MRS DALLOWAY, di Virginia Woolf

pubblicato da: admin - 6 Aprile, 2010 @ 6:18 pm

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Nel cielo azzurro chiaro di  stamattina ho visto volare un aeroplano dorato. Ho pensato subito a  Mrs. Dalloway, quando  in una soleggiata mattinata di giugno alza lo sguardo e vede un aereo con un festone pubblicitario. Siamo nel 1923 e lei sta cercando dei fiori per il ricevimento che darà la sera.  Un romanzo eccezionale in cui c’è la rottura del concetto tradizionale  del tempo. Tutto si svolge in un’unica giornata dilatata all’infinito con riferimenti al passato, al presente e al futuro.

E’ quello che, credo, ognuno di noi sente in ogni attimo della propria vita, quegli attimi densi della nostra storia. Se ci soffermiamo a riflettere  possiamo percepire che ogni pensiero è correlato a ricordi, sogni, aspettative.

Virginia Woolf ha 43 anni quando scrive questo libro; sono gli anni artisticamente più fecondi e il suo senso della vita verrà concentrato e “psicologizzato” nell’animo di una signora dell’alta borghesia londinese.Virginia si immerge nella signora Dalloway, assegnandole i suoi turbamenti e  i suoi interrogativi  fino a riuscire a riordinarli proprio scrivendone.

 Quando apre la porta di casa per uscire, Mrs Dalloway rivive l’analoga sensazione di quando, ragazza,  apriva la finestra affacciata sul prato di casa sua. Ogni gesto, ogni incontro produce in lei una reazione impregnata da altre esperienze. E’ un monologo interiore che fluisce ininterrottamente nei suoi pensieri. Dagli attimi e pensieri leggeri come l’incontro con un conoscente al quale dice di amare passeggiare per le vie di Londra , “I love walking in London”, a domande sull’amore e sulla solitudine. Si chiede se i ricevimenti uniscano veramente le persone o le facciano sentire ancora più sole.

Clarissa Dalloway ha 50 anni, ha un marito gentile che assomiglia a Leonard Woolf, una figlia impegnata nel sociale. Tutta la sua vita viene raccontata mentre si organizza  questo ricevimento al quale sarà invitato anche un suo vecchio spasimante.

Parallelamente si snoda la vicenda di Septimus Warren Smith il cui legame con Mrs. Dalloway è il medico che lo ha in cura. Quest’ultimo, invitato al party, racconterà del suicidio di Warren Smith.

C’è un conflitto tra la vita e la morte. Clarissa, chiara, aperta, gaia e Warren Smith (war:guerra; smitten: colpire) l’oscurità della pazzia, l’odio per il tragico passato di guerra.

Vincerà la vita, il ricevimento si farà e lo spazio della casa di Clarissa diventerà, come lei vuole, “il luogo dove essere”.

Il tempo e la memoria sono il centro del romanzo. La memoria è la somma di tutti i sensi, è un agente di continuità. Septimus, il deuteragonista, odia il passato perciò non riesce ad integrarsi nel presente e tantomeno pensare al futuro: per Clarissa invece la memoria è la somma di tutti i sensi, è un agente di continuità, è un insieme di emozioni da rivivere in tranquillità. In una scena finale Mrs Dalloway si affaccerà alla finestra per riflettere e ricordare.

La finestra è un occhio sul mondo esterno ma diventa anche un canale di introspezione proprio in questo andare e venire del dentro al  fuori. Attraverso la finestra in un altro celeberrimo romanzo della Woolf  si vede il faro…

 Per me, qui a Trento, è proprio l’affacciarmi alla finestra il momento della pausa, del pensiero vagolante, del punto della situazione…ho sempre un rettangolo di cielo da guardare…e altre finestre.

 Qual è il vosto punto di “raccolta”in voi stessi?

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LE MADRI E LE FIGLIE, un filo solidissimo

pubblicato da: admin - 5 Aprile, 2010 @ 7:32 pm

lemadrielefiglieSono appena tornata da due giorni rilassanti trascorsi alle Teme di Montegrotto. Piscina termale, vasche con idromassaggio, sauna e pasti luculliani. Piacevolezze della vita, ancor più gradevoli perchè condivise con persone amiche. Fra queste una carissima signora ottuagenaria, le sue figlie e le sue nipoti. Un filo conduttore forte e prezioso che mi ha ricordato  il forte legame che io avevo con mia madre e mia nonna e che ora continuo ad avere con mia figlia …e naturalmente un libro, un romanzo di Patricia GaffneyLe madri e le figlie” (titolo originale “Circle of Three”).

