L'AMORE AI TEMPI DEL COLERA, di Gabriel Garcia Marques
pubblicato da: admin - 11 Giugno, 2010 @ 6:19 pm
La scelta del libro di oggi è stata dettata dal clima caraibico che ho in casa (non dal colera). In questi pomeriggi languidi mi sembra di percepire l’umidità della Colombia, scenario del romanzo,  di sentire i pappagalli colorati, di vedere fiori tropicali…mi sembra persino di gustare  sapore e profumo  di vaniglia, di mango e di platano …potenza dell’immaginazione. In questa sorta di obnubilamento sono preda di immedesimazione temporale e geografica!
Credo che tutti conosciate questo romanzo, una storia d’amore che si concluderà felicemente dopo cinquantatre anni. Florentino Ariza un telegrafista si innamora immediatamente e perdutamente della bella Firmina Daza alla quale comincerà a scrivere lettere e versi d’amore. Lei corrisponde, ma il padre riuscirà a farla sposare ad un affermato medico.
Le loro vite vengono raccontate da Marques con la sua scrittura  trasognata, fluida, immaginifica. Leggiamo di avventure rocambolesche, di amanti, di litigi coniugali, di epidemie, di fortuna negli affari…per giungere alfine a ciò che Florentino ha sempre atteso con caparbietà , sicurezza e  ferma speranza…l’amore di Firmina. E i due ultrasettantenni, grazie al colera, rimarranno a lungo sulla piccola nave a celebrare  finalmente il loro paziente amore.
Scrivo poco della trama, su Internet ci sono tantissime informazioni e recensioni sui romanzi  in libreria. Il mio blog ha il precipuo scopo di condividere ciò che la lettura suscita in me. Parlo di riflessioni, ricordi, concordanze, emozioni, fugaci stati d’animo e persino fisici come è stato per questo titolo.
Mi accorgo di essere arrivata al post n.144, giorno dopo giorno. E’ ovvio che non posso, e per il  caldo, e per la mia piccola vita che deve continuare tra amiche care, riunioni serali, passeggiate, cinema e lettura, stare troppo tempo al computer.
Vi confesso che scrivo di getto, a scapito della forma, ma preferisco non soffermarmi per più di un’ora mezzo. Talvolta scrivo al mattino quando è più fresco e spedisco alla sera, oppure nel tardo pomeriggio… ma a quest’ora c’è il risveglio di Mimilla e il suo desiderio di giocare.
I libri che scelgo sono sempre dettati da onestissime intermittenze personali. Mi piace collegare il mio vissuto quotidiano con libri di tutti i generi. I libri che preferisco sono quelli che sono o  diventeranno miei “amici”per sempre.
Sono molto soddisfatta dei riscontri che ho, non solo attraverso i vostri commenti scritti, ma anche attraverso quelli a voce. Tante amiche e conoscenti che incontro, o che telefonano dicono che mi leggono; proprio l’altra sera Ema ha ribadito che i miei post le danno serenità ; Renata me lo sottolinea ogni volta che ci sentiamo, mia nipote valtellinese prende spunti su cosa leggere ( “Fla’ potresti anche scrivere!”)… quindi riesco a dare un incentivo alla lettura. La mia indole ne è appagata…
Concludo parlando ancora di gatti : primo, sono contenta che Camilla mi veda come una gattina fulva …così mi vede anche la mia Mimilla che mi tratta come una sua simile …poi vi consiglio di leggere proprio il commento di Camilla sul suo gatto Michele e quello di Maria Teresa su Dorian nel post “Vivere felici con un gatto.” Infine sempre alla fine di questo post c’è la storia di Neela, la cagnolina di Cinzia….da non perdere.
AMSTERDAM, e la stupidità umana
pubblicato da: admin - 10 Giugno, 2010 @ 6:15 pm
L’autore è Ian McEwan famoso anche per “Espiazione” da cui è stato tratto un film di grande successo. Amsterdam ha vinto il Booker Prize nel 1998, anno della sua pubblicazione. Dapprima non riuscivo a capire la scelta del titolo, ma ben presto tutto si è chiarito. Amsterdam è il “palcoscenico ideale di una buffa e terribile resa dei conti”. Si vedrà come.
