LIBRINCONTRI al Cafè de la Paix
pubblicato da: Mirna - 24 Febbraio, 2015 @ 5:34 pm
Incontri che diventano via via sempre più ampi e vivaci. Oggi c’era  la presentazione da parte di Santo Cerfeda del suo libro “Storia di Iomeneo e Altre Metamorfosi“. E’ sempre interessante ascoltare l’autore mentre ci spiega la genesi dei suoi scritti.  Qualcosa sollecita evidentemente pensieri o ricordi reconditi e basta una scintilla, una frase su cui riflettere per innescare sia la fantasia sopita sia tutto il nostro “bagaglio culturale” quasi in muta attesa  di  poter essere espressi anche in parole scritte.
Si sa che in un gruppo lettura c’è desiderio di apprendere, raccontare, condividere. Trovo che  incontrarsi e parlare dei nostri libri preferiti ed eventualmente dei nostri scritti sia un  piacevolissimo  modo di incontrarsi. Le parole, gli sguardi e i sorrisi si intersecano dall’uno all’altra, le voci talvolta si sovrappongono: mio è il compito  – come “fondatrice” del gruppo –  di coordinare gli interventi!
Mi sento di nuovo a scuola, ma è così diverso e divertente aiutare tutti a  sentirsi proprio agio!  Ho “interrogato” Enrico  il giovane nipote di Maria Teresa e Riccardo che simpaticamente si è alzato in piedi per raccontarci i romanzi di Mauro Corona  quali “Storia di neve” aggiungendo  la sua positiva  impressione dell’autore: un personaggio originale e alla mano, ma efficace, chiaro, immaginifico.  Anche Giovanni si infervora parlando di “Nel legno e nella pietra” e non dimentichiamo certamente “Vajont, quelli del dopo”.  Devo leggere anch’io i libri di questo scrittore, scultore e  scalatore che vive in Trentino.
Devo assolutamente leggere  il libro che Maria Grazia ci presenta  La lingua salvata di Elias Canetti:  “storia di una giovinezza”. L’autore risale
ai suoi ricordi più remoti, cercando di ritrovare nella propria vita quella difficile verità che solo il racconto può dare.
Con questa asserzione  è  certamente d’accordo  anche Nadia Ioriatti –  a proposito sono così felice che faccia parte del nostro  gruppo-lettura – perchè proprio i  suoi bellissimi racconti di “Io tinta di aria” rivelano la verità di un’esistenza.
E’ tornata  Raffaella con consigli sempre “freschi” . Da leggere con calma vista la mole e la lunghezza del libro  Il Cardellino di Donna Tartt e “Luomo che cade” di De Lillo.
Annamaria ci suggerisce “Dante”  del critico letterario Marco Santagata (mi piacciono le biografie dei grandi !)  mentre Alfonso Masi in vista del suo prossimo recital su “Come è morto Giuda” si addentra in questa tematica antica. C’è un libro di Amos Oz, suggerisce Emma,  che racconta proprio “Giuda”.
Un gruppo-lettura così frizzante ha bisogno di bere qualcosa –  siamo in un delizioso Caffè culturale…Riccardo (che poi ci parlerà degli Argonauti di Apollonio Rodio consigliandoci scherzosamente, o forse no?  un viaggio turistico sulle loro orme) prende le ordinazioni, quasi un gentile  Maggiordomo sotto lo sguardo di Alda Merini che bonaria ci guarda dalle scale…
I consigli di lettura giungono a raffica e tutti interessanti. Da non perdere “Il pappagallo di Flaubert“,  da leggere  i libri del premio nobel Modiano ci suggerisce Ferruccio.
Insomma l’atmofera è cordiale, intensa, frizzante. Carla Corradi che si unisce a noi per la prima volta ci parla delle sue letture
sull’evoluzionismo che trova negli allegati della rivista “Scienze“. Sta anche scrivendo qualcosa che dovrebbe coinvolgere tutti noi ed infatti ci lascia facendoci la domanda – alla quale saremmo tenuti a rispondere . “Che cosa vale la pena? ”
D’acchito e reduce dal mio desiderio di Orti botanici rispondo : fiori, aprire una finestra sul verde, primavera. E poi ora vi aggiungo … il ritrovarsi fra amici dalle  comuni consonanze e desideri. Possibilmente in luogo accogliente come il Cafè de la Paix.