 Non sempre, come si può leggere nelle pagine della vita e della letteratura  i rapporti madri e figlie sono positivi. Scrive la Gaffney: “Secondo me la famiglia, ogni famiglia, è un po’ come il cilindro di un prestigiatore, sempre pieno di sorprese…”. In questo suo romanzo troviamo una quarantenne, Carrie, appena rimasta vedova che cade in una profonda depressione dalla quale riuscirà a salvarsi anche grazie alla figlia adolescente e alla madre un po’ invadente. Si racconta quindi di una risalita per la serenità;  dei sogni e delle difficoltà di Ruth, la figlia quindicenne, ansiosa di affermare la propria identità; delle inquietudini dell’invecchiamento di Dana che ha appena compiuto settant’anni. Vengono esplorati con sensibilità ed ironia i delicati equilibri fra generazioni  femminili.

Ripenso alla mia care amiche delle terme: la nonna che diceva di amare la vita “Non è bella la vita?” esclamava a tavola davanti alla torta millefoglie o nella piscina dell’acqua calda. Le sue figlie (le mie care Penelopi ) attente e  pazienti nei suoi confronti; la bellissima nipotina, studentessa di architettura a Venezia che le chiedeva di cucinarle  una torta speciale. Io assaporavo con nostalgia questo legame ripensando alla complicità femminile della mia famiglia d’origine in cui esisteva un nostro lessico indimenticabile, nostri riti e una capacità di comprensione immediata.

Mi sono ritemprata dunque, non solo per un ozio piacevole tra acque calde e vapori profumati di essenza, ma anche per un tuffo in un vitale e solido arazzo familiare.

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DUE MESI DOPO, di Agatha Christie

pubblicato da: admin - 4 Aprile, 2010 @ 2:34 pm

mouse trapAgatha Mary Clarissa Miller,  conosciuta come Agatha Christie, la più famosa autrice di gialli al mondo –  milioni e milioni di copie dei suoi romanzi vendute ovunque – era una signora borghese, timida e alquanto convenzionale. Nata nel Devonshire nel 1890 non andò mai a scuola, ma  venne educata dalla madre e dalle governanti;  spesso inventava giochi elaborati tipici dei bambini solitari. Forse già da allora la sua mente cominciò  a tessere le trame complesse dei futuri romanzi.

Dopo alcuni flirt sposò Archie Christie,(dal quale divorziò anni dopo), lavorò in un ospedale come assistente in un dispensario. E’ lì che concepì l’idea di scrivere un giallo. Il suo primo romanzo che vede per la prima volta  Hercule Poirot indagare a “Styles Court” uscì nel 1915. Da allora  pubblicò tantissimi altri romanzi  nei quali, oltre a Poirot, troviamo la deliziosa, ma decisa  zitella di mezza età, Miss Marple, un’ acuta osservatrice che riesce a risolvere, tra un lavoro a  maglia e una tazza di tè, i casi  polizieschi più complicati.

Chi non conosce Agatha Christie? Io ho cominciato a vedere i suoi libri da bambina, sul comodino della mamma. Lei riusciva a prendere sonno solo leggendo i gialli! Naturalmente ho cominciato a leggerli anch’io entrando nel mondo inglese della prima metà del Novecento.  Mi piacciono entrambi, Poirot e Miss Marple, ma la seconda ha per me un fascino particolare: mi piace leggere della tranquilla vita di villaggio, del suo cottage, delle persone che ascolta con attenzione  e della sua mente particolare che riesce alla fine a sistemare il puzzle più complicato. Quando arrivai a Londra nel 1967 per il mio anno di ragazza alla pari, come prima cosa andai a teatro a vedere la sua “Trappola per topi”, il lavoro teatrale che ha tenuto cartellone più a lungo nella storia . Dal 1952 va ininterrottamente in scena, tanto da diventare un’attrazione turistica.

Due mesi dopo”, scritto nel 1937, è un romanzo di piacevolissima lettura perchè riflette più di altri alcuni interessi della scrittrice: i cani, le case di campagna e lo spiritismo, a proposito del quale era scettica, ma non del tutto incredula. Gli inglesi sono molto fieri dei loro fantasmi! Una mia amica, ora trasferitasi a Parigi, abitava in una casa vittoriana infestata dal fantasma di una signora che veniva sentita soprattutto … dal suo gatto!

