evo, con la cancellazione del Ceto Medio (v. post di data 28 dicembre 2011 e 21 gennaio 2012), cioè di quella classe che da un lato garantisce i consumi e dall’altra rappresenta il modello, il traguardo al quale, usando una “terminologia ferroviaria” del passato, la “terza classe” sociale può legittimamente aspirare. 

Grazie, Presidente!

Oggi esprimo lo stesso concetto con altri termini: L’Italia deve risvegliare, riattivare, far rinascere la “mobilità sociale”, ovvero deve ristabilire le precondizioni secondo le quali, chiunque, anche se “humili genere natus”, purchè si impegni e ne abbia le doti di volontà e di intelligenza, possa raggiungere ogni più alta posizione nella scala sociale, economica finanziaria, politica etc..
Occorre cioè che si superi l’attuale realtà italiana secondo la quale la maggior parte dei figli fa ciò che ha fatto il padre, di farmacista in farmacista, di notaio in notaio, di medico in medico etc.. 

Grazie, Presidente!

Ed allora, coraggio, Presidente Monti, coraggio, siamo con Lei, vada avanti! Con quale coraggio? Con il coraggio che ha una Persona come Lei, consapevole di essere, immediatamente dopo il Presidente Napolitano, il Nuovo Rifondatore della Repubblica; con il coraggio di chi non è un politico “di mestiere”, né tanto meno un improvvisato; con il coraggio di chi non è ricattabile dallo spettro della non rielezione; con il coraggio che Le deriva dalla nuova rinnovata considerazione internazionale che Lei ha riguadagnato per il nostro Paese da Lei oggi ben governato e, conseguentemente, assai ben rapresentato. Con  questo coraggio. Grazie, Presidente! Grazie a Lei sono nuovamente orgoglioso di essere Italiano.

E dopo le liberalizzazioni, Presidente, si occupi delle privatizzazioni delle tante spa pubbliche, non nel senso “italiano” di cederle necessariamente ad un imprenditore privato, bensì, nella misura massima possibile nel senso anglosassone, secondo cui privatizzare si traduce con l’espressione “to go public” cioè “andare verso il pubblico” cioè aprire il capitale sociale delle società alla cittadinanza, creando un azionariato diffuso. A cominciare dai servizi pubblici locali.

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Eroi, ieri e oggi

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Febbraio, 2012 @ 9:30 am

Detto altrimenti: nell’antica Grecia erano Eroi solo i figli di in Dio/Dea e di una donna/uomo mortali . Lo erano per diritto di nascita, indipendentemente dalla loro successiva condotta.

L'Eroe Achille

L’Iliade “di poco fa”, cioè del post precedente, mi ha richiamato alla memoria la figura dell’Eroe per gli antichi Greci. L’omerico Achille  era figlio della dea Teti e del mortale Peleo). Oggi, secondo questo canone, chi ha fede potrebbe dire che abbiamo un solo Eroe: Gesù Cristo. Tutti gli altri che avessero compiuto  imprese eccezionali o avessero comunque qualità superiori alla media sarebbero stati ( e sono, ai giorni niostri)  “semplicemente” uomini/donne che facevano il loro dovere in modo e con abilità straordinarie. Non sarebbero Eroi. Per restare nell’Iliade di Omero, il troiano Ettore non lo era, ma era migliore di Achille. Almeno lui si batteva per difendere la patria e la famiglia, non per riprendere la moglie di un amico, Elena, scappata a Troia con l’amante Paride, né faceva sciopero perché gli avevano sottratto la concubina preferita

Madre Teresa di Calcutta

Oggi, alla figura dell’Eroe, si è sostituita – ma vale solo per i credenti – la figura del Beato e del Santo. A parte costoro, peraltro purtroppo assai rari, oggi, non ci servono Eroi  ma donne e uomini che facciano il loro dovere. Di questi abbiamo un gran bisogno.

Un commesso viaggiatore muore in un incidente automobilistico nella nebbia e nella neve della Val Padana, mentre cerca di portare a casa la pagnotta. Altri, tanti, troppi, muoiono negli incidenti sul lavoro in miniera, nelle fabbriche, sui campi, nei cantieri.

Mamme, lavoratrici, pendolari. Abitavo a Monza. Lavoravo a Milano. Mattina presto Dall’interno dell’auto spesso vedevo giovani mamme con in braccio un fagottino imbacuccato, che correvano a portarlo (suppongo), alla nonna e poi, via, di corsa, al treno per Milano, per poi prendere un bus o il metrò ed essere, finalmente, alle otto e mezza – nove, in ufficio e poi, sempre verso le otto, ma questa volta di sera, per essere di nuovo a casa, dopo essere passate dal supermercato e poi a riprendere il fagottino di cui sopra. In estate e in inverno, con l’afa soffocante con l’umida fredda nebbia padana. Una mia impiegata veniva a lavorare a Milano nord, tutti i giorni, in treno, da Bormio. Un’altra, da Pavia. 

