TRENTO DA …LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 21 Gennaio, 2012 @ 9:49 am

 Voglia di Veladiano.

 Come scrittrice e come persona. Il successo de “La vita accanto” va di pari passo con l’entusiasmo  che tutti i Trentini hanno provato nel conoscere questa  straordinaria persona modesta nell’atteggiamento, misurata nel porgersi, attenta e penetrante nel relazionarsi con ognuno di noi.

Non è questo che desideriamo in questo mondo frettoloso, superficiale, colmo di anti-valori in cui spesso ci sentiamo inadeguati, appena appena appesi alla zattera che veleggia verso il successo, l’apparenza, il denaro, il protagonismo?

Se condividiamo il pensiero e la weltanshauung di Mariapia Veladiano siamo rassicurati ed ancor più lo siamo perchè lo leggiamo nei suoi scritti….quindi è vero…anche i deboli, i “brutti”, i timidi, i non prepotenti ed aggressivi possono essere salvati e  gratificati. Certo dagli altri, purtroppo pochi, ma bastano pochi “giusti” per dare speranza e senso alla Vita e da noi stessi con la forza persino dei nostri dubbi, ma con la consapevolezza che la Bellezza non è  solo quella esteriore.

Sì, abbiamo bisogno di più persone come Mariapia Veladiano che guarda ognuno di noi con attenzione, con sguardo diretto instaurando immediatamente un canale di reciprocità che ci fa sentire privilegiati. Perchè siamo Noi, perchè ognuno di noi è un piccolo mondo con una sua storia da raccontare e da condividere. Perchè siamo unici.

Perchè quando le parlai per un attimo provai la gioia di entrare immediatamente e completamente in sintonia con lei?

Senza sovrastrutture nè pseudo borghesi, nè di complimenti obbligatori, nè di sicumera, nè di possessività…ma sensazione di trasparenza, sorridente chiarezza, piacere di intrecciare pensiero con pensiero, voglia di diventarle amica.

Sì, voglia di Veladiano e di persone come lei.

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I LUOGHI PIU’ LONTANI di Per Petterson

pubblicato da: Mirna - 19 Gennaio, 2012 @ 2:14 pm

Quando prendiamo un libro in mano ed iniziamo pagina dopo pagina a leggerlo entriamo nella vita di altre persone, sia reali che immaginarie. La domanda che spesso mi pongo è che cosa mi attrae di quella storia che mi fa continuare la lettura: è che lentamente i miei  pensieri e le mie aspettative si intrecciano con il linguaggio e la mente dello scrittore. Come in questo caso.

 Un uomo, Per Petterson, racconta in prima persona la vita di una donna danese.

 Siamo nel nord della Danimarca,  nello Jutland?  Certo nel luogo più lontano da Copenhagen. Un luogo che non viene nominato per sottolinearci forse quel nulla da cui iniziamo a  formarci e che non riusciamo a definire.

Se avete voglia di immergervi nel vento salmastro del mare del Nord e in cittadine dal nome duro e graffiante come Skagen  o altre questo è il vostro libro. Vien voglia di aprire l’atlante e di ripassare geografia. Se avete voglia di ritmi lenti e di soste, – un libro della sosta un critico lo ha definito -  questo è per voi.

C’è una bellisima descrizione di una gita a Skagen da parte della famiglia della protagonista allora appena dodicenne dove un vento gelido avvolge e aggredisce tutti “sentivamo il vento sbattere contro ogni cosa si trovasse sulla strada su cui camminavamo, stretti l’uno all’altro come una famiglia in fuga dalle cannonate“, ciononostante per la ragazzina rimarrà un ricordo indelebile, incorniciato come tante altre immagini  che riaffiorano raccontate al presente nella narrazione generale della sua vita.

Tanti quadri intensi come la notte trascorsa con l’adorato fratello maggiore nella stalla alla ricerca di brividi avventurosi o la serata nell’osteria Vinkiaederen per riportare a casa il nonno ubriaco.

Vita dura , fredda. La ragazza bruna,  muscolosa forte come i nomi delle località danesi ha un sogno: andare in un luogo lontano, come   la Siberia  che lei idealizza come un luogo “caldo”  dove  realizzare il sogno comunista di suo fratello Jesper che a sua volta desidera andare lontano lontano, in Marocco. Jesper, sua stella polare, suo grande “amore”.