Nel romanzo “Due mesi dopo“, Poirot ed il suo inseparabile Hastings indagano nella ristretta cerchia della famiglia Arundell e nella loro residenza di campagna, Littlegreen House. Che piacere avere sempre a portata di mano l’elenco dei personaggi! Il linguaggio è scorrevole, il lessico abbastanza facile, molti  i dialoghi , tanto che chi “mastica” un po’ l’inglese potrebbe leggerlo in lingua originale.”Dumb witness”.

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AMATA SCRITTURA, per "sgomitolarci"

pubblicato da: admin - 3 Aprile, 2010 @ 8:25 am

scansione0008Ho ricevuto questo saggio di Dacia Maraini da una cara amica, 10 anni fa, quando tentavamo di formare un Circolo di scrittura. L’obiettivo doveva essere  quello di scrivere paginette autobiografiche, riflessioni, poesie e di confrontarle per chiarire la nostra vita, raccogliere pezzetti esistenziali, cercare delle coordinate comuni per proseguire il nostro percorso. L’iniziativa non ebbe molto successo, molte persone non riuscivano a raccontarsi sulla carta, preferivano il dialogo a tu per tu, o ancora non amavano svelarsi troppo. Rimanemmo in pochissime per cui il Circolo si sciolse.

Ogni persona è diversa, per fortuna, l’importante è sapere che cosa ci fa sentire meglio, “centrate” come dice mia figlia Stefania. Per me, ovviamente,  l'”amata scrittura” mi ha aiutato e mi aiuta tanto.

Con le  riflessioni di Dacia Maraini  concordo appieno circa il  valore terapeutico delle parole scritte che medicano le ferite e le “zone ingorgate della memoria“ .  La Maraini sottolinea la necessità per molti di costruire “una mappa del rapporto con se stessi.” Chi legge tanto  sente la necessità di scrivere perchè il mondo parallelo della letteratura apre e scandaglia il proprio mondo interiore risvegliando misteri e sentieri della propria vita. Diventa quasi una necessità fisica puntellare le proprie epifanie,  confidare chiaramente e sinceramente il proprio dolore, codificare un sentimento confuso con  le parole della nostra lingua.

Scrive  Juan Ramòn Jiménez: “Intelligenza, dammi / il nome esatto delle cose!! /La mia parola sia /la cosa stessa / creata nuovamente dalla mia anima.

Verba volant, scripta manent. Se mettiamo sulla carta ciò che è dentro di noi questo uscirà dall’ombra. Forse ne abbiamo paura? Meglio le parole che scorrono aeree,e che possiamo accantonare?

Non solo scrittura come intreccio con le letture, che è il filo conduttore del mio blog, ma scrivere per curiosità intensa della vita, golosità per le mille sfaccettature dell’esistenza, svelarsi per porgere la mano agli altri.  E’ talmente variegata la vita di un essere umano che un momento, un attimo è  paragonabile a una tessera di mosaico che  contiene tutto il suo passato ed insieme le aspettative del futuro. Se scrivo questo mio pensiero l’ho catturato per sempre, come una farfalla imprendibile.

Che cosa meglio che scrivere in poesia i “momenti d’essere?”

Per tornare alle pagine di Dacia Mariaini, riporto un pezzetto di una intervista da lei fatta a Marco Lodoli (romanziere e poeta).

Chiede la Maraini :”Che cosa le dà di diverso la poesia da un racconto?”

Lodoli risponde:” E’ il tempo che è diverso nella poesia, è proprio la combustione del tempo per cui le parole ardono in un modo così immediato, come accendere uno zolfanello in una grotta.”

Ieri notte alla fine dell’intervista che mi ha fatto Maurizio Costanzo, sulla mia vita e sul blog, abbiamo parlato di poesia. Costanzo consiglia a  tutti di leggere poesia, egli stesso tiene sempre un libro di poesie sul comodino e incita a scriverne. Gli ho detto che ne scrivo anch’io. Ne vuole alcune.

Credo che gli invierò queste due:

L’attimo eterno

Non una, ma due, tre volte voglio vivere lo stesso istante

chè l’impeto del tempo in piena

si frantumi in mille schegge su di me

e mi sveli le infinite forme dell’esistere.

Voglio partorire versi su versi

per incatenare al mio sentire

i cerchi concentrici della possibilità,

non un sorso voglio tralasciare della mia eternità.

 

Se il buio

I giorni a venire saranno come vele in un porto,

come passeri che a sera si tuffano nel cuore del cipresso

in cerca del nido e del sonno.

Cammineremo accanto ai nostri sogni,

quasi sentendoli veri,

e se il buio ci sobbalzerà nel cuore

ci stringeremo forte e lo attraverseremo.

