UN'INQUIETANTE SIMMETRIA, di Audrey Niffenegger

pubblicato da: admin - 2 Aprile, 2010 @ 7:18 pm

120px-HighgateCemeteryLondon4simmetriaOh, to be in England now that April’s there…” all’inizio di ogni Aprile mi metto a recitare questi versi di Robert Browning. Quando lo facevo da ragazza, ancor prima di andare in Inghilterra e assaporare i suoi Aprile, mia madre che non capiva, replicava seccamente in dialetto emiliano” Ciacara in italiàn, da breva, per piazer!”. “Oh, essere in Inghilterra ora che c’è l’Aprile!”, perciò ripetevo.

Devo dire che la primavera inglese, nonostante le frequenti piogge, è veramente bella. Tanto verde  nei  parchi di Londra e tanti fiori, il clima atlantico non è mai esagerato.  In questi giorni mi sono “tuffata”in un libro inglese e, da lettrice che “entra”totalmente nella storia,  mi vedo ripercorrere le strade e luoghi che mi piacciono tanto. Ma in questo romanzo di Audrey Niffeneger c’è molto di più che l’atmosfera delle sale da tè, delle rose chiare o dei ciliegi in fiore…c’è un fantasma! E non solo, ci  sono due gemelle che arrivano a Londra dagli Usa perchè hanno ereditato l’appartamento della zia  Elspeth, morta da poco. Sono gemelle situs inversus, sono speculari cioè, una ha gli organi interni al contrario dell’altra.

Oltre il loro giardino c’è il famosissimo cimitero vittoriano di Highgate, dove sono sepolti Carl Marx, George Eliot, Dante Rossetti e sua moglie Elizabeth Siddal , ecc. E’ un luogo amato dai primi poeti romantici inglesi che componevano poesie  cimiteriali. Anche il Foscolo ne fu contagiato, ricordiamo “I Sepolcri”.

Elspeth Noblin è il fantasma di una quarantenne morta per un’inguaribile malattia, ed ora, si trova “imprigionata” nel suo appartamento.  Un po’ come nel film  “Ghost”, lei  cerca di farsi sentire come presenza sia dall’amato compagno che dalle nipoti. E si impegna nello spostamento degli oggetti. “All’inizio non reagirono minimamente. Elspeth raccoglieva tutta la sostanza e la furia che aveva e si scagliava contro un cuscino o un libro: niente….un giorno trionfò su una graffetta…”, ma soprattutto vuole “Libri.Giochi. Attenzione”

E’ interessante come la Niffenegger riesca con naturalezza  a far  partecipare il lettore ai pensieri, ai sentimenti  e alle azioni di uno spettro. Ne scrive in modo così chiaro e convincente che ci si potrebbe anche credere. Io non ho mai visto fantasmi, ma mi piacerebbe ci fossero. (Solo quelli buoni, naturalmente!). E’ una scrittrice  dal linguaggio chiaro, scorrevole; è la  famosissima autrice del romanzo “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo”, da cui è stato tratto un film.

In questa storia ci sono altri personaggi interessanti: Martin, un nevrotico maniacale, che non esce mai di casa,  Robert l’inconsolabile compagno di Elspeth, e un’altra gemella, quella di Elspeth!

Mi piacciono queste atmosfere gotiche alla Henry James e il brivido che provo  leggendo di ciò che può essere e forse non è .

Oggi pomeriggio, preoccupata per la salute di una persona a me cara, stanca dalle mille cose da fare, non ultimo il riordino rimandato della casa, la preparazione della valigetta per i tre giorni alle Terme, la gatta esigente…mi sono “aggrappata” al mio divano ed ho finito le ultime pagine di questo romanzo di vera evasione. Felice di seguire i protagonisti nell’Underground,  in Oxford Street, nei musei, o nei parchi antichi, sono riuscita ad apprezzare anche la “psicologia” dei fantasmi.

Pensavo che in fondo noi stessi  lettori siamo  fantasmi che si aggirano e partecipano non visti alle vicende racontate.

Comments Closed

CUORE DI GHIACCIO, una lunga storia spagnola

pubblicato da: admin - 1 Aprile, 2010 @ 6:13 pm

wuzbb[1]scansione0012Per coloro che cercano qualcosa da leggere nei pomeriggi di vacanza primaverile cosa c’è di meglio di un libro avvincente  di 1000 pagine (!) che può fare compagnia per ore ore senza stancare?  Almudena Grandes, l’autrice di tanti bei romanzi tra cui il famoso “Le età di Lulù” ha raggiunto una scrittura matura, sapiente e riesce a sostenere magistralmente  questo racconto  che inizia  nel 1936  e si conclude ai giorni nostri tra  flash back e voci narranti diverse. Cuore di ghiaccio si svolge soprattutto a Madrid, ma anche in piccoli paesi dell’interno e nella Francia degli esuli antifranchisti.

