POESIE, di Verlaine
pubblicato da: admin - 1 Luglio, 2010 @ 3:30 pm
“Votre ame est un paysage choisi“
La vostra anima è uno scelto paesaggio
Que vont charmant masques et bergamasques
incantato da maschere e da bergamasche
che suonano il liuto e danzano, quasi
tristi sotto i loro fantastici travestimenti.”
Dopo la magica serata musicale di ieri sera al Museo di San Michele non potevo che collegarmi alla poesia, soprattutto a quella delicata delle Fetes Galantes  alla Watteau, di Paul Verlaine. Estasiati ascoltavamo i Lieder di Mozart e i Songs di Haydn interpretati da Maria Letizia Grosselli accompagnata al fortepiano da Massimo Guidetti. In un momento di pausa Maria Teresa mi sussurra ” Siamo come nelle corti del Settecento…” Pura magia trovarsi in una notte d’estate  nel chiostro del Museo ed essere accarezzati dalla voce meravigliosa di Maria Letizia.
“Cantano così in tono minore /l’amore vincitore e la giusta vita, / con l’aria di non credere alla felicità / e la loro canzone si fa chiaro di luna, (et leur chanson se mele au clair de lune) /Au calme clair de lune triste et beau,) calmo chiaro di luna – triste e bello – / che lascia sognare sugli alberi gli uccelli / e gli zampilli singhiozzare in estasi, / i grandi zampilli tra marmi guizzanti.
Anche questa terza serata del Festival del Fortepiano è stata bellissima. Mia figlia Stefania, direttore artistico, può essere soddisfatta, sia della riuscita del Festival in generale, sia della sua esecuzione di brani di Bach insieme al violoncellista Marco Frezzato.
Ma le Notti del Museo degli Usi e Costumi di San Michele si concluderanno domani sera, 2 luglio alle 21,30 con i burattini di Luciano Gottardi che “metteranno in scena”  il “Flauto magico” di Mozart.
Musica, poesia, bellezza, felicità , armonia. Grazie a tutti gli artisti che ci regalano queste emozioni.
E grazie a Riccardo Lucatti, fotografo di rara bravura, a cui dobbiamo le immagini del post.
L'ANIMA E' UN LENZUOLO BIANCO, di Aurora Venturini
pubblicato da: admin - 30 Giugno, 2010 @ 6:37 pm
Non conoscevo Aurora Venturini, scrittrice argentina nata nel 1922. Laureata in filosofia è stata amica di Eva Peron. Lodata da Borges si trasferisce  a Parigi dopo il colpo di stato che rovescia il governo Peron nel 1955.  Nella capitale francese  frequenta Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Albert Camus, Eugène Jonesco e Juillet Greco. E’ sposata con lo storico Firmìn Chavez.
Aurora Venturini nel 2007 partecipa a un concorso letterario argentino “Premio Nueva Novela” che ha  lo scopo di trovare un romanzo originale. Partecipano più di seicento persone ma “L’anima è un lenzuolo bianco” suscita immediatamente l’ammirazione della giuria. Un giurato  lo commenta come l’opera” di una brillante e sconosciuta giovane autrice di straordinaria genialità “. In realtà Aurora Venturini ha già 85 anni. All’annuncio della vittoria non si sorprende ma ribadisce che la letteratura nuova non dipende dall’età dell’autore bensì dal suo senso d’avventura.
Ed è veramente un romanzo particolare, colorato, talvolta grottesco e surreale scritto con uno stile impetuoso e spontaneo. Il sottotitolo recita “L’assurda felicità di una famiglia infelice.” E davvero ci troviamo di fronte a mille miserie umane: handicap fisici, mentali, violenze, omicidi raccontati dalla protagonista Yuna con la semplicità dovuta alla sua dislalia e alla difficoltà di concentrazione . Le sue parole se isolate sintatticamente si inseriscono immediatamente però nell’insieme del discorso, come le pennellatte di un quadro. E proprio nella pittura Yuna esprimerà il suo ricco mondo interiore, i racconti e le traversie familiari . Le descrizioni dei suoi quadri riportano ai colori e ai soggetti di Frida Khalo
“E anche lui con un bacio di colore azzurro…allora presi una tela grande e senza disegnare dipinsi in rosso due bocche premute attaccate, unite, inseparabili, canterine, e sopra due occhi azzurri di quelli che trasudano lacrime di cristallo.”
