DIARIO D’INVERNO di Paul Auster, ed. Einaudi

pubblicato da: Mirna - 28 Marzo, 2013 @ 5:28 pm

«Pensi che a te non succederà mai, che sei l’unica persona al mondo a cui queste cose non succederanno mai e poi, a una a una, cominciano a succederti tutte, esattamente come succedono a tutti gli altri».

Questo è l’incipit del nuovo libro autobiografico di Paul Auster.

Mi piacciono i libri di ricordi e  riflessioni sulla vita. Già avevo letto l’intenso “L’invenzione della solitudine” (v.archivio) dove lo scrittore “ricompone” i sentimenti verso suo padre appena morto.

In queste pagine invece, all’indomani dei suoi 64 anni  e rendendosi  conto  di essere entrato nell’inverno della sua vita,  Auster ripercorre con meticolosità ogni suo  accadimento e sentimento. Scrive, scrive cercando di rivivere intensamente la vita vissuta tra gioie e amarezze, come in ogni altra vita.

E’ uno di quei romanzi che definisco “paralleli”, ogni sua riga  si accosta mentre la si legge a noi.  Si aprono dunque  anche i nostri ricordi  e le nostre sensazioni che si intrecciano  a stella, vanno e vengono.

Paul Auster  è uno scrittore prolisso e sembra confidarci tutto ciò che prova in questo momento della sua vita. Dai lontani ricordi infantili quanto la distanza dal terreno era così breve che gli faceva osservare con più attenzione la vita brulicante di fiori, formiche, erba (ah, io ricordo che passavo tanto tempo a guardare le formiche e le loro file disciplinate) ad ogni altra sensazione soprattutto legata alla fisicità. Perchè il corpo, strettamente intrecciato alla nostra psiche, racconta tanto di noi. Le sue cicatrici che gli segnano il viso, le spalle, le gaambe  rivelano che senza dubbio egli “ è un essere menomato e ferito, un uomo che si è portato dentro una ferita dalla nascita (altrimenti perchè avrebbe passato la vita a sanguinare parole su una pagina?)”. Il corpo sente più della mente e noi, ci suggerisce lo scittore, ci vedremo sempre  come qualcuno che  cammina a piedi  attraverso tanti luoghi e tanti  tempi.

Ci fa entrare in tutti gli appartamenti che ha cambiato, e sono tanti, da Manhattan a Parigi, a Brooklin, ognuno legato a pezzi importanti della sua vita, dalla prima moglie e il primo figlio, agli esordi come poeta e poi come romanziere e regista.

E’ un viaggio attraverso un’intera vita in cui i momenti salienti ci vengono raccontati con l’abilità del poeta e del narratore esperto. Struggenti le pagine centrali in cui viene  analizzato il suo rapporto con la madre. Bellissima la dichiarazione d’amore per la seconda moglie con la quale vive da trent’anni.

Vivisezionatore dell’animo umano questo Paul Auster che sollecita in noi la presa di coscienza del nostro “essere qui”, senza perdere una virgola del nostro contatto con la vita, anche nel nostro inverno. La vecchiaia da vivere come una nuova avventura.

L’altro giorno io e Stefania eravamo a Stoccarda, una Stoccarda  ammantata di neve soffice. Ospiti presso una coppia, appena fuori città. Ultrasessantenni, gentilissimi. Ci hanno offerto caffè è dolce nella loro piccola sala da pranzo  sul cui  tavolo bianco spiccava un mazzo di tulipani.

Lui era appena tornato da una passeggiata nel bosco vicino, un luogo bianco di fiaba, lei era uscita per comperare le uova di Pasqua per i nipotini.

Immagini di serenità e piccole cose, di un inverno che può essere dolce.

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BUONA FORTUNA di Barbara Fiorio, edizioni Mondadori