Non solo la storia dolente della Spagna della guerra civile con le sue violenze e i rancori protratti nel tempo, ma una bruciante storia d’amore fra Alvaro e Raquel che si incontrano, per la prima volta, al funerale di un personaggio importante che nel bene e nel male ha influenzato profondamente la vita di più persone, ma soprattutto delle loro due famiglie, emblematiche  della Spagna e dei suoi colori, il rosso e il nero.

Almudena Grandes cita  all’inizio un verso  di Machado, con un ossimoro “Il mio cuore era di ghiaccio, e bruciava“.

Così  è la Spagna, paese di netti contrasti, ma bruciante di vitalità. Io amo questa terra, la sua gente, il suo calore. Vi sono andata spesso quando navigavo sulle navi da crociera, conosco Barcellona, Malaga, Siviglia, Granada; ho ricordi colorati di flamenco, “vasiti de tinto” o Tio Pepe  per aperitivo e cene saporite… alle 22,00 . Il churizo  ( salamino piccante), le tortillas, ecc.  Ricordo con ancor più piacere un mese di vacanza trascorsa nella Rioja, la terra del vino, ospite di un’amica, Ana Maria Fernandez, conosciuta a Londra. Vicino scorreva l’Ebro e un pomeriggio vi andammo a camminare sul greto. Tutto era così forte e vivido: il calore sui ciottoli, il verde dei cespugli, il profumo dell’estate.

Accanto alla sua casa c’era una collinetta, el castillo, dove andavamo ad asciugarci i capelli. Da Haro, il suo paese, andammo, accompagnate da amici, a visitare Burgos, Bilbao, Logrono…ma il viaggio clou è fu quello a Madrid…in autostop, noi due sole. Avventuroso, ma piacevolissimo. Chi ci dava il passaggio spesso ci offriva anche qualcosa da mangiare come los churros, dolci fritti da intingere nella cioccolata calda. Che emozione vedere El Prado, El Retiro, la Gran Via, e l’Avenida del Generalisimo (eh, sì c’era ancora Franco al potere). E il paesaggio del cuore della Spagna, giallo e pieno di sole sotto il cielo azzurro…tutto è impresso vivdamente nel mio ricordo. Per questo leggo con infinito piacere romanzi  ambientati in Spagna.

Metto una foto mia e di Ana Maria, davanti a El Retiro…chissà se riuscirò a rintracciarla…

Comments Closed

BRIGHT STAR. LA VITA AUTENTICA DI JOHN KEATS

pubblicato da: admin - 31 Marzo, 2010 @ 6:55 pm

200px-John_Keats_by_William_Hilton[1]copt13[1]Ancora poesia. Ma sono contenta di scriverne perchè so che molti la amano, fra questi anche Maurizio Costanzo che mi intervisterà telefonicamente venerdì 2 aprile durante la sua trasmissione  su Radio 1,  l’Uomo della notte.  Da mezzanotte alla una. So già che mi chiederà del blog. Ne sono lusingata perche il  parlare di libri accende consonanze e legami fra molte persone. Ricevo anche telefonate di apprezzamento da parte di chi, non potendo scrivere un commento, legge comunque assiduamente i miei posts.

 Questa biografia è scritta dallo stesso editore del libro, Elido Fazi, che ama moltissimo Keats,  e che ha tradotto e pubblicato il suo poema “La caduta di Iperione”. Sulla copertina c’è un bellissimo ritratto non di Keats, ma dello stesso Elido Fazi che si sente vicinissimo al grande poeta inglese, in una sorta di identificazione in cui ritrova  stati d’animo e situazioni che sembrano esistere ancora nel mondo intellettuale contemporaneo. E’ insomma un omaggio pieno d’amore per il poeta inglese, neo-romantico, nato nel 1795 e morto giovanissimo di tisi nel 1821 a Roma.

E’ un resoconto esistenziale di un’anima sensibile che trova il suo ideale nel culto della bellezza e dell’arte.

Beauty is truth, truth beauty, that is all ye know on earth, and all ye need to know”. La bellezza è quindi Verità, la Verità Bellzza. E dalla natura e dalla sua  fulgida immaginazione egli  trae materia ; dal mondo greco ecco i poemi “Endimione”, “Iperione”  e “Lamia” e dalla natura soggetti romantici che trovano il culmine lirico nelle famosi Odi : a  un usignolo , all’autunno  -magistrale raffigurazione di una stagione e un corrispettivo stato d’animo  – e su un’urna greca. Con lui si raggiunge il massimo della poesia descrittiva inglese, grazie al linguaggio sontuoso  e all’esuberanza delle immagini. La sua maturazione artistica va in fretta, quasi sentisse la sua morte imminente.