 Ian McEwan definisce  il suo libro “Un romanzo sull’ambizione, sul tradimento e sulla stupidità umana”. La vicenda inizia al funerale di Molly, una donna amata da molti, la cui morte crudele e umiliante suscita nei suoi amici ed ex-amanti sgomento, paura, panico. Ed è proprio la paura di perdere le facoltà mentali come è successo a Molly che farà stringere a Clive e Vernon un patto di mutua assistenza in caso di malattia fulminea e degenerativa. Entrambi pensano ad Amsterdam dove l’eutanasia è legale. L’incontro con la  morte di qualcuno a noi caro rallenta il fluire quotidiano e porta a meditare. Clive, compositore di successo, sta ultimando la Sinfonia per il terzo millennio ma è distratto da pensieri cupi. Ripensa al passato con Molly, donna  sensuale, vitale, anticonformista, sposatasi con George che è riuscita ad averla finalmente tutta per sè negli ultimi mesi di malattia quando lei non poteva più reagire o decidere qualcosa.
“Lasciò il pianoforte e si versò del caffè…Molly ormai era cenere…Clive aveva deciso di lavorare tutta la notte per poi dormire all’ora di pranzo. Non c’era molto altro da fare. Si fa qualcosa, e si muore.”
McEwan descrive magnificamente con una struttura stilistica dei romanzi classici alcuni rappresentanti della generazione della passata età dell’oro, quella del Rock and Roll, quella degli ideali alla portata di tutti : Clive, Vernon ora direttore di un giornale che si trova in brutte acque , Julian Garmony ministro degli esteri accomunati dalla passata relazione con l’amatissima Molly. Ora siamo negli anni ’90 e ogni ideale sembra perso o inaridito. Dopo il ’68 sono iniziate le delusioni , una sorta di spaesamento, un arido ripiegamento su di sè .  “Durante un momento di inconsueta tranquillità della mattinata, a Vernon Halliday capitò di pensare che forse non esisteva.”
Un’occasione ghiotta si presenta a Vernon quando George gli porta a vedere foto molto compromettenti di Garmony, foto scattate dalla trasgressiva Molly in momenti sensualmente liberatori. Si può distruggere un uomo politico spregevole, odiato, attaccandolo? Vernon non ha dubbi morali. Lo vuole fare con gioia vendicativa. Ma tutto si ritorcerà contro di lui.
Clive giudica negativamente l’ operato di Vernon, come mancanza totale di etica, ma egli stesso non aiuterà una donna in pericolo per non distogliersi dalla sua ispirazione musicale, mentre passeggia ai Grandi Laghi.
Riflessioni pessimistiche o realistiche? A chi vogliamo raccontarla, sembra suggerire McEwan, che siamo buoni? Dalle disgrazie altrui ci si rinvigorisce: quando Clive legge sul giornale che Vernon è stato costretto a dare le dimissioni dal giornale per l’affare Garmony, sembra rinascere dopo le fatiche lavorative, la vita gli sembra più bella, sente l’arrivo della primavera…sensazione che durerà poco perchè la polizia gli chiederà  la testimonianza per l’aggressione di una donna ai Grandi Laghi. E’ Vernon che lo ha denunciato…
 Clive riesce comunque a raggiungere Amsterdam per la presentazione della sua opera sinfonica. Vernon lo raggiungerà per riavvicinarsi in una sorta di rapporto, di odio, di complicità distruttiva … e il finale sarà grottesco, amaro, ironico.
McEwan, come un chirurgo dall’affilato bisturi, scava nelle pieghe più oscure, nelle inconfessabili debolezze dell’animo umano. Ambizione, egoismo, affermazione aggressiva di sè rappresentano “il deserto morale di fine millennio”?
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LA CASA DELLE SORELLE, di Charlotte Link
pubblicato da: admin - 9 Giugno, 2010 @ 8:15 pmNoto che le mie riflessioni girano un po’ in tondo. Sarà il caldo? Sarà l’idea che dovrò presto cambiare casa? Fatto sta che dopo aver letto delle emozioni di Gary sulle cose trovate nella vecchia casa dei suoi genitori, sto ripensando a ciò che proverò io invece quando dovrò ancora una volta spostare mobili, quadri, libri, lampade… Ormai le scoperte un po’ misteriose del passato familiare, se ci furono, si sono spezzate in vaghi lacerti, in ricordi densi ma confusi. Dalla casa di Merano, alle cinque di Carpi, allo smantellamento dell’appartamento dopo la morte dei miei…quanti oggetti persi, gettati, alcuni miei personali sono addirittura in fondo all’Atlantico… la nave da crociera dove lavoravo come hostess infatti naufragò nel luglio 1970. Ricordo che se nel periodo successivo quando mi capitava di cercare una cosa -un abito, un bijou, una spazzola – e non lo trovavo…esclamavo “sarà affondato” .
Per questi miei tanti spostamenti ho un rapporto particolare e un po’ distaccato con gli oggetti. Diversa sarebbe stata la mia storia se avessi avuto un punto fisso, una dimora stabile.