Comments Closed
STORIA DI IOMENEO e Altre Metamorfosi di Santo Cerfeda
pubblicato da: Mirna - 22 Febbraio, 2015 @ 7:40 am
Come ci dice espressamente l’autore  i racconti del  libro nascono dalla sua fantasia mescolata a ricordi letterari e  pensieri notturni. La fantasia che nell’adolescenza era stata meta di sogni, avventure, magie  ora, finalmente libero da impegni pressanti di lavoro, ritorna ad essere un  regno inesplorato e denso di promesse.
Dall’amico Santo, imponente, riservato, psichiatra in pensione non mi sarei aspettata questa ventata di gradevole
freschezza, una sorta di “romantico” idealista. Ho letto con interesse  i suoi racconti che vogliono farci evadere dalla realtà ,  stupire e divertire. Certamente l’autore ha riaperto una porta chiusa da tempo  ed immagino il suo piacere nel rientarvi:  all’improvviso ecco che emergono personaggi mitologici, bellissime ragazze bionde dagli occhi azzurri, licantropi, uomini-ombrelli, il tutto sorretto dal Tempo che altro non è che mutamento e trasformazione.
E metamorfosi… come nello scorrevole e originale  “Ombrelli” dall’eco kafkiana, che mi è piaciuto particolarmente per quella sensazione che regala: tutto può essere e non essere. Tutto è reale o surreale?
Il pensiero di Santo Cerfeda si evince anche ne L’ultimo licantropo, una  fiaba, un noir dove  necessario è  il  desiderio di rimettere le cose a posto, di fare giustizia per ritrovare l’armonia e l’ordine.
Nel finale  Suoi figli diletti Santo Cerfeda ci racconta la nascita dell’umanità  secondo lui, ci spiega il progetto dell’Entità cosmica che avrebbe  dovuto condurre  gli uomini dalla primordiale ferinità al divenire parte dell’universo, conquistando lo spazio per condividerlo con gli altri esseri della Comunità Universale. Infine  ci saremmo persino liberati dall’illusione della morte. Ma può l’uomo con il suo egoismo e i suoi difetti  perseguire  e proseguire il percorso indicato di questa Entità ‘?
“Ora forse sta da qualche parte nello spazio, invisibile agli esseri umani, ci sta osservando con l’equivalente di un grande telescopio, sorridendo sotto  la sua barba bianca”
Santo ci spiega che “Benchè in questi racconti abbia messo parte delle mie convinzioni, essi non hanno alcuna pretesa di trasmettere messaggi o insegnamenti particolari: anche se possono costituire motivo di riflessione, queste storie le ho scritte principalmente per dare
a me e ai miei eventuali lettori una occasione di divertimento e di fuga dalla realtà .”
Ed anche una sorta di curiosità , di meraviglia . Per dirla come  G.B.Marino  “ è del poeta il fin la meraviglia”.
Dietro la sua barba e nello sguardo buono e gentile troviamo in Santo il “fanciullo” che tutti dovremmo conservare?
Lo chiederemo direttamente a lui, lunedì 23 febbraio , alle ore 17.00, al Cafè de la Paix.
Â
ESTATE ARTICA di Damon Galgut ed.e/o
pubblicato da: Mirna - 19 Febbraio, 2015 @ 3:36 pmUna bellissima biografia romanzata di E.Morgan Forster l’autore di Camera con vista, Casa Howard, Maurice e  Passaggio in India.![10409646_1569461056619372_937691129553449096_n[1]](http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/wp-content/uploads/2015/02/10409646_1569461056619372_937691129553449096_n1-150x150.jpg)
E’  la storia della genesi del suo più interessante romanzo che nasce e prende corpo in India. Ma è anche la storia di  un infelice  trentenne affamato d’amore in un’Inghilterra inizio 900 dove l’omosessualità  è  uno scandalo indicibile.  La conoscenza con il giovane indiano Masud, studente di giurisprudenza a Cambridge lo spingerà a far chiarezza nei suoi desideri sessuali  e a spingerlo più tardi  ad intraprendere un viaggio in India , viaggio che diventerà  per lui il senso della sua vita.  Perchè l’India  non è solo un paese esotico , un paese pieno di contraddizioni (l’estrema povertà , la ricchezza dei nobili), un paese colonizzato dai bianchi , ma per Morgan Forster è una nuova percezione di sè, della vita, del cosmo. L’India lo sconvolge violentemente facendo chiarezza dentro di lui.