Salvo D'Acquisto

Il Brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto, in servizio dopo l’8 settembre, si offrì quale vittima innocente al fuoco nazista per evitare la fucilazione di alcuni ostaggi civili.

Un altro brigadiere dei CC di nome Dario, dopo lo stesso 8 settembre, catturato dai Tedeschi che erano stati informati dell’armistizio (loro si, gli Italiani no!) si rifiutò di prestare servizio ai loro ordini e si fece due anni di campo di concentramento in Germania. Ebbe fortuna, tornò a casa da sua moglie, cioè mia mamma, da

L’altro Brigadiere, qui già Maresciallo Capo …

mio fratello e da me. Era stato carabiniere a Palù di S. Ordola (Tn)  e a Bolzano, Brigadiere a Vermiglio (Tn). Finì la carriera come Maresciallo Maggiore a Cles (Tn).

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L’ILIADE LETTA NELLA BIBLIOTECA DI TRENTO, con MARIA LIA GUARDINI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Febbraio, 2012 @ 7:49 am

Detto altrimenti: la Professoressa Maria Lia Guardini, presso la Biblioteca Civica, ne gestisce una interessante rilettura attualizzata. Ovvero, i poemi classici per tutti, per i giovani d’oggi e per quelli di ieri (si veda il post del 31 gennaio scorso)

Omero

Omero, migliaia di anni fa. Poeta greco. “Epta poleis màrnontai sofen diarizein (?) (einai to patrida ?)  Omerou: Smurne, Kios, Kolofon, Itaka, Pulos, Argos, Azinai” (cito a memoria versi che udii 52 anni fa. perdonerete quindi gli immancabili errori): sette città si contendono l’onore di essere la patria di Omero: Smirne, Chio, Colofone, Itaca (o Rodi?), Pilos (o Salamina?), Argo, Atene. Poeta diventato cieco (O me oròn, Omero, il non vedente) che riuscì a far scrivere ciò che gli aedi (cantastorie), persone di grandissima capacità mnemonica, solevano riportare a voce di generazione in generazione. L’Iliade narra di un Turco (della città di Troia, in Anatolia o Asia Minore che dir si voglia) che rapisce la moglie di un Greco. I Greci, che all’epoca erano organizzati sulla base di tante città-stato, si coalizzano, allestiscono un esercito ed una flotta e vanno a riprendersi la donna, dopo una guerra di dieci anni conclusa con la distruzione di Troia.

Dopo l’Iliade segue, dello stesso Autore, l’Odissea, il viaggio di ritorno di un Greco, Ulisse, fino alla sua Itaca, e, a firma di Virgilio, l’Eneide. viaggi di un Troiano in Italia, poi copiato da tale Goethe con il suo “Viaggio in Italia”. Ma queste sono altre storie.

Restiamo in tema. L’Iliade, letta oggi con uno sguardo superficiale, dal punto di vista della sceneggiatura è soprattutto un “film di guerra”. Scontri ed uccisioni continue che si interrompono ogni sera, al calar della notte. Di notte non si combatte: tutti al “ristorante del rispettivo accampamento” a magnar e bever.  Ed ecco che qui mi sorgono tre domande:

1. Ma quanti erano questi guerrieri, da entrambi le parti? Infatti ogni giorno si trattava di rimpiazzare schiere di caduti, guerrieri fisicamente forti,  muscolosi, addestrati, esperti nell’uso di spada, scudo, lancia e arco. Non di reclutare i ragazzi del ‘99 per schierarli sul Piave. Dove prendevano i rimpiazzi? Dice … ma erano tantissimi, da ambo le parti. Ah sì? Erano tantissimi? Ed allora mi sorge il secondo dubbio.

2. Come si potevano approvvigionare di cibo due numerosissimi eserciti, durante i ben dieci anni di guerra? Una volta dato fondo alle scorte, depredate le campagne e le coste … che facevano? Andavano a pescare? Si mettevano a coltivare i campi? La velocità dell’utilizzo delle scorte era ben maggiore della loro stessa capacità di essere ricostituite, quand’anche …
3. Terzo dubbio: “ e dopo aver mangiato, mangiato e ben bevuto …” la mattina dopo a combattere? Con quel cerchio alla testa per il tannino e la enormi fiorentine alla brace, probabilmente “underdone” cioè al sangue? (Non “bloody”, per carità, che letteralmente significherebbe  “sanguinolente, sanguinarie” ma che più spesso viene usato come insulto :“maledette”, “dannate”. Infatti, ad un turista che non sapendo bene l’inglese, aveva chiesto al cameriere una “bloody steak” , una bistecca al sangue, nelle sue intenzioni, il cameriere, con sarcasmo, chiese: Perhaps do you want also some fucked potatoes?)