Il libro di Fazi racconta gli  ultimi  due anni di vita di Keats  pieni di preoccupazioni finanziarie, di dolore per la morte del fratello Tom, di delusioni per le critiche negative di alcuni editorialisti, ma anche dell’amore per Fanny Brawne la sua “Bright Star” “Fulgida stella, ferma vorrei esser come te, ma non in solitario splendore…e in eterno sentire il suo respiro tenue…

L’amore di Keats e Fanny viene raccontato esaurientemente nel film di Jane Campion  “Bright Star” (che io non ho ancora visto, purtroppo); nel nostro libro è inserita parte della corrispondenza fra i due.

Mi piace pensare alla passione per poeti, scrittori e artisti  in modo così forte come Elido Fazi ci fa percepire. E’ il mondo della nostra memoria , del nostro cammino umano che fortunatamente non va perso. Mi piace conoscere la vita e i pensieri di Shelley, Byron, Coleridge che si ritrovano in questo libro e soprattutto conoscere più a fondo questo giovane che è cresciuto in fretta per poter comunicare al mondo la sua esperienza vitale ed artistica.

Non sono certo di nulla tranne che nella santità degli affetti del cuore, e della verità dell’immaginazione.”

Nato per la poesia, poesia egli stesso nel suo sentire, nel suo palpitare, John Keats  ci lascia scritto:

SE LA POESIA NON NASCE CON LA STESSA NATURALEZZA DELLE FOGLIE SUGLI ALBERI, E’ MEGLIO CHE NON NASCA NEPPURE”

6 Comments »

I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA (con i libri!)

pubblicato da: admin - 30 Marzo, 2010 @ 6:54 pm

sfondocopy[1]scansione0011E’ possibile essere felici dedicandosi alla letteratura? Si può cambiare il mondo con i buoni libri? Sembra proprio così leggendo questo bellissimo libro di Ernesto Ferrero, scrittore, critico letterario, collaboratore di case editrici importanti, ed attualmente direttore della Fiera Internazionale del libro. Nato nel 1938,  Ferrero entra come responsabile dell’Ufficio Stampa nella Casa editrice Einaudi  nel 1963 e presto ne diventa il  direttore editoriale.

Sono gli anni d’oro della editoria italiana e la casa editrice Einaudi, guidata dal vulcanico e carismatico Giulio Einaudi, figlio di Luigi il fondatore, è il luogo privilegiato dove si respirano passioni intellettuali e civili importanti e dove si incontrano scrittori che sono entrati nella nostra storia.

Per Ernesto Ferrero è un’educazione sentimentale-editoriale e di amore-odio verso “L’Editore”,  snob, sarcastico, viziato, ma  geniale che ha fatto della sua Casa editrice in via Biancamano a Torino, una famiglia sulla quale , come un despota, governa. Questo libro è in fondo dedicato a lui, un altro divo Giulio; in copertina c’è lui nella sua sfrontata sicurezza e senso di onnipotenza.  Ma gli anni passati con lui sono entusiasmanti e tutti si lasciano trascinare dalla sua  filosofia; l’Editore commenta che il suo lavoro, proprio perchè fatto in libertà, è un lavoro che dà felicità  “con i libri ogni singola giornata diventa un momento di divertimento, allegria , appagamento”.

Nel 1989, non riuscendo più “sopportare” l’Editore,  Ferrero se ne va dalla Einaudi, ma essa rimane il centro della  sua prima indimenticabile “famiglia.” Questo libro si potrebbe intitolare anche “ritratto di famiglia con Editore “. Vi si ritrovano tutti gli scrittori legati alla Einaudi;  si parla ancora di Pavese sebbene morto da 10 anni,  qualcuno ancora lo ricorda quando “ faceva le notti in casa editrice, sulle bozze”. Altri dicono che prima di ritirarsi nell’albergo del suo suicidio  “egli avesse tracciato sui muri bianchi del corridoio scritte feroci” contro l’Editore. Pavese insieme a Natalia Ginsburg, per una volta alleati, gli avevano scritto,  qualche tempo prima , che se ne sarebbero andati, forse in America.  L’ Editore aveva restituito loro le lettere con scritto a matita :”Ci vengo anch’io.

Esiste una storia della felicità di Pavese, d’una felicità  nel cuore della tristezza, d’una felicità che nasce con la stessa spinta dell’approfondirsi del dolore, finchè il divario è tanto forte che il faticoso equilibrio si spezza.” scrive  Calvino ricordando il collega.

Nella “famiglia” di via Biancamano si aggira Natalia Ginzburg; ecco come la descrive l’autore: ” Solida e minuta al tempo stesso, tacchi bassi, vestiti grigi come la zazzera corta e folta e dura, gli occhi bui che sondano l’ambiente circostante a piccoli colpi febbrili…la voce bassa, velata dalle troppe sigarette…” .