Una casa rimasta sempre accanto alla vita di un personaggio letterario¨ invece  La casa delle sorelle, romanzo che ho letto volentieri perchè¨ racchiude tanti elementi che mi piacciono: il mistero, i brividi della paura, un diario ritrovato, lo Yorkshire. In più¹ una (fresca meravigliosa)… tempesta di neve!!!
Charlotte Link è una scrittrice tedesca nata nel 1963 e in questo libro dà prova della sua abilità nel raccontarci diverse storie accadute in tempi diversi. I protagonisti principali sono Barbara e Ralph sposati da parecchi anni che per sanare il loro rapporto stanco e conflittuale  decidono di trascorrere le vacanze natalizie in Inghilterra, a Westhill House nello Yorkshire.
E’ la tempesta di neve con i disagi che procura, come la mancanza di elettricità , del  telefono, scarsità di viveri, freddo, che mette in moto la storia. Mentre Ralph affronta la neve per chiamare i soccorsi ,sua moglie va a cercare qualcosa da bruciare  nel capanno esterno e qui incappa in un diario. Barbara inizia a leggere e capisce che si tratta del racconto dell’intera vita di Frances Gray l’antica padrona di Westhill House ora proprietà  dalla sua governante Laura che la affitta per brevi periodi. Barbara segue avvinta la storia di Frances a cui si sente di assomigliare, in un crescendo di segreti che potrebbero ancora essere pericolosi. Si parlerà anche della sorella di Frances, Victoria e dell’uomo che entrambe hanno amato. E di  Laura che invano ha sempre cercato il diario di Frances per distruggerlo …
 Interessante percorrere una vita del secolo scorso : ritroviamo  ricordi delle due guerre, delle suffragette, e soprattutto il percorso di un esistenza speciale, ribelle e anticonformista.
LE SCARPE AL SOLE… di Paolo Monelli
pubblicato da: admin - 8 Giugno, 2010 @ 4:30 pm
Mi è stato chiesto di scrivere un pezzo per questo blog: colgo molto volentieri l’invito e ringrazio fin d’ora la “prof†Mirna per avermi concesso lo spazio di “un giornoâ€.
Come penso sia risultato noto a tutti, la mia passione è la Grande Guerra: passione che va dalla raccolta di testimonianze materiali alla ricerca archivistica e cartacea. Ecco che quindi questo “giorno†verrà dedicato alle mie riflessioni su questo tema, prendendo come spunto un libro, che oramai penso sia introvabile in libreria (a meno che non siano state fatte recenti ristampe), e nell’intero sistema bibliotecario trentino ne esiste una sola copia. Mi ritengo dunque uno fra i pochi fortunati in possesso di questo libro, che si intitola “Le scarpe al sole: cronache di gaie e di tristi avventure di muli, alpini e di vinoâ€, il cui autore è Paolo Monelli, giornalista e fotografo amatoriale. Recentemente è stato edito dal Museo permanente della grande guerra di Borgo Valsugana un volume con le foto di Monelli, ed inoltre è stato dato l’avvio ad una mostra itinerante delle foto, partita da Borgo: mostra unica in Italia che per la prima volta ha reso pubbliche quelle foto.
Il libro è un interessantissimo spaccato sulla vita di guerra e di trincea, vissuta in prima persona dall’autore, che dato anche il suo grado di ufficiale poteva permettersi anche delle pause durante i combattimenti.
Paolo Monelli nasce a Fiorano Modenese il 15 luglio 1891. Sebbene esentato dal servizio militare, allo scoppio della guerra fa domanda per diventare ufficiale di fanteria della Milizia Territoriale, specialità alpini. Entra così nel battaglione “Val Cismonâ€, 265ª compagnia, III plotone. Con il “Val Cismon†partecipa a molte azioni belliche sviluppatesi sul fronte della Valsugana-Alpi di Fassa fino alla primavera del 1917, quando lascia il battaglione per uno dei reparti skiatori in corso di formazione. Dopo un breve periodo passato in valle di Tesino ad addestrare gli alpini all’uso degli ski, passa al nuovo battaglione “Monte Marmoladaâ€, in tempo per partecipare alla sanguinosa battaglia dell’Ortigara del giugno 1917. nei mesi seguenti gli viene assegnata la 301ª compagnia alpina ed ottiene la promozione a capitano. Nel novembre 1917 -sono i giorni di Caporetto- il battaglione di Monelli presidia le posizioni del monte Tondarecar e di Castelgomberto: i suoi uomini si sacrificano nel respingere i continui violenti assalti austriaci ed i pochi superstiti -tra cui Monelli stesso- finiscono prigionieri. Via Trento, il capitano Monelli viene portato dapprima nel castello di Salisburgo e poi a Braunau in Boemia, ad Hart, a Sigmundsherberg: tenta due volte la fuga ma viene ripreso. Alla conclusione del conflitto rimane in Austria con le forze di occupazione del Regio Esercito e rientra in Italia alla fine del 1919. Gli verranno assegnate tre medaglie di bronzo al valor militare per azioni condotte il Valsugana (1916), Ortigara (1916) e sul Tondarecar (1917). Diventerà poi giornalista e collaboratore di numerose testate nazionali ed al contempo scrittore. Si avvicinerà al fascismo, senza però rimanerne entusiasta. Si spegne a Roma il 19 novembre 1984.