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UN'INQUIETANTE SIMMETRIA, di Audrey Niffenegger

pubblicato da: admin - 2 Aprile, 2010 @ 7:18 pm

120px-HighgateCemeteryLondon4simmetriaOh, to be in England now that April’s there…” all’inizio di ogni Aprile mi metto a recitare questi versi di Robert Browning. Quando lo facevo da ragazza, ancor prima di andare in Inghilterra e assaporare i suoi Aprile, mia madre che non capiva, replicava seccamente in dialetto emiliano” Ciacara in italiàn, da breva, per piazer!”. “Oh, essere in Inghilterra ora che c’è l’Aprile!”, perciò ripetevo.

Devo dire che la primavera inglese, nonostante le frequenti piogge, è veramente bella. Tanto verde  nei  parchi di Londra e tanti fiori, il clima atlantico non è mai esagerato.  In questi giorni mi sono “tuffata”in un libro inglese e, da lettrice che “entra”totalmente nella storia,  mi vedo ripercorrere le strade e luoghi che mi piacciono tanto. Ma in questo romanzo di Audrey Niffeneger c’è molto di più che l’atmosfera delle sale da tè, delle rose chiare o dei ciliegi in fiore…c’è un fantasma! E non solo, ci  sono due gemelle che arrivano a Londra dagli Usa perchè hanno ereditato l’appartamento della zia  Elspeth, morta da poco. Sono gemelle situs inversus, sono speculari cioè, una ha gli organi interni al contrario dell’altra.

Oltre il loro giardino c’è il famosissimo cimitero vittoriano di Highgate, dove sono sepolti Carl Marx, George Eliot, Dante Rossetti e sua moglie Elizabeth Siddal , ecc. E’ un luogo amato dai primi poeti romantici inglesi che componevano poesie  cimiteriali. Anche il Foscolo ne fu contagiato, ricordiamo “I Sepolcri”.

Elspeth Noblin è il fantasma di una quarantenne morta per un’inguaribile malattia, ed ora, si trova “imprigionata” nel suo appartamento.  Un po’ come nel film  “Ghost”, lei  cerca di farsi sentire come presenza sia dall’amato compagno che dalle nipoti. E si impegna nello spostamento degli oggetti. “All’inizio non reagirono minimamente. Elspeth raccoglieva tutta la sostanza e la furia che aveva e si scagliava contro un cuscino o un libro: niente….un giorno trionfò su una graffetta…”, ma soprattutto vuole “Libri.Giochi. Attenzione”

E’ interessante come la Niffenegger riesca con naturalezza  a far  partecipare il lettore ai pensieri, ai sentimenti  e alle azioni di uno spettro. Ne scrive in modo così chiaro e convincente che ci si potrebbe anche credere. Io non ho mai visto fantasmi, ma mi piacerebbe ci fossero. (Solo quelli buoni, naturalmente!). E’ una scrittrice  dal linguaggio chiaro, scorrevole; è la  famosissima autrice del romanzo “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo”, da cui è stato tratto un film.

In questa storia ci sono altri personaggi interessanti: Martin, un nevrotico maniacale, che non esce mai di casa,  Robert l’inconsolabile compagno di Elspeth, e un’altra gemella, quella di Elspeth!

Mi piacciono queste atmosfere gotiche alla Henry James e il brivido che provo  leggendo di ciò che può essere e forse non è .

Oggi pomeriggio, preoccupata per la salute di una persona a me cara, stanca dalle mille cose da fare, non ultimo il riordino rimandato della casa, la preparazione della valigetta per i tre giorni alle Terme, la gatta esigente…mi sono “aggrappata” al mio divano ed ho finito le ultime pagine di questo romanzo di vera evasione. Felice di seguire i protagonisti nell’Underground,  in Oxford Street, nei musei, o nei parchi antichi, sono riuscita ad apprezzare anche la “psicologia” dei fantasmi.

Pensavo che in fondo noi stessi  lettori siamo  fantasmi che si aggirano e partecipano non visti alle vicende racontate.

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CUORE DI GHIACCIO, una lunga storia spagnola

pubblicato da: admin - 1 Aprile, 2010 @ 6:13 pm

wuzbb[1]scansione0012Per coloro che cercano qualcosa da leggere nei pomeriggi di vacanza primaverile cosa c’è di meglio di un libro avvincente  di 1000 pagine (!) che può fare compagnia per ore ore senza stancare?  Almudena Grandes, l’autrice di tanti bei romanzi tra cui il famoso “Le età di Lulù” ha raggiunto una scrittura matura, sapiente e riesce a sostenere magistralmente  questo racconto  che inizia  nel 1936  e si conclude ai giorni nostri tra  flash back e voci narranti diverse. Cuore di ghiaccio si svolge soprattutto a Madrid, ma anche in piccoli paesi dell’interno e nella Francia degli esuli antifranchisti.