pubblicato da: Mirna - 24 Marzo, 2013 @ 7:09 am
  •  Che fortuna scegliere in biblioteca questo romanzo!  Appena leggo  che tra i personaggi  c’è un gatto che abbraccia tutti ne sono già conquistata.
  • “Un felino che si aggira per casa significa la presenza costante di qualcuno che, dotato di libero arbitrio, instaura con te un rapporto paritario e ti considera sua tanto quanto tu consideri tuo lui, che ti osserva, ti cerca e ti fa ridere, che non ti ama ciecamente, ma sceglie di amarti perchè ritiene che tu lo meriti, non solo a seconda della marca di crocchette che gli offri.”
  • Ma parla di Mimilla?
  • No, Margot la protagonista, ci parla di Diesel così chiamato perchè le sue fusa sembrano quelle di un motore. Lei e Diesel si fanno compagnia e coccole.
  •  Margot è  una trentottenne simpatica e bella che lavora come free -lance in una rivista  genovese, Mari & Monti.
  •  Avrebbe anche un fidanzato soprannominato  da lei Tormento perchè è spesso vittima di crisi esistenziali funeste ed è anche molto altalenante come presenza. Margot pensa di amarlo perchè sta con lui da tre anni. Ma si sta accorgendo che è molto diverso dal fidanzato che avrebbe voluto.
  •  “Ho quasi quarant’anni, un lavoro precario che mi cannibalizza la vita privata, un gatto malato e non sono sicura di avere ancora un fidanzato…” riflette malinconicamente  all’inizio della storia.
  • Ma poi succede qualcosa: la conoscenza con Caterina una speciale  ottantenne che gestisce una ricevitoria. La incontra perchè deve scrivere un articolo su ciò che succede nella Genova vecchia, deve parlare delle piccole vite delle persone che giocano al lotto. Inizia così un’amena descrizione  di personaggi  particolari ed affascinanti, mentre si consolida il rapporto tra l’anziana signora e la giornalista.
  • Intorno una Genova ventosa, che sembra precaria anch’essa: è una città di mare dove tutto muta ogni giorno.
  •  Che bellezza girare nei vicoli del porto, dalla famosa via Prè al forno storico di via Ravecca.  E vico Castagna dove al n. 4 c’è la stanza dal soffitto viola cantata da Gino Paoli.
  • E leggere dei piatti che anch’io conosco così bene come la farinata, la focaccia, i polpettoni di verdure.
  • Barbara Fiorio ha una grazia elegante ed avvincente  nel descrivere luoghi e persone e sentimenti.
  • Come fa un racconto ironico e divertente commuoverti così spesso?
  • Perchè c’è attenzione per l’altro, c’è sete di giustizia, c’è il desiderio di essere Zorro- la maschera preferita di Margot- per aiutare gli altri.
  •  E sebbene  lei si dice …”non ho mai pensato di essere uan vera altruista. Mi considero piuttosto  un’egoista, col senso di protezione selettivo, una che se inciampa in qualcuno che la conquista, lo adotta. O si fa adottare.” … riuscirà  a scoprire chi ha ferito e accusato ingiustamente Caterina.
  • Barbara Fiorio, nata a Genova nel 1968, formazione classica, studi universitari in graphic design, un master in marketing communication, ha lavorato per oltre un decennio nella promozione teatrale ed è stata la portavoce del presidente della Provincia di Genova.
    Tante passioni e due, in particolare, la accompagnano fin da quando era una bambina: leggere e scrivere. Ha pubblicato il saggio ironico sulle fiabe classiche C’era una svolta (Eumeswil 2009) e il romanzo Chanel non fa scarpette di cristallo (Castelvecchi 2011)
  • ATTENZIONE.
  • mercoledì 27 marzo alle ore 17,30 incontro gruppo-lettura all’angolo Controvento di via Galilei
  • :

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21 MARZO, GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

pubblicato da: Mirna - 21 Marzo, 2013 @ 5:51 am

Ed è primavera: l’attesa dello schiudersi nuovamente della vita nel suo pieno fulgore. Giardini addormentati come il mio giardinetto a fasce sono percorsi da brividi e sussulti .

Il  mio glicine

si appoggia al suo risveglio

stanco d’inverno

La voce della poesia sembra trovare più vigore in Primavera. I nostri sentimenti e le nostre sensazioni assopite si caricano di nuove energie.

C’è bisogno di Poesia, sempre.

Dobbiamo sentire  le sue  parole che  si sciolgono in bocca come miele o  graffiano come chiodi per dilatare la comprensione del mondo e di noi stessi. Quante volte abbiamo declamato i versi più belli e più struggenti dei nostri amati poeti!  Quante volte noi stessi abbiamo  scritto parole che sembravano racchiudere con più forza il nostro sentire.

Credo che il Poeta  faccia da tramite tra la realtà esterna infinita e misteriosa e la vita interiore delle persone. Talvolta bastano poche parole per accendere “d’immenso” gli attimi fuggenti del Tempo.

Per questo amo gli haiku: frammenti lirici che in poche parole esprimono verità eterne

languore d’inverno

nel mondo di un solo colore

il suono del  vento

 

in mezzo al campo

il canto libero

dell’allodola

 

Questi ultimi due sono del giapponese  Matsuo Basho (1644-1694), seguace e praticante del Buddhismo zen.  La sua vita avventurosa ci viene raccontata in splendide prose e poesie. Ma Basho cercò sempre nuovi stili d’ispirazione per raggiungere la perfezione artistica, la dimensione in cui vita e arte fossero armonicamente fuse. Raggiunge una sua esigenza estetica nell’hakai:

la mistica serenità, la guida, la sottigliezza, la leggerezza.