Già dal viaggio in piroscafo lo scrittore sembra penetrare in una “lontana alterità ” quasi cominciasse a spostare il mondo dal suo asse.  Oltre che avvicinarsi a Masud cerca di ritrovare la vena creativa, da sempre i personaggi dei suoi romanzi hanno bisogno di sciogliersi  sotto un sole caldo. Spera di ritrovare il bandolo della sua scrittura.  Ma tutto è così velocemente accecante e nulla rimane fermo e costante. Troppo da conoscere, da scoprire, da vedere.
Quando finalmente incontra Masud è deluso, il suo amore non è corrisposto nel modo desiderato, inoltre viene lasciato spesso solo a visitare i luoghi più interessanti. Visita così moschee, grotte e tempio.
Come scriverà in seguito è in questi luoghi che comincia ad affiorare un senso accettabile, concreto di una percezione personale e di una storia.
Il romanzo è ampio e affronta vari temi soprattutto quello del colonialismo britannico e della conseguente rivalsa tra colonizzatori e dominati. Ci parla dei Tribunali indiani e del loro metro di giustizia e la storia di Passaggio in India si svolgerà per una parte in uno di essi.
Ci racconterà anche della  prima esperienza sessuale  di Morgan, a 37 anni,  con il giovane egiziano Mohamed. Ma soprattutto noi lettori entriamo  nel mondo tipicamente indiano, sotto un cielo intenso dove ci si può  sentire incerti e inadeguati perchè le cose non sembrano mai compiute e definite, ma si espandono verso l’esterno, forse all’infinito.
E qui sta la bravura di Damon Galgut che ci accompagna insieme con Morgan Forster in un viaggio dell’anima e dei sensi. verso quasi una perdita di sè dove nessuna risposta sembra bastare.
Punto clou è l’entrata nelle Grotte piene di eco. Forster lo fa in una caldissima giornata, entra da solo e l’esperienza provata lo scuote all’inverosimile. Prova una sorta di obnubilamento, sospensione, spaesamento…lo assalgono timori antichi, sente qualcosa di oscuro alle sue spalle che altri non sono che i propri desideri primordiali, la spinta all’abbandono alla natura, alla sensualità , al mistero.
Perchè l’India è mistero, intorno aleggia sempre una sorta di magia, un animismo mistico che la luce e i profumi enfatizzano e che  scuote l’essere umano tanto da farlo sentire  come un  minuscolo punto cieco al centro della percezione.
E finalmente arriverà l’ispirazione per il suo romanzo più famoso: il suo libro avrebbe espresso un frammento di quell’unione attraverso la propria struttura. La moschea, le grotte e il tempio. Tre tipi di spiritualità ; tre sezioni del suo romanzo.
Quando il viaggio è la metafora della vita.
Damon Galgut, nato a Pretoria nel 1963 è uno dei maggiori scrittori della generazione sudafricana post-apertheid.
SIGNORINE GRANDI FIRME di Maria Teresa e Mirna
pubblicato da: Mirna - 15 Febbraio, 2015 @ 8:40 am
“Le Grandi Firme è una rivista fondata nel 1924 da Pitigrilli (pseudonimo dell’ebreo Dino Segre), che pubblica romanzi umoristici e novelle erotiche e piccanti. Nonostante o forse proprio per merito dell’alone scandalistico che il genere piccante le procura, grazie alla capacità promozionale di Pitigrilli e all’accorta selezione degli autori, Le Grandi Firme diventa poi «la rivista alla moda della buona borghesia italiana».Via via il tono si fa sempre più leggero e ammiccante, anche grazie alle procaci ragazze in abiti succinti e attillati che animano le copertine disegnate da Gino Boccasile.La Signorina Grandi Firme ha uno stile, è “un fenomeno di costume, una creatura ingenua, romantica, maldestra, sognatrice, pasticciona, in grembiule nero e colletto bianco, in abito da sera o in costume da bagnoâ€.
