NEL SEGNO DELLA PECORA, e la lunga ricerca

pubblicato da: admin - 11 Luglio, 2010 @ 6:43 pm

scansione0006scansione0005Eccomi nella mia postazione mattutina per parlare del libro di  Murakami  Haruky, finito ieri sera.  Mi piace avere  questo impegno quotidiano quasi inderogabile perchè scandisce il ritmo della mia giornata, mi dà un piccolo scopo (scopetto, lo chiamo io)  e dopo mi lascia soddisfatta per aver compiuto “qualcosa”.

Inoltre appena apro il blog ho la bella sorpresa dei commenti dei visitatori. I complimenti di Maria Teresa, il post di Raffaella, il ritorno di Camilla dalle fresche e adamantine montagne dell’Alto Adige e la sua voglia di Proust. Di Proust non se ne potrà mai fare a meno, io penso.  Egli ci conferma ed esaudisce le nostre  intrinseche aspettative del cuore… Prima o poi Proust doveva nascere. Come la musica di Mozart, la prosa poetica di Marcel  esisteva nel nostro spazio-tempo ed era destinata all’umanità…Per raggiungerci ci volevano però  gli  intermediari.

Sensazione di fresco  “Nel segno della pecora“, non deve spaventare il peso o il caldo del vello di questo particolare ovino cercato da molti, perchè  arriviamo persino nel nord di Hokkaido, tra le sue gelide regioni pur di trovarlo. Ma di che pecora si tratta? Una particolare, bianca, con una stella marrone sulla schiena. La vogliono ritrovare alcune persone, un ricchissimo uomo politico  in fin di vita, un agronomo, il professore Pecora e lo stesso protagonista per poter salvare il proprio lavoro ma soprattutto per riempire la solitudine e l’alienazione provata in un Giappone che sembra staccarsi dalle sue radici più vere. 

E’ la sua gelida e  asettica solitudine che sembra fare da lente deformante alla realtà per cui tutto acquista un sapore surreale e magico. In fondo l’ordine di trovare una pecora è per il protagonista la ricerca di qualcosa, ma soprattutto l’aver capito che cosa. 

Questo romanzo racchiude tutti i temi sviluppati poi da  Haruky nei successivi scritti:  “la solitudine dell’uomo, l’arroganza e lo strapotere della politica, la nostalgia per l’atmosfera esaltante degli anni Sessanta, l’irrompere del surreale nella prosaicità della vita quotidiana.”

Pubblicato nel 1992 “Nel segno della pecora” è diventato un libro cult per gli amanti di Murakami, cercato da molti ed infine ripubblicato quest’anno dalla Einaudi con una traduzione di Antonietta Pastore ( che  mi sembra proprio adatta!)

Storia complessa, quasi detective story, un po’ fantapolitica, un pò filosofia,  misticismo, un po’  sogno. E’ entrare in una strada tortuosa piena di laterali, vicoli chiusi, improvvisi baratri, illuminazioni. Sempre però i nostri dubbi e le nostre ansie in primo piano, per conoscerle, analizzarle e forse dirimerle.

La vita è una lunga ricerca, la pecora, il viaggio  o qualsivoglia altro elemento ne sono sempre una metafora calzante.

Molta poesia anche tra le  descrizioni prosaiche di spuntini, abbigliamento, caratteristiche fisiche dei personaggi, descrizioni dei luoghi. Come l’immagine pittorico-filosofica della farfalla che si posa sul seno della sua ragazza  addormentata( ragazza misteriosa dalle bellissime orecchie e dai poteri soprannaturali).

 “Una piccola farfalla entrata da chissà dove svolazzava come un pezzetto di carta mosso dal vento. Alla fine le si posò su un seno, vi restò un momento a riposare, poi se ne volò via. Quando la farfalla la lasciò, lei sembrò un pochino più vecchia.”

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DUE, di Irène Némirovsky

pubblicato da: admin - 10 Luglio, 2010 @ 8:01 pm

due-irene-nemirovsky[1]E’ con grande piacere che lascio lo spazio odierno a Raffaella che  non solo è  un’assidua commentatrice del blog, ma una carissime e dolce amica. Buone vacanze, Raffa.

Ho di nuovo voglia di parlare d’amore…La mia vita di lettrice subisce delle fasi alterne; non smetto mai di leggere ma ci sono i periodi in cui amo i gialli d’autore, periodi in cui mi tuffo nella filosofia ( Nietzsche in tedesco,un’impresa titanica, moltissimi scritti di Lou salomè), momenti in cui mi dedico a lunghe liste di romanzi angloamericani del Novecento alla ricerca del capolavoro ancora non letto, e soprattutto ultimamente giorni in cui sento il bisogno di letture intimistiche, che scandagliano l’animo umano in tutte le sue sfaccettature ma in special modo quella dell’amore.

