ONE BILLION RISING, ieri anche a Trento

pubblicato da: Mirna - 15 Febbraio, 2013 @ 8:44 am

Ballare, alzare la mano, impegnarsi con azioni concrete per ribellarsi alla violenza sulle donne e bambine.

Ieri, giorno di san Valentino si è voluto portare un miliardo di persone nel mondo  a manifestare contro un miliardo di persone umiliate, violentate, ferite ed uccise solo perchè donne e bambine.

Ribellarsi nel giorno-simbolo dell’amore, funestato ancora una volta da un altro omicidio di grande risalto perchè perpetrato da un forse falso super-eroe , proprio nel sud Africa dove ogni 8 ore una donna viene uccisa.

“V-DAY come Valentino, Violenza, Vittoria significa esprimere il desiderio di restituire alla parola amore il suo autentico significato.”

“Una su tre donne ha subito violenze in quanto donna, da piccola o da adulta. Una di noi: due se siamo in sei, tre se siamo in nove, circa 30.500 a Trento. “

Ricopio questi dati, queste riflessioni importanti, questa denuncia –  che non possiamo più trascurare -  dal volantino distribuito ieri in Piazza Duomo e via Bellenzani dalle varie associazioni che hanno aderito ed organizzato la manifestazione che contemporaneamente aveva luogo in tutti i continenti: dall’India all’Australia, da Kabul (senza balli purtroppo) agli Stati Uniti ecc.

Siamo state guidate dalla Società Italiana delle Letterate di Trento con la responsabile  Giovanna Covi ,  al Comitato pari opportunità Università di Trento e tantissimi  altri gruppi , a ballare per spezzare le catene ( sulla musica  di “Break the chain”) ad alzare la mano per solidarietà, ad impegnarci con azioni concrete per dire BASTA!

Fu Eve Ensler, 14 anni fa, a rompere il silenzio su questo crimine contro l’umanità, fondando V-DAY per trasformare la vergogna in forza, il dolore in potere, mettere al centro dell’attenzione la violenza contro le donne e il suo rapporto con il razzismo, il colonialismo, l’abuso del territorio. Esprimendosi con il corpo, alzando la mano e ballando si occupa uno spazio, seguendo il ritmo della musica si uniscono energie per esprimere la presa di coscienza, la volontà di riscatto e la capacità di autodeterminazione delle donne sottomesse. “  

www.onebillionrising.org

E’ stato bello ieri vedere tante donne e qualche uomo riunirsi in una manifestazione corale per esprimere “solidarietà con le vittime, esigere un mondo sicuro per le bambine e le donne, pretendere che le istituzioni di governo mettano subito a disposizione il numero necessario di centri di accoglienza e rifugio per le donne maltrattate e i loro figli, imporre la pianificazione immediata di misure sociali e culturali atte a prevenire la violenza maschilista..”

E’ bello sperare in una presa di coscienza soprattutto tra i giovani, sperare  che essi  riescano a sottrarsi alla passiva  accettazione della realtà presentaci dai mass media in modo superficiale .

Ieri deliziose giovani trentine hanno ballato con intensità Break the chain, “Alza le braccia al cielo …Alzati, balla, ribellati…spezza la catena”

Anche noi, un po’ meno giovani, ma con il desiderio infinito di un mondo migliore, con la speranza che noi donne non siamo  più le prede di molti predatori , abbiamo accennato passi di danza, affinchè la musica, il ballo, l’energia positiva giungano in tutti i cuori e in tutti i pensieri.

Non smettiamo mai di combattere e partecipare perchè l’unione fa la forza.

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LA LUCE SUGLI OCEANI di M.L.Stedman, ed. Garzanti

pubblicato da: Mirna - 11 Febbraio, 2013 @ 7:49 am

Un’amica mi presta questo  libro e mi dice che è stupendo. Diffido sempre dei romanzoni che vendono migliaia e forse milioni  di copie, temo che non siano per me. Leggo  che  alla Fiera  del libro di Francoforte del 2011 tantissimi editori di altrettanti paesi se lo accaparrano. Viene anzi citato come il libro più importante della fiera.

Se tanti lettori, ma sono sicura lettrici, lo hanno letto ci sarà sicuramente qualcosa di avvincente.

E certamente c’è: innanzitutto …la maternità!!! Il desiderio di un figlio tragicamente non esaudito che spinge  ad averlo a qualsiasi costo soprattutto se questo…arriva dall’oceano.

E poi c’è la colpa da espiare con il  castigo.

Ma andiamo con ordine.

L’affascinante Tom, un uomo forte che ha vissuto la crudeltà della guerra e che vuole dimenticarsene, decide di diventare guardiano del faro di un isoletta a sud ovest dell’Australia.  Precisamente a Janus di fronte a Point Partageuse . Il desiderio di solitudine e il  contatto con la natura riusciranno  a lenire i suoi ricordi di un’infanzia senza madre e  delle brutture della guerra.

Ma sulla terra ferma conosce Isabel una giovane ragazza piena di vita, di speranze e di amore. Nonostante la prospettiva di vivere su quell’isoletta semideserta Isabel vuole sposare quell’uomo solido, integro, forte. Tom finalmente si abbandona a quel dolce sentimento.