Non solo la storia dolente della Spagna della guerra civile con le sue violenze e i rancori protratti nel tempo, ma una bruciante storia d’amore fra Alvaro e Raquel che si incontrano, per la prima volta, al funerale di un personaggio importante che nel bene e nel male ha influenzato profondamente la vita di più persone, ma soprattutto delle loro due famiglie, emblematiche  della Spagna e dei suoi colori, il rosso e il nero.

Almudena Grandes cita  all’inizio un verso  di Machado, con un ossimoro “Il mio cuore era di ghiaccio, e bruciava“.

Così  è la Spagna, paese di netti contrasti, ma bruciante di vitalità. Io amo questa terra, la sua gente, il suo calore. Vi sono andata spesso quando navigavo sulle navi da crociera, conosco Barcellona, Malaga, Siviglia, Granada; ho ricordi colorati di flamenco, “vasiti de tinto” o Tio Pepe  per aperitivo e cene saporite… alle 22,00 . Il churizo  ( salamino piccante), le tortillas, ecc.  Ricordo con ancor più piacere un mese di vacanza trascorsa nella Rioja, la terra del vino, ospite di un’amica, Ana Maria Fernandez, conosciuta a Londra. Vicino scorreva l’Ebro e un pomeriggio vi andammo a camminare sul greto. Tutto era così forte e vivido: il calore sui ciottoli, il verde dei cespugli, il profumo dell’estate.

Accanto alla sua casa c’era una collinetta, el castillo, dove andavamo ad asciugarci i capelli. Da Haro, il suo paese, andammo, accompagnate da amici, a visitare Burgos, Bilbao, Logrono…ma il viaggio clou è fu quello a Madrid…in autostop, noi due sole. Avventuroso, ma piacevolissimo. Chi ci dava il passaggio spesso ci offriva anche qualcosa da mangiare come los churros, dolci fritti da intingere nella cioccolata calda. Che emozione vedere El Prado, El Retiro, la Gran Via, e l’Avenida del Generalisimo (eh, sì c’era ancora Franco al potere). E il paesaggio del cuore della Spagna, giallo e pieno di sole sotto il cielo azzurro…tutto è impresso vivdamente nel mio ricordo. Per questo leggo con infinito piacere romanzi  ambientati in Spagna.

Metto una foto mia e di Ana Maria, davanti a El Retiro…chissà se riuscirò a rintracciarla…

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BRIGHT STAR. LA VITA AUTENTICA DI JOHN KEATS

pubblicato da: admin - 31 Marzo, 2010 @ 6:55 pm

200px-John_Keats_by_William_Hilton[1]copt13[1]Ancora poesia. Ma sono contenta di scriverne perchè so che molti la amano, fra questi anche Maurizio Costanzo che mi intervisterà telefonicamente venerdì 2 aprile durante la sua trasmissione  su Radio 1,  l’Uomo della notte.  Da mezzanotte alla una. So già che mi chiederà del blog. Ne sono lusingata perche il  parlare di libri accende consonanze e legami fra molte persone. Ricevo anche telefonate di apprezzamento da parte di chi, non potendo scrivere un commento, legge comunque assiduamente i miei posts.

 Questa biografia è scritta dallo stesso editore del libro, Elido Fazi, che ama moltissimo Keats,  e che ha tradotto e pubblicato il suo poema “La caduta di Iperione”. Sulla copertina c’è un bellissimo ritratto non di Keats, ma dello stesso Elido Fazi che si sente vicinissimo al grande poeta inglese, in una sorta di identificazione in cui ritrova  stati d’animo e situazioni che sembrano esistere ancora nel mondo intellettuale contemporaneo. E’ insomma un omaggio pieno d’amore per il poeta inglese, neo-romantico, nato nel 1795 e morto giovanissimo di tisi nel 1821 a Roma.

E’ un resoconto esistenziale di un’anima sensibile che trova il suo ideale nel culto della bellezza e dell’arte.