E “Due” di Irène Némirovsky ( Adelphi, 2010) è proprio un romanzo che tenta di rispondere alla domanda su cosa siano l’amore e la passione e cosa  rimanga di tutto ciò  nel rapporto coniugale. Protagonisti sono dei giovani borghesi parigini sopravvissuti alla Grande Guerra.
La Nemirovsky sceglie di seguire la storia di due  famiglie, dei loro figli e dell’evolversi delle reciproche storie amorose ed in particolare quelle di  Marianne e Antoine.

Ecco l’incipit : “ Si baciavano. Erano giovani. I baci nascono in modo così naturale sulle labbra di una ragazza di vent’anni! Non è amore, è un gioco: non si insegue la felicità, ma un attimo di piacere. Il cuore non desidera ancora niente: è stato colmato d’amore durante l’infanzia, saziato di affetto. Che taccia, adesso. Che dorma! Che lo dimentichi!”.

Antoine vuole godersi ogni momento della vita, così fuggevole, ama Marianne ma ha nel contempo varie avventure. Lentamente questo amore evolve in affetto duraturo che porta ad un legame stabile ed i due decidono di sposarsi, proprio nel momento in cui la passione sembra essersi definitivamente spenta.

 

Un amico del protagonista in una sorta di monologo interiore si pone un quesito che diverrà il perno del romanzo : “ Come avveniva , nell’unione coniugale, il passaggio dall’amore all’amicizia? Quando si cessava di tormentarsi l’un l’altro per volersi finalmente bene?”

La Nemirovsky  risponde proprio con la storia di Marianne ed Antoine, che attraverso matrimonio vengono trasformati nel loro modo di rapportarsi di fronte alla vita.Marianne , completamente sottomessa al marito, sa di essere  esposta a tutti i possibili tormenti ma li accetta con saggezza e maturità. Antoine, invece, sentendosi  improvvisamente invecchiato, cerca altrove quella passione e quell’amore che sa di non trovare  più nella moglie . “Marito e moglie non vedono i lineamenti l’uno dell’altro, non compiono quel lavoro mentale che consiste nel paragonare di continuo l’immagine rimasta nella memoria e quella che hanno davanti in quel preciso momento. Guardano il sorriso e non il disegno della bocca, l’espressione e non la forma degli occhi”  finchè dopo molti anni forse riescono a fare quell’impercettibile sforzo che li porterà a riconoscere il volto di chi condivide con  loro la vita.
Antoine ha una doppia vita: da una parte la famiglia, i figli, dall’altra l’amante, sorella minore di Marianne. “Questa  occupa il posto che la notte  i sogni occupano nell’esistenza di un malato, ed in cui le allucinazioni sono così intense da soppiantare la vita reale, ma senza perdere quella nota di mistero e di straordinarietà che è la loro caratteristica propria.” L’uomo la desidera e vuole possederla,tanto che preferirebbe vederla morta anziché accanto ad un altro uomo, ma riconosce che il legame con la moglie è un’altra cosa.Ad un certo punto la sorella di Marianne , durante un viaggio nel quale i due amanti trascorrono per la prima volta alcuni giorni insieme si accorge di essere innamorata ma, consapevole che Antoine non lascerà mai la moglie ed in preda alla disperazione derivata dall’impossibilità di farsi una propria vita, si uccide. Antoine ne esce distrutto e a quel punto la moglie comprende tutto. Ma il legame coniugale è tanto più forte quanto più si basa sull’ipocrisia, sulla menzogna, sul silenzio, sulla comprensione. ll matrimonio ha bisogno della “maschera”.L’uomo si getta da buon borghese nel lavoro e nella quiete matrimoniale.
Marito e moglie  si coricano la sera “l’uno accanto all’altro, separati dalle loro speranze, dai loro rimpianti, dai loro sogni, ma uniti dal calore dei corpi, dal dolce torpore del sonno, due in ispirito, ma, già, una sola carne”.

Riporto le righe finali, così pregne di significato .” Stavano immobili, abbracciati, i corpi stretti l’uno all’altro. Non provavano desiderio; erano calmi, un po’ ironici e senza gioia, ma , un istante dopo, fu come per loro ogni difficoltà fosse sparita”.

Ho amato “Due” sin dalla prima pagina. E’un libro che invita a riflettere, dalla scrittura raffinata, delicata ed a tratti struggente, nel quale le dinamiche del vivere sono trattate con poesia e leggerezza.Lo consiglio…

Raffaella Masera


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POESIE, 1972-2004 di Mirna Moretti

pubblicato da: admin - 9 Luglio, 2010 @ 7:24 pm

Apescansione0004Presento un secondo libretto di mie poesie. Innanzitutti perchè la poesia di Riccardo su Genova me ne  ha fatto venire in mente una  scritta in una  caldissima estate  qui a Trento, in Piazza Duomo, mentre ero seduta al tavolino di un bar.  

Secondo perchè ciò mi permette di non stare troppo tempo nell’angolo torrido dove il mio PC è situato. Scrivo alle 7.00, ma spedirò stasera.

Più tardi uscirò nella dorata mattinata trentina e andrò ad asssaporare il  cuore palpitante di sole della piazza,  sentirò le  voci gaie e  i garriti,  i profumi di tiglio e gelsomino. “Ascolta la voce di quello che vedi” scrive appunto Riccardo “La storia è passata di qui.”