Dice di lui Angelo Manaresi, suo conterraneo, amico e collega ai tempi della guerra in Valsugana e sul Cauriol: “Monelli freddo e incaramellato, sottile come un giunco, caustico, mordace, freddurista impenitente, gran conquistatore di donne, partito per il fronte astemio e rapidamente convertitosi ad abbondanti bevute, valorosissimo in combattimento ed impeccabile d’eleganza in riposo, stonato come una campana fessa, ma innamorato dei canti alpini, buon narratore e magnifico scrittore, è oggi fra i giornalisti più noti d’Italia ed il suo libro “Le scarpe al sole†è quello che forse, meglio di ogni altro, interpreta l’anima scarpona della grande guerra…â€.
Era un ufficiale sì, ma rimaneva comunque legato ai suoi uomini, con cui condivideva tutto e con cui stringe forti legami affettivi: tutto ciò emerge leggendo il suo libro.
Concludo con le parole di Monelli stesso, prese da considerazioni che scrive negli anni successivi alla fine della guerra: “Nel corso di quella guerra mi sono legato di affetto e di stima a uomini che compivano il loro tremendo dovere con semplicità e con virile coscienza, con lo stesso impegno che avevano portato fino allora nella loro vita di contadini, di minatori, di boscaioli, di emigranti. Ho preziosi ricordi della loro umanità , della loro pazienza, della commovente fiducia che avevano, uomini provati, in me ragazzo che dovevo portarli a morire. È mia ricchezza segreta ed indistruttibile questa esperienza che non vorrei avere avutoâ€.
Le due foto in allegato ritraggono Monelli durante una pausa dai combattimenti sul Cauriol e i “veci†della compagnia di Monelli, in pausa al rifugio Ottone Brentari di Cima d’Asta.
Ringrazio di cuore Luigi Oss Papot per aver voluto condividere con noi  la sua passione per la storia. Ripeto che sono molto orgogliosa di averlo avuto come alunno, e che alunno! Fra poco sosterrà l’esame di maturità …in bocca al lupo!
DI BUONA FAMIGLIA e le antiche memorie
pubblicato da: admin - 7 Giugno, 2010 @ 5:54 pm
E’ vero, è più fresco. Mi conviene provare a scrivere di mattina perchè nel pomeriggio l’appartamento-forno diventa caldo ugualmente. Meglio come suggerisce Camilla guardarsi un film (adatti quelli da brivido!) e bere qualcosa di ghiacciato. Interessante però  come ci adattiamo ad ogni cambiamento sin dai tempi delle caverne, palafitte, capanne, casette, condominii, cottages…al caldo o al gelo.Ieri sera però ero alla ricerca di ricordi di case fresche circondate dal verde e mi è venuto in mente il libro “Di buona famiglia” di Isabella Bossi Fedrigotti la cui vicenda si dipana in una vecchia casa delle nostra regione. Nello stesso tempo ho ripensato a Villa Parsifal, la casa di Merano dove io nacqui tanto tempo fa… Era, Villa Parsifal ,una casa fresca, circondata da giardino, frutteto e pini. C’era anche una palma.  Aveva una bellissima veranda e  nel giardino c’era un  bersò dove la mamma andava a cucire. Sebbene la lasciammo quando io avevo cinque anni per trasferirci a Carpi, io la ricordo bene perchè ogni estate che trascorrevo dagli zii rimasti a Merano salivo a Maia Alta per andare a rivederla. Molti ricordi sono miei, come uno splendido Natale,  altri sono quelli raccontati dalla mamma e dalla nonna.