In appena tre versi di 5-7-5 sillabe l’haiku ci dona un mondo.

Anche  lo svedese Transtromer, premio Nobel per la poesia, ci ha lasciato bellissimi haiku. (v.archivio)

Trovo che in questo mondo prolisso che si estende in mille e mille forme di comunicazione ripetitiva ed esagerata  l’essenzialità dell’haiku –  delle  sue poche parole illuminanti e significative – sia più efficace.

A prescindere dalle parole e dalla metrica  studiate a tavolino  come facevano  Sylvia Plath e tanti altri poeti della vecchia scuola e  che io amo leggere,  trovo  talvolta più emozionante   l’intuizione immediata di un  Poeta che per sua natura è il filo diretto tra noi e  una dimensione metafisica.

Emily Dickinson rimane quindi  per me  la sacerdotessa privilegiata di questo dono.

Ebbrezza è il procedere alla volta del mare

di un’anima cresciuta in terraferma.

Oltre le case, oltre i promontori –

nell’eterno, profondo

L’anima essendo dannata a essere

soprattutto un’avventura in se stessa –

assistita da un unico veltro

la sua stessa identità.

 

 

 

 

 

 

 

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ANGOLO CONTROVENTO in un pomeriggio di marzo

pubblicato da: Mirna - 19 Marzo, 2013 @ 8:17 am

Gradevole e rassicurante in questo clima politico incerto e difficile rifugiarsi in un angolo nel bar Lbreria e parlare delle nostre letture. Le quote azzurre salgono: si unisce a noi anche Danilo Silvestri che ama leggere saggistica. Lui e Riccardo trovano molti punti in comune, molte tematiche storiche e politiche  alle quali interessarsi.

Riccardo ci illustra il saggio di Gaetano SalveminiLe origini del fascismo in Italia  e fa parallelismi  inquietanti  con la situazione attuale. C’è da discutere parecchio.

Rifaccio la solita domanda: la saggistica piace più agli uomini? Perchè  molti di loro non ricercano l’evasione nel romanzo, come noi donne amiamo fare? Danilo ha una sua teoria:  noi donne  lavoriamo sicuramente di più degli uomini, siamo occupate in molteplici occupazioni, siamo forse più aperte a svariate situazioni …  per cui ci piace “entrare “  anche nella vite di altri, vere o inventate.

In fondo un romanzo rispecchia sempre una situazione reale sia esterna che intima.

Maria Bona ha letto   “Una strana Coppia” la storia di una lunga amicizia tra Annamaria Gelmi e il critico Luigi Serravalli.

Scrive la Gelmi:

Se penso a Luigi penso a una persona “grande” in tutti i sensi. Per trent’anni la sua figura ha accompagnato il mio percorso artistico ed è entrata nella mia vita famigliare. Legati da un profondo affetto abbiamo avuto momenti di perfetta sintonia alternati a burrascosi allontanamenti, senza mai intaccare però la nostra amicizia di fondo….

Sono passati dieci anni dalla morte di Luigi, sono successe molte cose, viviamo in un mondo dove tutto passa e si dimentica. Ho pensato che sarebbe stato bello ricordarlo e ricordare insieme l’amicizia che ci legava raccogliendo alcuni suoi scritti sul mio lavoro, pubblicati su quotidiani o riviste, e alcune lettere dove traspare con chiarezza tutto ciò che era “il Luigi”: filosofico quanto basta, ironico, sarcastico, critico, godereccio, buono e cattivo insieme ma sempre “grande”.

E così è nato questo libretto che non ha nessuna pretesa di completezza e non esaurisce certo il personaggio, ma è un piccolo omaggio da parte di una allieva, amica, complice di bisbocce e di buone letture. Spero che possa piacere a qualcuno e far sorridere un pò tutti quelli che lo hanno conosciuto nella sua straripante vitalità.”

Raffaella condivide il mio entusiasmo per “Miele” di Ian MacEwan. e ci consiglia  di leggere l’ultimo romanzo di Alice Munro

Chi ti credi di essere” . Lo cercherò.

Maria Grazia sta leggendo “Prigioniera del silenzio” di Salvatore Accardo dove la prigioniera del silenzio è la città di Bari che si ritrova ancora con il teatro Petruzzelli non usufruibile. Ci chiediamo con tristezza del perchè l’educazione musicale  sia così negletta nel paese di Rossini e Verdi e…

Ci si accalora, si parla di attualità, di fede,  della Bibbbia.

Si scherza, si beve un caffè, si cercano altri libri negli scaffali, insomma si sta insieme a condividere la passione  per la lettura, mentre le ore scivolano lentamente nell’incipiente sera.