Immagini magiche ed oniriche nei suoi pensieri, ma anche scene forti che possono incutere un po’ di disagio, come la descrizione delle intemperanze corporali della sorellina gravemente handicappata e segregata su una sedia a rotelle.
Ma è anche un romanzo di formazione, di crescita seppur fuori da quello che noi intendiamo come un ordinario tragitto. “Capii che il mio destino incombeva da una nuvolaglia triste pioggia malinconica quando mamma scuotendo le lenzuola del mio letto fece cadere Nené, la mia bambola che frantumò i suoi incanti e io mi ammalai di un tremito da cui ci misi parecchio a guarire. Crebbi dopo quella rottura. Dentro di me qualcosa in frantumi mi faceva male.”
Yuna, graziosa come la malinconica ragazza con la cravatta di Modigliani, impara cos’è la morte, il sesso,la vendetta, la complicità , ma anche la rivalsa, la crescita personale, insomma come può essere la vita…
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CONVERSAZIONE IN SICILIA, un viaggio dentro di sè
pubblicato da: admin - 29 Giugno, 2010 @ 7:17 pm
Dei miei tanti libri molti sono un regalo e portano sulla prima pagina la dedica del donatore. Nel 1984 Turi Arena, avvocato ligure di origine siciliana, amico d’infanzia di mio marito, mi regalò “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini con la dedica “ A Mirna, questo straordinario, immaginifico libro, con tanto affetto.” Subito, come mi succede sempre con un libro nuovo,  scattò l’appropriazione fisica: il toccarlo, annusarlo, stringerlo, e come dice Emanuela, portarlo a letto. E poi l’immersione in esso. Libro prezioso,bello, lucido, liscio, sempre in vista nel mio scaffale e spesso accarezzato mentre vi passo davanti.
Immaginifico, ha ragione Turi, ed ancora  lirico e  mitologico come ci spiega Edoardo Sanguineti nella intensa prefazione che si rifà alla psicoanalisi e ai viaggi epici. Parla di “schema epico della discesa alle madri.”
“Io ero, in quell’inverno, in preda ad astratti furori..astratti, non eroici, non vivi…la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete. Questo era il terribile: la quiete nella non speranza”
Siamo nel clima della guerra di Spagna, che per tanti intellettuali fu l’esperienza critica per capire che cosa era e stava per essere il fascismo. Come scrive anche Brecht negli anni Trenta in una poesia “Ai posteri” si “ viveva in tempi oscuri”.
“Credere il genere umano perduto e non aver febbre di fare qualcosa in contrario, voglia di perdermi, ad esempio con lui.”
 Il protagonista Silvestro, un trentenne siciliano d’origine, lavora al nord da quindici anni. Una lettera del padre che ha appena  lasciato la madre, si insinua nella sua crisi esistenziale e gli fa erompere la sopita nostalgia dell’infanzia fra i fichidindia e lo zolfo delle montagne di Sicilia.
Così una sera sale su un treno per Siracusa e inizia un viaggio che è più un movimento della memoria che uno spostamento fisico, un viaggio che diventa conversazione tra presente, passato, memoria e immaginazione.
I primi incontri sul traghetto descrivono operai agricoli pagati in natura, poliziotti che si vergognano di esserlo…poi a terra le prime case cantoniere, ed infine al suo paese ritrova la Madre e con essa tutta la sua mitica infanzia. Le cicale delle estati, i meloni d’inverno, le poesie e le recite del padre, attore dilettante, il ritratto del nonno forte e fiero come un guerriero antico.
Accompagna la madre nel suo giro di iniezioni e Silvestro allora vede la malattia, la tisi, la miseria nella miseria.
“Oh, il Sud è stanco di trascinare morti / in riva alle paludi di malaria, / è stanco di solitudine, stanco di catene, / è stanco nella sua bocca / delle bestemmie di tutte le razze / che hanno urlato morte con l’eco dei suoi pozzi, / che hanno bevuto il sangue del suo cuore./si lamentava Quasimodo in una bellissima poesia.