Possono cambiare il vestito, l’acconciatura, la situazione, ma alcune caratteristiche rimangono costanti e immutate nel tempo: il petto generoso,
il vitino da vespa, la folta chioma bruna, le calze con la riga nera e le gambe lunghissime.”
(Ricerca di Maria Teresa- Ellen)
Potevamo Maria Teresa ed io, le famose Twin Sisters (ex-Kessler) del Cabaret carnevalesco che si esibisce ogni anno  nel salotto di Cristina, non interpretarle? Non sia mai.
Decidiamo  all’ultimo momento : pochissime prove, colonna sonora delle sorelle Marinetti ed eccoci trasformate  nelle
“ragazze” moderne, audaci e procaci.
Le risate sia durante la preparazione,  la “vestizione” con calze nere dalla riga per le nostre lunghissime gambe...e  sia durante l’esibizione accompagnata dalle  fugaci visioni di giarrettiere rosse e labbra protese al bacio,  sono state tante!
La serata delle Penelopi di Carnevale è sempre magica e allusiva: i tantissimi costumi che Cristina conserva e crea ogni anno ci aspettano nelle sue stanze al piano superiore. Ci trasformiamo con leggerezza e consapevolezza; ciò che ci riveste per un po’ è un’altra faccia della nostra personalità . Persino le Penelopi più vetuste non demordono e si agghindano con cappellini e mantelli cinesi, egiziani, da fatina o semplicemente da qualcosa altro da sè.
Tutto ciò ce lo regala la nostra ospite Cristina che da cinese si è via via trasformata in spagnola, suora , brasiliana…Musica, dolci e dolcetti
, allegria . Momenti in cui ci si toglie il mantello del tran tran quotidiano per rivestire un’altra pelle. Sia essa Primavera, Araba, Tunisina, Jocker…siamo tutte dentro ciò che vogliamo essere in quel momento, avulse dal nostro vero io o forse no?
Certo le Twin Sisters amano follemente calarsi nei panni un po’ osè di Signorine d’altri tempi che amano cantare e danzare e mostrare…le loro lunghissime gambe inguainate in seta nera. Che vorrà mai dire ciò?
Non lo scopriremo mai? Oggi siamo nuovamente paludate con cappotti e foulard bon ton, ma il sogno delle gambe all’aria e della labbra
tumide al peccato ci allieta nel ricordo e nel sogno… almeno per una volta all’anno!
Siamo forse donne da Tabarin? Ai posteri l’ardua sentenza.
LibrIncontri al Cafè de la Paix
pubblicato da: Mirna - 12 Febbraio, 2015 @ 6:12 pmDi Libri e di Lettori! E di Scrittori: sì,  perchè oltre a Nadia Ioriatti si è unito anche  Fulvio Maiello, l’autore di Parlava con gli animali.
Subito un libro tira l’altro, un argomento si amplia e si  dilata, si arricchisce di suggestioni. Partiamo dalla Sicilia profumata di gelsomini e zagare per giungere a Venezia . “Se Venezia muore” di Salvatore  Settis.
“In tre modi muoiono le città : quando le distrugge un nemico spietato, quando un popolo straniero vi si insedia con la forza, o quando perdono la memoria di sé. Venezia può morire se perde la memoria, se non sapremo intenderne lo spirito e ricostruirne il destino. Fragile, antica, unica per il suo rapporto con l’ambiente, Venezia si svuota di abitanti, e intanto è bersaglio di innumerevoli progetti, che per “salvarla dall’isolamento” ne uccidono la diversità e la appiattiscono sulla monocultura di una “modernità ” standardizzata, riducendola a merce, a una funzione turistico-alberghiera. Il caso di Venezia, emblematico, permette a Salvatore Settis un ragionamento universale: dall’Aquila a Chongqing – città della Cina che è passata dai 600.000 abitanti del 1930 ai 32 milioni di oggi “
Dai saggi alla narrativa, ai nostri libri preferiti da sempre. “Ventimila leghe sotto i mari” che Santo ci consiglia di leggere insieme al secondo
romanzo  dell’australiano Markus Zusak ” Io sono il messaggero” ” L’esistenza di Ed Kennedy scorre tranquilla. Fino al giorno in cui diventa un eroe. Ed ha diciannove anni, una passione sfrenata per i libri, un lavoro da tassista piuttosto precario che gli permette di vivacchiare, e nessuna prospettiva per il futuro. Quando non legge, passa il tempo con gli amici giocando a carte davanti a un bicchiere di birra o porta a spasso il Portinaio, il suo cane, che beve troppo caffè e puzza anche quando è pulito. Con le donne non è particolarmente disinvolto, perché l’unica…”
Nadia ama John Fante. Ci parla de “La confraternita del Chianti” , pubblicato nel 1977; una delle più lucide ed appassionanti opere dell’autore italo-americano, , un romanzo intriso da forti tratti autobiografici, incentrato sulla figura del padre bersaglio di sentimenti forti e contrastanti.