 

 

 

 

 

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L’UOMO CHE VOLEVA ESSERE FELICE di Laurent Gounelle

pubblicato da: Mirna - 17 Marzo, 2013 @ 7:54 am

E chi non vuole essere felice? Credo che ognuno di noi nel suo percorso esistenziale cerchi di diventare consapevole di ciò che è e di ciò che vuole  per vivere  nel miglior modo possibile.

C’è un  grande desiderio in noi –   in questo periodo di crisi -  di  profondo rinnovamento e cambiamento di rotta.  Poniamo fiducia nel nuovo Papa, nella sorpresa dell’elezione dei  due presidenti della camera che, a prescindere da una strategia politica, ci fanno conoscere meglio due persone ancora colme di  ideali.

Ideali e valori etici sono senza dubbio la struttura per poter essere felici. Ma come si può definire una vita riuscita?

Laurent Gounelle ce lo spiega attraverso le parole dello sciamano balinese presso il quale si reca  il protagonista di questa storia :

Una vita riuscita è una vita vissuta conformemente ai propri desideri, agendo sempre in accordo con i propri valori, dando il meglio di se stessi in ciò che si fa, conservando l’armonia con ciò che si è e, se possibile, una vita che ci ha permesso di superare noi stessi, di consacrarci ad altre cose oltre a noi e di portare qualcosa all’umanità, anche  un piccolo contributo. Una piccola piuma d’uccello affidata al vento. Un sorriso.”

Le pagine di questo libretto si leggono velocemente e facilmente: in fondo  i concetti espressi sono abbastanza ovvii, ma vedere espressi in parole scritte i nostri pensieri spesso ingarbugliati ci aiuta a prendere coscienza di quanto si può fare per la nostra “felicità“.

In sostanza il più grande consiglio che il vecchio saggio ci regala è quello di non rimanere ancorati alle “credenze” nate e cementate durante i nostri primi anni di vita. Ma essere pronti a smontarle, se necessario,  insomma ad essere elastici.

Il nostro atteggiamento, la nostra visione della vita, le nostre “credenze” condizionano ovviamente il rapporto con gli altri. Se abbiamo fiducia nella vita vedremo più apertura e sorrisi in chi ci circonda. Se temiamo il pericolo o siamo diffidenti verso gli altri  ritroveremo riflessa intorno a noi questa chiusura,.

Senza scomodare il saggio balinese ripenso alle pragmatiche parole di mia nonna Bianca che diceva: “Chi è capace crede capace”. Nel bene e nel male!

Laurent Gounelle analizza il nostro rapporto con la malattia e la guarigione  citando passi del Vangelo di Matteo; ci fa riflettere sul denaro; ci sprona a scegliere come fa con l’incerto insegnante che vorrebbe cambiare vita, ma non se la  sente di abbandonare rassicuranti abitudini :

Se lei non rinucia a niente, evita di scegliere. E quando ci si astiene dallo scegliere, ci si astiene dal vivere la vita che si vorrebbe”

Insomma portandoci nella profumata isola di Bali, luogo di vacanza  e di sospensione  lo scrittore  ci invita a fermarci a riflettere e a “rimescolare”  le nostre certezze e i nostri dubbi.

Noi siamo ciò che pensiamo: Costruiamo il nostro mondo, con i nostri pensieri.” diceva Buddha

 

Sperling Paperback

 

 

 

 

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MIELE di Ian McEwan, ediz. Einaudi

pubblicato da: Mirna - 14 Marzo, 2013 @ 7:07 am

Ritornare nella Londra anni Settanta, quella di Carnaby Street, delle minigonne e dei Beatles e per me un “ritorno a casa”. Uno dei periodi più belli e spensierati della mia  vita  è stato proprio  quello trascorso  in Inghilterra. Certamente in  una veste diversa da quella di Serena Frome , la protagonista di Miele, che si trova a lavorare  all’MI5,  il British Security Service, il controspionaggio inglese.

Sebbene in un tardo pomeriggio mentre Giuliana ed io eravamo in un pub di Berkeley Square  capitò  che un  maturo signore  elegante ci chiese – non so perchè – “Are you working for the Governement?”  Forse ci trovavamo nei pressi del Bureau? Forse avevamo un’espressione un po’ misteriosa?  Che bello sarebbe stato , invece di essere au-pair girls, lavorare per il Governo!

Serena si trova all’MI5 grazie all’interessamento del suo maturo amante Tony  scomparso da pochi mesi in modo sospetto. E siccome il suo incarico  nell’operazione Miele le è  stato conferito per la sua voracità  di lettrice,  lei si sente appagata e felice .