Ma non basta. devo capire cosa fosse, per i contemporanei di Omero, quel racconto: fantascienza? Il vangelo dell’epoca? Già, perché l’Iliade (come pure l’Odissea) è piena zeppa di fatti extra-terrestri, di miracoli e di interventi dei loro dei. E loro ci credevano nei loro dei, e come! Basta guardare che po’ po’ di templi avevano dedicato loro, splendide testimonianze giunte sino a noi!. Ed allora? Ripeto: probabilmente fantascienza per chi non aveva fede o credeva solo negli “dei storici” un po’ come oggi taluno crede solo nel “Cristo storico”. Vangelo per i credenti.

Navi, accampamento e fortificazioni greche

Un film, dicevo. Anche per la tempistica delle azioni (e qui entra in gioco il regista Omero). Quanti film infatti, in un paio d’ore, ci raccontano vicende di decenni, di secoli . .. Ciò accade anche nell’Iliade. Un esempio? I Greci decidono di costruire un muro ed un fossato a difesa delle loro navi, che giacciono tirate in secco sulla spiaggia. Detto fatto. Poche righe sotto.” Erette le difese, tutti a cena, visto che s’è fatto tardi”. Ma si trattava di un’opera importante, opera che gli Dei guardavano ammirati e stupefatti dall’alto dell’Olimpo, una grande opera pubblica, un po’ come – mutatis mutandis (“cambiate le cose da cambiare”, cos’altro avevate capito!?) – la Muraglia Cinese, unica opera umana visibile dalla luna! In poche righe? E nel frattempo, i Troiani, stavano a guardare il nemico che si fortificava? O forse avevano anticipato l’orario della loro cena?

Ho scherzato, solo per rendere attraente e adatta ad essere materia di un “post” di un “blog”. Ma “ridendo castigat mores” che non vuol dire che “ridendo castigo i negri”, bensì che “pur con forme scherzose cerco di correggere i costumi”. Infatti, ora facciamo i seri.

L’animo umano, le sue passioni, la sua ricchezza e le sue miserie, la ricerca e l’amore per le proprie origini, la cura delle proprie tradizioni, l’amore per la cultura, il rispetto e la pietas per i morti. Tutto è rappresentato nell’Iliade. E molta poesia, poesia vera. Molte similitudini (dalle quali mi piace pensare che abbia attinto Dante Alighieri, soprattutto se leggete l’Iliade nella traduzione di Vincenzo Monti, scritta in endecasillabi, anche se non in terzine a rima incatenata!). Noi, oggi, non abbiamo inventato nulla.

Ecco, a questo punto ho un’ultima domanda da pormi. La lettura è il cibo della mente, recita un recentissimo ed apprezzato spot televisivo per invogliare gli italiani a leggere. Mi domando: come si può far comprendere ai giovani il valore educativo e formativo dello studio dei classici? Di qualcosa che alla loro età viene perlopiù trangugiato a forza come un’amara medicina senza “soave liquor sugli orli del vaso” per dirla con il Parini, e non gustato lentamente, con piacere, come un prezioso. saporito e nutriente alimento?
Certo, mi direte, quella è l’età della semina. Il raccolto verrà dopo.
Già, mi permetto di rispondere, ma se oggi si tolgono i semi ai seminatori, se oggi la scuola si riduce a saper fare e copiare ricerche in Internet (Internet, che pure io apprezzo ed utilizzo), cosa farà crescere la mente dei nostri ragazzi?
Vogliamo mandare i nostri ragazzi a scalare la ripida parete della vita senza aver fatto far loro una adeguata scuola in una palestra di roccia?

Stiamo attenti: a forza di “semplificare, tagliare, ridurre, dimenticare” ci stiamo riducendo ad accettare che sia dato a noi stessi solo “panem et circenses”, cioè quel tanto che serve a noi per sopravvivere e distrarci, e a chi ci governa per fare impunemente quello che gli pare. Nulla per alimentare la nostra mente, la nostra capacità critica, di analisi, di sintesi, il senso della storia (che si ripete! badate, si ripete!), della famiglia, dello Stato, del senso del dovere? Nulla di tutto ciò?

Ed allora, viva l’iniziativa del Governo attuale che allo “Spendete gente!” del governo precedente ha sostituito un rafforzamento del “Leggete, Gente e … passa parola!”. Viva l’iniziativa della Biblioteca di Trento, viva la conduzione da parte di Maria Lia Guardini, viva voi che mi avete letto sin qui e che, mi auguro, vorrete aggiungere un vostro commento!

