COME SI LEGGE UN LIBRO?

pubblicato da: admin - 4 Luglio, 2010 @ 8:41 pm

scansione0001I gusti letterari si mescolano, si uniscono e si arricchiscono in  questo nostro circolo virtuale. Mi sembra proprio una buona idea lasciare spazio più spesso agli amici e ai visitatori del blog. So già che Raffaella sta preparando un post per noi, potrebbero farlo, oltre ai già assidui, anche Valentina, Cinzia,  e tutti quelli che desiderano  condividere  il piacere della lettura.  Ognuno di noi ha i suoi gusti naturalmente, i miei li ho esplicitati parecchio; sappiamo  anche i luoghi preferiti in cui leggere, ma… “Come si legge un libro?”

In questa raccolta di saggi pubblicata  nel 1991 da La Tartaruga con il titolo “Ore in biblioteca” Virginia Woolf ci parla della lettura in quanto arte che si deve praticare all’insegna della libertà più totale. Per la Woolf il metodo o logica di lettura è un “gioco di equilibrio inimitabile tra attenzione e distrazione che, mentre evoca scene del passato, libera energie creative inseguendo ogni richiamo esterno e le più incontrollate associazioni dlla mente.”

Questo è il sapore pieno, il piacere incommensurabile della lettura: la pagina scritta, la realtà intorno a noi, il nostro personale pensiero che interagisce e amplia il racconto, la riflessione.

Mi piaceva quella stanza. Mi piaceva la vista sulla campagna che si godeva dalla finestra…mi piaceva leggere là. Accostavo la pallida poltrona alle finestra in modo che la luce mi cadesse alle spalle sulla pagina…”

Sguardo  che va dal libro alla finestra: al giardino, alle farfalle, ai fiori, il paesaggio che diventa estensione del libro e viceversa. Alla pagina scritta si introietta la vita che scorre. “Leggere alzando la testa” dice Roland Barthes, cioè interrompersi a tratti, non per disinteresse o noia ma per l’accavallarsi di idee, sollecitazioni, emozioni, quasi un’ubriacatura della mente.

Per Virginia Woolf la lettura è un tramite per rapportarsi con il mondo. La lettura così viscerale  porta naturalmente alla scrittura.

Per me leggere entro una cornice d’erba , di fiori, di cielo con rondini, mare di fronte, farfalle bianche e viola , come mi succede quando mi trovo in Liguria, è vivere intensamente. Libro  tra le mani, tutti i sensi aperti all’estate, un bloc notes per aggiungere altri pensieri sollecitati da questo “banchetto” per la mente.

Qui a Trento, lo sguardo si solleva sì,  ma verso gli uffici di fronte, o verso i miei quadri, la gatta sulla finestra, il mazzo di fiori; un po’ meno glorioso il momento di lettura, ma sempre intenso.

Ieri, stravolte dalla calura, io e Stefy abbiamo trascorso il pomeriggio sui divani con il condizionatore acceso e con un libro in mano. Lei ha iniziato “Matematici nel sole” ( acquistato dopo aver letto il post di Camilla). Già dalla prima pagina ha dovuto fermarsi per riflettere tanto piene ed illuminanti le parole di Stelzer (che lei e i suoi compagni di liceo chiamavano “Il Sommo”).

Questo testo  della Woolf contiene molti capitoletti, tutti da gustare, come appunto Ore in biblioteca, Il romanzo moderno, Rileggere, L’arte della narrativa, Come si legge un libro, Quando si è malati, L’artista e la politica, Il mestiere della parole, Recensire, L’attimo una sera d’estate, ecc. ecc.

Parla anche del lettore comune che è diverso dal critico e dallo studioso. “E’ meno colto, ma legge per suo diletto e non per impartire conoscenze o per correggere opinioni altrui. Si lascia guidare più di ogni altra cosa dall’istinto di trarre per conto suo, da ogni piccola cosa gli capiti davanti, una forma in qualche modo compiuta: il ritratto di un uomo, la sintesi di un’epoca, una teoria sull’arte della scrittura.”

Nel 1926 la Woolf scrive il saggio apparso sulla Yale Review  “Come si legge un libro?”. Inizia dicendo di non seguire alla lettera i consigli degli altri, ma di seguire il proprio istinto. Occorre conoscere i propri gusti e le proprie esigenze. Ma quali sono i libri giusti per noi? Di fronte troviamo tanti generi, tanti autori…innanzitutto è importante non avere preconcetti e cioè  non esigere dal romanzo la veridicità, dalla poesia di essere fittizia, dalla biografia di essere lusinghiera. “Non dettate al vostro autore; cercate di essere tutt’uno con lui. Siate il suo assistente e il suo complice….aprite la mente più che potete..” “Bisogna possedere non solo una percezione finssima, ma anche un’immaginazione ardimentosa se si vuole godere di tutto ciò che il romanziere – il grande artista – ci offre.”