La casa di buona famiglia  descritta dalla Bossi Fedrigotti è diventata l’ultima dimora di due anziane sorelle, Clara e Virginia. E’ una casa antica, ricca di oggetti e mobili di pregio, di presenze lontane in cui malinconicamente aggirarsi rimescolando pensieri, ricordi e rancori. Il romanzo è diviso in due parti, i due punti di vista delle sorelle. Dapprima si ascolta l’autoconfessione di Clara ” Sei una sopravvissuta. Tu e la tua casa, le tue stanze, i letti, le fotografie che tieni intorno come immagini di un cimitero personale. Avanzi di un altro mondo sono i tuoi vestiti…Sei una sopravvissuta perchè non ti rassegni alla tua età e ancora stai davanti allo specchio, ti guardi e ti trovi vecchia…Sei fuori dal mondo perchè alla tua età bisognerebbe aver chiuso con tutto e soltanto ad aspettare; mettere ordine nella vita, disporre di questo e di quello…”.
Questa bella casa borghese , in cui piacevole sarebbe entrare nella sua penombra per qualche ora per sentire l’odore di cera o di rose del giardino, ammirare gli armadi pieni di lenzuola ricamate e odorose di spigo o la dispensa con le marmellatte chiuse nei barattoli con carte di cellofan è stata però …la prigione limite per Clara. Casa simbolo del suo ceto al quale aggrapparsi per sentirsi importante, per avere un’identità . “Come un simbolo di voi, sempre più soli, più diversi, attaccati a un mondo finito“…
Le due sorelle parlano degli avvenimenti dololorosi che le hanno rese “nemiche” e incomprese l’una con l’altra perchè hanno  sempre tenuto chiusi nel proprio animo gli intimi sentimenti. Sappiamo tutti della crudele educazione borghese di non far trapelare mai ciò che si pensa. Io dico crudele, perchè comunicare e raccontare di sè è sia apertura che generosità verso l’altro, è  consapevolezza e condivisione, è un modo per vivere meglio.
Se le due sorelle, che ancora possono andare in giardino a raccogliere l’insalata e sistemare i cassetti, comunicassero  certo i loro ultimi anni non sarebbero così tristi.
Molti malintesi si chiarirebbero: ciò che infatti crede Clara contrasta con ciò che poi Virginia racconta. Clara la non sposata, la meno affascinante risulta però la più forte, la più dura,incatenata com’è in questa casa di buona famiglia che è l’unico suo porto sicuro. Per essa ha però barattato la sua libertà .
Ho sfogliato nuovamente con interesse questo libro dove ho anche ritrovato miei ricordi lontani: le ciliegie cotte che mi faceva la nonna Bianca, le uova in calcina…che comperavamo  in inverno. Chissà se qualcuna sa di che cosa si tratta…
La casa è dunque lo specchio della nostra personalità , il prolungamento di ciò che abbiamo dentro di noi…com’è la vostra casa, vi corrisponde? La mia…beh, ve lo dirò un’altra volta.
ATTENZIONE: domani il post del giorno sarà un libro molto interessante presentato dal mio ex alunno Luigi Oss Papot.  E’ il primo ospite del mio blog che è aperto a tutti.
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CASA HOWARD, di E.M. Forster
pubblicato da: admin - 6 Giugno, 2010 @ 6:24 pm
Beati coloro che d’estate vivono in una casa fresca e non in un condominio-forno come il mio. Mi sento come Jack Lemmon nel famoso film “Prigioniero della seconda strada”. Come lui rasento la crisi isterica e sono così esausta che non riesco neppure a muovermi per uscire. Allora penso a dove mi piacerebbe essere: certo in un cottage in Inghilterra. E che cosa meglio di Casa Howard?
 “…E’ vecchia e piccola, e nell’insieme deliziosa – in mattoni rossi…guardandola dal giardino sul davanti ha nove finestre. C’è poi un grandissimo olmo riccio – a sinistra della facciata – che si piega un poco sulla casa e sorge al limite tra il giardino e il prato.” Così Helen, ospite della famiglia Wilcox a Howard’s End , la descrive a sua sorella Margaret rimasta a Londra.
In una successiva lettera parlerà dell’amore nato tra lei e il più giovane figlio dei signori Wilcox. Amore che sarà contrastato. Ciononostante l’amicizia fra i Wilcox e le sorelle Schlegel continua.
Helen e Margaret Schegel , che vivono con il fratello universitario, sono due intellettuali e  aperte persone, amano la musica, la letteratura, gli incontri culturali.  Forster si è senz’altro ispirato a Virginia Woolf e a sua sorella Vanessa Bell, quando queste vivevano a Bloomsbury. Per le descrizioni del luogo si è invece ispirato a un cottage dell’Hertfordshire dove egli  soggiornò spesso dal 1883 al 1893.