Serena, figlia di un Vescovo, è  stata spinta dalla madre a laurearsi in matematica , ma la sua vera passione è la letteratura.  Ora dovrà giudicare se Tom Haley è uno scrittore che può servire la causa occidentale trasformadosi con i suoi  scritti  in inconsapevole agente della propaganda anticomunista.

Ma a prescindere dalla trama di spy-story dove compaiono anche personaggi realmente esistiti come lo scrittore Martin Amis, l’editore Tom Maschler, il critico Ian Hamilton questo bel romanzo di McEwan è una storia d’amore. Di amore per l’amore come è ovvio che sia tra i giovani, e  Serena, bella e bionda ventiquatrenne, si innamora facilmente fintanto che non trova il grande amore proprio in Tom Haley che scrive con passione.  Ma c’è anche un altro grande amore: quello per la LETTURA  e per la SCRITTURA.

Serena è una lettrice vorace, adora ritrovare qualcosa di sè nei romanzi che legge “bramavo un’ingenua forma di realismo. Aguzzavo l’attenzione, stiravo il mio collo di lettrice, ogni volta che veniva menzionata una strada di Londra…volevo trovare fra le mani un romanzo su una ragazza in un monolocale di Camden con un umile impiego nell’MI5 e senza un uomo”

E prosegue “Mi accomodai in poltrona, inclinai la nuova lampada da lettura e tornai al mio segnalibro…Avevo una matita pronta all’uso…il mio sogno si era avverato: stavo studiando letteratura!”

Conferma al Bureau che Tom Haley è un bravissimo scrittore e che lo seguirà nel suo lavoro, senza naturalmente rivelare il suo incarico. Ma i due si innamorano complice l’amore per la letteratura e la poesia di Spenser. Bellissima la parte centrale dove i due si conoscono sempre più a fondo tra visite alla National Gallery e disquisizioni sulla poesia..

Miele mi riporta ad alcuni romanzi della Byatt, come Possession e La Torre di Babele  dove gli avvenimenti dei protagonisti si intrecciano con le storie raccontate all’interno.

In un’interessante e imperdibile intervista con Marta Perego, McEwan dice:

«Serena ama le storie che hanno un cuore, che riflettono il mondo in cui lei vive. Io ho molta sintonia con questa visione. Tom, che è uno scrittore ama i trucchi letterari, i giochi di parole, ama Calvino, Borges, Pynchon. E io condivido anche questo. In questo libro hovoluto unire i due elementi anche perché dal romanzo, oggi (quarant’anni dopo le sperimentazioni degli anni Settanta) vogliamo entrambe le cose: una storia che ci faccia sognare e una sostanza letteraria che faccia pensare».

Ecco perchè ho amato questo romanzo di  Ian McEwan.

 

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AI PIANI BASSI di Margaret Powell, ediz.Einaudi

pubblicato da: Mirna - 11 Marzo, 2013 @ 7:27 am

Ricordate il film Gosford Park di Altman dove vengono raccontate le storie dei proprietari aristocratici e della  loro servitù? O lo sceneggiato Downton Abbey? Ebbene è stato proprio questo  romanzo autobiografico a suggerire di portare sul grande e piccolo  schermo le vite parallele di due ben distinte classi sociali. Eh, sì nella mia amata Inghilterra le distinzioni sociali sono ancora percepite.

Negli anni Settanta sono stata a Londra ospite alla pari  per un anno presso una famiglia della piccola borghesia. Mi sono trovata benissimo, ma ricordo il mio stupore, un giorno, quando l’idraulico vene a riparare un guasto in cucina. Gli venne ovviamento offerto a cup of tea, ma in una tazza riservata alla working class. Per me sarebbe stato ovvio offrirlo nelle stesse tazze usate da noi quotidianamente.

Figuratevi all’inizio del secolo quando Margaret Powell a quttordici  anni iniziò a lavorare come sguattera in dimore lussuose!. Due mondi completamente diversi e distinti, quella dei “padroni” –  LORO –  come vengono definiti dalla servitù, e i sottoposti, persone considerate non all’altezza di apprezzare confort o cultura.

Vita durissima il lavoro di sguattera in cucine degli anni Venti, senza elettrodomestici o detersivi moderni, e sensazione di essere un nulla sentendosi all’ultimo gradino della classe sociale.

Margaret Powell è però una donna forte, lavora e osserva più con ironia che con con vittimismo i limiti di una classe aristocratica per lo più gretta ed arroccata ai propri privilegi che la fanno sentire superiore ai più.

Margaret vuole migliorare e sa come fare, vuole diventare cuoca, la “regina” della cucina e ci riesce. Migliora un po’ la qualità della sua vita. Può avere una cameretta tutta per sè, un materasso migliore di quello riempito di paglia, un po’ di ore libere per poter anche leggere.