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CARLO GOLDONI, FATTO RIVIVERE A TRENTO!

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Febbraio, 2012 @ 7:37 pm

Detto altrimenti: una simpatica serata presso l’Accademia delle Muse 

Carlo Goldoni

L’Accademia delle Muse. un circolo privato, a Trento, fra amici. Non è l’Accademia della … Crusca, bensì molto meno, tuttavia è quella dei dolci, dei salatini, delle buone bottiglie che “accompagnano” le nostre serate artistiche e di varia umanità. Infatti una volta al mese ci riuniamo e, a turno, invece di raccontare una novella stile Decamerone, ognuno di noi racconta un po’ della sua arte, mestiere, capacità, professione, vita, viaggi etc.. In tal modo si fa musica, poesia, pittura, fotografia, viaggi, teatro e varia umanità e cultura. Teatro? Eccomi a voi. Nell’ultima riunione (6 febbraio 2012) è stata fatta una sintetica ma assolutamente significativa presentazione del commediografo Carlo Goldoni. Nato a Venezia il 25 febbraio 1707, in piena baraonda carnevalesca, da una famiglia di borghesi gaudenti. Muore nel 1793.

Cliccate sulla foto! Le 4 interpreti con Riccardo, l'oste Coronato

E’ quindi a pieno diritto “un uomo del suo secolo”.Amante delle belle donne. Tante. Ma non troppe da impedirgli, fra una e l’altra, di riformare la commedia, decretando di fatto la fine della Commedia dell’Arte (senza copione, con un semplice canovaccio, interpretata da maschere, con battute fisse, molto ripetitive), per far dare vita alla commedia odierna, senza l’uso delle maschere e con i dialoghi scritti. Dalla  relazione:

Cliccate sulla foto: il Conte e Susanna

“Il primo confronto che viene spontaneo è con Moliere, grande drammaturgo satirico, aspro, amaro, pungente, colpisce le storture morali, le false formalità, le ipocrisie anche con tinte violentissime, addirittura con odio verso certe figure umane presentate come abiette. Goldoni anche qui innova: non fa satira, fa solo amabile ironia e quando vuole mettere alla gogna il male lo fa più leggermente che può, perché non è un denunciatore né un riformatore sociale: è solo un cronista attento, divertito e divertente della Venezia settecentesca. Della società lo interessano il costume e i caratteri, non le strutture e le disfunzioni. In lui non ci sono vizi atroci né virtù sublimi, ma uomini e donne nella loro umanità, che lui guarda sorridendo, perché per lui la vita è un gradevole viavai e i contrasti non sono mai esasperati, anzi tendono a comporsi amabilmente, i vizi si attenuano in difetti, le virtù non sono mai austere …”

La Presidente dell'Accademia, Cristina, nelle vesti di Candida

In coda alla relazione, è seguita la rappresentazione di alcuni brevi scene dalla commedia Il ventaglio.. La trama? E’ complicata … la trovate fra i libri di casa vostra o in Internet. Vi dico solo che “tra i personaggi troviamo le tipiche figure femminili goldoniane ben delineate, il tipico nobile che vanta la sua origine ma è senza un soldo, la simpatia dell’Autore per i popolani operosi e anche un pizzico di autobiografia nel finale”.

Attraverso alcune foto, vi presento gli “attori”

– Maria Teresa, interpreta Susanna la merciaia venditrice di ventagli
- Giovanna, nel ruolo del Conte squattrinato
- Cristina, dà voce e immagine alla Signora Candida, innamorata di Evaristo

Mirna, ovvero Giannina al trucco prima di entrare in scena

- Mirna, interpreta Giannina, contadinella innamorata di Crispino e pretesa dall’oste Coronato
- Riccardo, ovvero l’oste Coronato

E allora … buone commedie di Goldoni a tutti!

 

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REVISIONE DELL’ ARTICOLO 18: CONSEGUENZE E IMPLICAZIONI TRENTINE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Febbraio, 2012 @ 7:43 am

Detto altrimenti: il mutuo per la casa, le false partite IVA, la collaborazione fra i Comuni Trentini e l’Agenzia delle Entrate.

Specie in via di estinzione

Dice … solo se hai un lavoro fisso (a tempo indeterminato) la banca ti concede un mutuo (per l’acquisto della casa, n.d.r.. Degli altri non è il caso di parlare. Non è più, ne mai lo è stato, il tempo di “accendete un mutuo sulla casa ed utilizzate il denaro per spendere: metterete in moto l’economia”. Ricordate gli spot televisivi, nei quali si diceva “Grazie!” a chi aveva comunque appena fatto un acquisto?)

Già, perché il mutuo fondiario è un mutuo con garanzia reale su immobile. Poi, teoricamente, i denari che ti sono erogati li puoi spendere come meglio credi. Infatti non si tratta di mutuo di scopo, ad esempio edilizio, per costruire una casa.