Trovo consonanze nelle nostre due poesie, proprio  nell’approccio a una città, nel desiderio vitale e goloso di penetrare intimamente nella  storia delle sue “pietre levigate” o ” delle bianche mura della fabbrica del Signore.”  “Cercare di capire in silenzio ed amare” conclude Riccardo. Ed io aggiungo sull’onda di una condivisa emozione  “riscopri un’umanità sorella“.

 

                                                        Piazza del Duomo

 E poi un mattino ti risvegli /  e ti entra in petto / un dolce desiderio  /di  felicità.

Trasparente / la volta del cielo / risplende sulla piazza / di antiche fiere medievali,/ dove i mercanti di sete d’Oriente / si appoggiavano a ridosso / delle bianche mura / della fabbrica / del Signore.

Rimani stordita / dal suono di campane / e dal profumo di tigli, / e riscopri un’umanità sorella / che se ne va inconsapevole / sotto un volo di rondini ebbre.

Ti sembra che nulla sia mutato: / leggeri camminano / giullari e menestrelli / di mille anni fa, / hanno capelli color porpora / e nel cuore / la stessa ansia di miracoli. /

Ti lasci scivolare / nell’indistinto palpitare / e scopri che il segreto è / nel non voler sapere.”

Altri di voi amano scrivere poesie? Se entriamo nel nostro profondo scopriremo di essere tutti poeti, basta lasciarsi andare, affidarsi al fluire della vita e del tempo, abbandonarsi con fiducia…La Natura, le persone, ci offrono spunti per elogiare la Bellezza, l’Amore…sta a noi cercarli e “vederli” con occhi sempre nuovi e pieni di meraviglia.

Concludo il post quotidiano con un’altra mia poesia dedicata al mio giardino ligure e che ha il  commento fotografico  di Riccardo, poeta a tutti gli effetti.

Giardinetto

Soprattutto io amo possedere / le piante di amarene e di limoni / e il cespuglio d’alloro, / e il vento che sa di menta e di lavanda.

Quieto è il fluire dei meriggi / sui girasoli stanchi e / sulle rose quasi bianche.

Sulla tavola d’ardesia / s’insinua cauto, / un tralcio d’uvaspina.

Mi piace lasciare vagolare / il mio sguardo e il mio pensiero / su ali di farfalle senza tempo / che non sanno di volare / la loro eternità.

 

 

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LA REGINA DISADORNA, di Maurizio Maggiani

pubblicato da: admin - 8 Luglio, 2010 @ 7:03 pm

Ecco copt13[1]ancora Riccardo, mio valido aiuto, che ci presenta un libro bellissimo. 

Scrive Maurizio:

Ho cominciato a scrivere … il 1 gennaio 1997, ho terminato il 5 maggio 1998 … ho passato un inverno ed una primavera nel porto di Genova …ho viaggiato un inverno su di una nave portacontainer … ho bordeggiato con un piccolo dinghy di legno … ho scaldato le sedie di numerose biblioteche …”

Ed allora, ecco che, quale frutto di questo “vivere intensamente la propria opera letteraria,” apprendiamo che zafferano significa in arabo “chiome degli angeli” … Zahfran … appunto. Impariamo a conoscere il rito quasi sacrale con il quale viene raccolto nelle pianure persiane rinfrescate dai venti freddi che scendono dalle vette dell’Hindukush …

Assistiamo alla migrazione di una famiglia dalla Piana di Dorgali a Genova, e cioè da una località nella quale il capo famiglia, oltre che a curare le viti, esercitava il mestiere di “Moderatore della fame” (regolatore delle trasgressioni organizzate alle nuove leggi Piemontesi che pretendevano di modificare le “regole” – diremmo così, qui in Trentino – e cioè gli usi pubblici e gratuiti della terra), verso una città nella quale si adattò a fare lo sterratore.

Respiriamo il profumo dei vicoli, rectius, dei carrugi e delle croexe (cfr. Croexa de ma’ e “Via del campo” di Fabrizio de Andrè) della città vera (preferisco chiamarla vera piuttosto che vecchia).

Ci vengono riproposti i giganteschi cavalli normanni che a Piazza Caricamento furono i motori delle merci in transito, le botteghe si Sottoripa (ad un livello inferiore a quello del mare, appunto, sotto la riva).

Questo è solo l’inizio. Poi le cose cambiano e di molto.

Lascio a voi la scoperta. Mi permetto solo di aggiungere una mia poesiola, in tema al bellissimo incipit della “Regina”:

 

Caruggio

 

La storia

è passata di qui.

Ha lasciato il suo umore

nelle pietre levigate

nelle ombre frequenti

negli stretti ritagli di cielo

nelle case addossate.

Ascolta la voce

di quello che vedi.

Sofferma il pensiero

su chi riempie di sé la piccola via.

Persone diverse

che un antico crogiuolo

difende

dal moderno artiglio rapace.