La lettura non è dunque un’attività passiva ( qualcuno dice ancora “chi legge non fa niente!”), ma un’azione forte, faticosa,in cui la nostra energia viene succhiata e rigenerata., in cui noi stessi cambiamo  in una intensa crescita intellettuale, emozionale,esistenziale.

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IL ROGO NEL PORTO, di Boris Pahor

pubblicato da: admin - 3 Luglio, 2010 @ 6:06 pm

200px-Boris_Pahor[1]wuzbb[1]Devo ringraziare la famiglia Lucatti che mi permette di riposarmi per due giorni consecutivi!  Oggi dunque un  post di Riccardo che ci parla di un grande  scrittore, a suo tempo ospite anche della Biblioteca di Trento.

 

Boris Pahor è nato nel 1913 a Trieste, dove vive (è stato recentemente ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”). Laureatosi a Padova è stato insegnante di lettere italiane e slovene a Trieste. Si è sempre battuto per l’affermazione della democrazia ed il rispetto dell’identità slovena e ne ha sofferto personalmente le conseguenze. Durante la seconda guerra mondiale ha collaborato con la resistenza antifascista slovena ed è stato deportato nei campi di concentramento nazisti (v. Necropoli cit.). Fra le sue opere (scritte in sloveno e tradotte in francese, inglese, italiano, tedesco, catalano, finlandese, esperanto) : “La città del golfo” (Mesto u zalivu); “Il petalo giallo”, Nicolodi Ed., 2003; “Primavera difficile” (Spopad s pomladjo); “La villa sul lago” (di Garda, n.d.r.), Vila ob jezeru; Nicolodi Ed., 2002 “Oscuramento” (Zatemnitev); “Necropoli” (Nekropola, Fazi Ed., 2008, 2009).

Segnalato più volte per il Nobel, è stato insignito delle massime onorificenze per l’attività letteraria in Slovenia ed in Francia.

Gli antichi romani (ovviamente quelli che se lo potevano permettere) erano soliti ricercare filosofi greci per l’educazione dei propri figli.

Nel ‘600 e nel ‘700 i latifondisti proprietari terrieri del Nord America facevano frustare i propri schiavi che avessero osato imparare a leggere o a scrivere.

Il fascismo tentò di cancellare la cultura e la lingua slava da Trieste.

Oggi abbiamo compreso che la diversità e la pluralità delle culture è un arricchimento per tutti. Era ora!

 

Quale rogo, nel porto? Quello delle corazzate austriache affondate dai “maiali” (piccoli sommergibili tascabili, a scanso di equivoci) italiani alla fine della prima guerra mondiale, oppure quello della Casa della Culture (slovena) incendiata dai fascisti? Oppure il rogo delle speranze di vita “bruciate” da un viaggio a Dachau?

Avvenimenti tragici, visti ma soprattutto “vissuti” dalla gente comune, da bambini che andavano a rubare “al volo” pezzi di carbone dai treni merci di passaggio, da giovani che via via sono cresciuti in un sistema di guerre e di odio che colpiva non solo le installazioni militari ma anche le “installazioni civili” e – prime fra tutte – la dignità e la “pietas” umana.

Il libro non è revisionista. Contribuisce solo ad alzare il velo che per troppi anni ha coperto una storia negata. Va letto, ma soprattutto va conosciuto il suo autore.

 

Riccardo Lucatti

 

 

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LA SOVRANA LETTRICE, anche le regine leggono

pubblicato da: admin - 2 Luglio, 2010 @ 6:29 pm

Oggi la parola a Maria Teresa che non solo mi lascia riposare in questa giornata particolarmente faticosa per me (!), ma che regala  a noi tutti una bellissima pagina su un  libro senza dubbio interessante ed intrigante.

 copt13[1]In questo splendido blog in cui la lettura regna sovrana, non posso non consigliare a chi ancora non lo conoscesse il libro dell’inglese Alan Bennett “La sovrana lettrice” (2007), già citato insieme ad altri tempo fa da Camilla. È davvero il romanzo ideale da mettere in valigia per le vacanze: breve, intelligente, molto spiritoso, da gustare in pieno relax.

L’autore, nato nello Yorkshire nel 1934, è figlio di un macellaio e di una casalinga ed ha studiato a Oxford, dove ha cominciato a scrivere sketch. Negli anni ’60 ha esordito anche come attore nel teatro leggero ed ha avuto un successo crescente pubblicando via via testi teatrali e romanzi, questi ultimi comparsi in Italia per Adelphi a partire dagli anni ’90 (La pazzia di re Giorgio, Nudi e crudi, La cerimonia del massaggio, La signora nel furgone, Signore e signori, Scritto sul corpo).