 Incontriamo anche Leone Ginzburg, Calvino, Gadda, Primo Levi, Bobbio e Pasolini…  Un libro, questo, per sviscerati amanti dei libri, e per quelli che sono sulla buona strada…

So che questo blog sta facendo aumentare i lettori. Evviva!

I libri danno felicità. A me senz’altro. A voi?

1 Comment »

LA LUNA E I FALO', e il paesaggio delle Langhe

pubblicato da: admin - 29 Marzo, 2010 @ 6:59 pm

novlunafalo[1]scansione0013Desiderio di viaggiare, di uscire all’aperto in queste prime giornate di Primavera. Desiderio di campagna. Vorrei rivedere le Langhe piemontesi. Una Pasqua di alcuni anni fa feci un viaggio con mio marito alla ricerca dei luoghi  di Cesare Pavese, reduce com’ero da un’intensa lettura di  “La luna e i falò“. Nella mia vita ho sempre ricercato i luoghi dei libri e degli scrittori. In primis l’Inghilterra, Londra stessa con il quartiere di Bloomsbury di Virginia Woolf,  le strade vecchie di Charles Dickens, Irlanda:  Dublino e Oscar Wilde, Sligo e Yeats; in Germania cercavo la casa di Musil, di Lou Salomè. Anche in Italia ho sempre “trascinato” mio marito, che condivideva  con piacere, nei luoghi a me cari.  Recanati con  la siepe, la piazzetta  e la torre antica, Barga e Castelvecchio con la casa di Pascoli, e così via. E non ho ancora finito (spero) . Vorrei vedere la casa delle Brontè, e quella di Emily Dickinson mel Massachuset.

Anche voi avete seguito percorsi letterari? Quali?

Quando mi trovai a Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, e vidi quello che aveva visto Cesare Pavese, quasi mi sentii mancare, l’emozione fu fortissima. Volli andare anche a Canelli, meno male che mio marito mi aiutava sempre a “riprendermi” da queste pseudo sindromi di Stendhal con lauti pranzetti in ristoranti deliziosi.

La luna e i falò” racconta di un ritorno alla terra d’origine. Il protagonista, Anguilla,  vi arriva dall’America dove ha fatto fortuna, ma vuole ritrovare i luoghi mitici dell’infanzia quando, seppur poverissimo, aveva assaporato la vita interamente. Risente “… l’odore, l’odore della casa, della riva, di mele marce, d’erba secca e di rosmarino.” Ritornano  sempre gli stessi sentimenti nostalgici  di ognuno di noi. Il ricordo, il ritorno, il mito di un’età dell’oro.

Anguilla ora però si sente sdoppiato. Non è più lo scalzo ragazzino di allora, l’ex bracciante che lavorava sotto padrone, ora ha fatto fortuna, è un cittadino. Ma proprio in questo dualismo campagna-città, passato e presente, il protagonista si perde.  Si sente sdoppiato e non interamente se stesso.  “Era strano come tutto fosse cambiato eppure uguale…”.

Vorrebbe vedere ancorra il mondo come lo sta vedendo il piccolo Cinto che lo accompagna tra i filari delle vigne e risponde alle sue domande sulle persone che ora non ci sono più. Anche Cinto come Anguilla bambino ha l’abitudine di chiudere gli occhi per vedere solo le cose che vuole…

La luna e i falò” si inserisce nel filone del neo-realismo.  Il linguaggio di Pavese è essenziale, si avvicina al parlato nelle sue frasi brevi e chiare. E’ il suo ultimo romanzo nel quale, secondo molti critici, emerge il primo sintomo del suo disadattamento, della sua incapacità di vivere, che lo porterà più tardi al suicidio, in un albergo di  Torino nell’agosto 1950. La sua ultima frase nel Diario “Il Mestiere di vivere” enuncia: “Non parole. Un gesto. Non scriverò più”. L’arte non è bastata a Pavese per  difendersi dalla violenza della vita.

Comments Closed

DIARIO, di Anna Frank

pubblicato da: admin - 28 Marzo, 2010 @ 6:16 pm

2779567[1]200px-Anne_Frank_stamp[1]Questo blog ha senso per me, e mi risulta più facile e spontaneo scrivervi,  se seguo le “intermittenze” del cuore. E con questo intendo ciò che l’esterno da me o il mio sgomitolamento interiore porta immediatamente ai  miei  pensieri.