Su quell’isola che si trova tra  l’ oceani indiano  e quello  australe la vita è semplice , piena di amore, ma incompleta. Tutto si risolverebbe con l’arrivo di un bambino. Ma Isabel ha tre aborti e il suo fortissimo senso di maternità viene frustrato e ciò  la rende amara e  infelice.

Ma ecco che un giorno….e qui ci si immerge nel classico e avvincente feuilleton… approda una barca con  a bordo un uomo morto e una bambina di pochi mesi.

Il nostro integerrimo guardiano del faro vuole naturalmente avvisare le autorità, ma Isabel profondamente ferita dalle sue mancate maternità vede nella piccola un segno del destino. Le è stata mandata come dono prorpio dopo aver appena abortito la sua terza creaturina,  e la vuole tenere con sè. Nessuno  lo saprà mai. Sarà la figlia che ha appena perso da pochi mesi. Tom per amore della moglie, dopo una tremenda lotta interiore tra ciò che è giusto e non, la accontenta.

Lucy, la loro Luce,  cresce amatissima per alcuni anni su quest’isoletta piena di profumi marini  e vegetazione subtropicale.

Ma il senso di colpa di Tom non lo fa più vivere serenamente, tanto più che ha saputo che la vera madre della bimba, Hanna, è quasi impazzita dal dolore e si aggira per  Point Partegeuse con la folle speranza di ritrovare la figlioletta scomparsa un giorno con il padre.

Un sonaglino di argento, trovato accanto alla piccola sulla barca,  le arriverà insieme a messaggi che le dicono che la figlia è viva.

Trama avvincente dunque. Senza rivelare troppo ad un certo punto la bambina che ormai ha 5 anni  verrà riportata alla vera madre biologica.  La bimba è ‘ però infelicisssima. La sua “vera” madre per lei è Isabel.

E’ giusto che la bimba ritorni da Hanna o sarebbe meglio per lei rimanere con Isabel e Tom?

Questo è il  quesito  che ha avvinto moltissime lettrici insieme a quel desiderio ancestrale e istintivo di maternità. Ma proprio tutte noi donne lo viviamo così intensamente? E’ il nostro destino biologico quello di procreare? Eh sì,  Madre Natura ha dato a noi il compito della sopravvivenza della specie…!

Insomma tante riflessioni che se pur non profondamente introspettive intrigano e fanno leggere questo romanzo con  incalzante curiosità.

M.L. Stedman è nata e cresciuta in Australia Occidentale e ora vive a Londra.
La luce sugli oceani (Garzanti 2012) è il suo primo romanzo

 

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INTERMEZZO DI CARNEVALE…ovvero il travestimento

pubblicato da: Mirna - 7 Febbraio, 2013 @ 11:13 am

Mi piace sempre riflettere sul nostro desiderio di travestirci, di mascherarci o disvelarci e il periodo di Carnevale ci  permette di farlo in modo meno costruito che durante  le  nostre “finzioni” quotidiane; la nostra “maschera pirandelliana” è  in questa occasione destrutturata e ricreata in  modo più  spontaneo, sincero, istintivo.

Noi Penelopi non vediamo l’ora che Cristina ci offra la possibilità di giocare, travestirci, liberare emozioni, risate, canzoni. Nel suo salotto, sede di interessanti serate “accademiche” (v. nel post di Riccardo la descrizione dell’ultimo incontro con concerto per pianoforte e chitarra  e recite della Fraternal Compagnia, www.trentoblog.it/riccardolucatti), arriva a Carnevale questa magica serata.

Da anni Cristina ha   creato un guardaroba ricchissimo di costumi,  parrucche  e collane che ci vengono messe a disposizione per travestirci, interpretare scenette, danzare ed essere, per una serata,  altre da noi e spensierate.

Al piano di sopra le sua stanze diventano  Sala costumi, Sala cappelli e  parrucche, Sala trucco e noi, come cinguettanti allodole, saliamo e scendiamo le scale per cambiarci, rinnovarci, far meravigliare tutte le altre del nostro mutar di pelle e chissa… di pensieri…

Nei salotti al piano terra invece tutto è pronto per lo show.   Una scaletta organizzata dall’abile regia della padrona di casa ci farà recitare, danzare e cantare.

Che serata quella di ieri sera! Sapete che le Penelopi è un gruppo di sole donne (invece l’Accademia è anche per gli uomini). Trovo che proprio nell’occasione del Carnevale sia divertentssimo trovarci  soltanto  fra “ragazze” più o meno giovani. Siamo meno condizionate.

Ieri sera è arrivato un nutritissimo gruppo di giovani e nuove Penelopine: si sentivano le loro scintillanti e gaie risate , i loro passi affrettati per trovare gli abiti più belli e diventare così Rossella O’Hara, la damina del Settecento, la luna, il sole, la regina della notte, le ballerine di tabarin, le fate, i galeotti, Zorro, un arcivescovo, un diavoletto, una carta da gioco…

E poi ridiamo di noi, dei nostri uomini con i loro pregi e difetti e ci sentiamo libere e gaie,  leggere, leggere.

Anna, che compie 90 anni,  canta  con lo smoking argentato canzoni degli anni 20, Giovanna e Letizia fanno una divertentissima parodia della canzone di Arbore “Grazie dei fiori bis” , dove il bis è proprio la biscia…. Sono strepitose.