 Entrambi vorrebbero fuggire da  un eterno inverno interiore, da  un padre che non vuole mai sorridere e da una madre distratta che se ne sta per ore al piano a suonare e cantare salmi.

Intanto la vita di questa ragazza , di cui non conosceremo mai il nome prosegue. Si arriva all’invasione tedesca  e all’odio per i nazisti , ai lavori in Svezia e in Norvegia.

Che particolare creatura è questa donna, desiderosa di libertà, forte anche fisicamente al punto di  riuscire a salvare sia il fratello adorato che un soldato dall’annegamento, capace di sogni notturni forti e paurosi, ma altrettano capace di soffermarsi sul momento che vive con grande intensità. Ecco le soste di immersione nel’attimo vissuto.

Bellissimo il ricordo “fotografato” dalla sua mente di diciasettenne, un ricordo più vivido di una vera foto “Sono in mezzo alla stanza, distante da tutto e penso che voglio ricordami per sempre di me stessa così, sola sulle piastrelle bianche e nere con la camicetta gialla nella penombra, e sollevo le braccia e le tengo distese in alto …ballo una danza così silenziosa che solo io posso capirla…ho diciasette anni e danzo così lentamente che nulla va perduto da quanto fa parte di me fino a questo momento.”

Ecco dove mi ritrovo, in questi attimi metacognitivi e vissuti a tutto tondo.

Se rileggo i miei diari di adolescente trovo immagini pregnanti come questo e certi ricordi molto più netti che quelli sulla pellicola.

Credo che succeda a molti, non è così?

I luoghi più lontani, ediz. Guanda

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TRENTO DA… LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 16 Gennaio, 2012 @ 7:38 am

Tra una lettura e l’altra cosa si fa a Trento, la città più vivibile d’Italia? Si va a zonzo.  Parlo per quelli come me, poco sportivi, un po’ languidi, che amano passeggiare lentamente fra vie larghe rinascimentali, vicoletti e portici medievali e osservare la gente che cammina, che corre al lavoro, che si ferma davanti ai negozi, e si spera, anche dentro per fare un po’ di acquisti “salva Italia”.

Ho sempre ritenuto Trento, a prescindere dalle valutazioni dell’Istat, una città dove la qualità della vita è  molto buona per tutti. Ciò che offre questa città ordinata, rispettosa e gentile è molto. Non solo passeggiate cittadine gradevoli sia in centro che lungo i suoi fiumi, ma chiese e musei bellissimi,  mostre, conferenze, concerti e iniziative culturali di vario genere. E  teatri, cinema, bar, biblioteche e librerie.

Ed ecco  dove voglio  sostare in questo mio andare a zonzo per la città – come diceva di fare anche  Giovanni Verga quando abitava a Milano -  mi fermo davanti  a  “Libri & caffè” de  Il Papiro in  via Galilei, 5.

Ed entro. E’ questo il luogo dei miei sogni di lettrice appassionata  che  in questo contesto può accoppiare  un piacere con un altro piacere: quello di bere un caffè  tra  i libri e possibilmente parlarne con amici.

Eccoci dunque in un delizioso angolo luminoso e tranquillo dove una musichetta americana quietamente accompagna le nostre mani che sfogliano i volumi posti tutto intorno ai tavolini per le consumazioni.

Che bellezza essere librai, penso! Il mestiere più bello del mondo! Chiedo conferma al libraio stesso, Andrea Mattei, seduto ad una piccola scrivania dietro il bancone del bar e sommerso da carte, faldoni e libri.  Che cosa signica la professione di  libraio a Trento, – gli chiedo – nell’attuale contesto  di grandi librerie?

Il pericolo è proprio nei grandi stores che vendono non solo cultura – riflette -  ma gadget, riviste, CD ecc. e che possono oscurare se non addirittura far sparire i piccoli spazi di ricerca accurata e meditata di un libro.

Ricordate il film “C’è posta per te”? Quello con Meg Ryan e Tom Hanks? Ebbene si parla proprio di una piccola libreria risucchiata da un megastore.

Ma qui non siamo nella eccessiva New York – sebbene quest’ambiente mi riporta proprio in quella città per l’atmosfera trendy, unica, soft , da Greenwich Village – siamo a Trento e noi sappiamo gustare ed apprezzzare un luogo così prezioso.