In questo romanzo pubblicato nel 1910 Forster fa un’analisi del rapporto tra sentimenti e comportamento esteriore della rigida società postvittoriana. Sono presentati vari gruppi sociali, dai ricchi capitalisti Wilcox, alle emancipate  intellettuali attente alle problematiche della società , a membri della piccola borghesia i cui rappresentati si incroceranno per dar vita a una storia intensa e avvincente.
Ma tutto gira intorno al delizioso cottage fresco…Ruth Wilcox, ammalata gravemente, decide di lasciare il villino, unica proprietà di cui può disporre, a Margaret Schlegel che ha dimostrato interesse e ammirazione per lo stesso, più del marito e dei figli. Alla sua morte i familiari stracceranno il foglio su cui erano scritte le sue volontà a riguardo, ma il destino farà sì che tempo dopo  il vedovo Wilcox sposi Margaret.
 Margaret  è il personaggio più equilibrato, sensibile  e  onesto della vicenda,  alla fine è lei, che dopo un evento drammatico riuscirà  non solo a consolare il marito, ma a fargli capire quanto la disponibilità e l’apertura verso gli altri, di ogni ceto sociale,  contribuisca alla serenità della vita.
Da questo romanzo è stato tratto il bellissimo film di James Ivory con Emma Thompson .
Se potessi rivederlo sono sicura che mi rinfrescherei…ho in mente le immagini della passeggiata notturna del signor Blast in un prato pieno di fiori viola…
VIVERE FELICI CON UN GATTO, le 10 regole
pubblicato da: admin - 5 Giugno, 2010 @ 6:56 pm
Che un laureato magna cum laude in fisica scriva un delizioso libro per aiutarci a capire i gatti è meraviglioso.Â
 Dario de Judicibus è un autore eclettico che si occupa di svariati aspetti della conoscenza, in campo sia umanistico sia scientifico. Del gatto, animale affascinante, ci dice molto: le sue caratteristiche fisiche e, da scienziato, ci spiega di cromosomi, di alleli dominanti o recessivi che determinao il colore del pelo, la tipologia. Ci racconta la sua storia che sembra iniziare molto prima che in Egitto, ma addirittura 9.000 anni fa nella solita Mezzaluna fertile.
Soprattutto ci insegna come essere felici con questo piccolo quadrupede. Impariamo le dieci regole fondamentali, prima fra tutte:
“Il gatto non è il vostro animale domestico: siete voi il suo.” Questo l’ho capito da sola, è Mimilla che sceglie di volta in volta su quale divano trascorrere i caldi pomeriggi ed io scelgo naturalmente quello libero. E’ Sua Maestà : quando vuole mi concede l’onore o di venire sulla pancia a mo’ di cuscino peloso e caldo, o di permettermi di fare coccole ,  poi mi avverte  con miagolii stentorei che è l’ora di giocare (sempre quando mi accingo o a scrivere il blog o a fare una telefonata). I suoi miagolii diventano patetici quando vuole mangiare qualcosa di goloso… (non i soliti croccantini) ,  se non l’accontento mi guarda severamente e mi volta la schiena.
In cambio regala felicità , dolcezza, compagnia. Sebbene, dice Dario de Judicibus, egli si senta superiore a noi. La quarta regola infatti  recita “Il gatto si aspetta che siate voi a non calpestargli la coda, non lui a doverla spostare.” Seguono paginette amene e divertenti sulla convivenza umani-gatti. Mi viene in mente Dorian che ogni mattina si stende voluttuoso  sul petto di Riccardo e rimane a fissarlo negli occhi fintanto che Maria Teresa non arriva con il caffè. Sembra che Riccardo sia bravissimo a bere la calda bevanda  senza far cadere nè tazzina nè gatto. E’ un grande amore!
“Se un giorno la razza umana dovesse entrare in contatto con una specie aliena, allora è augurabile che il primo a comunicare con gli extraterrestri sia qualcuno che abbia vissuto per un certo periodo di tempo assieme ad un gatto. Non c’è nulla di più simile a una specie aliena intelligente, infatti, di un felino domestico…”
Chi convive con un gatto è perciò arricchito psicologicamente e può senz’altro vivere momenti felici pur tra un pelo e l’altro. Ciò che mi ha intrigato in questo scritto è proprio l’idea che il gatto ci vede in un modo diverso da quello che noi crediamo di essere.
E non è così anche tra gli umani? Proprio stamattina durante una gustosa e interessante conversazione con Camilla si analizzava la pirandelliana questione di come ci vedono gli altri, ci si chiedeva addirittura se gli stessi figli ci conoscono a fondo. E come madri come siamo percepite dagli stessi figli?