Cristina spogliatasi dall’abito bianco,rosso e verde della Giovane Italia si lancia in uno spogliarello hawaiano conturbante!

Risate, foto, allegria alle stelle.

E per finire noi, le Twin Sisters, Maria Teresa ed io ormai collaudate soubrettes anni Trenta con

“Ma le gambe, ma le gambe“… le nostre… avvolte in calze di rete nera e mostrate a volontà… e

La maestra di mandolino” che insegna a suonare con grazia  solfeggiando  così:

” Mi mi  / mi mi / mi  fa..

mi fa sol / mi fa si /  mi fa la /

mi la do/ mi la  do /  si la do /

si mi mi/  mi la fa / sol sol fa

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AUGUST di Christa Wolf

pubblicato da: Mirna - 2 Febbraio, 2013 @ 6:09 pm

Ogni tanto occorrerebbe  rileggere Christa Wolf partendo proprio da questo suo ultimo racconto scritto nel luglio 2011 e dedicato al marito Gerhard.

Racconto che si prefigura  rapidamente nelle ultime pagine di quel capolavoro che è  “Trama d’infanzia” ( “…’affresco di un’epoca mostruosa, quella del Terzo Reich, in cui quotidianità della gente comune e orrore hanno convissuto. Una storia emblematica di quella generazione di tedeschi cresciuti negli anni Trenta, prima appassionata sostenitrice del nazismo e poi spettatrice del suo crollo.)

August è un un autista ultrasessantenne che sta portando un gruppo di turisti da Praga a Berlino, città in cui abita da solo. Il viaggio diventa compagno di un suo viaggio interiore tra presente e passato, una rievocazione catartica che gli consente di comprendere l’importanza di un lontano e duraturo  legame nato durante la sua infanzia tristissima.

August ha otto anni  ed è orfano quando alla fine della guerra dalla Prussia viene portato nel Maclemburgo in un castello-ospedale che ospita i malati di tubercolosi. E’ un luogo freddo, soprannominato “Rocca dei tarli”, luogo dove insetti invisibili rodono i polmoni . Si cerca di sopravvivere , ma spesso si muore. Si è tutti legati da questa esperienza dolorosa di solitudine e sofferenza, ma anche da un  profondo desiderio  di legami forti da conservare come lasciapassare per continuare a vivere.

E in questo sanatorio di fortuna August incontra Lilo, una giovane generosa infermiera che sorride e incoraggia i bambini, recita e canta per loro prima di dormire versi e canzoni. Racconta fiabe regalando frammenti di tenerezza e amore materno ormai perduto nell’orrore della guerra.

“August non ne aveva mai abbastanza. Mendicava così a lungo che lei finiva col recitargli ancora una volta la sua poesia preferita e lui poteva sentire di nuovo quel brivido all’ultimo verso. “ In seinem Armen das Kind war tot” (nelle sue braccia il bambino era morto.) ” (Il re degli Elfi di Goethe)

In poche pagine Christa Wolf ci narra la vita di un uomo  mite che ha attraversato gli anni del dopoguerra facendo una vita semplice , sposando una donna , ormai scomparsa, che gli ha tenuto compagnia insieme con il  ricordo vivido di Lilo testimone e mentore di un momento di passaggio, quando dalla possibilità di morire rosicchiato dai “tarli” si rinasce “guariti” e pronti per un “mutamento di prospettiva”.  Lilo rimanenedo sempre nel cuore e nei pensieri di August… è  stata la sua guida.