E a proposito della figura del padre: ho letto recentemente Il posto di Annie Ernaux, una delle voci più autorevoli di Francia.  Un breve romanzo autobiografico raccontato con stile asciutto e chiaro dove si snoda il rapporto fra un  padre di  umili origini  e la  figlia che si affranca culturalmente e socialmente da quel milieu in cui suo padre sembra non poter uscire mai. Anzi il trovarsi ad un certo punto in due “categorie”  diverse fa nascere l’incomunicabilità .  Lucidamente  l’io narrante analizza il suo compiacimento verso il fascino discreto della borghesia che l’ha accolta grazie alla sua laurea, al suo lavoro, al matrimonio, ma sente impellente ad un certo punto riportare alla luce la realtà e l’eredità dimenticate della sua condizione originaria. Prix Renadout 1982, ediz. L’orma 2014
Ma tanti altri titoli si susseguono, dai classici alla musica, fino  a Breaking News di Frank Schatzing consigliatoci da
Riccardo, il quale  come un ammiraglio sul Ponte di comando sorvegliava l’andamento delle nostre onde…letterarie ed amicali
PARLAVA AGLI ANIMALI di Fulvio Maiello
pubblicato da: Mirna - 8 Febbraio, 2015 @ 8:31 amE’ sempre interessante ascoltare chi ci racconta una storia perchè ci porta in altri luoghi e in altri da noi.
E mi soffermo anche sulla necessità di scrivere per molti di noi: vedere sulla pagina bianca i pensieri, i ricordi , le fantasie riprodotte in parole visive. Tutto sembra così più vero, più significativo, più valente.
Siamo in Sicilia, quella terra  profumata di zagare che Fulvio Maiello ci descrive con amore portandoci in notti tiepide e odorose di gelsomino : tre “le ombre, ricamate nel buio della notte dai ghirigori barocchi…†dove il giovane protagonista parla con gli amici del futuro. Siamo a Noto, la meravigliosa città del Barocco siciliano.
Ma siamo anche nella campagna di zio Gaspare, il vecchio contadino che parla con gli animali.
Tripudio di colori di aranceti, mandorli,peperoni, rose-sentinelle, fichi maturi. Un ambiente saturo di sole e colori.
La storia è semplice ma altamente significativa.
La saggezza del vecchio Gaspare che conosce il mondo e la natura e proprio per questo è traduttore di ciò che vedono e sentono gli animali diventa il punto cardine degli avvenimenti.
I due ragazzi senegalesi che sono venuti a cercare un po’ di benessere sull’isola vengono dapprima visti con diffidenza da molti, ma sia il mondo animale, sia Gaspare, loro portavoce, spiegheranno la semplice verità del tutt’uno dell’umanità con il creato.
Trovo questo racconto quasi una fiaba: proprio perché ci sono i protagonisti buoni, Enrico e la sua famiglia, le vittime dapprima perseguitate dai cattivi antagonisti e poi accettati in seno alla comunità , perché ci sono personaggi come il buon mago Gaspare e addirittura una fata, una vecchietta vestita di nero con i capelli bianchi, che appare nella casa dove sono ospiti i due giovani stranieri: “Portava sul braccio una piccola cesta di vimini ricoperta di foglie di vite: Bussò alla porta e consegnò la cesta dicendo†Sono alcuni fichi portati stasera dalla campagna. Sono per i ragazzi†e dopo un attimo scomparve come un refolo di fumo disperso dal vento.