Confusa umanità

padrona di un mondo

che tu

passante distratto

puoi solo violare

oppure

cercar di capire

in silenzio

ed amare.

 

Buona lettura a tutti, al profumo dello Zahfran e dei caruggi!

 

Riccardo Lucatti, ovviamente nato a Genova, manco a dirlo!

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VIA COL VENTO, il libro cult di tutte le "ragazze"

pubblicato da: admin - 7 Luglio, 2010 @ 10:08 pm

220px-Margaret_Mitchell_NYWTS[1]144064[1]Ieri in un bar abbastanza ventilato, mentre sorseggiavamo il caffè, Enza mi ha suggerito di parlare  di “Via col Vento“.

 Il  libro  che io lessi in inglese col titolo “Gone with the wind” è a Borzonasca, ma  io e tutte  le altre “ragazze” coetaneee e non, ormai lo conosciamo a memoria , grazie anche allo stupendo film da “mille” oscar interpretato da Vivien Leigh e Clark Gable (che assomigliava a mio padre da  giovane!).

Proprio l’estate calda ci può riportare in Georgia,  a Clayton County, vicino ad Atlanta, nella ricca piantagione degli O’Hara. La storia ha inizio con la giovanissima Scarlett O’Hara che durante un party all’aperto  si fa  “conoscere”da tutti :  bella, civettuola, viziata, accentratrice.

  Capiamo subito che la protagonista delineata da Margaret Mitchell si discosta dalle tradizionali eroine della narrativa romantica, anzi ne è proprio l’opposto. Non è dolce, remissiva e altruista come Melania, ma è egocentrica, assolutista, caparbia. Eppure tra le  lettrici del 1936 riscuote una grande ammirazione. Forse perchè è sincera? E non cela dietro il convenzionale comportamento femminile la sua vera natura ?

E’ appena iniziata la Guerra di Secessione, siamo nel 1861 ed insieme a Scarlett , Rossella in italiano (quante Rosselle abbiamo conosciuto!) seguiamo le vicende di Ashley, il  suo grande amore non corrisposto, di  Melania e di Rhett Butler, affascinante, rude e di dubbia reputazione.

Rossella vuole Ashley,  che si fidanza con  Melania.   Per dispetto allora Rossella  sposerà il fratello di quest’ultima.  Rimane presto vedova e  dopo la morte dei genitori  eredita Tara.  In questo frangente scopriamo un altro lato di lei, l’attaccamento alla sua  terra, la ferrea volontà di salvarla, tanto che per reggere le spese delle tasse sposerà un altro giovane anch’egli  però destinato a morire in guerra.

Rhett ha capito subito com’è fatta Scarlett e la ama proprio così com’è, simile a lui in fondo. Entrambi vitali, egoisti, vogliono  a tutti i costi il meglio dalla vita. La loro relazione è burrascosa, sia prima che durante il loro  matrimonio. Margaret Mitchell ci fa entrare a fondo nella psiche femminile, Rhett rimane invece enigmatico, ma scopriamo che è un uomo fondamentalmente leale.  Rossella capisce infine che il suo amore per Ashley è soltanto un’illusione  e che il suo vero amore è Rhett…ma troppo tardi…lui la lascia, stanco dei suoi capricci, e quando lei per trattenerlo gli chiederà ” Che ne sarà di me? ” egli  risponde “Francamente me ne infischio” e se ne va nel vento, lontano da Tara..

Unico romanzo di Margaret Mitchell, vincitrice del Premio Pilitzer nel 1937,  questo romanzo è “nostro”:  intrigate  soprattutto da Rossella, una donna a tutto tondo,  con i suoi difetti e le sue contraddizioni, ma anche con  i suoi pregi, prima fra tutti  la volontà e la forza di non lasciarsi abbattere. 

“Dopotutto domani è un  altro giorno.” esclama appena abbandonata.

Rossella o Melania? In quale ci immedesimiamo? Quale ammiriamo? Oggi ho parlato con tre amiche proprio di questo, prima con Patrizia, la Presidente della Banca del Tempo, poi con Enza a Raffella in pizzeria.  Concordiamo tutte nel riconoscere il fascino ribelle e anticonformista  di Rossella, ma apprezziamo la pacatezza e la tranquillità di Melania. Sono così diverse che sembrano complementari.

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LA CASA AZZURRA, a Città del Messico

pubblicato da: admin - 6 Luglio, 2010 @ 6:21 pm

scansione0003Fa troppo caldo. L’estate mi sta stritolando, ma grazie ad amici e soprattutto alla “famiglia di sostegno” Lucatti riesco a continuare giornalmente il mio blog. Con oggi sono arrivata al 169° post. Mi chiedo se la sfida iniziale di “un libro al giorno per riflettere sulla vita” posssa avere qualche interruzione estiva, sia per motivi tecnici, di spostamento, di visitatori in vacanza…ho deciso di sì. Io manterrò  ugualmente il filo diretto fino al 365° post, poi si vedrà…

Intanto ringrazio Valentina dei bellissimi commenti su libri presentati tempo fa come per esempio “Di buona famiglia”, uno dei suoi preferiti. E grazie a Cinzia per il commento a “La porta” della Zsabò. Chi volesse  leggere le loro  righe deve tornare ai post in oggetto.