Edizioni e0 2012

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IL SENSO DELL’AMORE

pubblicato da: Mirna - 29 Gennaio, 2013 @ 9:59 am
Ho appena finito di leggere questo bellissimo romanzo di una nota femminista statunitense e , guarda caso, venerdì scorso  sono stata invitata dal gruppo di SNOQ (Se non ora quando) per un breve intervista insieme a Maria Teresa. Il tutto organizzato dalle giovane Irene e Claudia e dall’attrice Lunetta Savino che in questi giorni recita a Trento. Brevi riflessioni sulla nostra vita, sulla politica, sulle nostre scelte e desideri auspicabili per il futuro. E sempre il confronto con l’altra metà del cielo, il primo o il secondo sesso?
Sappiamo che il cammino delle donne è stato arduo per  ottenere una parvenza di parità sia nel mondo del lavoro che in quello della famiglia. Purtroppo ancora esiste un diverso giudizio sulla libertà maschile e su quella femminile.
Ma a questo proposito devo entrare nel romanzo che vi consiglio di leggere perchè si parla di una donna che ha voluto essere libera, sempre, nella sua vita di scrittrice, nelle sue rivendicazioni personali e che non si è assoggettata alle aspettative della società. Libertà sessuale, forza, capacità di vivere da sola, e poi…si vedrà,  totale abnegazione per curare il marito amatissimo.
Per sua scelta, perchè è questo il suo imperativo.
Alix Kates Shulman ha 72 anni nel 2004 quando suo marito Scott, 75 anni, cade dal soppalco della loro casetta per le vacanze nel Maine. “Arriva sempre il momento in cui il proprio universo si capovolge” esordisce la scrittrice.  Scott subisce una lesione cerebrale traumatica e d’ora innanzi tutto sarà diverso.
Questo racconto autobiografico è la storia di un matrimonio, di una coppia che si è ritrovata dopo 34 anni dal loro primo incontro. Nel 1954, giovanissimi, si innamorano, ma poi si perdono. Entrambi si  sposano, hanno figli, divorziano .
Quando si rivedono capiscono che sono fatti l’uno per l’altro. Scott è bello, affidabile, un gentiluomo forte ed è affascinato e  per nulla minacciato dal femminismo militante di Alix. Li uniscono  tante passioni in comune: l’arte, il gusto della vita, il rispetto per la libertà dell’altro , l’intesa sessuale naturalmente.
La lesioni al cervello portano alla diagnosi di demenza: afasia, apraxia,amnesia, agnosia. Incapacità di comprendere il linguaggio o di trovare le parole giuste da usare nella comunicazione, memoria a breve termine annullata quasi completamente.
La vita di Alexis cambia, non riesce ad avere più il tempo per scrivere, per partecipare alle riunioni femministe, Alexis vuole far tornare Scott come prima. Quando si accorge che non riuscirà del tutto, vuole che Scott sia felice, perchè lo ama , perchè è il suo uomo.
Si sacrifica per amore perchè è lei che vuole così. Si sente appagata quando vede Scott che fa qualche progresso, che sorride , che torna ad essere per un po’ quel “dinosauro passionale” come lo definiva lei, dinosauro non perchè sessualmente aggressivo, ma perchè gentiluomo com’era sembrava considerare il sesso un’imposizione irriverente nei confronti di una donna.
E’ dunque l’uomo giusto per Alexis, come lei, bella, vitale  e affascinante e sincera, lo è per lui.
Due anni di ostacoli per giungere a un compromesso: vita ancora accettabile qualitativamente per Scott, un po’ di libertà per scrivere per Alexis, grazie a una  persona giusta che per mezza giornata può accudire il malato.
Tenace ottimismo - considerato da alcuni amici  autoinganno, da altri un dono –  è il segreto per far continuare a far sentire Scott ed Alexis fortunati nello stare insieme. Scott non ricorda la sua caduta e  della sua memoria è in panne dice che è  un normale effetto dell’età; lei decide di scrivere questa loro ultima avventura e la scrittura con la sua potenza salvifica la aiuta a superare giorno dopo giorno gli ostacoli e gli imprevisti.
Nietzche scriveva di  amor fati, amore  per il destino , vale a dire “ama il tuo destino“: non suggeriva di amarne soltano le parti piacevoli. Abbracciare la vita senza riserve significava per lui accettarne i limiti inevitabili evitando di nascondersi, indipendentemente da ciò che ha in serbo il destino. “Amor fati è non solo sopportare il destino, e tanto meno dissumulare (…) ma amarlo.”

Kate Alix Shulman
Nata a Cleveland nel 1932, Alix Kates Shulman è autrice di quattro romanzi, tre
volumi di memorie, numerosi libri per bambini e alcune raccolte di saggi su temi
a carattere femminista. Ha insegnato alla New York University e a Yale,
attualmente vive tra New York e il Maine. Presso Einaudi ha pubblicato
Memorie di una reginetta di provincia (2008) e Il senso dell’amore.
Storia di un matrimonio
(2012). (ediz. Einaudi)

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ULTIMO ANGOLO-PAPIRO…per ora

pubblicato da: Mirna - 22 Gennaio, 2013 @ 4:02 pm

Il nostro Libri & Caffè si ferma per un po’. Cambierà gestione (Andrea, il  Libraio -con la L maiuscola - tornerà al Papiro centrale, in via Grazioli)  , ma rimarrà  Betty che ama i libri quanto noi.

Aspettiamo e vedremo se ancora ci si potrà trovare in un angolo a parlare delle nostre ultime letture con un coffee da sorseggiare.

I libri amici ci saranno sempre comunque e il desiderio di condividere le nostre impressioni ci legherà in ogni luogo e tempo e con ogni mezzo…sia virtuale che vis à vis.

Un libro che appassiona cambia persino il tono della mia giornata.

E’ così anche per voi? Lo spero, perchè è un tale conforto sapere che se ti svegli troppo presto in una opaca mattinata invernale puoi subito tuffarti –  caffè caldo sul comodino - nel tuo romanzo ; e  se sei stanca  o annoiata nel precoce crepuscolo , che fai? Ci sono i tuoi personaggi che ti regalano la loro storia !  E di sera quando deludenti trasmissioni televisive ti deprimono… c’è sempre il libro amico che ti aspetta ..!

All’ultimo incontro di lettura, lunedì 14, eravamo in parecchi: oltre a noi habitués sono arrivate  Daniela, Emanuela, Giovanna. Vi ha partecipato anche Veronica Cerquettini giovanissima blogger piena di entusiasmo e di  letture particolari come la biografia di Alejandro Jodorovsky, un regista attore che spiega la psico-magia, la lettura dei tarocchi e altri argomenti affascinanti.