 

La vicenda, narrata in modo gustosissimo e nello stesso tempo nutrita di spunti assai seri, ha come protagonista la regina Elisabetta tuttora sul trono del Regno Unito, nominata sempre soltanto come Maestà o la regina ma inequivocabilmente Lei, fin dalla foto di copertina. E del resto i riferimenti alla realtà non mancano, se pur solo accennati: il marito duca (mai Filippo), la principessa Diana, i figli genericamente citati come i nipoti, i numerosi primi ministri che hanno accompagnato il lungo regno …

Il libro racconta amabilmente la metamorfosi interiore (ma non solo) della regina in seguito alla scoperta della lettura, che avviene casualmente e che la cattura sconvolgendo le sue abitudini e i suoi atteggiamenti a tal punto che coloro le stanno intorno e curano la regìa della sue giornate ne sono dapprima stupiti, poi disorientati, poi decisamente contrariati.

Ma la regina, ormai sovrana lettrice, non rinuncia alla sua passione, anzi attraverso questa approda ad un altro impulso ancor più pressante, in un crescendo di entusiasmo e convinzione che la porteranno a …? Troverete proprio nelle ultime righe il classico finale a sorpresa!!!

 

Amo molto capire i lati privati delle persone. Non credo di essere una curiosa dei fatti altrui, ma mi piace conoscere, al di là della prima apparenza, la sostanza di un carattere. Qui, sia pure nella finzione letteraria, ho gustato la regina Elisabetta privata, quella che riflette sul senso di tutto quello che ha dovuto fare, sulla sua vita super programmata, sull’etichetta …

 

“Non aveva mai avuto molto interesse per la lettura … era un hobby e la natura del suo mandato non prevedeva hobby. Il suo mandato le richiedeva di manifestare interesse, non di provarlo.”

 

E parlando di sé, da brava regina in prima persona plurale:

“Quando cominciamo un libro lo finiamo. Ci hanno educate così. Libri, purè, pane e burro: bisogna finire quello che c’è nel piatto.”

 

I libri e gli autori che vengono citati sono numerosissimi. Io non li ho contati, ma sono davvero tanti, compresi non pochi che la nostra Mirna ci ha presentato in questo blog. La regina grazie ai libri si sente diversa e comincia a considerare il mondo e gli altri in modo diverso …

E qui mi viene in mente quella bella trasmissione di Radio 3, Damasco, in cui un ospite diverso di settimana in settimana parlava dei libri che gli avevano cambiato la vita.

Io non saprei dire se ci sono libri che mi hanno cambiato la vita, ma sicuramente nei giorni in cui ho per le mani un libro che “mi prende” la mia vita è più bella!

Tornando ad Alan Bennett e a questo suo bel libro, vi assicuro sane risate. L’umorismo anglosassone, si sa, è fine e nello stesso tempo irresistibile. Qualche esempio?

 

Parlando di primi ministri:

“… quello che si voleva da lei, come sempre, era un’esibizione: di interesse o di disapprovazione. Per gli uomini (quindi Thatcher inclusa) quello era l’importante …”

 

Esilarante la figura di Sir Claude Pollington, già servitore reale, ora novantenne:

“Adesso però le mani gli tremavano parecchio e non badava più all’igiene personale come un tempo; e Sir Kevin, pur essendosi seduto con lui nel fragrante giardino, si trovò a trattenere il respiro.”

 

Compare poco, ma è decisamente divertente il principe consorte:

Quella sera il duca, passando davanti alla sua stanza con la borsa dell’acqua calda, la sentì sbellicarsi dal ridere e pensò bene di affacciarsi alla porta.

“Tutto bene, vecchia mia?”

“Certo. Sto leggendo”.

“Di nuovo?” E il duca se ne andò scuotendo la testa.

 

Vi ho assicurato sane risate e vedrete: se leggerete La sovrana lettrice non resterete delusi. C’è di tutto: dall’arcivescovo che la sera guarda alla TV Ballando con le stelle, al primo ministro che non capisce quando una domanda è solo retorica, al ministro degli Interni che non ha letto Proust né Trollope, ma annuisce con aria saggia quando la regina fa un confronto tra i due …

 

Ho anche parlato però di spunti assai seri e a questo proposito trascrivo alcune considerazioni della regina su se stessa:

Ho incontrato e anche ospitato molti capi di Stato in visita ufficiale. Certi erano dei farabutti fatti e finiti, con mogli della stessa risma …

Ho teso la mano guantata di bianco a mani grondanti di sangue e conversato amabilmente con uomini che avevano trucidato bambini …

A volte mi sono sentita come una candela mangiafumo mandata qua e là per profumare delle dittature …

 

Insomma, un libro divertente e serio. Che cosa vogliamo di più?

Buona estate a tutti!