Chi non è già in vacanza e ha un po’ di tempo può presentare un libro così il blog estivo avrà una veste più articolata. Da parte mia cercherò di essere più breve e accennare con poche righe a quelli  che sto leggendo o che mi tornano alla  mente.

Col caldo mi sento dentro al colore del sole torrido, al desiderio dell’acqua azzurra, all’esigenza del vento verde. Colori lucenti, forti, abbaglianti.  Come “La casa azzurra“, azul anil, blu opaco, dove la pittrice Frida Khalo vive nel 1937 e dove ospita Leon Trockij il leader della rivoluzione russa in esilio.

Meaghan Delahunt, scrittrice australiana, ci racconta pagine di storia  attraversate dal ciclone Frida. ” Frida era un gorgo: ognuno vicino a lei voleva esser tirato dentro, bagnarsi e annegare”, queste le parole di un personaggio, spettatore della vita della pittrice messicana. Forse lo stesso Trockij  rimane catturato da una creatura così appassionata la cui vita e opera artistica  sono  improntate, come lei stessa dice, a Amor y dolor.

Ma il punto focale del racconto è la morte di Trockij, una morte prevista, aspettata, inevitabile. Leggeremo della fedeltà della guardia del corpo, della tenerezza devota della moglie Natalja che a nulla serviranno contro l’assassinio orchestrato dall’astuto e terribile Stalin.

Nel momento della morte, quando  Trockij rivede tutta la sua  vita , è molto probabile, ci racconta Meaghan Delahunt, che l’ultima immagine sia quella della conturbante, chiassosa e coloratissima Frida.

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NORWEGIAN WOOD di Murakami Haruki

pubblicato da: admin - 5 Luglio, 2010 @ 7:04 pm

51vU7xOvElL._BO2,204,203,200_PIsitb-sticker-arrow-click,TopRight,35,-76_AA300_SH20_OU01_[1] Approfitto ancora una volta della gentilezza di una blogger per prendermi un po’ più di tempo libero. Oggi il post è stato scritto dalla carissima e dolce Raffaella che ci parla di un libro affascinante di un autore giapponese di cui anch’io in questi giorni sto leggendo un romanzo.

“All stories are love stories “. Tutte le storie sono storie d’amore. E’ il celebre incipit di Eureka Street , il capolavoro di Robert Wilson, romanzo che consiglio vivamente ai bloggers compagni di questa avventura… 0ggi, che mi affaccio timidamente a dare il mio contributo al blog ,vorrei parlare proprio di una delicata storia d’amore, intrisa di sentimenti e sensualità, ma che è anche e soprattutto un vero e proprio Bildungsroman. Si tratta di Norwegian Wood, Tokio Blues di Murakami Haruki. Letto in due giorni, è stato per me un’ autentica rivelazione…

Spinto dalle note di Norwegian Wood dei Beatles , Watanabe Toru, il trentaquattrenne protagonista del libro entra in un lungo flashback, che lo porta indietro di quasi 20 anni; lo trascina proprio alla morte del suo unico migliore amico Kizuki, suicida a soli 17 anni; all’incontro casuale, mesi dopo, nelle affollate vie di Tokyo, con Naoko, ex fidanzata di Kizuki, della quale si innamorerà follemente.Ed è proprio il ricordo di questo amore che lo accascerà nell’aereo atterrato ad Amburgo 17 anni dopo; sì perché quella canzone parla di Lei, bella e triste Naoko “Aveva Lui, gli mostrò la sua stanza, e quando lui si svegliò era solo…questo uccello era volato via…”.

Per tutto il romanzo il racconto del desiderio di Naoko andrà di pari passo con quello della vita universitaria di Toru ai tempi delle rivolte studentesche in Giappone del ‘68, con la quotidianità del collegio, con l’amore per Midori, eccentrica compagna di corso, con l’amicizia di Nagasawa, ragazzo dotato di estrema intelligenza ma cinico e crudele.

Toru diventa adulto, diviso tra le due ragazze della sua vita, la dolce ma psicologicamente fragile Naoko, rinchiusa ad un certo punto in un istituto di cura per le malattie mentali che ricorda molto il sanatorio de “ La montagna incantata” e la vitale Midori che propone a Toru “Perciò se un giorno ti venisse in mente di portarmi in un posto lontanissimo, conta su di me. Ti darei un sacco di bambini robusti come tori, e vivremmo felici, a rotolarci in un grande lettone”.

Si tratta di un libro complesso, specchio dei suoi personaggi, dove l’incontro con una morte incompresa permette al protagonista di crescere e formarsi. Perché la vita è un momento che va vissuto nella sua interezza, a cui non bisogna rinunciare con tragica leggerezza.