Un happy end come nelle migliori fiabe
Fulvio Maiello è nato a Pachino (Siracusa), ma dagli anni sessanta si è trasferito a Trento. E’appassionato di letteratura e scienze della terra.. Collabora con una rivista edita dal locale Museo di Scienze Naturali ed è il presidente della locale Associazione Mineralogica Provinciale. Ha pubblicato altri romanzi.
Così domani pomeriggio nel nostro incontro  al Café de la Paix , ore 17.00, parleremo sì delle nostre letture, ma anche di scrittura. C’è un
gran desiderio di scrivere e di stampare le nostre  storie, i nostri pensieri per poter comunicare e condividere parte del nostro essere. Per sentirci meno soli. Verba volant, scripta manent.
Ci sarà anche Nadia Ioriatti, avida lettrice oltre che scrittrice, così i libri, i romanzi, i saggi saranno gli ospiti d’onore.
Â
Comments Closed
L’UNICO FIGLIO di Anne Holt , Einaudi
pubblicato da: Mirna - 4 Febbraio, 2015 @ 12:32 pm
Un particolare giallo scandinavo che si svolge tra neve e freddo come ci si aspetta.
Siamo a Oslo e l’omicidio delle direttrice di un orfanotrofio pone seri problemi  a Hanna Wilhelmsen, appena nominata ispettore capo.  Anche perchè un particolare  alunno appena giunto in orfanotrofio è scomparso dopo aver creato infiniti problemi agli educatori. Si tratta di Olav, un dodicenne obeso disturbato psicologicamente e spesso aggressivo. Viene definito “un bambino a rovescio”
Tutto si complica con il suicidio  del vice direttore dell’orfanotrofio. Ma è un suicidio? Anne aiutata dal simpatico ispettore Billi T. non  ci pensa due volte a scendere tra le strade di Oslo tra il degrado, ma anche tra un’umanità dolorosamente viva. Anche la società norvegese non è perfetta  sembra suggerirsi questa storia dal finale enigmatico, ma coerente con certe priorità dell’anima.
Importante e descritto con una sorta di diario intimo il rapporto tra Olav e la madre che  ripercorre dolorosamente la vita del figlio del quale ha da tempo compreso le grandi difficoltà  che egli ha a rapportarsi con gli altri e con il mondo. Una sofferenza senza scampo che si innesca nella vita degli altri, orfani e educatori della casa famiglia.
Nel plumbeo febbraio norvegese scopriamo squarci di vita della direttrice assassinata, di Maren l’assistente sociale che fa per vocazione e con grande passione il suo lavoro. E’ soltanto a lei per esempio che il difficile Olav si rapporta.  Ci viene raccontato in modo elegante e sobrio  anche  un po’ di  vita privata dell’ispettrice  Hanne che convive con una donna.![th[3]](http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/wp-content/uploads/2015/02/th3-150x150.jpg)
Un thriller certamente interessante.
Anne Holt è nata nel 1958. Avvocato, giornalista e persino per un anno  Ministro della giustizia, è una delle più importanti scrittrici di gialli norvegesi.
Comments Closed
L’ANALFABETA CHE SAPEVA CONTARE di Jonas Jonasson,ed. Bompiani
pubblicato da: Mirna - 1 Febbraio, 2015 @ 8:23 am
Che dire di questo romanzo? Per me godibilissimo! Non solo si ripercorrono con dissacrante ironia  le tappe storiche di paesi come il Sud Africa, Svezia e Cina con le problematiche degli armamenti nucleari, clima e  diritti civili, ma si conoscono personaggi surreali, esilaranti, deliziosi.
Soporattutto conosciamo Nombeko la piccola geniale  sudafricana che da pulitrice di latrine di Soweto diventerà alla fine ambasciatrice svedese in Sud Africa.
La storia è lunga e complessa ma tutta imperniata attorno alla ragazzina  che non sa ancora nè leggere nè scrivere, ma che ha un’innata abilità con i numeri e le equazioni più complesse. E soprattutto ha coraggio, buon senso e conoscenza delle altrui debolezze.