“ALEJANDRO JODOROWSKY, nato nel Cile del Nord nel 1929, figlio di immigrati ebreo-ucraini, si è trasferito dal 1953 a Parigi (città dove risiede tuttora), dove ha fondato con Fernando Arrabal e Roland Topor il movimento di teatro “panico”. Artista eclettico, Jodorowsky durante la sua carriera artistica ha toccato vari campi: mimo, attore, regista cinematografico (El Topo (1971) e La Montagna Sacra (1973) sono i suoi capolavori), autore di teatro, poeta, romanziere e sceneggiatore di fumetti. In tutti i suoi lavori l’aspetto visionario ha sempre prevalso, sottolineando così la necessità di rompere le strade note e prosaiche.
Uno degli aspetti più affascinanti di Alejandro Jodorowsky riguarda la sua figura di psicoanalista sui generis. E’ difficile posizionarlo rispetto a una scuola o a una corrente di pensiero, e non a caso si definisce psicomago. In realtà egli ha elaborato un modo nuovo di entrare in contatto con l’inconscio.”

Veronica dai capelli cortissimi e dal  desiderio di assaporare la vita con l’energia vitale dei vent’anni segue  con attenzione le nostre presentazioni. Un amico la raggiunge. E’ un giovane che dirige un centro sociale. Gli chiedo immediatamente , come segno caratteristico della persona, che cosa sta leggendo.  “Viaggio al termine della  notte” di L.F.Celine. Uao! (Mi perdonerà se ricordo ciò che legge, ma non  il suo nome!)   Anche Paolo non scherza, sta rileggendo tutto Maupassant.

E Daria sta cimentandosi con il premio Nobel  cinese “Il sorgo rosso” di Mo Yan, forte, duro, bellissimo.

Maria Rosa è entusiasta de “L’ibisco viola” di Chimamanda N’gozi Adichie:
«La storia delicata e toccante di un bambino che ha conosciuto troppo presto l’intolleranza religiosa e il lato piú oscuro del suo Paese, la Nigeria».

Riccardo è alle prese con La vita di don Milani di Neera Fallaci, sorella di Oriana; Raffaella ci illustra un noir molto avvincente di Peter MayL’isola dei cacciatori di uccelli” dove il paesaggio sembra il protagonista principale.

I titoli si susseguono e consigli e pareri di lettura si mescolano con vivacità. Maria Grazia è affascinata dalle Lettere di Rilke e Marina Cvetaeva e da saggi di musicofilia. Ne parla con calore (vedi fotografia a destra!)

Transtromer, Sibilla Aleramo, Nino Betta  con  Un uomo buono e altri racconti di prigionia, ediz. Panorama,  Quello che c’è nel mio cuore di Marcela Serano, Lalla Romano…quanta lettura al fuoco… senza contare i cinque libri che mi aspettano sui tavolini della mia casa!

 

 

 

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LE BIANCHE BRACCIA DELLA SIGNORA SORGEDAHL di Lars Gustafsson

pubblicato da: Mirna - 18 Gennaio, 2013 @ 4:57 pm

Edizioni Iperborea

Tanti racconti in un unico racconto di un docente anziano. Ma perchè anziano? E’ “appena” settantenne, per cui al limite si potrebbe dire agé, ma si sa  che si vuole sempre etichettare tutto e tutti…

Ma forse è lui che si sente anziano, vecchio, e in una giornata brumosa di un ottobre inglese lascia via libera alla memoria e alle riflessioni sulla sua  vita che talvolta gli sembra forse un sogno o la vita di un altro o addirittura un’illusione.

E’ così che il nostro professore di filosofia entra ed esce nel suo Tempo passato e  presente, rincorre e si abbandona alla sua memoria eidetica, così tipica dell’infanzia e spesso dell’età avanzata. I ricordi  della sua vita e specialmente quelli  dell’ estate del 1954, quando ancora viveva in Svezia, vengono percepiti  con la comparsa immediata di immagini mentali nitide in tutte le loro caratteristiche. Si lascia trasportare, va e ritorna  in quella lontana estate , ma entra anche nei ricordi di sua madre che gli  raccontava sempre  storie magiche o inquietanti su personaggi particolari come l'”organara”, una misteriosa fanciulla, che riuscì a far suonare nuovamente un vecchio organo arrugginito o un prevosto-fantasma che si aggirava nottetempo in un villaggio di campagna.

Accattivante la descrizione dell’appartamento dove la signora Sorgedahl andrà ad abitare  e che da sempre ritorna nei sogni del “vecchio” professore di Oxford. Un appartamento che lui conosceva bene perchè appartenuto  dapprima ad un  prozio, poi abitato da un  insegnante  i cui figli sono suoi amici.  “Era grande e buio e caldo” e soprannominato Il Paradiso forse per le sue stanze arredate in modo confortevole,  un luogo in cui  ci si sentiva attratti e protetti,  abbracciati…

E quando la bella signora Sorgedahl dai capelli rossi e dalle  braccia bianche  con il marito vi entrerà sembra che l’appartamento aspetti che il giovane protagonista vi ritorni ancora. Sembra proprio che tutto lo riconduca in quel luogo come se un cerchio lo volesse  racchiudere.