“Finora ho sempre pensato che avrei voluto oscillare in eterno fra i diciassette e i diciotto anni, ma adesso non lo penso più. […] Ho vent’anni ormai. E devo pagare il prezzo per continuare a vivere”.

 

Quest’opera di impronta realistica è lontana dalle atmosfere oniriche e surreali tipiche degli altri romanzi di Murakami ma è lo stile che la rende inconfondibilmente sua. Io l’ho amato immediatamente perché la scrittura è limpida, musicale, impalpabile ma evocativa , ogni dettaglio “ vibra di potenzialità simbolica”. E’ un romanzo intriso di scene erotiche e sensuali, descritte anche esplicitamente ma sempre con dolcezza e leggerezza. Da leggere sicuramente.

 

Raffaella Masera

 

 

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COME SI LEGGE UN LIBRO?

pubblicato da: admin - 4 Luglio, 2010 @ 8:41 pm

scansione0001I gusti letterari si mescolano, si uniscono e si arricchiscono in  questo nostro circolo virtuale. Mi sembra proprio una buona idea lasciare spazio più spesso agli amici e ai visitatori del blog. So già che Raffaella sta preparando un post per noi, potrebbero farlo, oltre ai già assidui, anche Valentina, Cinzia,  e tutti quelli che desiderano  condividere  il piacere della lettura.  Ognuno di noi ha i suoi gusti naturalmente, i miei li ho esplicitati parecchio; sappiamo  anche i luoghi preferiti in cui leggere, ma… “Come si legge un libro?”

In questa raccolta di saggi pubblicata  nel 1991 da La Tartaruga con il titolo “Ore in biblioteca” Virginia Woolf ci parla della lettura in quanto arte che si deve praticare all’insegna della libertà più totale. Per la Woolf il metodo o logica di lettura è un “gioco di equilibrio inimitabile tra attenzione e distrazione che, mentre evoca scene del passato, libera energie creative inseguendo ogni richiamo esterno e le più incontrollate associazioni dlla mente.”

Questo è il sapore pieno, il piacere incommensurabile della lettura: la pagina scritta, la realtà intorno a noi, il nostro personale pensiero che interagisce e amplia il racconto, la riflessione.

Mi piaceva quella stanza. Mi piaceva la vista sulla campagna che si godeva dalla finestra…mi piaceva leggere là. Accostavo la pallida poltrona alle finestra in modo che la luce mi cadesse alle spalle sulla pagina…”

Sguardo  che va dal libro alla finestra: al giardino, alle farfalle, ai fiori, il paesaggio che diventa estensione del libro e viceversa. Alla pagina scritta si introietta la vita che scorre. “Leggere alzando la testa” dice Roland Barthes, cioè interrompersi a tratti, non per disinteresse o noia ma per l’accavallarsi di idee, sollecitazioni, emozioni, quasi un’ubriacatura della mente.

Per Virginia Woolf la lettura è un tramite per rapportarsi con il mondo. La lettura così viscerale  porta naturalmente alla scrittura.

Per me leggere entro una cornice d’erba , di fiori, di cielo con rondini, mare di fronte, farfalle bianche e viola , come mi succede quando mi trovo in Liguria, è vivere intensamente. Libro  tra le mani, tutti i sensi aperti all’estate, un bloc notes per aggiungere altri pensieri sollecitati da questo “banchetto” per la mente.

Qui a Trento, lo sguardo si solleva sì,  ma verso gli uffici di fronte, o verso i miei quadri, la gatta sulla finestra, il mazzo di fiori; un po’ meno glorioso il momento di lettura, ma sempre intenso.

Ieri, stravolte dalla calura, io e Stefy abbiamo trascorso il pomeriggio sui divani con il condizionatore acceso e con un libro in mano. Lei ha iniziato “Matematici nel sole” ( acquistato dopo aver letto il post di Camilla). Già dalla prima pagina ha dovuto fermarsi per riflettere tanto piene ed illuminanti le parole di Stelzer (che lei e i suoi compagni di liceo chiamavano “Il Sommo”).

Questo testo  della Woolf contiene molti capitoletti, tutti da gustare, come appunto Ore in biblioteca, Il romanzo moderno, Rileggere, L’arte della narrativa, Come si legge un libro, Quando si è malati, L’artista e la politica, Il mestiere della parole, Recensire, L’attimo una sera d’estate, ecc. ecc.

Parla anche del lettore comune che è diverso dal critico e dallo studioso. “E’ meno colto, ma legge per suo diletto e non per impartire conoscenze o per correggere opinioni altrui. Si lascia guidare più di ogni altra cosa dall’istinto di trarre per conto suo, da ogni piccola cosa gli capiti davanti, una forma in qualche modo compiuta: il ritratto di un uomo, la sintesi di un’epoca, una teoria sull’arte della scrittura.”