Interessante conoscere il modo di lavorare e di vivere della lower class e interessante soprattutto perchè raccontata da chi ha vissuto questa esperienza sulla propria pelle. In una famiglia le facevano persino stirare le stringhe per le scarpe!

Non un racconto immaginato e forse edulcorato da qualcuno che crede di poter capire ciò che possono aver provato le persone “serve” di altri.  A questo proposito mi vengono in mente “Quel ch resta del giorno” o “Angeli e insetti” della Byatt, bellissimi romanzi.

Le memoires di Margaret Powell sono scritte in modo semplice, ma proprio per questo risultano veritiere ed avvincenti.

Margaret poi si sposa con un lattaio, smette per un po’ di lavorare per accudire la famiglia ed i figli. Riprenderà ad andare a servizio  quando il marito è richiamato alle armi.

Infine a sessant’anni decide di scrivere le sue memorie. Nel 1968 viene pubblicato questo suo primo libro che diventa un immediato successo. Quando muore, nel 1984, lascia un cospicuo patrimonio.

Una donna forte che non si è lasciata schiacciare!

 

 

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8 MARZO …PER PARLARE DI DONNE

pubblicato da: Mirna - 8 Marzo, 2013 @ 9:54 am

 Verona.

Nel cuore della città antica c’è via Santa Felicita 13.

Di fronte all’omonima chiesetta  – dove una volta suonò Mozart – c’ è Il Circolo della Rosa, uno degli spazi culturali più conosciuti a Verona. Nato nel 1992 per iniziativa di 50 donne col progetto di promuovere una libera circolazione dei saperi femminili, il Circolo è  luogo di espressione culturale e di incontri conviviali; è un  centro di diffusione della creatività  e del pensiero femminili. La scrittrice  Maria Cannata, autrice de La luna e la figlia cambiata, è fra le socie fondatrici  e attuale Presidente.

Due giorni fa nell’ambito della Manifestazione “Ottomarzo. Femminile, Plurale” promossa dall’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Verona,  abbiamo avuto l’occasione di assistere al Recital pianistico  di Stefania Neonato (mia figlia).

In programma “Femmes de legende“, con brani di due compositrici francesi Melanie Bonis (1858-1937) e Cecile Chaminade (1857-1944).

Sotto una leggera pioggerellina di marzo noi della “delegazione trentina” ci addentriamo in un angolo poetico e suggestivo della città: Ponte Pietra, Santa Anastasia, piccoli caffè e trattorie fra cui una suggestiva “Alcova del Frate” per giungere alfine in questa magica via, Santa Felicita 13 ed entrare  con Giuliana Savelli in un ancor più magico luogo,  caldo, vagamente misterioso e denso di energia e voci.

Pietre a vista, antico caminetto, soffitti lignei, salotto, tavoli, dipinti e profondo afflato di … animo femminile. Maria mi spiega che anche una sciamana siberiana, ospite tempo fa del circolo, aveva percepito nelle stanze  un’intensa energia positiva.

Stefania “sente” questo calore e si prepara per il suo recital.

Prima ci racconta un po’ della vita delle due compositrici :

Cecile Chaminade,  pianista e compositrice francese fu ben conosciuta per i suoi recital pianistici. All’ età di otto anni Cecile ha cominciato a scrivere musica da chiesa. Ha studiato sotto Godard, famoso insegnante di quel tempo. I suoi numerosi lavori, contemplando diversi generi musicali, attirarono l’ attenzione del pubblico; Cecile Chaminade tenne molti concerti in Francia e in Inghilterra dove ebbe il suo debutto nel 1892 e dove la sua musica fu molto apprezzata. Nel 1908 andò negli Stati Uniti ed anche lì ebbe molto successo. Nel 1913 ottenne la Legione d’ Onore, l’importante riconoscimento francese, assegnato per la prima volta ad una donna.

Mel Bonis frequentò il conservatorio di Parigi e fu compagna di studi di   Debussy. Osteggiata nei suoi studi dalla famiglia venne obbligata a seguire  i dettami del matrimonio borghese. Ciononostante continuò a comporre lasciandoci un cospicuo catalogo di opere pianistiche e di musica da camera.

8 marzo.

Come spiega Maria non è la festa delle donne perchè le donne hanno sofferto tantissimo e continuano a soffrire,  meglio ricercare in questa data una celebrazione di tutto ciò che siamo e che facciamo.

Dal pianoforte  intanto sgorgano la  malinconia,  la passione,  l’ alienazione e i  silenzi di Ofelia.