Ma la banca, a chi concede questo tipo di credito? Al dipendente con lavoro “fisso” o alla società presso la quale egli lavora? Eh già, perché se il dipendente, pur dotato di contratto a tempo indeterminato, vede fallire il suo datore di lavoro, diventa automaticamente un “disoccupato a tempo indeterminato” ed allora non ha più gli “euri” per pagare le rate del mutuo e la banca gli prende la casa e la vende. Ma non è questo che la banca vuole. Ed allora?

Allora bisogna arrivare alla conclusione che esistono “gruppi omogenei di potenziali richiedenti il mutuo”:

1. i lavoratori pubblici, oggi non licenziabili
2. i lavoratori privati con contratto a tempo indeterminato, oggi non licenziabili
3. i lavoratori privati licenziabili o con contratto a tempo, reinseribili sul mercato del lavoro
4. i lavoratori privati licenziabili o con contratto a tempo, non reinseribili sul mercato del lavoro
5. i lavoratori false partite IVA, i “sotto pagati” etc.
6. i lavoratori “a nero”
7. i disoccupati
8. coloro che ormai hanno “perso ogni speranza” e il lavoro non lo cercano nemmeno più.

Stante l’attuale crisi economica e la frequenza dei fallimenti di imprese private, secondo l’attuale ottica bancaria la banca dovrebbe concedere il mutuo solo alla prima categoria, al massimo alla seconda. E gli altri? Ma allora, quando sarà, come sarà, abolito il crisma della illicenziabilità per tutti, le banche non concederanno più a nessuno mutui fondiari per l’acquisto della (prima) casa? Dopo quel momento, le banche dovranno rivedere i criteri di concessione dei mutui fondiari. Oppure abolire quella forma di credito.

Già, perchè oggi anche un lavoratore sfaticato, svogliato, poco onesto (e qualche volta se ne trovano) ma con un contratto a tempo indeterminato può ottenere il mutuo, a differenza di chi invece lavora con capacità e onestà, ma non gode di quel tipo di contratto.

Sì, perchè va detto anche questo: l’illicenzialbilità dei pelandroni, di coloro che sono parcheggiati nei vari “cimiteri aziendali degli elefanti”, continuamente trasferiti da un reparto all’altro “purchè me lo togliate dai piedi”, impedisce l’assunzione di persone capaci, meritevoli ed oneste, non assumibili per via del “numero fisso insuperabile” che spesso strangola imprese pubbliche e private.

Il Ministro Fornero

A mio avviso il problema si pone  ben prima, cioè a monte del rapporto di lavoro nel momento della stipula del contratto di lavoro e non a valle, cioè sull’aspetto della licenziabilità. Occorre lavorare prima e molto di più sulla tipicità dei contratti di lavoro, abolendo quella “schiera iniqua di rapporti cosiddetti elastici” che altro non sono che strumenti dello sfruttamento del lavoro. Il più eclatante ed il più facilmente aggredibile è sicuramente il gruppone delle false partite IVA. Perché non cominciare da lì? Infatti sarebbe un intervento dovuto se non altro in quanto esperito in materia fiscale, cioè nell’ambito del regime dell’IVA prima ancora che nell’ambito del regime del diritto del lavoro.

Fatta chiarezza sulla natura del rapporto di lavoro, ai fini della concessione di un mutuo fondiario le banche dovranno esaminare il singolo lavoratore con le stesse tecniche con le quali oggi esaminano un’impresa: capacità lavorativa e reddituale presente e futura,  sue “note caratteristiche aziendali”, eventuale ricollocabilità sul mercato del lavoro, etc., e non più basarsi esclusivamente sulla presenza o meno di un pezzo di carta, cioè di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche perché semplicemente tale documento non esisterà più.

Promessi Sposi lavoratori dipendenti della Società PARTITA IVA SPA

 

Nel frattempo, la nostra Provincia potrebbe invitare i Comuni ad estendere la collaborazione esistente con l’Agenzia delle Entrate anche in questo settore, cioè nell’individuare e cancellare – senza sanzionarle – le false partite IVA, obbligate a ciò dalle regole perverse di una carente legislazione in materia di contratti di lavoro e di tutela dei lavoratori. Con il che la bilancia delle garanzie contrattuali, di fronte ad una modifica dell’articolo 18, sarebbe maggiormente equilibrata.

E voi, cosa ne pensate?

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IL GOVERNATORE DELLAI PROMUOVE GLI “STATI GENERALI” PER LA CRESCITA DEL TRENTINO … CONTRIBUIAMO CON UN “CONCORSO DI IDEE”

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2012 @ 8:03 am

Detto altrimenti: non basta avere i conti in ordine. Occorre crescere. E la scelta di un modello di sviluppo eventualmente anche diverso ma più adatto al momento è di per sé un crescita.