Nel 1926 la Woolf scrive il saggio apparso sulla Yale Review  “Come si legge un libro?”. Inizia dicendo di non seguire alla lettera i consigli degli altri, ma di seguire il proprio istinto. Occorre conoscere i propri gusti e le proprie esigenze. Ma quali sono i libri giusti per noi? Di fronte troviamo tanti generi, tanti autori…innanzitutto è importante non avere preconcetti e cioè  non esigere dal romanzo la veridicità, dalla poesia di essere fittizia, dalla biografia di essere lusinghiera. “Non dettate al vostro autore; cercate di essere tutt’uno con lui. Siate il suo assistente e il suo complice….aprite la mente più che potete..” “Bisogna possedere non solo una percezione finssima, ma anche un’immaginazione ardimentosa se si vuole godere di tutto ciò che il romanziere – il grande artista – ci offre.”

La lettura non è dunque un’attività passiva ( qualcuno dice ancora “chi legge non fa niente!”), ma un’azione forte, faticosa,in cui la nostra energia viene succhiata e rigenerata., in cui noi stessi cambiamo  in una intensa crescita intellettuale, emozionale,esistenziale.

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IL ROGO NEL PORTO, di Boris Pahor

pubblicato da: admin - 3 Luglio, 2010 @ 6:06 pm

200px-Boris_Pahor[1]wuzbb[1]Devo ringraziare la famiglia Lucatti che mi permette di riposarmi per due giorni consecutivi!  Oggi dunque un  post di Riccardo che ci parla di un grande  scrittore, a suo tempo ospite anche della Biblioteca di Trento.

 

Boris Pahor è nato nel 1913 a Trieste, dove vive (è stato recentemente ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”). Laureatosi a Padova è stato insegnante di lettere italiane e slovene a Trieste. Si è sempre battuto per l’affermazione della democrazia ed il rispetto dell’identità slovena e ne ha sofferto personalmente le conseguenze. Durante la seconda guerra mondiale ha collaborato con la resistenza antifascista slovena ed è stato deportato nei campi di concentramento nazisti (v. Necropoli cit.). Fra le sue opere (scritte in sloveno e tradotte in francese, inglese, italiano, tedesco, catalano, finlandese, esperanto) : “La città del golfo” (Mesto u zalivu); “Il petalo giallo”, Nicolodi Ed., 2003; “Primavera difficile” (Spopad s pomladjo); “La villa sul lago” (di Garda, n.d.r.), Vila ob jezeru; Nicolodi Ed., 2002 “Oscuramento” (Zatemnitev); “Necropoli” (Nekropola, Fazi Ed., 2008, 2009).

Segnalato più volte per il Nobel, è stato insignito delle massime onorificenze per l’attività letteraria in Slovenia ed in Francia.

Gli antichi romani (ovviamente quelli che se lo potevano permettere) erano soliti ricercare filosofi greci per l’educazione dei propri figli.

Nel ‘600 e nel ‘700 i latifondisti proprietari terrieri del Nord America facevano frustare i propri schiavi che avessero osato imparare a leggere o a scrivere.

Il fascismo tentò di cancellare la cultura e la lingua slava da Trieste.

Oggi abbiamo compreso che la diversità e la pluralità delle culture è un arricchimento per tutti. Era ora!

 

Quale rogo, nel porto? Quello delle corazzate austriache affondate dai “maiali” (piccoli sommergibili tascabili, a scanso di equivoci) italiani alla fine della prima guerra mondiale, oppure quello della Casa della Culture (slovena) incendiata dai fascisti? Oppure il rogo delle speranze di vita “bruciate” da un viaggio a Dachau?

Avvenimenti tragici, visti ma soprattutto “vissuti” dalla gente comune, da bambini che andavano a rubare “al volo” pezzi di carbone dai treni merci di passaggio, da giovani che via via sono cresciuti in un sistema di guerre e di odio che colpiva non solo le installazioni militari ma anche le “installazioni civili” e – prime fra tutte – la dignità e la “pietas” umana.

Il libro non è revisionista. Contribuisce solo ad alzare il velo che per troppi anni ha coperto una storia negata. Va letto, ma soprattutto va conosciuto il suo autore.

 

Riccardo Lucatti

 

 

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LA SOVRANA LETTRICE, anche le regine leggono

pubblicato da: admin - 2 Luglio, 2010 @ 6:29 pm

Oggi la parola a Maria Teresa che non solo mi lascia riposare in questa giornata particolarmente faticosa per me (!), ma che regala  a noi tutti una bellissima pagina su un  libro senza dubbio interessante ed intrigante.

 copt13[1]In questo splendido blog in cui la lettura regna sovrana, non posso non consigliare a chi ancora non lo conoscesse il libro dell’inglese Alan Bennett “La sovrana lettrice” (2007), già citato insieme ad altri tempo fa da Camilla. È davvero il romanzo ideale da mettere in valigia per le vacanze: breve, intelligente, molto spiritoso, da gustare in pieno relax.

L’autore, nato nello Yorkshire nel 1934, è figlio di un macellaio e di una casalinga ed ha studiato a Oxford, dove ha cominciato a scrivere sketch. Negli anni ’60 ha esordito anche come attore nel teatro leggero ed ha avuto un successo crescente pubblicando via via testi teatrali e romanzi, questi ultimi comparsi in Italia per Adelphi a partire dagli anni ’90 (La pazzia di re Giorgio, Nudi e crudi, La cerimonia del massaggio, La signora nel furgone, Signore e signori, Scritto sul corpo).