Ieri sera in Tv ho visto  “Ulisse”, la trasmissione di Alberto Angela, in cui si parlava di diaristica. Naturalmente l’ho seguita con interesse soprattutto la parte riguardante Anna Frank. Ho rivisto con emozione e partecipazione spezzoni del bellissimo film e mi sono ancora commosssa  per la sua storia. Tutti abbiamo letto e riletto il suo diario. E si continua a proporlo alle nuove generazioni perchè la sua vicenda drammatica ed intensa va di pari passo con la sua sensibile analisi dei  turbamenti dell’adolescenza. Sappiamo che Anna nasce a Frankfurt am Mein  in una agiata famiglia di ebrei tedeschi. Dopo le leggi razziali del 1933 i Frank emigrano ad Amsterdam, ma con l’invasione dell’Olanda da parte di Hitler, sono costretti a nascondersi. Si rifugiano nella soffitta dell’edificio dove il padre di Anna lavorava. Riescono a viverci, insieme ad altre persone, dal 6 lugli0 1942 al 4 agosto 1944 , quando la polizia tedesca fa irruzione nell’alloggio segreto. Tutti i rifugiati sono condotti nei campi di concentramento dove moriranno. L’unico sopravvissuto è  il signor Frank il quale, terminata la guerra, ritrova il diario della figlia e lo fa pubblicare.

Per Anna scrivere di sè, delle sue giornate è un aiuto fondamentale, una via di fuga, non solo per riuscire a trovare anche in una vita di clausura motivi di interesse, riflessioni e critiche, ma per crescere con consapevolezza, e volontà di diventare una persona giusta. Attraverso le sue pagine possiamo ripercorrere non solo la storia di una  reclusione obbligata, ma  il percorso, anche se troppo breve,  di una crescita personale. Anna riceve il diario per i suoi 13 anni e lo concluderà appena quindicenne.

Per me fu così significativa la lettura di questo diario  che nel settembre del 1959  cominciai subito a scriverne uno tutto mio. Avevo 15 anni. Anna Frank era morta  nel mio stesso anno di nascita. Un abisso storico e sociale, fortunatamente, ci separava pur in un lasso di  tempo così breve. Ma dentro di me  c’erano le stesse sue emozioni e domande sulla vita in generale.  Come lei anch’io prometto nella prima pagina di essere sincera, e come lei mi sento sola. Proprio nelle ultime sue pagine Anna riflette e concorda  su una frase letta da qualche parte  “La gioventù, in fondo è più solitaria della vecchiaia.”  Concordo pienamente, mi sono sentita più sola da adolescente che adesso. Proprio la necessità di vincere la solitudine spinge molti di noi a scrivere un diario. Ieri sera ho riletto alcune pagine del mio primo quaderno ( ne avrò circa 20, 21..) ma ad un certo punto mi sono accorta che non ne avevo voglia, mi sembrava di leggere di qualcuno in cui non mi riconosco più. Preferisco rileggere i miei appunti più recenti perchè mi aiutano a ricordare gli avvenimenti recenti e a farmi comprendere la strada che sto percorrendo in questi anni. I quaderni del 1959 parlano di una ragazzina triste, un po’ sola, con tanti desideri che sembrano irrealizzabili. Inoltre mi accorgo che non ero sincera come promettevo all’inizio, scrivevo non di com’ero, ma di come sarei voluta essere.

E’ meglio che mia figlia li  raccolga  tutti in uno scatolone e li mandi direttamente  a Pieve Santo Stefano, provincia di Arezzo, alla Casa del Diario, dove vengono raccolti tutti i diari, anche quelli delle persone comuni. Chissà fra 100 anni qualcuno troverà interessante leggere che una quindicenne il 27 marzo 1960  scriveva: “Sono andata a fare un giro in bicicletta, sola, per mezz’ora. Mi sono messa la gonna a pieghe, le scarpe basse…pedalavo lentamente…”

Nascondo il quaderno nell’armadio bianco e mi ripropongo di immergermi nel presente e nel futuro immediato.

Chi scrive il diario sa che esite una Casa che li raccoglie con amore…

9 Comments »

SHAKESPEARE, per la giornata mondiale del teatro

pubblicato da: admin - 27 Marzo, 2010 @ 8:33 pm

scansione0015Oggi,  27 marzo, per la prima volta in Italia si celebra la giornata mondiale del teatro. Finalmente!  Il teatro che fin dall’antichità ha messo in scena  la nostra condizione umana e ci ha sollecitato a raggiungere una certa coscienza critica, è senz’altro un’espressione artistica immediata, di alto valore sociale. Drammi e commedie. La mia amica Maria Teresa, socia dell’Accademia delle Muse, potrebbe parlarci con competenza della storia del teatro, io accenno “soltanto” a  William Shakespeare che si potrebbe considerare il padre del teatro “moderno” in quanto  precursore nell’introspezione della nostra anima. Maria Teresa scrive che è  d’accordo “…per la straordinaria capacità di scolpire e scavare caratteri e casi umani con grande forza e nello stesso tempo costruire vicende anche complesse, intrecci talora moltepici, vivaci, brillanti…”. Di Shakespeare si ama proprio la sua arte umanissima, ricca, vivida piena di sfumature che va dalla delicatezza poetica alla godereccia sensualità della vita.