Trentino? Dolomiti, boschi. Questa è l’immagine un po’ superficiale che “in Italia” si ha di questa Terra. Dirò di più. Talvolta mi è capitato di sentire:
o “Questa estate vado in vacanza in Trentino, a Selva Valgardena”
o “Tu in qual delle due regioni (sic) vivi, in Trentino o in Alto Adige?”
o “Trento? Vicino a Trieste!” (In realtà sono “solo” 350 km, quanti da Trento a Genova, ma nessuno si sognerebbe di dire: “Trento? Vicino a Genova!”)
o “Trento? ma li parlate tutti tedesco!”

Luci e lucci rivani

Molta distrazione, non c’è dubbio. Tuttavia anche all’interno della “Regione Trentino” vi è una certa predisposizione ad ignorarne qualche aspetto: i laghi, ad esempio, e soprattutto “il” Lago, cioè l’Alto Garda Trentino. Infatti, quando mi trasferii a Trento da Milano, 25 anni fa, tutti si sentirono in dovere di portarmi in Bondone ed in Pinè. Poi, scoprii il Garda Trentino una sera d’estate, da solo, per pura combinazione. Ora, non pretendo che il mio caso sia la regola, ci mancherebbe, tuttavia si vive anche di ricordi e quanto allora mi accadde ha mantenuta viva in me questa riflessione, che ogni tanto, come avviene oggi che sto scrivendo, emerge dal mare (anzi … dal lago!) della memoria.

Orbene, se dobbiamo condurre gli “altri” a conoscere tutti gli aspetti del Trentino, allo stesso tempo dobbiamo condurre noi stessi a conoscere e sviluppare tutte le potenzialità di crescita e di sviluppo della nostra Provincia.

Tempo di crisi economica. A maggior ragione occorre reagire, occorre inventarsi qualcosa di nuovo, attivare risorse sino ad oggi inutilizzate, latenti ma con un forte potenziale. Ho già scritto alcune mie idee nel precedente intervento “Il Trentino che vorrei” (v. post del 6 dicembre 2011). In questa sede desidero evidenziare un aspetto particolare dei presupposti del nostro sviluppo. E cioè l’atteggiamento mentale, che deve virare dal pur legittimo “noi siamo bravi”, “la Provincia deve e può intervenire”, “lo Stato ci chiede troppo”, “l’Alto Adige .. si vabbè, ma anche noi non siamo male”, “il Garda, si vabbè .. quei de la Busa, quei dei pessat” etc. e dirigere la prora della Nave Trentino verso ulteriori obiettivi, quali la cura attenta di ogni dettaglio anche minimo, la valorizzazione di ogni potenzialità anche lacustre (ad esempio, il Garda Trentino può diventare il Trentino del Garda), l’attenzione verso ogni miglior esempio da seguire (e molti ne troviamo in Alto Adige), la piena consapevolezza di quanto sino a qui è stato realizzato dalla nostra Autonomia e di quanto ancora, “nonostante questi tempi” la nostra Autonomia “può fare” e di quanto ancora, proprio “a causa di questi” tempi, la nostra Autonomia, cioè ognuno di noi, “deve fare”.

Ed allora vi propongo di partecipare, con commenti a questo “post”, al “CONCORSO DI IDEE PER LA CRESCITA DEL TRENTINO”. Per ragioni di spazio e per avere la certezza di essere a Vostra volta letti dal maggior numero possibile di lettori, mi permetto di suggerire a tutti di essere sintetici e brevi nell’esposizione. Vi ringrazio e attendo di leggerVi. Ah, dimenticavo, il premio per i vincitori? La soddisfazione e l’orgoglio di avere aiutato la crescita della nostra Terra e, perché no? … anche della nostra … Acqua!

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ANCORA SULLA CONCORDIA: UNA IPOTESI … ANZI DUE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2012 @ 7:50 am

Detto Altrimenti: perché quel ritardo nell’avviso di “abbandonare la nave” ?

Whisper in regata nell'Altogarda Trentino

Sono andato a vedere la mia carta nautica dell’isola del Giglio. E’ la carta dell’IGM scala 1:20.000 del luglio 1994, quella che ho usato con il mio natante a vela, un FUN da regata di 7 metri di nome Whisper, numero velico ITA 526, stazza 2,8 tons, dislocamento Kg. 1.000, motore ausiliario fuoribordo ad 4 CV, deriva del 33% (cioè 330 kg.), pescaggio m. 1,60. Randa mq 16, genoa mq 16, fiocco mq 8, spinnaker mq 40, tormentina mq 4.