E tutto ciò che pensa, che scrive lo riportano in quel cerchio, a quell’immagine delle braccia bianche della signora Sorgendhal che in un giorno del 1954 lo ama  con una dolcezza eterna e si direbbe quindi che infine quell’abbraccio non sia altro che l’abbbraccio del Tempo che non ci permette di lasciare la nostra vita.

Non c’è niente là fuori, assolutamente niente. Noi siamo rinchiusi e non usciremo mai…La vita dell’uomo è una sfera che ha solo una parte interna, come il nastro di Mobius ha solo un lato che è interno ed esterno al tempo stesso. Non esiste dunque nella nostra Vita nessun lato esterno”.

L’andirivieni dei ricordi viene teso  a una più completa comprensione del senso della vita  le cui porte sembrano essere state aperte con slancio dalla signora Sorgedahl. Proprio dopo il suo “abbraccio” l’estate diventa teatro di altri incontri “proibiti” con la coetanea Ingela, la figlia del Fonditore.

E tutti questi pensieri e ricordi e riflessioni che si rimescolano toccano ogni intima corda della mente dell’ex professore: dalla sua conoscenza accademica, alle speculazioni filosofiche, fino alla consapevolezza che sotto la superficie c’è sempre una solitudine interiore,  – non quella esteriore – scrive il protagonista “c’è sempre stata e continua a esserci quanta gente si vuole intorno a me” .No quel tipo di solitudine plasmata per tutto il futuro  da quella donna dalle bianche braccia che altro non è che la prima giovinezza e il paradiso perduto della Meraviglia.

Malinconia svedese?

Lars Gustafsson, classe 1936, ha insegnato per vent’anni Storia del pensiero europeo negli Stati Uniti, prima di tornare a vivere in Svezia. E’ considerato il “Borges svedese” per la sua capacità di fondere fantasia, erudizione e riflessione filosofica. Tra i suoi romanzi più noti “Morte di un apicultore” “Il pomeriggio di un piastrellista” e “Storia con cane” pubblicati in Italia da Iperborea.

Potrete forse trovarli ancora al Libri & Caffè…anzi   Andrea ci scrive:

Care amiche, cari amici,
come forse saprete, il Papiro Libri & Caffè
dopo sette anni chiude i battenti…
La buona notizia per Voi è che ancora per dieci giorni
effettuiamo una vendita promozionale con uno sconto del 30% su buona parte dei libri presenti in libreria. Sono esclusi (per effetto della Legge Levi sul prezzo dei libri) i volumi pubblicati da meno di 20 mesi, sui quali pratichiamo il 15 % .

 

 

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TRA UN LIBRO E L’ALTRO… un luogo gioioso

pubblicato da: Mirna - 13 Gennaio, 2013 @ 8:01 am

Cercavo un “pensiero fiorito” l’altro giorno per un’amica e pensavo ai giacinti che profumano e ti illudono già di primavera quando,  all’inizio di via Suffragio, vedo una fioreria particolare, raccolta su una breve scaletta chiara.

Sapete che cos’è un luogo gioioso, vero? E’ un luogo che ti accoglie, raccoglie , ti invita a guardarti intorno  e ti meraviglia ad ogni angolo dandoti una sensazione di leggerezza.  Questa fioreria è così. Lo sguardo si perde e si infiltra in forme e colori di gioia.

Finalmente dopo il primo momento di estasi scopro Nicola Detassis, il sorridente e giovane fiorista. 

Non si può che essere lieti a lavorare tra i fiori, come lo sarebbe per me starmene tra i libri. Diceva Confucio: “Non farti mai mancare un  buon libro e un vaso di fiori”

Chiedo a Nicola come consiglia i clienti, se segue il tradizionale  linguaggio dei fiori , ma lui spiega che  occorre superarlo per donare il fiore suggerito dalle proprie sensazioni e sentimenti verso la persona. Ci dev’essere un momento di attenzione e reciproca attrazione nel momento in cui si scelgono fiori da regalare. Mi mostra uno stupendo mazzo di rose bianche che si stemperano in un velato color crème. Un mazzo simile accompagnato da bambù  lo aveva regalato a sua moglie Marta quando erano fidanzati.  Anche Marta lavora in fioreria e sa creare composizioni con molti materiali. Capisco che i fiori sono vivi  per questa giovane coppia e, dalla cura con cui sono disposti, sembrano molto amati.

Orchidee, giacinti, rose, anemoni bianchi,  piante verdi e bacche rosse, cuoricini che danzano nello spazio chiaro, amarillis rosa e rossi.

Chiedo a Nicola quali sono i suoi fiori preferiti. Tra tanti sceglie gli amarillis. Lo sono anche per me, quelli rossi!!!

E’ un fiore che dura a lungo, spiega Nicola, e poi si sdoppia. E’ un fiore carnoso, vitale, allegro come l’estate, come il sole, come l’amore.

Gli chiedo che cosa legge. Per ora è tutto preso a leggere fiabe alla figlioletta.

Io vorrei che ci fosse una poltroncina di vimini per sedermi con un piccolo libro da sfogliare e lasciarmi travolgere dalla bellezza serena di questa fioreria. Il tempo sembra rallentare e posarsi con calma su ogni petalo ed ogni fiore ti riporta ai giardini, alle valli, ai boschi e ai prati.

Che meraviglia!