Maria Teresa

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POESIE, di Verlaine

pubblicato da: admin - 1 Luglio, 2010 @ 3:30 pm

IMG_0772Festival fortepiano San Michele  2010 030Votre ame est un paysage choisi

La vostra anima è uno scelto paesaggio

Que vont charmant masques et bergamasques

incantato da maschere e da bergamasche

che suonano il liuto e danzano, quasi

tristi sotto i loro fantastici travestimenti.”

Dopo la magica serata musicale di ieri sera al Museo di San Michele non potevo che collegarmi alla poesia, soprattutto a quella delicata delle Fetes Galantes  alla Watteau, di  Paul Verlaine.  Estasiati ascoltavamo i Lieder  di Mozart e i Songs di Haydn interpretati da Maria Letizia Grosselli accompagnata al fortepiano da Massimo Guidetti. In un momento di pausa Maria Teresa mi  sussurra ” Siamo come nelle corti del Settecento…”  Pura magia trovarsi in una notte d’estate  nel chiostro del Museo ed essere accarezzati dalla voce meravigliosa di Maria Letizia.

“Cantano così in tono minore /l’amore vincitore e la giusta vita, / con l’aria di non credere alla felicità / e la loro canzone si  fa chiaro di luna, (et leur chanson se mele au clair de lune) /Au calme clair de lune triste et beau,) calmo chiaro di luna – triste e bello – / che lascia sognare sugli alberi gli uccelli / e gli zampilli singhiozzare in estasi, / i grandi zampilli tra marmi guizzanti.

Anche questa terza serata del Festival del Fortepiano è stata bellissima. Mia figlia Stefania, direttore artistico, può essere soddisfatta, sia della riuscita del Festival in generale, sia della sua esecuzione di brani di Bach insieme al violoncellista Marco Frezzato.

Ma le Notti del Museo degli Usi e Costumi di San Michele si concluderanno domani sera, 2 luglio alle 21,30  con i burattini di Luciano Gottardi che “metteranno in scena”  il  “Flauto magico” di Mozart.

Musica, poesia, bellezza, felicità, armonia. Grazie a tutti gli artisti che ci regalano queste emozioni.

E grazie a Riccardo Lucatti, fotografo di rara bravura, a cui dobbiamo le immagini del post.

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L'ANIMA E' UN LENZUOLO BIANCO, di Aurora Venturini

pubblicato da: admin - 30 Giugno, 2010 @ 6:37 pm

scansione0026Non conoscevo Aurora Venturini, scrittrice argentina nata nel 1922.  Laureata in filosofia è stata amica di Eva Peron. Lodata da Borges si trasferisce  a Parigi dopo il colpo di stato che  rovescia il governo Peron nel 1955.  Nella capitale francese  frequenta Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Albert Camus, Eugène Jonesco e Juillet Greco. E’ sposata con lo storico Firmìn Chavez.

Aurora Venturini  nel 2007 partecipa a un concorso letterario argentino “Premio Nueva Novela” che ha  lo scopo di trovare un romanzo  originale. Partecipano più di seicento persone ma “L’anima è un lenzuolo bianco” suscita immediatamente l’ammirazione della giuria. Un giurato  lo commenta come l’opera” di una brillante e sconosciuta giovane autrice di straordinaria genialità“. In realtà Aurora Venturini ha già 85 anni. All’annuncio della vittoria non si sorprende ma ribadisce che la letteratura nuova non dipende dall’età dell’autore bensì dal suo senso d’avventura.

Ed è veramente un romanzo  particolare, colorato, talvolta grottesco e surreale scritto con uno stile impetuoso e spontaneo. Il sottotitolo recita “L’assurda felicità di una famiglia infelice.” E davvero ci troviamo di fronte a mille miserie umane: handicap fisici, mentali, violenze, omicidi raccontati dalla protagonista Yuna  con la semplicità dovuta alla sua dislalia e alla difficoltà di concentrazione . Le sue parole se isolate sintatticamente si inseriscono immediatamente però nell’insieme del discorso, come le pennellatte di un quadro. E proprio nella pittura Yuna esprimerà il suo ricco mondo interiore, i racconti  e le traversie familiari . Le descrizioni dei suoi quadri riportano ai colori e ai soggetti di Frida Khalo

E anche lui con un bacio di colore azzurro…allora presi una tela grande e senza disegnare dipinsi in rosso due bocche premute attaccate, unite, inseparabili, canterine, e sopra due occhi azzurri di quelli che trasudano lacrime di cristallo.”

Immagini magiche ed oniriche nei suoi pensieri, ma anche scene forti che possono incutere un po’ di disagio, come la descrizione delle intemperanze corporali della sorellina gravemente handicappata e segregata su una sedia a rotelle.