Ho notato che alcune centinaia di metri oltre il punto di impatto, il fondale arriva a 85 metri di profondità.

Orbene,  poiché lo squarcio sulla fiancata di babordo (sinistra) della nave è abbastanza “puntuale”, cioè lo scafo non ha subito un lungo squarcio, deduco che, accortosi che era troppo vicino alla costa, il Comandante abbia “poggiato” leggermente a tribordo (destra). Non avrebbe potuto virare più marcatamente perchè navi di quelle dimensioni rispondono a virate di 5 gradi alla volta, altrimenti cominciano a vibrare e non virano. Nel far ciò la nave ovviamente “scarroccia” un po’ sul lato opposto, cioè a a babordo (sinistra): ed ecco l’impatto quasi “frontale” della fiancata sinistra conto lo scoglio. A questo punto, per quanto limitata fosse la velocità della nave, l’abbrivio l’ha portata un po’ più avanti, là dove il fondale è – come dicevo – di 85 metri! Ora, se il Comandante avesse voluto dare subito il segnale di abbandono della nave, avrebbe dovuto fermarla proprio in quel punto, mantenerla diritta (evitando, con appositi allagamenti compensatori, che sbandasse su un fianco) e quindi mettersi nelle due condizioni necessarie per potere calare a mare tutte le scialuppe di salvataggio. A fine operazione, probabilmente la nave sarebbe affondata, andandosi a poggiare 85 metri sotto la superficie.

Il che può far supporre che il  Comandante e/o la Compagnia di Navigazione abbiano voluto evitare a tutti i costi questo inabissamento totale.

Ecco quindi che sorge la domanda: conscio della quasi impossibilità di valutare quanto ancora la nave sarebbe stata a gala, il Comandante – nella ipotesi che sto formulando – avrebbe scelto di non fermare la nave, di non lanciare il segnale di abbandono nave, di non calare le scialuppe di salvataggio (non è possibile farlo, con la nave in movimento), per portare la nave, con una virata a babordo (a sinistra, durante la quale la nave ovviamente si è raddrizzata) ad arenarsi là dove forse sarebbe stato possibile recuperarla con appositi successivi interventi. Infatti, nel punto in cui è arenata, la nave mostra al cielo la fiancata sinistra  squarciata e ha cessato di imbarcare acqua. In questa ipotesi, il tentativo di salvare la nave sarebbe stato prevalente sulle azoni mirate a salvare innanzi tutto la vita di tutti i passeggeri.

A meno che … il Comandanre Schettino avesse stimato che, se avesse fermato la nave per alare in acqua le scialuppe di salvataggio, il suo affondamento sarebbe stato molto rapido e non avrebbe permesso di completare la manovra. In questo caso, farsi sorprendere dall’affondamento completo durante l’abbandono della nave,  avrebbe causato un’ecatombe di vittime.

P.S.: attenzione! Si tratta solo di mie ipotesi. La rotta e le varie posizioni della nave sono state da me dedotte da notizie ed immagini televisive.

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LE NOSTRE LEGGI? IMPARIAMO DA ROMA (DALL’ANTICA ROMA!)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Febbraio, 2012 @ 9:10 am

 

Detto altrimenti: come era bella, sintetica e significativa la lingua latina!

 

Summa lex, summa iniuria
Per quanto una legge sia dettagliata, tuttavia essa potrà risultare molto dannosa per alcuni cittadini (Liberalizziamo, si, ma in modo specifico, settore per settore. Altrimenti … N.d.r.)

Corruptissima republica, plurimae leges
L’enorme proliferare delle leggi fa sì che si distrugga la democrazia (quante migliaia sono le leggi formali e sostanziali in materia fiscale? Occorre intervenire. E’ meno difficile di quanto possa sembrare: infatti oggi disponiamo di computer che gestiscono miliardi di informazioni. Incarichiamo un gruppo di esperti di leggi e di software di computerizzare tutto il materiale, attribuendo ad ogni disposizione il grado di prevalenza o soccombenza rispetto alle altre ed ogni altro criterio necessario alla loro razionalizzazione. N.d.r.)

Quid faciant leges, ubi sola pecunia regnat?
Cosa mai potrà fare la legge in un Paese ove regni il solo denaro? (ma no! … Non ce ne eravamo accorti! N.d.r.)

Salus civitatis in legibus sita est
La salvezza dello Stato consiste proprio nelle sue leggi (siamo d’accordo! N.d.r.)

Nulla lex satis commoda omnibus est
Nessuna legge può essere tale da essere ugualmente utile a tutti (smaltiamo i rifiuti, ma non vicino a casa mia … N.d.r.)

Legum servi sumus ut liberi esse possums
Siamo soggetti alle leggi per poter essere liberi (è vero! N.d.r.)