Beauty is truth, truth beauty, that is all ye know on earth, and all ye need to know”. La bellezza è quindi Verità, la Verità Bellzza. E dalla natura e dalla sua  fulgida immaginazione egli  trae materia ; dal mondo greco ecco i poemi “Endimione”, “Iperione”  e “Lamia” e dalla natura soggetti romantici che trovano il culmine lirico nelle famosi Odi : a  un usignolo , all’autunno  -magistrale raffigurazione di una stagione e un corrispettivo stato d’animo  – e su un’urna greca. Con lui si raggiunge il massimo della poesia descrittiva inglese, grazie al linguaggio sontuoso  e all’esuberanza delle immagini. La sua maturazione artistica va in fretta, quasi sentisse la sua morte imminente.

Il libro di Fazi racconta gli  ultimi  due anni di vita di Keats  pieni di preoccupazioni finanziarie, di dolore per la morte del fratello Tom, di delusioni per le critiche negative di alcuni editorialisti, ma anche dell’amore per Fanny Brawne la sua “Bright Star” “Fulgida stella, ferma vorrei esser come te, ma non in solitario splendore…e in eterno sentire il suo respiro tenue…

L’amore di Keats e Fanny viene raccontato esaurientemente nel film di Jane Campion  “Bright Star” (che io non ho ancora visto, purtroppo); nel nostro libro è inserita parte della corrispondenza fra i due.

Mi piace pensare alla passione per poeti, scrittori e artisti  in modo così forte come Elido Fazi ci fa percepire. E’ il mondo della nostra memoria , del nostro cammino umano che fortunatamente non va perso. Mi piace conoscere la vita e i pensieri di Shelley, Byron, Coleridge che si ritrovano in questo libro e soprattutto conoscere più a fondo questo giovane che è cresciuto in fretta per poter comunicare al mondo la sua esperienza vitale ed artistica.

Non sono certo di nulla tranne che nella santità degli affetti del cuore, e della verità dell’immaginazione.”

Nato per la poesia, poesia egli stesso nel suo sentire, nel suo palpitare, John Keats  ci lascia scritto:

SE LA POESIA NON NASCE CON LA STESSA NATURALEZZA DELLE FOGLIE SUGLI ALBERI, E’ MEGLIO CHE NON NASCA NEPPURE”

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I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA (con i libri!)

pubblicato da: admin - 30 Marzo, 2010 @ 6:54 pm

sfondocopy[1]scansione0011E’ possibile essere felici dedicandosi alla letteratura? Si può cambiare il mondo con i buoni libri? Sembra proprio così leggendo questo bellissimo libro di Ernesto Ferrero, scrittore, critico letterario, collaboratore di case editrici importanti, ed attualmente direttore della Fiera Internazionale del libro. Nato nel 1938,  Ferrero entra come responsabile dell’Ufficio Stampa nella Casa editrice Einaudi  nel 1963 e presto ne diventa il  direttore editoriale.

Sono gli anni d’oro della editoria italiana e la casa editrice Einaudi, guidata dal vulcanico e carismatico Giulio Einaudi, figlio di Luigi il fondatore, è il luogo privilegiato dove si respirano passioni intellettuali e civili importanti e dove si incontrano scrittori che sono entrati nella nostra storia.

Per Ernesto Ferrero è un’educazione sentimentale-editoriale e di amore-odio verso “L’Editore”,  snob, sarcastico, viziato, ma  geniale che ha fatto della sua Casa editrice in via Biancamano a Torino, una famiglia sulla quale , come un despota, governa. Questo libro è in fondo dedicato a lui, un altro divo Giulio; in copertina c’è lui nella sua sfrontata sicurezza e senso di onnipotenza.  Ma gli anni passati con lui sono entusiasmanti e tutti si lasciano trascinare dalla sua  filosofia; l’Editore commenta che il suo lavoro, proprio perchè fatto in libertà, è un lavoro che dà felicità  “con i libri ogni singola giornata diventa un momento di divertimento, allegria , appagamento”.

Nel 1989, non riuscendo più “sopportare” l’Editore,  Ferrero se ne va dalla Einaudi, ma essa rimane il centro della  sua prima indimenticabile “famiglia.” Questo libro si potrebbe intitolare anche “ritratto di famiglia con Editore “. Vi si ritrovano tutti gli scrittori legati alla Einaudi;  si parla ancora di Pavese sebbene morto da 10 anni,  qualcuno ancora lo ricorda quando “ faceva le notti in casa editrice, sulle bozze”. Altri dicono che prima di ritirarsi nell’albergo del suo suicidio  “egli avesse tracciato sui muri bianchi del corridoio scritte feroci” contro l’Editore. Pavese insieme a Natalia Ginsburg, per una volta alleati, gli avevano scritto,  qualche tempo prima , che se ne sarebbero andati, forse in America.  L’ Editore aveva restituito loro le lettere con scritto a matita :”Ci vengo anch’io.