Ma è anche un romanzo di formazione, di crescita seppur fuori da quello che noi intendiamo  come un ordinario tragitto. “Capii che il mio destino incombeva da una nuvolaglia triste pioggia malinconica quando mamma scuotendo le lenzuola del mio letto fece cadere Nené, la mia bambola che frantumò i suoi incanti e io mi ammalai di un tremito da cui ci misi parecchio a guarire. Crebbi dopo quella rottura. Dentro di me qualcosa in frantumi mi faceva male.”

Yuna, graziosa  come la malinconica ragazza con la cravatta di Modigliani, impara cos’è la morte, il sesso,la vendetta, la complicità, ma anche la  rivalsa,  la crescita personale, insomma come può essere la vita…

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CONVERSAZIONE IN SICILIA, un viaggio dentro di sè

pubblicato da: admin - 29 Giugno, 2010 @ 7:17 pm

scansione0025Dei miei tanti libri molti sono un regalo e portano sulla prima pagina la dedica del donatore.  Nel 1984 Turi Arena, avvocato ligure di origine siciliana, amico d’infanzia di mio marito, mi regalò “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini con la dedica “ A Mirna, questo straordinario, immaginifico libro, con tanto affetto.” Subito, come mi succede sempre con un libro nuovo,  scattò l’appropriazione fisica: il toccarlo, annusarlo, stringerlo, e come dice Emanuela, portarlo a letto. E poi l’immersione in esso. Libro prezioso,bello, lucido, liscio, sempre in vista nel mio scaffale e spesso accarezzato mentre vi passo davanti.

Immaginifico, ha ragione Turi, ed ancora  lirico e  mitologico come ci spiega  Edoardo Sanguineti nella intensa prefazione che si rifà alla psicoanalisi e ai viaggi epici. Parla di “schema epico della discesa alle madri.”

“Io ero, in quell’inverno, in preda ad astratti furori..astratti, non eroici, non vivi…la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete. Questo era il terribile: la quiete nella non speranza

Siamo nel clima della guerra di Spagna, che per tanti intellettuali fu l’esperienza critica per capire che cosa era e stava per essere il fascismo. Come scrive anche Brecht negli anni Trenta  in una poesia “Ai posteri” si “ viveva in tempi oscuri”.

Credere il genere umano perduto e non aver febbre di fare qualcosa in contrario, voglia di perdermi, ad esempio con lui.”

 Il protagonista Silvestro,  un trentenne siciliano d’origine, lavora al nord da quindici anni. Una lettera del padre che ha appena  lasciato la madre, si insinua nella sua crisi esistenziale e gli fa erompere la sopita nostalgia dell’infanzia fra i fichidindia e lo zolfo delle montagne di Sicilia.

Così una sera sale su un treno per Siracusa e inizia un viaggio che è più un movimento della memoria che uno spostamento fisico, un viaggio che diventa conversazione tra presente, passato, memoria e immaginazione.

I primi incontri sul traghetto  descrivono operai agricoli pagati in natura, poliziotti che si vergognano di esserlo…poi a terra le prime case cantoniere, ed infine al suo paese ritrova la Madre e con essa tutta la sua mitica infanzia. Le cicale delle estati, i meloni d’inverno, le poesie e le recite del padre, attore dilettante, il ritratto del nonno forte e fiero come un guerriero antico.

Accompagna la madre nel suo giro di iniezioni e Silvestro allora vede la malattia, la tisi, la miseria nella miseria.

Oh, il Sud è stanco di trascinare morti / in riva alle paludi di malaria, / è stanco di solitudine, stanco di catene, / è stanco nella sua bocca / delle bestemmie di tutte le razze / che hanno urlato morte con l’eco dei suoi pozzi, / che hanno bevuto il sangue del suo cuore./si lamentava Quasimodo in una bellissima poesia.

E l’incontro finale sembra concludere un cerchio: anche  l’arrotino Calogero, Ezechiele il sellaio e il panniere Porfirio soffrono, come Silvestro,  per il dolore del genere umano offeso.

Libro simbolo dell’opposizione al fascismo attraverso le allusioni al mondo offeso e la rappresentazione allegorica della condizione umana oppressa dai mali del mondo, “Conversazione in Sicilia” è considerato il capolavoro di Elio Vittorini.

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TAMATA E L'ALLEANZA … e Buon Vento

pubblicato da: admin - 28 Giugno, 2010 @ 6:28 pm

MOITESSIER_tamata0[1]Ci scrive Riccardo Lucatti:

 “Makan anghiem” … in indonesiano “masticare aria” … in greco “agorazein” (fare qualche “vasca” in una piazza, in una “agorà”, appunto) …. in italiano “gironzolare senza una meta precisa rilassandosi completamente”. Con questa frase Bernard Moitessier, uno dei più famosi navigatori solitari a vela del secolo scorso, riuscì a convincere la polizia asiatica che egli non era un individuo sospetto per il solo fatto che andasse girovagando per i mari del mondo senza una meta …

 

Moitessier è stato anche scrittore. In particolare suggerisco di leggere per primo il suo ultimo libro “Tamata e l’alleanza”. Tamata, sempre in indonesiano, significa “tentare, provare” e l’”alleanza” cosa c’entra? Scopritelo voi stessi.