Mel Bonis riesce a trasmetterci  lo smarrimento del personaggio di Shakespeare, la sua incapacità di gestire l’esistenza. La sua musica evoca l’annullamento e la morte per acqua.

Desdemona uccisa per folle amore - così tristemente attuale – ci viene raccontata con note semplici e ingenue, come era lei.

E Salomè?  L’aspetto sensuale e violento del femminile  viene evocato con passione sia dalla compositrice che dall’interprete.

Ma tanti altri personaggi del mito e della leggenda come Viviane, Phoebe, Omphale vengono “ritratte” in musica , tutte come tessere del mosaico dell’eterno femminino.

In fondo siamo ancora  tutte un po’ Desdemona che ci illudiamo di essere comprese dagli uomini?  Siamo  Phoebe con  la sua energia lunare? O  Mélisande con il suo desiderio di amore?

Forse siamo un po’ di tutte.

Certamente l’altro giorno al Circolo della Rosa  noi tante donne attente e  sorridenti – c’erano anche tre uomini però! - abbiamo condiviso alcune ore dense e ricchissime di emozioni. Le nuove conoscenze sono già diventate amiche… perchè cosa c’è di più bello che le affinità, l’arte  e il convivio?

La delegazione trentina (io e Stefania, Anna,  Cristina, Laura, Maria Teresa, Mary, Maria Letizia e Francesca) felici e sazie –  non solo degli ottimi piatti del rinfresco -  ma di consonanze e   di affettuosità,  siamo tornate a casa cantando…sotto la pioggia!

Grazie Maria!

 

 

 

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INTERMEZZO BOLZANINO…tra un libro e l’altro

pubblicato da: Mirna - 4 Marzo, 2013 @ 5:01 pm

Trovo che talvolta occorra uscire dal tran tran quotidiano e inventarsi qualche ora di spensieratezza,  piccole occcasioni di riso e allegria, un “viaggio” leggero e sospeso su fili di condivisione e…cinguettii.

Eh. sì …cinguettii. Perchè ora è stato “fondato” anche un piccolo “club delle allodole”. Laura l’ha denominato così perchè anche lei  come me e Sandra ama il mattino. Credo che  il sentirsi fresche e giulive all’inizio del giorno sia  una caratteristica  di molte .

Al mattino viene la gioia” recita il titolo di un romanzo di Betty Smith ed io mi ci ritrovo. Se verso sera il languore mi assale e guardo al sofà come  il  posto a me più congeniale , il mattino è sempre l’inizio di una pagina bianca della nostra vita da riempire e dipingere.

Però ci sono anche le civette, coloro che si vivacizzano di sera.  Che cosa siete voi?

Si gioca quindi con le parole, con i sorrisi e con la voglia di trasformare una semplice visita a Bolzano per  alcune commissioni, come comperare un cappellino, cialde caffè, biscotti e pane, in  un’occasione speciale.

Giovedì 28 febbraio dunque : Una lunga mattinata di fine inverno a Bolzano mentre nel cielo variabile e nei colori della frutta  serpeggia un primo brivido di primavera. Si assapora un languido primo tepore nella piazza principale  sotto gli occhi del Minnesanger Walther von der Vogelweide,  e poi più prosaicamente si gusta  un buon caffè con brioche al bar della Loacker.

Sotto i portici nell’antica cappelleria Rizzolli proviamo e riproviamo cappellini deliziosi e facciamo foto agli angoli più suggestivi di questo negozio affascinante.

Foto ovunque per dilatare, vivere più volte lo stesso istante e renderlo indelebile. Golosità di vita? Anche i momenti che sembrano semplici, forse banali possono essere resi speciali dal desiderio di letizia!

Bolzano è allegra, colorata come le scatole dei biscotti della Loacker, i negozi ci invitano ad entare e a …comperare. Lo strudel del bar Monika è delizioso e il nostro desiderio di “vacanza” dell’anima ci spinge fino al Talvera dove …ci si può arrampicare  persino su un alberello…

Se per Romeo e Giulietta il canto dell’allodola è  il termine della loro notte d’amore , il cinguettìo che fa terminare il loro  sogno e rientrare nei limiti del quotidiano  …per noi è l’incentivo per “saltellare”, metaforicamente parlando, nel cuore di un nuovo giorno.

 

“Che cosa contraddistingue una giornata perfetta? Forse nella concretizzazione delle aspettative che avevi minuziosamente pensato e organizzato? Può darsi di sì ma è anche vero che non sono gli eventi che cambiano il nostro modo di vedere le cose ma è la nostra capacità di dare a dei semplici gesti la “joie de vivre” che ci aiuta a vedere e apprezzare le cose in modo diverso.