 

La vicenda, narrata in modo gustosissimo e nello stesso tempo nutrita di spunti assai seri, ha come protagonista la regina Elisabetta tuttora sul trono del Regno Unito, nominata sempre soltanto come Maestà o la regina ma inequivocabilmente Lei, fin dalla foto di copertina. E del resto i riferimenti alla realtà non mancano, se pur solo accennati: il marito duca (mai Filippo), la principessa Diana, i figli genericamente citati come i nipoti, i numerosi primi ministri che hanno accompagnato il lungo regno …

Il libro racconta amabilmente la metamorfosi interiore (ma non solo) della regina in seguito alla scoperta della lettura, che avviene casualmente e che la cattura sconvolgendo le sue abitudini e i suoi atteggiamenti a tal punto che coloro le stanno intorno e curano la regìa della sue giornate ne sono dapprima stupiti, poi disorientati, poi decisamente contrariati.

Ma la regina, ormai sovrana lettrice, non rinuncia alla sua passione, anzi attraverso questa approda ad un altro impulso ancor più pressante, in un crescendo di entusiasmo e convinzione che la porteranno a …? Troverete proprio nelle ultime righe il classico finale a sorpresa!!!

 

Amo molto capire i lati privati delle persone. Non credo di essere una curiosa dei fatti altrui, ma mi piace conoscere, al di là della prima apparenza, la sostanza di un carattere. Qui, sia pure nella finzione letteraria, ho gustato la regina Elisabetta privata, quella che riflette sul senso di tutto quello che ha dovuto fare, sulla sua vita super programmata, sull’etichetta …

 

“Non aveva mai avuto molto interesse per la lettura … era un hobby e la natura del suo mandato non prevedeva hobby. Il suo mandato le richiedeva di manifestare interesse, non di provarlo.”

 

E parlando di sé, da brava regina in prima persona plurale:

“Quando cominciamo un libro lo finiamo. Ci hanno educate così. Libri, purè, pane e burro: bisogna finire quello che c’è nel piatto.”

 

I libri e gli autori che vengono citati sono numerosissimi. Io non li ho contati, ma sono davvero tanti, compresi non pochi che la nostra Mirna ci ha presentato in questo blog. La regina grazie ai libri si sente diversa e comincia a considerare il mondo e gli altri in modo diverso …

E qui mi viene in mente quella bella trasmissione di Radio 3, Damasco, in cui un ospite diverso di settimana in settimana parlava dei libri che gli avevano cambiato la vita.

Io non saprei dire se ci sono libri che mi hanno cambiato la vita, ma sicuramente nei giorni in cui ho per le mani un libro che “mi prende” la mia vita è più bella!

Tornando ad Alan Bennett e a questo suo bel libro, vi assicuro sane risate. L’umorismo anglosassone, si sa, è fine e nello stesso tempo irresistibile. Qualche esempio?

 

Parlando di primi ministri:

“… quello che si voleva da lei, come sempre, era un’esibizione: di interesse o di disapprovazione. Per gli uomini (quindi Thatcher inclusa) quello era l’importante …”

 

Esilarante la figura di Sir Claude Pollington, già servitore reale, ora novantenne:

“Adesso però le mani gli tremavano parecchio e non badava più all’igiene personale come un tempo; e Sir Kevin, pur essendosi seduto con lui nel fragrante giardino, si trovò a trattenere il respiro.”

 

Compare poco, ma è decisamente divertente il principe consorte:

Quella sera il duca, passando davanti alla sua stanza con la borsa dell’acqua calda, la sentì sbellicarsi dal ridere e pensò bene di affacciarsi alla porta.

“Tutto bene, vecchia mia?”

“Certo. Sto leggendo”.

“Di nuovo?” E il duca se ne andò scuotendo la testa.

 

Vi ho assicurato sane risate e vedrete: se leggerete La sovrana lettrice non resterete delusi. C’è di tutto: dall’arcivescovo che la sera guarda alla TV Ballando con le stelle, al primo ministro che non capisce quando una domanda è solo retorica, al ministro degli Interni che non ha letto Proust né Trollope, ma annuisce con aria saggia quando la regina fa un confronto tra i due …

 

Ho anche parlato però di spunti assai seri e a questo proposito trascrivo alcune considerazioni della regina su se stessa:

Ho incontrato e anche ospitato molti capi di Stato in visita ufficiale. Certi erano dei farabutti fatti e finiti, con mogli della stessa risma …

Ho teso la mano guantata di bianco a mani grondanti di sangue e conversato amabilmente con uomini che avevano trucidato bambini …

A volte mi sono sentita come una candela mangiafumo mandata qua e là per profumare delle dittature …

 

Insomma, un libro divertente e serio. Che cosa vogliamo di più?

Buona estate a tutti!

Maria Teresa

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