Sono contenta che un altro luogo gioioso sia per me il Libri & Caffè di via Galilei dove i “nostri fiori” colorati  sono i libri di cui parlare… all’Angolo-Papiro con il gruppo lettura  che si terrà lunedì 14 gennaio alle ore  17.00.

Attenzione: abbiamo anticipato di mezz’ora. Vi aspetto.

 

E a proposito…quali sono i vostri luoghi gioiosi qui a Trento?

 

 

 

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MARINA CVETAEVA E RAINER MARIA RILKE – LETTERE –

pubblicato da: Mirna - 10 Gennaio, 2013 @ 4:09 pm

Voglia di POESIA!

Desiderio di sorvolare sull’aridità di questi tempi e salire verso l’alto. Perchè è così che fa il linguaggio della Poesia: traduce la nostra realtà e la colora, la sospende, la smembra e la ricuce  e ce la ridà più variegata, talvolta oscura, altre sfavillante di scoperte. La Poesia è ascolto attento del mondo .

Come scrive Marina Cvetaeva essa “e’ una specie di muta melodia dentro la testa , una specie di linea sonora” che proviene dalle fibre stesse del’io e di ciò che ci circonda.

Nell’ultimo anno della sua vita Rainer Maria Rilke viene sollecitato  da Boris Pasternak ad inviare alla poetessa russa  Marina Cvetaeva un suo volume di poesie con dedica. E’ l’inizio di un intenso e appassionato epistolario che durerà  dal maggio al novembre 1926.

Già Marina lo ama, come ama la poesia. Per lei Rilke è la Poesia stessa. Ogni sua parola un’intenzione/intonazione, la totalità del pensiero. Replica immediatamente con impeto alla lettera di accompagnamento:

“Rainer Maria Rilke!

Posso chiamarla così? Lei, incarnazione della poesia, dovrebbe sapere che il Suo stesso nome è una poesia. Rainer Maria, ha una risonanza religiosa, e infantile, e cavalleresca. Il suo nome non si intona con i tempi d’oggi, viene dal prima o dal dopo – o dal sempre.”

Legge le sue Elegie a letto, la sera, e scrive “Il mio letto si è fatto nuvola”.

Con l’inizio di questa corrispondenza sembra chiudersi il cerchio delle tante amiche epistolari di Rilke. Sembra che nelle sei lettere inviate a Marina Cvetaeva ci sia qualcosa di definitivo. Anche lei, come Lou Andreas  Salomè , è russa, di quella terra che il poeta ha tanto amato. Ma soprattutto in lei sembra trovare  colei  alla quale  i suoi versi sono rivolti “la grande amante in tal misura ricolma del proprio amore da poter rinunciare all’amato” aveva egli infatti  auspicato nelle Elegie duinesi  “quel tempo in cui amando / resistiamo all’amato, ce ne liberiamo tremanti:/ come la freccia resiste alla corda per essere, raccolta / nel balzo, più di se stessa./

Ed ora, ricoverato nel sanatorio di Val-Mont in Svizzera, ritrova in questa giovane e veemente  poetessa russa  l’eroica amante cantata.

Sono lettere preziose queste dove l’amore per l’amore della Poesia si innalza a vette altissime. Ognuno sembra riflettere il proprio sè poetico nell’altro, è un’unione perfetta di due poeti dallo stesso afflato verso la creazione artistica che impernia tutta la loro vita.  Passione per la totalità dev’essere la Poesia e per entrambi lo è. Ricerca della libertà e della non-possessività, il proprio sè che si dissolve nel proprio oltre perchè i cinque sensi diventano immateriali e sensibili per ricevere la verità delle cose che imprimono il loro segno, riflette Rilke nei sonetti di Orfeo,  e Marina è pienamente d’accordo.

Nella postfazione di questo libro  (edizioni SE) Pina de Luca spiega che Orfeo-Rilke perviene a un simile risultato attraverso un duro e rigoroso esercizio; nella sinestesia raggiunta, i sensi non sono più mossi dall’impazienza del desiderio e neppure conoscono l’affanno del volere. Egli sa non desiderare, non volere Euridice ed è per tale rinuncia che l’estraneità di lei si descrive impalpabile nel suo udito come la sonorità stessa del silenzio.”

Marina è irruente nelle sue lettere e riesce a scuotere lo stanco e malato poeta, lo fa vibrare ancora di Poesia. Lui le  dedica una Elegia, l’ultima:

A Marina Cvetaeva-Efron

Oh, queste perdite nell’universo, Marina, le stelle cadenti!

Ovunque lassù ci lanciamo, verso quale mai stella,

nulla vi possiamo aggiungere! Già tutto è sempre

compreso nel tutto…

 

(Nel mio Blog  sono presenti due post: “Marina Cvetaeva, mia madre” di Ariadna Efron e “Epistolario Rilke-Salomè”, v. archivio )

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IL TEMPO E’ UN DIO BREVE di Mariapia Veladiano, ediz. Einaudi

pubblicato da: Mirna - 4 Gennaio, 2013 @ 8:48 am

Questo è un romanzo sul Dolore,  sulla Paura del Male, sull’Amore,  sulla ricerca della Fede, sul senso della Vita.