E l’incontro finale sembra concludere un cerchio: anche l’arrotino Calogero, Ezechiele il sellaio e il panniere Porfirio soffrono, come Silvestro,  per il dolore del genere umano offeso.
Libro simbolo dell’opposizione al fascismo attraverso le allusioni al mondo offeso e la rappresentazione allegorica della condizione umana oppressa dai mali del mondo, “Conversazione in Sicilia” è considerato il capolavoro di Elio Vittorini.
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TAMATA E L'ALLEANZA … e Buon Vento
pubblicato da: admin - 28 Giugno, 2010 @ 6:28 pm “Makan anghiem†… in indonesiano “masticare aria†… in greco “agorazein†(fare qualche “vasca†in una piazza, in una “agorà â€, appunto) …. in italiano “gironzolare senza una meta precisa rilassandosi completamenteâ€. Con questa frase Bernard Moitessier, uno dei più famosi navigatori solitari a vela del secolo scorso, riuscì a convincere la polizia asiatica che egli non era un individuo sospetto per il solo fatto che andasse girovagando per i mari del mondo senza una meta …
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Moitessier è stato anche scrittore. In particolare suggerisco di leggere per primo il suo ultimo libro “Tamata e l’alleanzaâ€. Tamata, sempre in indonesiano, significa “tentare, provare†e l’â€alleanza†cosa c’entra? Scopritelo voi stessi.
Il libro che vi sto suggerendo sono in realtà più libri in uno. Vi troverete la descrizione della vita dei colonizzatori francesi in Indocina (oggi Vietnam), la conquista giapponese, la loro sconfitta, l’arrivo dei Vietcong, la narrazione delle lunghe navigazioni in solitaria, della vita sugli atolli ed infine le riflessioni – un po’ sacre ed un po’ profane – che una persona così volutamente isolata dai condizionamenti umani, con molto tempo a disposizione, era solito fare innanzi tutto su se stessa e per se stessa, regalandole poi a noi attraverso i suoi libri.
Dicono che l’alpinismo e la montagna avvicinino a Dio. Io sono stato alpinista. Oggi sono velista. E’ vero, ammirare certi paesaggi da una vetta (ad esempio dolomitica, all’alba, dopo una nevicata estiva) induce riflettere sulla bellezza del creato. Lo stesso dicasi assistendo all’incontro fra una vela ed un delfino. Tuttavia ho sempre pensato che maggiormente ci si avvicini a Dio aiutando chi soffre nella solitudine, nella povertà , nelle malattie. Lo stesso vale per il mare.
Ma allora, esiste un valore morale o spirituale nell’uomo Moitessier? Sì, esiste e credo che consista nella dimostrazione di quanto un uomo riesca a fare, se solo ama e crede in ciò che fa. In altre parole: consiste nel prendere atto di quali capacità ha voluto dotarci Nostro Signore. Sta a noi utilizzarle solo per il bene e non per il Male.
Questo per chi crede. E per gli altri? Forse per aiutarli credere …
Un esempio? Resistere in parete anche solo alcune ore (non parliamo di giorni interi) sotto una tormenta di neve, non scoraggiarsi, tener duro, rimanere padroni delle proprie reazioni anteponendo la salvezza altrui alla propria, oppure, come ha fatto Moitessier (solo per fare una fra le tante citazioni possibili), riuscire a governare una vecchia giunca, da solo, per 40 giorni, in una durissima navigazione controvento (“di bolinaâ€) contri il monsone indiano … beh, non è da tutti.
Ma chi glielo ha fatto fare, direte voi … La spiegazione è semplice: voleva compiere quel percorso, seguire quella rotta, non altra. Tutto qui.
Tanto per far capire ai meno appassionati di mare di chi sto parlando, un episodio. Nel 1968 Bernard partecipa alla prima edizione della regata attorno al mondo senza scalo. Parte da Plymouth in Inghilterra, fa il giro del mondo passando per il Capo di Buona Speranza e per Capo Horn. E’ in testa alla gara, sarebbe il vincitore di una forte somma di denaro ma qualcosa dentro di lui si rompe, oppure si aggiusta, a seconda di come si interpreta il suo gesto. Prossimo all’arrivo decide che tagliare il traguardo sarebbe come tradire se stesso, come dire al mondo che il mare si vive per un premio, come dire a se stesso che lo scopo del suo viaggiare è quello di arrivare primo. Allora fa una bella virata, passa di nuovo il Capo di Buona Speranza nella peggior stagione dell’anno e si rifugia, per ben vent’anni, in Polinesia, senza dare più notizie di sé. Una volta e mezzo il giro del mondo a vela, senza motore ausiliario, in solitaria, senza fare scalo in nessun porto. Il tutto con una barchetta a salir sulla quale i velisti di oggi tremerebbero al solo pensiero.