Com’è ricca la vita e la visione che noi abbiamo del mondo e delle persone, a volte simile e condivisibile, altre dissimile, ma sempre unica… come le impronte digitali.
LEI COSI' AMATA, ovvero una cacciatrice d'emozioni
pubblicato da: admin - 4 Giugno, 2010 @ 7:10 pm
Anche Annemarie Schwarzenbach muore prematuramente con una bicicletta. Come Antonia Pozzi. La differenza sta che Annemarie cade accidentalmente causa una pozzanghera piena d’acqua che la fa cadere e  sbattere la testa. ” Il sasso oblungo sporge di pochi centimetri dal terreno, subito dopo la buca.” La ragazza pedala velocemente, forse stacca le mani dal manubrio in un momento di ebbrezza di libertà . “La bicicletta slitta, deraglia, s’inclina sul fianco e cade. Qualcuno grida “Annemarie”.
Altra donna straordinaria, perchè proprio fuori dal comune Annemarie Scwarzenbach,  Figlia di un ricco industriale tessile svizzero nasce nel 1908 sul lago di Zurigo, si laurea in Storia. Presto lascia la famiglia per trasferirsi a Berlino dove frequenta la famiglia di Thomas Mann. E’ bella, sottile, di una bellezza androgina, quasi da efebo, porta i capelli corti, ama vestirsi spesso da ragazzo comportandosi come tale. Vuole essere ammirata da tutti, uomini e donne. Odia la banalità e la mediocrità , vuole emergere. Instaura un rapporto ambiguo e di “amorosa dipendenza” con due figli di Mann, i gemelli Erika e Klaus. Sono loro che la iniziano all’uso di droghe.
Annemarie ha una personalità tortuosa : è inquieta, impetuosa, coraggiosa è una cacciatrice di emozioni e sensazioni. Diventa un’instancabile viaggiatrice, ama fotografare, cercare resti archeologici e naturalmente scrivere sia come giornalista che come romanziera. Ma è sempre insoddisfatta e alla ricerca di qualcosa che le manca e che vuole, senza sapere esattamente che cos’è.
Pur tra tante persone che la amano e la ammirano lei continua a sentirsi sola, forse condizionata dal rapporto ossessivo di amore-odio con la madre Renée.
I suoi viaggi sono memorabili, viaggia per tutta l’Europa, va in Oriente (si trova a Kabul allo scoppio della II guerra mondiale), in Africa dove risale avventurosamente il fiume Congo. Tenta persino il matrimonio con Claude, un diplomatico francese, ma presto scappa dal suo ruolo di moglie, per vivere la sua ambiguità sessuale.
 Le viene riscontrata una forma di schizofrenia causata soprattutto dall’uso smodato di morfina. Verrà ricoverata in un ospedale psichiatrico che le lascerà ferite indelebili.
Una vita dunque drammatica e infelice alla ricerca della verità della propria difficile identità personale, e soprattutto della libertà .
Bravissima Melania G. Mazzucco nell’entrare così impetuosamente  in questa storia affascinante.E’ un libro impegnativo da leggere lentamente per poter affondare nel suo vortice ipnotico.
(Consiglio un’edizione non tascabile però,  da poter leggere senza…lente d’ingrandimento!)
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IN RIVA ALLA VITA, storia di Antonia Pozzi
pubblicato da: admin - 3 Giugno, 2010 @ 8:06 pm
Una mia amica milanese abita in via A.Pozzi. Ricordo che anni fa incuriosita le chiesi chi fosse. “Una poetessa” rispose. E proprio poco dopo, verso la fine di un giugno caldissimo a Chiavari,  in una  libreria, vidi una sua  bellissima biografia scritta da Alessandra Cenni. Non potei resistere, lo comprai immediatamente. Ero felicissima e con mio marito andai  a bere un caffè freddo dal Defilla sfogliando e guardando le foto del libro.
Lo divorai letteralmente. Alessandra Cenni è maestra nel raccontare la vita di poetesse; ricordiamoci del suo libro su Emily Dickinson.
Antonia Pozzi nasce nel 1912 e muore suicida nel 1938, a soli ventisei anni senza aver pubblicato una sola poesia. Eppure i suoi versi sono profondi, singolari, emozionanti. Sarà  ammirata da Eliot e da Montale.
Alessandra Cenni inizia la storia di Antonia raccontando della sua morte, quando in una  gelida mattina di dicembre la si vede  correre in bicicletta  fuori dalla città per raggiungere “un solo, infinito , desiderio di pace”. Sfinita cadrà in un fossato. Già un’altra volta aveva tentato di togliersi la vita per il suo amato professore.