Il libro che vi sto suggerendo sono in realtà più libri in uno. Vi troverete la descrizione della vita dei colonizzatori francesi in Indocina (oggi Vietnam), la conquista giapponese, la loro sconfitta, l’arrivo dei Vietcong, la narrazione delle lunghe navigazioni in solitaria, della vita sugli atolli ed infine le riflessioni – un po’ sacre ed un po’ profane – che una persona così volutamente isolata dai condizionamenti umani, con molto tempo a disposizione, era solito fare innanzi tutto su se stessa e per se stessa, regalandole poi a noi attraverso i suoi libri.

Dicono che l’alpinismo e la montagna avvicinino a Dio. Io sono stato alpinista. Oggi sono velista. E’ vero, ammirare certi paesaggi da una vetta (ad esempio dolomitica, all’alba, dopo una nevicata estiva) induce riflettere sulla bellezza del creato. Lo stesso dicasi assistendo all’incontro fra una vela ed un delfino. Tuttavia ho sempre pensato che maggiormente ci si avvicini a Dio aiutando chi soffre nella solitudine, nella povertà, nelle malattie. Lo stesso vale per il mare.

Ma allora, esiste un valore morale o spirituale nell’uomo Moitessier? Sì, esiste e credo che consista nella dimostrazione di quanto un uomo riesca a fare, se solo ama e crede in ciò che fa. In altre parole: consiste nel prendere atto di quali capacità ha voluto dotarci Nostro Signore. Sta a noi utilizzarle solo per il bene e non per il Male.

Questo per chi crede. E per gli altri? Forse per aiutarli credere …

Un esempio? Resistere in parete anche solo alcune ore (non parliamo di giorni interi) sotto una tormenta di neve, non scoraggiarsi, tener duro, rimanere padroni delle proprie reazioni anteponendo la salvezza altrui alla propria, oppure, come ha fatto Moitessier (solo per fare una fra le tante citazioni possibili), riuscire a governare una vecchia giunca, da solo, per 40 giorni, in una durissima navigazione controvento (“di bolina”) contri il monsone indiano … beh, non è da tutti.

Ma chi glielo ha fatto fare, direte voi … La spiegazione è semplice: voleva compiere quel percorso, seguire quella rotta, non altra. Tutto qui.

Tanto per far capire ai meno appassionati di mare di chi sto parlando, un episodio. Nel 1968 Bernard partecipa alla prima edizione della regata attorno al mondo senza scalo. Parte da Plymouth in Inghilterra, fa il giro del mondo passando per il Capo di Buona Speranza e per Capo Horn. E’ in testa alla gara, sarebbe il vincitore di una forte somma di denaro ma qualcosa dentro di lui si rompe, oppure si aggiusta, a seconda di come si interpreta il suo gesto. Prossimo all’arrivo decide che tagliare il traguardo sarebbe come tradire se stesso, come dire al mondo che il mare si vive per un premio, come dire a se stesso che lo scopo del suo viaggiare è quello di arrivare primo. Allora fa una bella virata, passa di nuovo il Capo di Buona Speranza nella peggior stagione dell’anno e si rifugia, per ben vent’anni, in Polinesia, senza dare più notizie di sé. Una volta e mezzo il giro del mondo a vela, senza motore ausiliario, in solitaria, senza fare scalo in nessun porto. Il tutto con una barchetta a salir sulla quale i velisti di oggi tremerebbero al solo pensiero.

“Ma io non sono un velista, non è un libro per me”, potrebbe dire taluno. Errore, anch’io non sono un pittore nè un musicista, eppure amo la pittura e la musica. Non dobbiamo limitarci a leggere di ciò che già conosciamo: la lettura è anche e soprattutto scoperta del nuovo.

Al momento di intraprendere la lettura di Tamata, vi suggerisco di munirvi di un atlante geografico o – meglio – di un mappamondo, per seguire le tante rotte del nostro autore. Poi, con calma, mi saprete dire se siete andati a leggere anche gli altri suoi libri. Io scommetto di sì.

E vi lascio con il saluto di noi velisti: “Buon Vento!”

Lucatti

 

Bernard Moitessier

Tamata e l’alleanza

Editore Incontri Nautici, 1993, 1994

€16,53

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IL FATTORE SCARPETTA, un giallo da brivido

pubblicato da: admin - 27 Giugno, 2010 @ 7:04 pm

scansione0024In biblioteca ho trovato anche l’ultimo thriller di Patricia Cornwell. Potevo non prenderlo? Fra l’altro era appena arrivato, fragrante ed invitante. Ed oggi pomeriggio nella mia casa- forno è stato un fresco compagno di lettura. Intanto  la vicenda inizia in dicembre a New York, poi gli avvenimenti misteriosi e  le analisi che l’anatomopatologa Kay Scarpetta conduce nell’Istituto di Medicina Legale  sono proprio raggelanti.