“Ma io non sono un velista, non è un libro per meâ€, potrebbe dire taluno. Errore, anch’io non sono un pittore nè un musicista, eppure amo la pittura e la musica. Non dobbiamo limitarci a leggere di ciò che già conosciamo: la lettura è anche e soprattutto scoperta del nuovo.
Al momento di intraprendere la lettura di Tamata, vi suggerisco di munirvi di un atlante geografico o – meglio – di un mappamondo, per seguire le tante rotte del nostro autore. Poi, con calma, mi saprete dire se siete andati a leggere anche gli altri suoi libri. Io scommetto di sì.
E vi lascio con il saluto di noi velisti: “Buon Vento!â€
Lucatti
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Bernard Moitessier
Tamata e l’alleanza
Editore Incontri Nautici, 1993, 1994
€16,53
IL FATTORE SCARPETTA, un giallo da brivido
pubblicato da: admin - 27 Giugno, 2010 @ 7:04 pm
In biblioteca ho trovato anche l’ultimo thriller di Patricia Cornwell. Potevo non prenderlo? Fra l’altro era appena arrivato, fragrante ed invitante. Ed oggi pomeriggio nella mia casa- forno è stato un fresco compagno di lettura. Intanto la vicenda inizia in dicembre a New York, poi gli avvenimenti misteriosi e  le analisi che l’anatomopatologa Kay Scarpetta conduce nell’Istituto di Medicina Legale  sono proprio raggelanti.
Come ho già scritto molte volte i gialli mi piacciono, mi intrigano, mi fanno evadere e riposare la mente. Si sospendono i grandi quesiti dell’esistenza e si entra in un microcosmo che, si spera, resti sempre lontano e straniero per noi. Mi piace sentire il lavorio “delle mie celluline grigie”, come dice Poirot, mentre cercano di capire dagli indizi come possono essere andate le cose. Soprattutto è bello ritrovare personaggi amici, come appunto Kay Scarpetta, questa dottoressa bravissima, di origine italiana, sempre un po’ triste (con il lavoro che fa tra cervelli in formalina e sezionamento salme !), suo marito, affascinante profiler, sua nipote Lucy super tecnologica che guida con nonchalance elicotteri e domina tutti i computer esistenti, e il rude poliziotto Marino, simpatico nel suo complesso di inferiorità intellettuale, ma di superiorità per quanto riguarda la virilità !
E’ ritrovare ambienti conosciuti,Londra, gli States, Â come quando leggo le indagini dell’Ispettore Linley o Diaghilesh (che piace tanto a Raffaella). Ormai Miss Marple, Poirot, Maigret, Ellery Queen , Nero Wolf fanno parte del passato…e chi si ricorda di Philo Vance? Beh, tutti questi detectives erano amatissimi da me e mia madre. Non solo leggevamo le loro storie, guardavamo i film TV, ma spesso ascoltavamo anche per radio i loro racconti. Sul comodino di mamma sempre una pila di libri gialli .
Patricia Cornwell ha vinto tantissimi premi per i suoi libri e non solo, è anche tra i fondatori dell’Istituo di scienze e medicina forense della Virginia. E’ una bella signora dai corti capelli biondi, gli occhi azzurri (Kay Scarpetta è naturalmente ispirata a se stessa) che ci sorride tranquilla e soddisfatta.
Naturalmente un giallo non si racconta.
 Il mio blog è un invito a LEGGERE , a RIFLETTERE, a  SCRIVERE,  a CONOSCERCI…
Credo però che l’estate stia mettendo un freno ai visitatori…meno male che ci sono Camilla, Enza , Raffaella e i Lucatti che lasciano commenti…E gli altri che leggono non vogliono provare ad aprire la porticina del blog e comunicare?