Nell’introduzione a questo volume della U.T.E.T.  si legge che Shakespeareper vastità di visione e profondità di risonanza umana” viene paragonato al nostro Dante. La sua opera è grandiosa: 154 sonetti, 38 testi teatrali suddivisi in tragedie, commedie e drammi storici. La forza e la modernità di quest’inglese, soprannominato “il Bardo di Stratford”, sta in una naturale capacità di immedesimarsi in ogni carattere ed immaginare tutto ciò che gli altri sono e che, potenzialmente,  potrebbero diventare.  Riesce con profonda empatia  ad insinuarsi nei pensieri e nei sentimenti dei suoi personaggi. Ecco perchè Re Lear, Otello, Lady Macbeth, Ofelia, Romeo,  Giuletta , Shylock, Amleto, Falstaff , Miranda, le comari di Windsor…sono diventati parte del nostro immaginario. Li sentiamo amici, li conosciamo, perchè sono, per taluni aspetti, come noi.

Egli riesce a spaziare  con facilità e naturalezza dalla freschezza o  schietta comicità delle commedie al dramma esistenziale filosofico delle tragedie. Per scrivere del suo teatro occorrerebbero giorni e giorni di lettura e studio. Questo volume racchiude tre lavori esemplari: una commedia, un dramma e l’ultimo suo lavoro prima della morte avvenuta nel 1612.

“Sogno di una notte di mezza estate ( “The midsummer Night’s Dream”) vista e gustata  a teatro da tutti noi , io credo: le nozze di Teseo e Ippolita, le scaramucce fra  Oberon e Titania nel bosco incantato frequentato da fate e geni, come l’indimenticabile Puck. E’ la sua commedia più caratteristica che racchiude lati comici, grotteschi, satirici e momenti di alta poesia  che si snodano tra prodigi e sogni. Nella fiaba già si preannuncia una trattazione filosofica che si coglierà infine  nella “Tempesta”. Qui si troveranno pacatezza e serenità, quasi un superiore distacco dalle tormentate inquietudini terrene. Io l’ho vista all’Auditorium l’anno scorso e l’ho apprezzata proprio nel conclusivo e sereno messaggio :”Oh, meraviglia! Com’è stupenda l’umanità! Oh, mondo nuovo e bello che contiene una tal gente”. Si racconta di Prospero, un saggio mago che riesce comandare a se stesso e a tutti gli elementi; si avvale dei suoi poteri sovrannaturali soltanto per far trionfare la giustizia e debellare le forze del male. E’ consolante pensare che Shakespeare, identificatosi con Prospero, avesse raggiunto nella maturità un calmo equilibrio .

Ma c’è anche lo Shakespeare delle tragedie, in primis per me quella eccezionale di “King Lear” che Verdi avrebbe tanto voluto musicare. In questo volume è racchiuso l’Amleto, una delle esperienze centrali della sua opera perchè imperniata sui rapporti dell’uomo con se stesso, con la vita ultraterrena, con la società terrena, con i genitori e amori, con gli amici , con la cultura, con la vita politica ed economica del suo tempo . Ecco la modernità e l’attualità:  qui ci sono i temi fondamentali dell’essere umano, i nostri tormenti  e soprattutto i nostri dubbi.

Da ricordare infine lo Shakespeare attore e azionista del Globe Theatre, una struttura in legno di forma esagonale, aperto in centro,  che poteva contenere 3000 persone, molte anche in piedi. Frequentatissimo.  Poi distrutto è stato ricostruito fedelmente, pochi anni fa, nello stesso luogo in riva al Tamigi.

Andare a teatro allora come oggi è emozionante, un dono che dovremmo farci più spesso.

12 Comments »

IN VIAGGIO SU UNA GAMBA SOLA, ovvero lo spaesamento

pubblicato da: admin - 26 Marzo, 2010 @ 7:50 pm

scansione0027Che differenza tra la scrittura pacata e rilassante di Jane Austen e quella di Herta Muller, premio Nobel per la Letteratura! Nelle pagine di “In viaggio su una gamba sola” le frasi giungono brevi e forti come martellate pneumatiche. E gli stessi pensieri rarefatti,  sono a volte incompleti, anch’essi spezzettati. Sensasione ansiogena mentre la si legge, ma simbologie,  similitudini e metafore poetiche: ” E i sogni, lunghi come le notti e le stagioni. Sogni al di fuori della testa, nei quali topi e conigli, talpe e uccelli usavano gli stessi passaggi”.