E forse più che un romanzo  queste pagine sono una continua Domanda su di noi e sul mondo. Un libro quindi da leggere lentamente come ho fatto io: quaranta, cinquanta  pagine al giorno seduta nell’angolo più caldo del divano nei pomeriggi silenziosi mentre il buio avanzava lentamente sovrastando l’alberello e le candele accese.

Ogni frase di Mariapia Veladiano è ricca di significati profondi, mai banalità nelle sue parole, tutto ha un richiamo nel profondo di noi, i suoi pensieri  ci donano  appigli verso una Spiritualità cosmica e necessaria.

Parole importanti, veicoli verso l’Altro e verso questo Dio invocato. Persino i nomi propri hanno una grande importanza e  sembrano custodire il segreto della vita di chi li porta.

Così Ildegarda, l’io narrante, ha sulle sue spalle il nome della santa medievale, esperta di scienze naturali, musicista, ideatrice di un linguggio unico che unisse tutti gli uomini, protettrice delle battaglie perchè la sua religiosità era  l’arma per scuotere gli animi e le coscienze. Santa Ildegarda si sente però “una piuma abbandonata al vento della fiducia di Dio“.

Ma la nostra Ildegarda, laureata in teologia, che lavora come editorialista per una rivista cattolica, sposata ed appena diventata madre di Tommaso, non riesce ad affidarsi, ad abbandonarsi alla Fiducia in Dio. Perchè vede il Dolore nel suo bambino che soffre, che  urla per una terribile dermatite che durerà alcuni mesi. E suo marito Pierre si è raggelato come una”pietra” per non vedere in suo figlio un  dolore che lo accompagna da sempre e preferisce  allontanarsi  da entrambi. E il Dolore sembra contagioso.

Ma ciò che sconvolge Ildegarda e mette in dubbio la sua Fede è il Dolore innocente. Perchè i bambini devono soffrire? Perchè Dio permette che ciò avvenga? La sofferenza degli innocenti ci tocca la parte più intima, ciò che eravamo, quando senza peccato vivevamo in un Eden di felicità. Senza il Male dunque.

Questo piccolo Tommaso che soffre, ed è brutto, ricoperto di croste rossastre sembra l’antitesi della Bellezza/Bene. Per Ildegarda il bene di Tommaso diverrà lo scopo della sua vita. Ma anche se il piccolo guarisce, la madre vive nel terrore costante che gli accada qualcosa di male.

Depressione? Male di vivere? Paura della Vita? E il Male, si chiede Ildegarda, è Felicità mancata?

Cerca di resistere al dolore dell’abbandono di Pierre, della Paura per Tommaso, del suo  improvviso Vuoto interiore. E tutta questa angoscia sembra inchiodata nel gelo immobile di un inverno della pianura lombarda, nella vecchia casa nobiliare del marito che ne è fuggito.

Ci sono secoli di mistica pseudocristiana del dolore dietro le sue fantasie di fare un patto con Dio: la sua  vita per salvare Tommaso dal Dolore, come un agnello sacrificale per il bene dell’Innocenza. Se Santa Ildegarda non è stata martire, questa moderna Ildegarda sembra volerlo essere.

Arrivata a metà del libro, quando Ildegarda con Tommaso in un bellissimo luogo puro di neve e atmosfera natalizia incontra Dieter, pastore luterano con il quale instaura un rapporto speciale, d’amore, di com-passione, di profonda  affinità , ho dovuto sospendere la lettura per un giorno. Dovevo rimescolare le mie  forti sensazioni .

La bellezza del luogo ci viene descritta da Mariapia Veladiano con delicatissima e struggente poesia: il candore, le cime dei monti che si elevano come cattedrali verso il cielo stellato, la sospensione della Paura, il conforto di una Fede più solida che Dieter le mostra.

Si sente attraversata da quella che i mistici chiamano “la vita divina che abita in noi”.

Pensavo: bene, così si sposerà con Dieter, andrà ad Heidelberg, Tommaso avrà un  nuovo padre attentissimo, insieme cercheranno il Signore e  insieme soffriranno molto meno. In fondo la vita è bella, occorre abbandonarsi ed avere fiducia.

Poi ho realizzato che non poteva finire in questo modo facile, perchè il percorso di Ildegarda aveva bisogno di più risposte. Come poteva offrire la sua  Vita quando non la sapeva vivere? Doveva cercare ancora, doveva diventare più battagliera come Santa Ildegarda, come Giuditta che uccide la Paura in Oloferne. La paura della paura.

Troppe sventure,  Ildegarda! E’ il titolo di una recensione di Filippo la Porta, ma ancora non l’ho letta, la tengo ripiegata tra le pagine del libro. Voglio continuare a riflettere, a cercare di comprendere questo personaggio che alla fine risulta coerente e che riesce a dare il senso cercato alla sua Vita. In  qualche attimo di assoluta felicità  comprende che le vengono regalati  ” pezzi di eterno”, come una promessa. Non più confusione, non più paura, ma accettazione, abbandono, fiducia.

Splendida Veladiano che mi fa rabbrividire, commuovere, che  mi  fa  entrare in quella parte di me digiuna di teologia, ma  colma di domande, di desideri, di scetticismo, ma che ha ancora  Fiducia nel Bene, nonostante tutto…

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