E’ così bello ascoltarci, come scrive Camilla “indagare con curiosità acuta, tutte le voci, tutti i segnali che vengono da ogni dove”… Aggiunge Enza che occorre fare attenzione proprio all’ASCOLTO, si parla troppo, ma non si ascolta veramente. Una persona recentemente ha detto “Ma io non sono curiosa”, in realtà è mancanza di interesse per l’altro. Infatti non fa mai domande!
Ma domani lascerò lo spazio al nostro velista Riccardo che …ci porterà in Indocina…
LA PRIGIONE DI NEVE, di Jan Elizabeth Watson
pubblicato da: admin - 26 Giugno, 2010 @ 5:54 pm
Libro cominciato ieri e finito poco fa. Raccontato magistralmente tanto da far entrare il lettore in un universo particolare, spaventoso e meraviglioso al contempo. L’arte del narrare è padroneggiata in pieno da Jan Elizabeth Watson che proprio dell’affabulazione fa il perno principale della sua storia.
Inverno nel Maine, fine anni ’70. Due fratellini vivono in una casa dalle finestre oscurate tenuti prigionieri  dalla madre Loretta che ha creato per loro un mondo parallelo a quello reale, più sicuro e protetto secondo la sua fissazione maniacale. Crede di salvarli dalla malattia, dai contagi, dai pericoli, e sebbene Asta e Orion soffrano fisicamente sia  la fame sia la mancanza di luce e movimento sono però circondati da un mondo magico che si rifà al cinema, allo spettacolo, alla letteratura.
Nella prefazione Diego De Silva sottolinea l’enigma della maternità e la mancanza di giudizio etico della scrittrice. Davanti a comportamenti che sembrano deviare da quelli ritenuti “buoni” per essere definiti “patologici” siamo quasi propensi ad accettare un  amore autentico, pur che sia amore.  Â
 Proprio alla fine della storia, quando i bambini si libereranno dalla reclusione e la madre sarà ricoverata in un istituto per malattie mentali, saremo coinvolti nell’appassionato attaccamento dei piccoli per la madre e il suo sincero, anche se malato, amore per loro.
Ormai affidati alle cure di altre persone i due fratellini sono già ingrassati e stanno fisicamente bene, ciò che colpisce è che entrambi sono intellettualmente più ricchi dei coetanei. Questo è ciò che la loro madre è riuscita a donare: un mondo da palcoscenico, un divano su cui svenire, il grande libro del cinema, gli stessi loro nomi dovuti a vecchi  film famosi. Asta è la cagnetta del film “L’uomo ombra” con Myrna Loy. ( Alla quale io devo il mio nome! Pure mia madre era una fan dell’Uomo ombra)!
 Appena Asta e Orion riescono a uscire dalla casa e si avventurano tra la neve…io  avrei tanto vouto rifocillarli, scaldarli, accoglierli… non hanno nulla con sè tranne  il patrimonio affabulatorio della mamma.
LA PORTA, di Magda Zsabò
pubblicato da: admin - 25 Giugno, 2010 @ 5:16 pmAvevo anticipato la presentazione di un altro romanzo di Magda Zsabò. E che romanzo! Da lasciare stremati dalla emozione, tensione, coinvolgimento. Già il titolo “La porta” ci fa intuire la chiave del racconto: l’incomunicabilità , il nocciolo segreto di ognuno che non si riesce o non si vuole far conoscere. E se qualcuno entra in modo sbagliato attraverso una porta chiusa il dramma si consuma.
La voce narrante è la stessa autrice, ci fa credere che sia autobiografico, lo sarà ? Lo sembra. Il personaggio principale è Emerenc, una vecchia donna delle pulizie che lavora presso la Zsabò per vent’anni. E’ una donna altera, forte, dispotica, amorevole e pura come un diamante. Ha una morale naturale, non imposta dalla disciplina, nè dalla religione. Il suo codice è difficile da capire e condividere, ma alla fine le si dà sempre ragione. E’ una figura mitologica che fa della sua vita e un  qualcosa di epico.