La motivazione del suo premo Nobel recita: “Con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati”. E in questa storia, in parte autobiografica, la protagonista Irene è una rifugiata politica nella Germania dell’Ovest del 1987. Fuggita dalla Romania di Ceausescu perchè ha rifiutato di collaborare con la Securitate, la polizia segreta del regime, Irene cerca di ritrovare una nuova dimensione, ma riesce a farlo “su una gamba sola.” Vive un’estate slegata a metà tra la nostalgia dell’altro paese e la ricerca dell’adattamento al nuovo.

“Irene ebbe anche un altro sospetto. Quello di mantenere in testa una nostalgia piccola e dispersa, per non doverla ammettere. Di tradire la nostalgia nel momento in cui saliva. E per soffocarla di costruire edifici di pensieri sopra i sentimenti.” Franz, il suo giovane amante, la accusa “ Volevi di più? Volevi la nostalgia perchè tu eri piena della tua. Adesso sei qui, e io sono qui, in questa stanza. E la tua nostalgia è la stessa, come se tu ed io non fossimo qui.! Hai la nostalgia dei bambini …che non sanno quello che vogliono.”

Racconto di alienazione, spaesamento in cui le sensazioni fisiche scivolano o penetrano sulla pelle. Giornate in stazioni  squallide, immersi nel freddo interiore, vento che si insinua su alberi con “più legno che foglie“.

Sensazione di sdoppiamento: “Talvolta Irene aveva il sospetto di essere entrambe le cose: spiegazzata e stirata alla perfezione. “

Scarni dialoghi con domande senza punto interrogativo. Pensieri come pugnali, quasi avulsi dal sè ” chiari…ordinati…Irene li tirò fuori, per portarli davanti alla fronte. Poi li spinse indietro, nella parte anteriore della testa. Come fossero schedari. “

Qualche spiraglio di consolazione nelle violaciocche e speronelle profumate nella città che comincia a piacerle. “Irene si accorse per la prima volta che quella strada le piaceva e anche quella giornata. E la giornata di domani.”

Herta Muller è riuscita a tenermi avvinta con queste parole così dense di significati reconditi, mi ha ricordato che tante porte pericolose  che sembrano chiuse possono aprirsi e farci entrare in parti dolenti dell’esistenza umana. La vita è così: luci e ombre, gioie e dolori. Raccontare e condividere non può altro che far bene all’anima.

6 Comments »

EMMA, e la conquista del buon senso

pubblicato da: admin - 25 Marzo, 2010 @ 9:45 pm

fotocamera 002scansione0026Il filo conduttore di questo blog è l’intrecciarsi dei miei pensieri giornalieri con la letteratura. Ogni libro di cui parlo è legato intimamente al mio sentire quotidiano. Perchè oggi Jane Austen? Perchè avevo bisogno di una “boccata” di equilibrio, saggezza, buon senso ed ottimismo. Ieri sera ho cominciato a leggere per curiosità lo scritto di Norah Vincent “Nei panni di un uomo” preso in biblioteca, pensando mi sarebbe  interessato conoscere che  cosa aveva scoperto la scrittrice travestendosi da uomo e frequentando per 18 mesi luoghi prettamente maschili. Ma dopo “essere stata con lei” al bowling, in locali di lapdance…mi sono stancata. E l’interesse di scoprire i segreti maschili è scemato. Sappiamo che uomini e donne sono diversi, meno male, ma ogni individuo è diverso e lo si può conoscere solo dialogando a tu per tu. Che cosa c’è di più intrigante che scoprire lentamente come sono fatti gli altri?

Per farla breve, più tardi riporterò il libro in biblioteca e continuerò invece a sfogliare “Emma” l’ultimo romanzo scritto di Jane Austen, che io lessi a 21 anni. Allora avevo la vista buona, ora faccio fatica a ripercorrere i caratteri piccolissimi di questa edizione  “Garzanti per tutti.” (Prezzo: Lire 350).

Pubblicato nel 1816 è un’opera in un certo senso perfetta nella quale al fresco entusiasmo di “Pride and Prejudice” (- ah,   proposito, proprio l’altra sera ne ho rivisto per l’ennesima volta la versione cinematografica …l’ultima scena da brividi di emozione…il signor Darcy  che nell’ alba velata di nebbia avanza a grandi passi con il mantello svolazzante verso la deliziosa Elizabeth. ..-) Jane prosegue in una acutezza della maturità a scandagliare gli animi umani.  Questo per sottolineare che anche attraverso una scrittrice vissuta  200 anni fa si possono capire uomini e donne nella loro peculiare differenza.