 Dalla vita Antonia sembra avere avuto tutto: è ricca, privilegiata , frequenta circoli del tennis, ha una casa in montagna, ma a lei sembra che la vita corra troppo velocemente davanti a sè  tanto da lasciarla spesso “sula riva”.
E’ una grande lettrice, amante dei classici soprattutto. Quando in prima Liceo arriva dal sud il professore Antonio Maria Cervi per Antonia si aprono porte preziose. Fra loro nasce una rara intesa intellettuale, un vero incontro di affinità elettive, una relazione che potrebbe diventare sentimentalmente importante. Ma lei ha solo 16 anni e la sua ricca famiglia che la “protegge” e la tiene “prigioniera” non le consente di dare spazio a questa intesa. Il professore sarà trasferito . Si scriveranno delle lettere che purtroppo non tutte ci hanno raggiunto. Il padre o altri hanno stracciato e censurato gli scritti ritenuti troppo intimi.
Antonia scrive versi davanti alla bellezza, per i sentimenti propri e universali. Si confida con una carissima amica che andrà in convento e che Alessandra Cenni è riuscita ad intervistare.
Questo libro “è anche un affresco di una generazione di intellettuali milanesi cresciuti negli anni Trenta” si parla di Vittorio Sereni, Remo Cantoni, Dino Formaggio, Antonio Banfi. L’ultimo messaggio di Antonia, trovato nella borsetta, sembra essere per l’amico Vittorio Sereni: la sua  poesia “Diana” del luglio 1938 con la dedica per Sereni.
Tanto ci sarebbe da dire di questo libro, dell’amore di Antonia per la montagna, del suo rifugio privilegiato, delle sue amicizie, della sua amata nonna, delle sue poesie…
Per me è stata una lettura avvincente. Ho conosciuto in modo profondo una creatura sensibile e speciale.
“…ed io sosto
pensandomi ferma stasera
in riva alla vita
come un cespo di giunchi
che tremi
presso un’acqua in cammino “
GLI ANNI VELOCI, e la canzone della giovinezza
pubblicato da: admin - 2 Giugno, 2010 @ 6:15 pm
Per rimanere in tema di canzoni che accompagnano la nostra giovinezza ho pensato di parlarvi del libro di Carmine Abate ( regalo di Raffaella) che appunto intride una  bella storia d’amore con le canzoni di Lucio Battisti, altro mio amato cantautore.
Siamo nella Calabria fine anni ’70, precisamente a Crotone e conosciamo due adolescenti che si avvicinano e si innamorano. Parlano dei loro sogni in riva al mare, circondati dai profumi del sud, assaporando appieno quel tempo che fugge però veloce. Tutti amano la musica leggera, fra i loro amici anche Rino Gaetano. Cantare e vivere, ogni canzone sembra accompagnare un accadimento o un moto del cuore. Nicola sogna di diventare un grande sportivo come Mennea, Anna vuole scrivere testi per Battisti.
 I due ragazzi si perdono nella corsa della vita . Si cercheranno nuovamente  quando il 9 settembre 1998  muore Lucio Battisti, o meglio sarà Nicola a voler rivedere Anna perchè vuole sapere se esiste ancora quel dolcissimo, lontano e prezioso sentimento. Nicola è ora un insegnante di ginnastica, Anna una paroliera di successo.
Tra passato, presente, lettere, testi poetici si intreccia questa storia d’amore e di crescita intensa, dal sapore d’estate e piena di sogni, i nostri sogni che talvolta vengono realizzati, altre volte si disperdono nel vento.
Carmine Abate, vincitore di numerosi premi,  è nato nel 1954 in Calabria, ha vissuto parecchi anni in Germania ed ora abita e insegna a Trento. E’ collega e amico di Raffaella…anzi, aspettiamo da lei qualche informazione in più.Â
La nostra giovinezza così leggera e profonda, così allegra e triste, così completa in nuce di ciò che saremo, passa veramente troppo in fretta e ce ne rendiamo conto dopo. Quando la si vive percepiamo talvolta momenti sospesi, eterni che racchiudono l’essenza della nostra completa esistenza. Siamo così golosi di emozioni che dobbiamo trovarle, berle, viverle anche con le emozioni degli altri, e le canzoni sono gli amici più intimi di quel nostro tempo.
 Insieme alle canzoni dei Beatles anche  “Mi ritorni in mente”, “Fiori rosa, fiori di pesco”, “Acqua azzurra, acqua chiara.” “Il mio canto libero”… hanno accompagnato i miei anni veloci…mi sembrano mie tanto si sono incarnate nelle mia memoria.


