Emerenc è il deus ex machina nel quartiere, venerata da tutti per la sua scintillante onestà e saggezza primordiale. Conflittuale e faticoso l’avvicinamento fra Emerenc e Magda, così diverse per età , estrazione sociale, Weltanshauung. Per Emerenc “tutti i lavori non manuali, che non richiedevano fatica fisica, erano roba da pelandroni…” ” Lei era l’incarnazione dell’antintellettualismo” per cui disprezzava ironicamente i libri e i premi ricevuti dalla sua datrice di lavoro. Ma Emerenc ama Magda come una madre può amare una figlia tanto che soltanto a lei permetterà una sola volta di oltrepassare la porta della sua casa, per tutti gli altri ermeticamente chiusa.
Intorno a Magda Zsabò, che finalmente verrà insignita da premi letterari dopo il cambiamento politico dell’Ungheria, altre persone fanno da coro all’unicità di questo rapporto. C’è il marito della scrittrice, tre amiche di Emerenc, il quartiere intero. E pi c’è Viola un cane che Emerenc ama come il prolungamento di sè e di Magda.
Tutto ciò che Emerenc fa, la pulizia dei marciapiedi dalla neve o dalle foglie secche, le visite ai malati con i “piatti dell’amicizia”, la marmellata di ciliegie ha l’aspetto di un evento mitologico “Rovesciò le ciliegie nella marmitta. A quel punto tutto assunse l’aspetto di un mito, i frutti snocciolati, il succo che cominciava a fluire sempre più denso e copioso, come sangue da una ferita: Emerenc in grembiule nero, sotto l’ombra del suo fazzoletto a forma di cappuccio, accanto al calderone, era la personificazione della calma perfetta.”
Incarna un modello esemplare di purezza,generosità , saggezza. Ma la malattia sembra rubarle questo ruolo umiliandola a morte. Si illude che Magda abbia capito il suo dramma e che abbia nascosto al mondo la sua disfatta…è convinta, ne è felice tanto che in una descrizione di un pathos unico mordicchia le dita della scrittrice, in una sorta di  comunicazione primitiva. “Conoscevo quel mordicchiare leggero, nel linguaggio canino esprimeva l’estasi , la gioia sconfinata. Emerenc mi ringraziava di non averla tradita…il suo onore era intatto.”
Ma in realtà Magda l’ha tradita credendo di salvarle la vita, o per convenzione, o per comodità o forse soltanto perchè non l’aveva capita fino in fondo.
La porta che racchiude il nostro più intimo sentire non è facile da oltrepassare, persino per noi. Dietro di essa c’è la nostra essenza più vera che il mondo non conoscerà mai completamente, nè genitori, mariti, figli, amici.
E se qualche rara volta illudiamo di poterla aprire a qualcuno basta che questi faccia  un gesto sbagliato, dia una spinta troppo rude , esprima incertezza, diffidenza o dica una bugia  per  farcela  richiudere ermeticamente..
LA NAVE PER KOBE, diari giapponesi
pubblicato da: admin - 24 Giugno, 2010 @ 4:55 pm
Il romanzo proposto ieri  da Riccardo mi ha ricordato un interessante libro di Dacia Maraini in cui vengono riportati brani di un  diario della madre.
Raffaella ha nominato la sua amica Sonoko di Kobe, innamorata a suo tempo di un trentino. Camilla parla degli scrittori giapponesi, “cultura sospesa in un mondo fluttuante, prezioso e lontano”. Stamattina in biblioteca ho trovato tre libri tra cui uno di Murakami Haruki di cui avevo letto, come Raffaella e Gary, “Kafka sulla spiaggia”. (Stupendo).
Perciò obbligatorio presentare “La nave per Kobe“, comprato nel 2002, nato per caso dopo che Dacia Maraini ricevette dal padre i quaderni che  la madre Topazia scrisse per alcuni anni dal 1938 all’inasprirsi della seconda guerra mondiale. Pagine che io ho trovato avvincenti, non solo perchè si tratta di diari, ma perchè parlano di una  storia vera, di legami madre-figlia e di situazioni particolarissime.
Topazia Alliata racconta del lungo viaggio a bordo del “Conte Verde” dall’Italia verso Kobe, le trame dei piccoli accadimenti familiari come i primi passi dei figli insieme alla scoperta delle tradizioni culturali del Giappone. Soprattutto leggiamo le esperienze di una madre tenera, attenta, disponibile.