Leges bonae ex malis morbus procreantur
Le buone leggi sono emanate a seguito di cattivi eventi (speriamo che ciò accada – e presto – per quanto riguarda la prevenzione e la gestione degli eventi atmosferici e delle calamità naturali! N.d.r.)

Legem breve esse oportet, quo facilius ab imperitis teneatur
Occorre che la legge sia breve, affinchè possa essere compresa anche dai non esperti (ricordate come erano lunghe, arzigogolate e complesse le “grida” manzoniane? Proprio per non essere comprese dl popolo. N.d.r.)

Quod non vetat lex, hoc vetat fieri pudor
Ciò che non vieta la legge, è il pudore che deve vietare che  sia fatto (stiamo attenti a che l’immoralità non sia sconfitta e sostituita dall’amoralità! N.d.r.)

Scire leges non est verba earum tenere, sed vim ac potestaetm
Conoscere le leggi, non è conoscerne le parole, bensì conoscerne la forza e l’efficacia (cioè, avere coscienza se, in caso di sua violazione, in tempi brevi le sarà data esecuzione forzata e sanzione. N.d.r.)

 

Legge elettorale. Premio di maggioranza? I Romani di oggi lo vogliono. Gli antichi Romani non lo avevano.
Il premio di maggioranza non va dato a chi ha raggiunto la maggioranza relativa dei voti, bensì a chi ha già raggiunto da solo la maggioranza assoluta. E voi cosa ne pensate?

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EDIZIONE STRAORDINARIA – Emergenza terremoti. alluvioni, neve …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Febbraio, 2012 @ 10:08 pm

Detto altrimenti: alla catena potere-responsabilità manca un anello, la catena è interrotta ancora una volta (v. post del 18 gennaio scorso).

o Terremoti: pare che a L’Aquila si stia ricostruendo senza adottare criteri costruttivi antisismici …
o Alluvioni: pare che alle Cinque Terre si stai ricostruendo proprio là dove sono state investite e distrutte le case …
o Nevicate: pare che una nevicata paralizzi strade e ferrovie …

Nuove grandi opere? No! Abbiamo altre priorità! E’ come voler andare all’Università avendo frequentato solo le scuole elementari! Investiamo invece sulle infrastrutture e sulle reti esistenti (di ogni tipo), sulla loro manutenzione, sulle ferrovie “ordinarie”, sui sistemi di intervento, su come affrontare le “emergenze previste” (ma allora, se sono previste, che emergenze sono?), sui mezzi di soccorso, sulla ricostruzione e soprattutto iniziamo dal chiarire “chi è responsabile di cosa e chi fa cosa”, cioè la struttura e la catena delle competenze, dei poteri, dei doveri e delle responsabilità. Altrimenti a forza di fare lo scarica barile, non resta tempo per intervenire, prima, e sanzionare chi non è intervenuto, dopo.

Adesso, a chi è morto, a chi ha subito danni, a chi ha sofferto mille disagi, a tutti noi, che dovremo comunque pagare il costo economico di una enorme disorganizzazione, sapere se alla fine sarà sanzionato il Sindaco di Roma, il Responsabile Nazionale della Protezione Civile o l’Amministratore Delegato di Trenitalia, poco importa.

Il Presidente Monti è sicuramente l’ultimo responsabile. In pochi mesi di governo non ha potuto certo prendere in mano tutte le situazioni. Tuttavia egli si è informato di come funziona la politica previdenziale nel nord Europa. Mandi i suoi Ministri a vedere come affrontano queste “emergenze” nel nord Europa ed anche qui da noi, in Trentino e in Sud Tirolo. E se gli servono fondi, li prenda dalle Grandi Opere di cui possiamo sicuramente fare a meno. A noi servono le cosiddette “piccole opere”, quelle che ci fanno vivere bene tutti i giorni, anche quando nevica.

Ecco, mi viene in mente la richiesta “romana” di tagliare le nostre risorse finanziarie provinciali. Per impiegarle come? Per pagare i danni della non gestione delle emergenze di questi giorni? Un esempio? A Roma c’erano, “guaste ma riparabili e non riparate” circa 15 lame che, applicate ad autocarri, li avrebbero trasformati in 15 spazzaneve! Non avrebbero certo risolto al situazione, ma il fatto è sintomatico … 

Un Sindaco dice: “lui” non mi ha avvertito, “loro” sono passacarte … Quando ero Direttore dell’ISA a Trento, di fronte ad un grave problema aziendale il mio “capo” Bruno Kessler mi chiamò nel suo ufficio e mi disse: “Questo è il problema. Lei è il Direttore. Quella è la porta. Torni con il risultato”. Ed io tornai con il risultato. Il risultato … appunto!

E voi, cosa ne pensate?

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