Emma è un ritratto femminile realistico proprio per le  sue virtù e i suoi difetti.  Ha il vizio di volere plasmare il destino degli altri, pensando di capire i loro desideri, ma è anche una persona generosa, riflessiva, portata al dialogo costruttivo. C’è molto di Jane in Emma, non solo  accomunate dalla vita tranquilla ed agiata, ma soprattutto dello stesso occhio indagatore sulla realtà umana e sociale. Entrambe vivono nella campagna inglese e frequentano la nobiltà terriera.

Il salotto per Jane Austen diventa la palestra delle sue osservazioni; inizia a scrivere su un angolo del tavolo descrivendo con bonaria ironia, senza moralismo, il comportamento e le vicissitudini delle persone a lei vicino. Al centro dei suoi romanzi c’è il buon senso come direttiva del vivere umano ed anche il suo linguaggio è sempre filtrato dalla ragione.

 Emma, eroina moderna che pensa di poter far a meno del matrimonio, lentamente cresce e si rende conto che può accettare anche la vita a due,  e dopo aver smussato il suo  carattere troppo prudente si abbandona a un più “romantico” arricchimento di spunti e modi d’essere sposando il saggio Mr. Knithley.

In questi giorni ho bisogno di serenità, equilibrio e dello sguardo realisticamente fiducioso di Jane Austen. Libro amico, dunque, che conforta.

Lettura che gratifica. Oggi ho ricevuto il commento dalla stessa  Alessandra Cenni, autrice di “Cercando Emily Dickinson“. Ne sono onorata e felice. Cercatelo nel commento del post del 10 marzo.

7 Comments »

IL GIARDINO SEGRETO,e il desiderio di rinascere

pubblicato da: admin - 24 Marzo, 2010 @ 6:23 pm

Una giornata così bella e piena di luce non appaga  completamente il mio desiderio di primavera. Non basta la serena passeggiata lungo il Fersina con una cara amica, non è sufficiente il mio comodo divano immerso nella luce del primo pomeriggio. Sento prepotente il desiderio di fiori, farfalle, cinguettii e profumi nuovi da catturare a tu per tu con la Natura. Ho voglia di un giardino, sia dentro che fuori. Ripenso allora al giardino segreto dell’omonimo romanzo di Frances Hodgson Burnett che ha incantato tanti adolescenti e adulti che si sentono ancora fanciulli. La storia è avvincente e romantica, persino un po’ gotica, dato che si svolge nell’immancabile maniero misterioso che si erge solitario nella brughiera inglese.

La protagonista principale è Mary Lennox, costretta a tornare in Inghilterra dall’India perchè rimasta improvvisamente orfana. Lo zio, Lord Archibald, la ospita nel suo castello , ma non si fa vedere molto, incupito com’è dal dolore insormontabile per la morte della sua giovane moglie Lilias.

Mary ha un caratteraccio, è testarda, indipendente, disubbidiente e ben presto si accorge che nel castello vive  segregato e protetto all’inverosimile il figlio di Lord Archibald, Colin, colpito  da una debilitante ed incomprensibile malattia. Sarà Mary con la sua irruente vivacità e trasgressione a far capire a Colin che egli non è ammalato veramente, ma che teme solo di esserlo, condizionato dall’ansia protettiva del padre.

Questo romanzo pubblicato nel 1909 non ebbe il successo meritato, come invece aveva avuto il precedente  romanzo della  Hodgson Burnett, “Il piccolo Lord,” perchè troppo audace nel messaggio pedagogico : i bambini vanno educati sotto stretta tutela degli adulti, e non possono agire in modo così libero, autonomo e trasgressivo. Dopo gli anni ’70 invece conobbe il successo che tuttora perdura. Ne sono stati tratti anche alcuni film, l’ultimo dei quali è veramente stupendo.

E’ il giardino il co-protagonista della storia: il giardino che Lilias aveva curato tutto per sè, ma che alla sua morte, viene chiuso a chiave dal marito disperato. La chiave sotterrata.

Mary, curiosa, vitale, scopre il giardino, ne ricerca la chiave e la trova grazie a un pettirosso. Ed allora la ragazzina che deve crescere nonostante la perdita dei genitori, rinnovare la sua vita in un altro contesto rinasce insieme al giardino che curato, grazie alla sua attenzione e al suo amore, in primavera risplenderà di fiori e alberi bellissimi.  Rose, gigli, lilium, anemoni e cespugli, e farfalle, api  e uccellini, il tripudio della bellezza e della vita.

Che voglia di giardino! E pensare che lontano nello spazio e nel tempo ne avrei uno, delizioso e montaliano. Per ora mi soffermo nel giardinetto intimo dei ricordi e dell’immaginazione.

Qual è il vostro giardino desiderato? Dove sostare a riposare,  meditare o leggere?

7 Comments »