Fosco Maraini, famoso etnologo, va  nell’isola di Hokkaido  per studiare gli ultimi rappresentanti di un’etnia in via di estinzione, gli Hainu. Nel 1943 non aderisce  alla Repubblica di Salò e il Giappone , in quanto alleato dell’Italia fascista, lo interna, insieme alla famiglia, in un campo di concentramento.
Ciò che mi è piaciuto di questo libro è l’amorevole ricordo della mamma giovane “una gioiosa e delicata donna dal passo deciso e le mani sempre in movimento” “Così necessaria all’equilibrio del mio pensiero e così indispensabile alla pienezza della mia fiducia nei riguardi del mondo e della famiglia.”
Quanti emozioni e rimandi in un libro : collegamenti, ricordi della propria madre giovinetta, avventure, il mare, la nave come simbolo del viaggio dell’uomo sia fuori che dentro di sè:
“Passa la nave mia colma d’oblio / per aspro mare, a mezza notte il verno / …La vela rompe un vento umido eterno / di sospir, di speranze e di desio. “ scriveva Francesco Petrarca.
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Sono contenta che il mio blogghino permetta di esprimere i nostri pensieri, le nostre consonanze, le nostre scoperte di lettura.
Oggi sulla Home page di Trento blog è stato inserito il post di Luigi su Mario Rigoni Stern (i commenti saranno graditi).
 Ringrazio Maria Teresa dei bellissimi complimenti a Stefania (da leggere su “La mia storia con Mozart”) e aspetto un suo post.
 Grazie a tutti coloro che scrivono nonostante stia arrivando l’estate e un desiderio fisiologico di abbandono .
Scrive Cardarelli ” Distesa estate / stagione dei densi climi…ci si risveglia come in un acquario…e sembri mettere a volte / nell’ordine che procede / qualche cadenza dell’indugio eterno.”
AUTOSTOP CON BUDDAH di Will Ferguson
pubblicato da: admin - 23 Giugno, 2010 @ 5:01 pm
                                           Sono contenta di avere pronto un post di Riccardo Lucatti da spedire perchè oggi sono troppo stanca per scrivere a lungo. Ieri sera, appagati ed emozionati,  siamo tornati molto  tardi dal magico concerto di fortepiano e violoncello “Intorno a Bach”, tenuto al Museo degli Usi e Costumi  di San Michele.
 Dopo la bellezza della musica propongo la bellezza di un viaggio attraverso il Giappone raccontato da Will Ferguson in questo volumetto della Feltrinelli Traveller.
In poche righe ho già nominato tre bellissime cose della vita: musica, lettura, viaggi…che cosa aggiungiamo?
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Will Ferguson è nato in Canada ed ha studiato a Toronto. E’ autore di libri di viaggio. Feltrinelli ha già pubblicato “Felicità â€Â tradotto in 14 paesi.
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Quanto è grande il Giappone? Più o meno dell’Italia? Vi siete mai posti questa domanda?
Quanto è sentito in  Giappone il pellegrinaggio ai templi buddisti?
Quanto è importante l’Avvenimento (è proprio il caso di dirlo!) della fioritura dei ciliegi, progressivamente dal sud al nord del paese?
Quanto il sentimento dell’ospitalità ?
Quanto il senso del dovere sul lavoro?
Quanto la trasgressione?
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Dicono che con i tassisti ci si confida volentieri, tanto, finita la corsa, scesi dal taxi, chi si è visto si è visto …
Ebbene, il nostro autore ha voluto percorrere il Giappone da sud a nord seguendo la progressiva fioritura dei ciliegi ed usando regolarmente l’autostop. E qui devo dire che non è stato il cliente bensì i numerosi “tassisti†ad aprirsi.
Un modo singolare ed efficace per conoscere un paese e la sua gente.