Come  ho  già scritto  molte volte  i gialli mi piacciono, mi intrigano, mi fanno evadere e riposare la mente.  Si sospendono i grandi quesiti dell’esistenza e si entra in un microcosmo che, si spera, resti sempre lontano e straniero per noi. Mi piace sentire il lavorio “delle mie celluline grigie”, come dice Poirot, mentre cercano di capire dagli indizi come possono essere andate le cose.  Soprattutto è bello ritrovare personaggi amici, come appunto Kay Scarpetta, questa dottoressa bravissima, di origine italiana, sempre un po’ triste (con il lavoro che fa tra cervelli in formalina e sezionamento salme !), suo marito, affascinante profiler, sua nipote Lucy super tecnologica che guida con nonchalance elicotteri e domina tutti i computer esistenti, e il rude poliziotto Marino, simpatico nel suo complesso di inferiorità intellettuale, ma di superiorità per quanto riguarda la virilità!

E’ ritrovare ambienti conosciuti,Londra, gli States,  come quando leggo le indagini dell’Ispettore Linley o Diaghilesh (che piace tanto a Raffaella). Ormai Miss Marple, Poirot, Maigret, Ellery Queen , Nero Wolf fanno parte del passato…e chi si ricorda di Philo Vance? Beh, tutti questi detectives erano amatissimi da me e mia madre. Non solo leggevamo le loro storie, guardavamo i film TV, ma spesso ascoltavamo anche per radio i loro racconti. Sul comodino di mamma sempre una pila di libri gialli .

Patricia Cornwell ha vinto tantissimi premi per i suoi libri e non solo, è anche tra i fondatori dell’Istituo di scienze e medicina forense della Virginia. E’ una bella signora dai corti capelli biondi, gli occhi azzurri (Kay Scarpetta è naturalmente ispirata a se stessa)  che ci sorride  tranquilla e soddisfatta.

Naturalmente un giallo non si racconta.

 Il mio blog è un invito a  LEGGERE , a RIFLETTERE, a  SCRIVERE,  a CONOSCERCI

Credo però che l’estate stia mettendo un freno ai visitatori…meno male che ci sono Camilla, Enza , Raffaella e i Lucatti che lasciano commenti…E gli altri che leggono non vogliono provare ad aprire la porticina del blog e comunicare?

E’ così bello  ascoltarci, come scrive Camilla “indagare con curiosità acuta, tutte le voci, tutti i segnali che vengono da ogni dove”…  Aggiunge Enza che  occorre fare attenzione proprio all’ASCOLTO, si parla troppo, ma non si ascolta veramente. Una persona recentemente ha detto “Ma io non sono curiosa”, in realtà è mancanza di interesse per l’altro. Infatti non fa mai domande!

Ma domani lascerò lo spazio al nostro velista  Riccardo che …ci porterà in Indocina…

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LA PRIGIONE DI NEVE, di Jan Elizabeth Watson

pubblicato da: admin - 26 Giugno, 2010 @ 5:54 pm

scansione0023Libro cominciato ieri e finito poco fa. Raccontato magistralmente tanto da far entrare il lettore in un universo particolare, spaventoso e meraviglioso al contempo. L’arte del narrare è padroneggiata in pieno da Jan Elizabeth Watson che proprio dell’affabulazione fa il perno principale della sua storia.

Inverno nel Maine, fine anni ’70. Due fratellini vivono in una casa dalle finestre oscurate tenuti prigionieri  dalla madre Loretta che ha creato per loro un mondo parallelo a quello reale, più sicuro e protetto secondo la sua fissazione maniacale. Crede di salvarli dalla malattia, dai contagi, dai pericoli, e sebbene Asta e Orion soffrano fisicamente sia  la fame sia la mancanza di luce e movimento sono però circondati da un mondo magico che si rifà al cinema, allo spettacolo, alla letteratura.

Nella prefazione Diego De Silva sottolinea l’enigma della maternità e la mancanza di giudizio etico della scrittrice. Davanti a comportamenti che sembrano deviare da quelli ritenuti “buoni” per essere definiti “patologici” siamo  quasi propensi ad accettare un  amore autentico, pur che sia amore.   

 Proprio alla fine della storia, quando i bambini si libereranno dalla reclusione e la madre sarà ricoverata in un istituto per malattie mentali, saremo coinvolti nell’appassionato attaccamento dei piccoli per la madre e il suo sincero, anche se malato, amore per loro.