Per un caso del destino si ritrova confinata come inserviente presso la base nucleare sudafricana dove deve sottostare all’ingegnere alcolista responsabile delle testate nucleari sudafricane.  Ma oltre a pulire  pavimenti e  consigliare-salvare  l’ingegnere, impara a leggere e a parlare  cinese grazie alle altre tre inservienti di Shangai ed infine per complicatissime circostanze è costretta  a nascondere la settima bomba atomica di cui nessuno era a conoscenza. Insomma Nombeko cerca di risolvere  un pasticcio creato  dello stolto e sempre ubriaco ingegnere.
Parallelamente si racconta la storia di due gemelli svedesi nati da un padre mentecatto che odia la monarchia e che vuole instaurare la repubblica dopo aver offeso a dovere il monarca. Purtroppo uno dei due non viene registrato all’anagrafe quindi ci troviamo di fronte a  Holger 1 e Holger 2,quest’ultimo inesistente per lo stato civile.
Ovvio che Nombeko e Holster 2 il più savio dei gemelli si incontrassero, si amassero e cercassero insieme di risolvere la faccenda-bomba arrivata in Svezia invece che  in Israele, come doveva essere..
E che dire del ceramista americano che vive nel terrore della Cia o di Celestine che odia tutti, soprattutto la borghesia, la monarchia, la famiglia ecc. tranne Holster 1?
Spassoso ritrovarsi ad un certo punto in campagna con la nonna di Celestine che sa di essere discendente di un Conte a mangiare pollo in
fricassea con il Primo ministro e il re di Svezia!
Le risate sono obbligatorie.
Umorismo intelligente, scrittura piena di energia.
Jonas Jonasson, nato nel 1961, è autore del best seller “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve“. Dovrò leggerlo se voglio divertirmi e svagarmi! Qualcuno di voi l’ha già letto?
MILANO da …bere, mangiare, ammirare
pubblicato da: Mirna - 29 Gennaio, 2015 @ 9:41 am
Milano è energia, fretta pulsante, curiosità , una scarica elettrica per me dopo le ultime settimane languide  trascorse in gran parte sul sofà a studiare e a  leggere. E poi il sole del pomeriggio non scende così in fretta come a Trento. Anche dopo le 16.00 il Duomo è colorato di rosa e mi mette allegria e una speciale aspettativa per Chagall, surrealista, simbolico, volante, onirico.
Palazzo reale e le sue scale imponenti, tanta gente e tante suggestioni: violinisti verdi, rabbini sui tetti, l’ amata moglie Bella
con fiori bianchi o vestita di nero o lilla  , ma sempre trattenuta con amore dal marito per non lasciarla andare. Così Maristella ed io ci aggiriamo estasiate tra colori forti del villaggio russo mai dimenticato da Chagall, fra paesaggi di neve o
denunce rosse e cupe dell’orrore. Riusciamo a trovare i nostri dipinti preferiti ( avrei voluto anche Grazia con me!) e poi giochiamo con l’inseparabile macchina fotografica. I momenti devo gustarmeli anche dopo, alla mia maniera proustiana ripensandoli e rivedendoli sia con la memoria che con gli occhi.
Al museo Poldi e Pezzoli ci sono le quattro dame del Pollaiolo! Tre delle quali provenienti da New York e Parigi.
Come resistere? Dopo un caffè in un elegante pasticceria, il giorno dopo, con amica trentina per fatal combinazione anch’essa a Milano, ci facciamo una scorpacciata di bellezza. Sì, Milano è da gustare, come d’altronde lo sarebbe la vita. Bellezza, amici, sorrisi, affetto.
Abbiamo riso come ragazzine in pasticceria, Bianca, Sandra ed io, giocando con le nostre immagini riflesse e lasciandoci  cullare dall’atmosfera calda, frizzante, profumata di caffè e pasticcini. Spazi di tempo come un quadro perchè racchiusi in una cornice deliziosa di convivialità e consonanze.
E poi l’inatteso e speciale finale della mia tre-giorni milanesi: l’incontro con l’ amico d’infanzia carpigiano Vincenzo! Dopo
quasi sessant’anni. Milano da bere nella caffetteria di Palazzo reale e da…mangiare in una simpatica Salsamenteria di Parma, in via San Pietro all’Orto . Prosciutto e salame con varie salsine e lambrusco speciale bevuto in tazze, sotto lo sguardo severo  di Giuseppe Verdi e di tanti rosei prosciutti appesi.