Perdonate un ricordo personale. Avevo lavorato per anni in una importante finanziaria torinese e mi recavo al lavoro in auto, garage-garage. Poi, improvvisamente, mi trasferii a Monza per lavorare a Milano ed iniziai ad usare il treno. Fu solo allora che “scoprii†il suono delle voci, i profumi dei deodoranti di chi si era alzato alle 5 a Sondrio per prendere il treno alla 6 ed essere (giornalmente) al lavoro a Milano alle 8,30! I contenuti dei discorsi, i problemi della gente, le loro speranze, i loro timori, le loro gioie, quasi una confessione collettiva, direte voi. Ebbene sì, un condividere i problemi, un confrontarsi, un conoscere se stessi e gli altri.
Sia chiaro: la mia esperienza è assolutamente inferiore rispetto a quella di Ferguson, ma il parallelo mi è venuto spontaneo.
Il libro si presta ad una lettura “ a rateâ€, a secondo del tempo di cui disponete, seguendo via via i “passaggi automobilistici†che Ferguson “rimedia†di volta in volta, della serieâ€questa sera me ne leggo due, anzi, tre!â€.
Ho deciso: questo libro … lo rileggo anch’io.
Riccardo Lucatti
LA PASSIONE DI SABINA, di Nicolle Kress-Rosen
pubblicato da: admin - 22 Giugno, 2010 @ 6:42 pm
Ieri sera mentre aspettavo che Stefania tornasse dalle prove con il violoncellista ho visto a pezzi il film di Roberto Faenza “Prendimi l’anima” in cui si racconta la storia di Sabina Spielerein un’ebrea russa che nel 1904, giovanissima,  viene ricoverata nella clinica svizzera,  dove lavora Jung, per una grave forma di isteria definita poi “scissione dell’Io”.
Mi sono ricordata di avere il libro della Kress-Rosen acquistato con mio grande entusiasmo appena uscito nel 2003. La psicoanalisi mi ha sempre interessato, ho sostenuto alcuni esami di psicologia e ho letto quasi tutto Freud e affini. Di Carl Gustav Jung ho presentato nel blog la sua autobiografia il 4 febbraio.
 Nicolle Kress-Rosen è una psicanalista francese di scuola lacaniana e questo suo scritto è un saggio incentrato soprattutto sull’operato di Jung e sui suoi rapporti con Sigmund Freud. L’analisi della “passione amorosa” induce Freud e Jung a incontri-scontri di vedute. Il tutto intrecciato alla passione amorosa che Sabina prova per Jung.
La passione viene stigmatizzata come una prerogativa femminile e se per Freud essa può ricondursi alle “insegne falliche del potere” per Jung invece essa si colloca, non sul versante paterno, bensì dalla parte della Madre.
Sabina Spielrein “corre” appassionatamente verso il suo analista in un momento in cui lo stesso Jung ignora ancora la potenza del transfert e del controtransfert.Â
Guarita, nel 1911, anno della fine della sua relazione con Jung, Sabina si laurea in medicina con una tesi sulla schizofrenia.
Tornata in Russia dopo il matrimonio con un medico fonda a Mosca un asilo infantile, l’Asilo Bianco,incentrato a moderni principi di libertà .
Nel 1942 durante l’invasione tedesca viene uccisa dai nazisti assieme alle sue due figlie.
Figura importante per i suoi scritti e per la sua inziale nevrosi tanto che Freud la cita nel “Al di là del principio del piacere”.
Il film naturalmente narra le sue vicende personali, non può soffermarsi su analisi psicoanalitiche come invece fa questo testo.
Ripenso alla conversazione intercorsa tra me, Maria Teresa, Enza e Luigi: ci si chiedeva “E meglio leggere prima il libro da cui è tratto un film, o viceversa?”. Che ne dite?Â
Fra poco devo preparami per il concerto. Mi piacerebbe che anche tu  Donatella venissi con noi…ma sei un po’ lontana. Pensa che domani Stefania verrà vicino alla tua zona per tenere, insieme a Bart van Oort,  un corso di Alto Perfezionamento in tastiere Storiche, esattamente a Villa Bossi di Bodio L. (Varese).
Praticamente la vedo pochissimo…ma ognuno ha la sua vita…e lei ama viaggiare.
A proposito di viaggi….posso già introdurre ciò che il nostro navigatore, corsaro, pirata  Riccardo Lucatti ha già pronto per noi? …Ci saranno ciliegi in fiore, ma domani  scoprirete dove e come si viaggerà .
Sapete naturalmente che tutti potete essere ospitati nel mio Blog?
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