Esiste una storia della felicità di Pavese, d’una felicità  nel cuore della tristezza, d’una felicità che nasce con la stessa spinta dell’approfondirsi del dolore, finchè il divario è tanto forte che il faticoso equilibrio si spezza.” scrive  Calvino ricordando il collega.

Nella “famiglia” di via Biancamano si aggira Natalia Ginzburg; ecco come la descrive l’autore: ” Solida e minuta al tempo stesso, tacchi bassi, vestiti grigi come la zazzera corta e folta e dura, gli occhi bui che sondano l’ambiente circostante a piccoli colpi febbrili…la voce bassa, velata dalle troppe sigarette…” .

 Incontriamo anche Leone Ginzburg, Calvino, Gadda, Primo Levi, Bobbio e Pasolini…  Un libro, questo, per sviscerati amanti dei libri, e per quelli che sono sulla buona strada…

So che questo blog sta facendo aumentare i lettori. Evviva!

I libri danno felicità. A me senz’altro. A voi?

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LA LUNA E I FALO', e il paesaggio delle Langhe

pubblicato da: admin - 29 Marzo, 2010 @ 6:59 pm

novlunafalo[1]scansione0013Desiderio di viaggiare, di uscire all’aperto in queste prime giornate di Primavera. Desiderio di campagna. Vorrei rivedere le Langhe piemontesi. Una Pasqua di alcuni anni fa feci un viaggio con mio marito alla ricerca dei luoghi  di Cesare Pavese, reduce com’ero da un’intensa lettura di  “La luna e i falò“. Nella mia vita ho sempre ricercato i luoghi dei libri e degli scrittori. In primis l’Inghilterra, Londra stessa con il quartiere di Bloomsbury di Virginia Woolf,  le strade vecchie di Charles Dickens, Irlanda:  Dublino e Oscar Wilde, Sligo e Yeats; in Germania cercavo la casa di Musil, di Lou Salomè. Anche in Italia ho sempre “trascinato” mio marito, che condivideva  con piacere, nei luoghi a me cari.  Recanati con  la siepe, la piazzetta  e la torre antica, Barga e Castelvecchio con la casa di Pascoli, e così via. E non ho ancora finito (spero) . Vorrei vedere la casa delle Brontè, e quella di Emily Dickinson mel Massachuset.

Anche voi avete seguito percorsi letterari? Quali?

Quando mi trovai a Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, e vidi quello che aveva visto Cesare Pavese, quasi mi sentii mancare, l’emozione fu fortissima. Volli andare anche a Canelli, meno male che mio marito mi aiutava sempre a “riprendermi” da queste pseudo sindromi di Stendhal con lauti pranzetti in ristoranti deliziosi.

La luna e i falò” racconta di un ritorno alla terra d’origine. Il protagonista, Anguilla,  vi arriva dall’America dove ha fatto fortuna, ma vuole ritrovare i luoghi mitici dell’infanzia quando, seppur poverissimo, aveva assaporato la vita interamente. Risente “… l’odore, l’odore della casa, della riva, di mele marce, d’erba secca e di rosmarino.” Ritornano  sempre gli stessi sentimenti nostalgici  di ognuno di noi. Il ricordo, il ritorno, il mito di un’età dell’oro.

Anguilla ora però si sente sdoppiato. Non è più lo scalzo ragazzino di allora, l’ex bracciante che lavorava sotto padrone, ora ha fatto fortuna, è un cittadino. Ma proprio in questo dualismo campagna-città, passato e presente, il protagonista si perde.  Si sente sdoppiato e non interamente se stesso.  “Era strano come tutto fosse cambiato eppure uguale…”.

Vorrebbe vedere ancorra il mondo come lo sta vedendo il piccolo Cinto che lo accompagna tra i filari delle vigne e risponde alle sue domande sulle persone che ora non ci sono più. Anche Cinto come Anguilla bambino ha l’abitudine di chiudere gli occhi per vedere solo le cose che vuole…

La luna e i falò” si inserisce nel filone del neo-realismo.  Il linguaggio di Pavese è essenziale, si avvicina al parlato nelle sue frasi brevi e chiare. E’ il suo ultimo romanzo nel quale, secondo molti critici, emerge il primo sintomo del suo disadattamento, della sua incapacità di vivere, che lo porterà più tardi al suicidio, in un albergo di  Torino nell’agosto 1950. La sua ultima frase nel Diario “Il Mestiere di vivere” enuncia: “Non parole. Un gesto. Non scriverò più”. L’arte non è bastata a Pavese per  difendersi dalla violenza della vita.