Che delizia!
Comments Closed
FRIDA di Hayden Herrera ovvero Amor y Dolor
pubblicato da: Mirna - 28 Gennaio, 2015 @ 8:37 am
Mi piace ripensare a FRIDA KAHLO, soprattutto quando non mi sento molto bene. Perchè? Perchè la sua vita è un esempio di coraggio caparbio, di avidità verso ogni emozione e passione. Una battaglia contro il dolore.
Ed ieri la conferenza sul dolore tenuta dalla dottoressa Annamaria Marchionne, presidente dell’ATMAR, associazione Trentina Malati Reumatici nella saletta della Dante Alighieri ha voluto dare importanza anche  a questa straordinaria  donna che dal dolore quotidiano è rinata artista. (Tra parentesi volevo dire che mi sento assai rassicurata dell’esistenza a Trento del Reparto Reumatologia e  di questa associazione proficuamente e appassionatamente presieduta da Annamaria Marchionne che ho il privilegio di conoscere personalmente)
Hayden Herrera americana, critica d’arte è la massima esperta di questa pittrice messicana che comincia a diventare famosa alla fine degli anni’90, e ci presenta una biografia completa sulla sua vita e la sua arte.E’ un lavoro durato molti anni, conosciuto ormai  in tutto il mondo.
Come sono i suoi quadri? Coloratissimi, inquietanti, spesso dipinge se stessa nei momenti di maggiore sofferenza. “Pensavano che fossi una surrealista, ma non lo ero. Non ho mai dipinto sogni†dice la Khalo “Ho dipinto la mia realtà â€.
Nasce nel 1907 a Coyocà n, da padre tedesco e madre messicana. A sette anni viene colpita dalla poliomelite; a 18 un terribile incidente automobilistico la condanna a uno stato di seminvalidità e a  sofferenze fisiche per tutta la vita. Durante la convalescenza comincia a dipingere, con fatica, in posizioni impossibili. In certi periodi deve indossare un busto rigidissimo di metallo. Riesce però ad esprimere con colori vividissimi i suoi incubi e il suo dolore.
Appassionata militante di sinistra sposa nel 1929 il grande muralista Diego Rivera di cui rimane innamorata per tutta la vita. “Non lasciare che patisca la sete l’albero di cui sei il sole, che fece tesoro del tuo seme. E’ Diego nome d’amore†gli scrive nel 1939, per il suo cinquantatreesimo compleanno. E’ una strana coppia, lui enorme e maturo, lei più giovane, minuta, elegante, con folte sopracciglia e peluria sul labbro, che la rendono più seducente nella sua particolarità . Si veste secondo l’antica tradizione messicana con gonne lunghe, scialli colorati, fiori nei capelli, gioielli di turchese.
Nel 1937 vive a Città del Messico e nella sua casa azzurra approderà Leon Trockij, il leader della rivoluzione russa in esilio. Ma di questo periodo parlerò in un altro post.
Per oggi voglio ripensare a Frida Kahlo come un simbolo di grande forza di volontà e  di ribellione contro le circostanze più crudeli della vita. (Così i miei doloretti di stomaco e i pensieri neri mi sembreranno più sopportabili. )
Dopo aver letto questo libro di Hayden Herrera ho approfondito la conoscenza di questa pittrice cercando foto dei suoi dipinti. Tra i suoi
ricorrenti  autoritratti il più famoso è quello delle “Due Fride†dove si vede in entrambe il cuore scoperto, poi nature morte sensuali, visionarie, antropomorfiche. “La sua pittura è una bomba avvolta da un nastro di seta†dirà di lei Andé Breton.
Alla morte di Frida, nel 1954, ricorda un’amica, il viso grasso e generalmente pieno di energia di Diego Rivera si afflosciò e ingrigì.†In poche ore diventò un vecchio, pallido e brutto.â€
Comments Closed



















![cop[2] (2)](http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/wp-content/uploads/2015/02/cop2-21-150x150.jpg)

![cop[1] (3)](http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/wp-content/uploads/2015/02/cop1-3-150x150.jpg)