Una gita a Bolzano, una Mostra a Verona, un caffè sorseggiato sedute ai tavolini del bar sotto il sole primaverile, la programmazione di un’escursione e, soprattutto, la condivisione che amplifica anche il più semplice degli avvenimenti.

…ma il cappellino anni trenta che avevamo individuato e calzato entrambe……me lo sono aggiudicato io!!!!!!

Laura”

 

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STONER di John Williams, Fazi editore

pubblicato da: Mirna - 1 Marzo, 2013 @ 7:18 am

Chi è Stoner? Quest’uomo che ha un nome che sembra di pietra (stone)? E’ un insegnante universitario che si è ancorato al baluardo dell’istituzione universitaria e che ha trovato il conforto alla sua vita difficile nello studio e più specificamente nella letteratura inglese.

William Stoner nasce in una  povera famiglia di contadini   -  su una terra arida, tra vacche magrre e  galline vecchie che fanno uova piccole – ma che riesce con grandi sacrifici ad  iscriversi  alla facoltà di Agraria dell’università di Columbia .

Presto però  scopre  la sua passione per la letteratura seguendo  un corso del professor Sloane.  E’ un sonetto di Shakespeare che apre uno squarcio nella sua mente e nella passiva accettazione del suo destino . La sua visione del mondo si apre finalmente.  Si trasferisce  immediatamente  alla Facoltà di Filosofia e Storia antica dove la cultura non solo nozionistica gli apre il pensiero  e gli fornisce  una dimensione completa e più  consapevole del proprio sè.

Potenza  della letteratuta che riesce a cambiare il mondo.

William Stoner è un eroico antieroe se mi si può passare l’ossimoro. Eroico perchè riesce a rimanere sempre se stesso nonostante i suoi due antagonisti; antieroe perchè  è un uomo qualunque chiuso in un mondo circoscritto dalle colonne del campus e dagli scaffali dei libri.

Chi sono i suoi antagonisti? Innanzitutto Hollis Lomax  direttore del dipartimento  che per tutta la sua vita lavorativa  lo terrà confinato in un ruolo accademico più modesto. Lomax lo odia per non aver appoggiato un suo protetto – storpio come lui -  e mai gli perdonerà questa offesa che sente rivolta a se stesso.

E l’altra antagonista che lo tiene relegato nell’infelicità è sua moglie Edith di cui  Stoner  si era  innamorato a trent’anni. Lo  avevano incantano il suo pallore e  quelllo sguardo indifferente e chiaro. Ma Edith è fredda, distante, frigida e lo detesta in quanto “colpevole” della sua stessa infelicità. Nasce Grace, in uno dei pochi amplessi iniziali, Grace, succube anch’essa di un rapporto senza calore .

Stoner rimane solido, ancorato allo studio, all’università che è la sua vera casa, anche  quando deve  rinunciare ad un ‘inaspettata  e appassionata storia d’amore con Katherine Driscoll, una sua allieva. Ha già 43 anni, il dolce e timido rapporto con sua figlia Grace gli è stato strappato con acrimonia dalla moglie Edith, ma per alcuni mesi Stoner vivrà con Katherine in un caldo mondo in penombra dove entrambi portano la parte migliore di se stessi e da dove il mondo esterno sembra  falso ed irreale

la loro felicità era tale che non avevano bisogno di parlarne, e neppure di pensarci. Nel piccolo appartamento di Katherine, nascosto come una  caverna sotto a quella vecchia casa, gli sembrava di muoversi fuori dal tempo, in un universo atemporale scoperto solo da loro.”

Inizia un declino precoce per  William Stoner che non supera mai il grado di ricercatore, ma la cui passione per l’insegnamento della letteratuta inglese  aleggerà, dopo la sua morte,  come una leggenda.

Nel 1956 Stoner muore. Il suo ultimo sguardo dal lettino posto sulla veranda coperta è per un gruppo di studenti  che attraversa il prato illuminato dal sole. “Camminavano leggeri sull’erba, quasi senza toccarla, senza lasciare tracce del loro passaggio“.

Parole che commuovono lo scrittore  Peter Cameron autore di una  postfazione  che elogia questo straordinario romanzo scritto in una prosa perfetta e accattivante e che riesce ad appassionare il lettore molto più che una storia di avventure ed azioni emozionanti.

La vita di Stoner che si conclude con lo sguardo sul campus e con la carezza al suo unico libro pubblicato ha una sua ragion d’essere. Una piccola parte di lui,sapeva, sarebbe rimasta per sempre impressa in quelle pagine.

Una morbidezza lo avvolse e un languore gli attravesò le membra. La coscienza della sua identità lo colse con una forza improvvisa, e ne avvertì la presenza. Era se stesso, e sapeva cosa era stato.”

 

 

 

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