Ormai affidati alle cure di altre persone i due fratellini sono già ingrassati e stanno fisicamente bene, ciò che colpisce è che entrambi sono intellettualmente più ricchi dei coetanei. Questo è ciò che la loro madre è riuscita a donare: un mondo da palcoscenico, un divano su cui svenire, il grande libro del cinema, gli stessi loro nomi  dovuti a vecchi  film famosi. Asta è la cagnetta del film “L’uomo ombra” con Myrna Loy. ( Alla quale io devo il mio nome! Pure mia madre era una fan  dell’Uomo ombra)!

 Appena Asta e Orion riescono a uscire dalla casa e si avventurano tra la neve…io  avrei tanto vouto rifocillarli, scaldarli, accoglierli… non hanno nulla con sè tranne  il patrimonio affabulatorio della mamma.

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LA PORTA, di Magda Zsabò

pubblicato da: admin - 25 Giugno, 2010 @ 5:16 pm

Avevo anticipato la presentazione di un altro romanzo di Magda Zsabò. E che romanzo! Da lasciare stremati dalla emozione, tensione, coinvolgimento. Già il titolo “La porta” ci fa intuire la chiave del racconto: l’incomunicabilità, il  nocciolo segreto di ognuno che non si riesce o non si vuole far conoscere. E se qualcuno entra in modo sbagliato attraverso una porta chiusa il dramma si consuma.

La voce narrante è la stessa autrice, ci fa credere che sia autobiografico, lo sarà? Lo sembra.  Il personaggio principale è Emerenc, una vecchia donna delle pulizie che lavora presso la Zsabò per vent’anni. E’ una donna altera, forte, dispotica, amorevole e pura come un diamante.  Ha una morale naturale, non imposta dalla disciplina, nè dalla religione. Il suo codice è difficile da capire e condividere, ma alla fine le si dà sempre ragione. E’ una figura mitologica che fa della sua vita e un  qualcosa di epico.

Emerenc è il deus ex machina nel quartiere, venerata da tutti per la sua scintillante onestà e saggezza primordiale. Conflittuale e faticoso l’avvicinamento fra Emerenc e Magda, così diverse per età, estrazione sociale, Weltanshauung. Per Emerenc “tutti i lavori non manuali, che non richiedevano fatica fisica, erano roba da pelandroni…” ” Lei era l’incarnazione dell’antintellettualismo”  per cui disprezzava ironicamente i libri e i premi ricevuti dalla sua datrice di lavoro. Ma Emerenc  ama  Magda come una madre può amare una figlia tanto che soltanto a lei permetterà una sola volta di oltrepassare la porta della sua casa, per tutti gli altri ermeticamente chiusa.

Intorno a Magda Zsabò, che finalmente verrà insignita da premi letterari dopo il cambiamento politico dell’Ungheria, altre persone fanno da coro all’unicità di questo rapporto. C’è il marito della scrittrice, tre amiche di Emerenc, il quartiere intero. E pi c’è Viola un cane che Emerenc ama come il prolungamento di sè e di Magda.

Tutto ciò che Emerenc fa, la pulizia dei marciapiedi dalla neve o dalle foglie secche, le visite ai malati con i “piatti dell’amicizia”, la marmellata di ciliegie ha l’aspetto di un evento mitologico “Rovesciò le ciliegie nella marmitta. A quel punto tutto assunse l’aspetto di un mito, i frutti snocciolati, il succo che cominciava a fluire sempre più denso e copioso, come sangue da una ferita: Emerenc in grembiule nero, sotto l’ombra del suo fazzoletto a forma di cappuccio, accanto al calderone, era la personificazione della calma perfetta.”

Incarna un modello esemplare di purezza,generosità, saggezza. Ma la malattia sembra rubarle questo ruolo umiliandola a morte. Si illude che Magda abbia capito il suo dramma e che abbia nascosto al mondo la sua disfatta…è convinta, ne è felice tanto che in una descrizione di un pathos unico mordicchia le dita della scrittrice, in una sorta di  comunicazione primitiva. “Conoscevo quel mordicchiare leggero, nel linguaggio canino esprimeva l’estasi , la gioia sconfinata. Emerenc mi ringraziava di non averla tradita…il suo onore era intatto.”

Ma in realtà Magda l’ha tradita credendo di salvarle la vita,  o per convenzione,  o per comodità o forse soltanto perchè non l’aveva capita fino in fondo.

La porta che racchiude il nostro più intimo sentire non è facile da oltrepassare, persino per noi. Dietro di essa c’è la nostra essenza più vera che il mondo non conoscerà mai completamente, nè genitori, mariti, figli, amici.

E se qualche rara volta illudiamo di poterla aprire a qualcuno  basta che questi faccia  un  gesto sbagliato,  dia una spinta troppo rude ,  esprima incertezza, diffidenza o dica una bugia  per  farcela  richiudere ermeticamente..

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