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DIARIO, di Anna Frank

pubblicato da: admin - 28 Marzo, 2010 @ 6:16 pm

2779567[1]200px-Anne_Frank_stamp[1]Questo blog ha senso per me, e mi risulta più facile e spontaneo scrivervi,  se seguo le “intermittenze” del cuore. E con questo intendo ciò che l’esterno da me o il mio sgomitolamento interiore porta immediatamente ai  miei  pensieri.

Ieri sera in Tv ho visto  “Ulisse”, la trasmissione di Alberto Angela, in cui si parlava di diaristica. Naturalmente l’ho seguita con interesse soprattutto la parte riguardante Anna Frank. Ho rivisto con emozione e partecipazione spezzoni del bellissimo film e mi sono ancora commosssa  per la sua storia. Tutti abbiamo letto e riletto il suo diario. E si continua a proporlo alle nuove generazioni perchè la sua vicenda drammatica ed intensa va di pari passo con la sua sensibile analisi dei  turbamenti dell’adolescenza. Sappiamo che Anna nasce a Frankfurt am Mein  in una agiata famiglia di ebrei tedeschi. Dopo le leggi razziali del 1933 i Frank emigrano ad Amsterdam, ma con l’invasione dell’Olanda da parte di Hitler, sono costretti a nascondersi. Si rifugiano nella soffitta dell’edificio dove il padre di Anna lavorava. Riescono a viverci, insieme ad altre persone, dal 6 lugli0 1942 al 4 agosto 1944 , quando la polizia tedesca fa irruzione nell’alloggio segreto. Tutti i rifugiati sono condotti nei campi di concentramento dove moriranno. L’unico sopravvissuto è  il signor Frank il quale, terminata la guerra, ritrova il diario della figlia e lo fa pubblicare.

Per Anna scrivere di sè, delle sue giornate è un aiuto fondamentale, una via di fuga, non solo per riuscire a trovare anche in una vita di clausura motivi di interesse, riflessioni e critiche, ma per crescere con consapevolezza, e volontà di diventare una persona giusta. Attraverso le sue pagine possiamo ripercorrere non solo la storia di una  reclusione obbligata, ma  il percorso, anche se troppo breve,  di una crescita personale. Anna riceve il diario per i suoi 13 anni e lo concluderà appena quindicenne.

Per me fu così significativa la lettura di questo diario  che nel settembre del 1959  cominciai subito a scriverne uno tutto mio. Avevo 15 anni. Anna Frank era morta  nel mio stesso anno di nascita. Un abisso storico e sociale, fortunatamente, ci separava pur in un lasso di  tempo così breve. Ma dentro di me  c’erano le stesse sue emozioni e domande sulla vita in generale.  Come lei anch’io prometto nella prima pagina di essere sincera, e come lei mi sento sola. Proprio nelle ultime sue pagine Anna riflette e concorda  su una frase letta da qualche parte  “La gioventù, in fondo è più solitaria della vecchiaia.”  Concordo pienamente, mi sono sentita più sola da adolescente che adesso. Proprio la necessità di vincere la solitudine spinge molti di noi a scrivere un diario. Ieri sera ho riletto alcune pagine del mio primo quaderno ( ne avrò circa 20, 21..) ma ad un certo punto mi sono accorta che non ne avevo voglia, mi sembrava di leggere di qualcuno in cui non mi riconosco più. Preferisco rileggere i miei appunti più recenti perchè mi aiutano a ricordare gli avvenimenti recenti e a farmi comprendere la strada che sto percorrendo in questi anni. I quaderni del 1959 parlano di una ragazzina triste, un po’ sola, con tanti desideri che sembrano irrealizzabili. Inoltre mi accorgo che non ero sincera come promettevo all’inizio, scrivevo non di com’ero, ma di come sarei voluta essere.

E’ meglio che mia figlia li  raccolga  tutti in uno scatolone e li mandi direttamente  a Pieve Santo Stefano, provincia di Arezzo, alla Casa del Diario, dove vengono raccolti tutti i diari, anche quelli delle persone comuni. Chissà fra 100 anni qualcuno troverà interessante leggere che una quindicenne il 27 marzo 1960  scriveva: “Sono andata a fare un giro in bicicletta, sola, per mezz’ora. Mi sono messa la gonna a pieghe, le scarpe basse…pedalavo lentamente…”

Nascondo il quaderno nell’armadio bianco e mi ripropongo di immergermi nel presente e nel futuro immediato.

Chi scrive il diario sa che esite una Casa che li raccoglie con amore…

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