Che gioia sedermi al tavolino sorseggiando un caffè e parlare con Andrea dei libri più venduti in questo ultimo mese! Mi mostra  i più richiesti “La storia di trento“,  “Io e Dio” di Vito Mancuso, “Il linguaggio segreto dei fiori“  di Vanessa Diffenbaugh e “I ricordi mi guardano” del premio Nobel  Tomas Transtromer.  ( Ah, questo lo voglio leggere subito, poi  forse passero ai “fiori”)

Gli chiedo  se ha le poesie euro-occidentali e americane  tradotte da Boato e lui mi porta i due volumi bianchi, ma vedo  anche le prose di Hopper,  le ultime riflessioni di Magris, tutti gli ultimi romanzi compreso  “La vita accanto” .

Entra una ragazza bionda e chiede di “Eva dorme”.

Andrea un po’ si lamenta del fatto che ormai  i titoli sono raddoppiati, triplicati, lo spettro di informazioni si è ampliato terribilmente e non si riesce ad accontentare le mille richieste dei generi più disparati, dai “mille” manuali per cucinare meglio - ma non tutti sono Artusi – alle autobiografie di personaggi televisivi.  Ma il mio “fiuto” di lettrice abbastanza esigente trova in questo salotto -  e perchè non farlo diventare un piccolo angolo di informazione ? – titoli appaganti e interessanti.

Nel frattempo sono arrivati Andrea Bianchi e la mia amica Daria.

Il tempo passa in modo piacevole in questo angolo di paradiso.

Ma attenzione! La Trento da …leggere continuerà …tra un libro e l’altro

 

 

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CORPI ESTRANEI di Cynthia Ozick

pubblicato da: Mirna - 11 Gennaio, 2012 @ 8:26 am

Significativo il fatto che Camilla ed io abbiamo scelto lo stesso libro di Cynthya Ozick negli stessi giorni:  io in Biblioteca, lei in libreria. Ma come fa quella adorabile lettrice ad essere così veloce?

 Infatti stamattina mi trovo il suo entusiasta commento poco prima della mia intenzione di scriverne.

Allora decido ridendo di  restare sulla stessa storia e completarla con le mie impressioni.

Sembra quasi che in copertina ci siamo …noi due!

Il personaggio principale del romanzo è Bea, insegnante di letteratura inglese di mezza età che vive solitaria in una New York degli anni Cinquanta. Ha avuto un grande amore, Leo, un  musicista del quale rimane soltanto il  pianoforte a coda, trattato come un totem,  come un oggetto sacro da non toccare, esso occupa infatti  gran parte del mini appartamento di Bea, come in realtà il  ricordo di Leo  occupa tutta la sua mente.

Forse per questo si lascia “ricattare” dal fratello- lontano –  ma ancora padrone –   a rintracciare i figli fuggiti da lui o meglio dal “suo cervello”onnipotente ed onnipresente.

Ritrovare un po’ di famiglia? Aiutare gli altri per vocazione? Trovare un senso alla propria vita?

I ragazzi fuggiti a Parigi la trattano però come un’estensione del padre tiranno che è riuscito persino a far internare la moglie in una casa di cura. Ma Bea non si dà per vinta e pur agendo in modi che non sempre avranno gli esiti sperati procede, va avanti nella vita con generosa caparbietà.

Lettura intensa, che ci parla di partenze, di ritorni di “corpi estranei “, di ricerca di sè.

Ma che cosa voleva questa Bea dalla vita? Giovanissima , proprio dopo l’incontro con Leo, il suo egocentrico e appassionato musicista, aveva compreso improvvisamente che la sua vita doveva contare qualcosa  in questo pianeta …come la poesia contava qualcosa per lei.

 “Tutto d’un colpo lei comprese; era questo che cercava: essere connessa in modo intimo a un miracolo, a una potenza, un prodigio, all’altra faccia della luna, là dove i comuni mortali non potranno mai andare”

Edizioni Bompiani, 2011

 

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LA SORELLA DI FREUD di Goce Smilevski, ed. Guanda

pubblicato da: Mirna - 8 Gennaio, 2012 @ 8:27 am

Tra un libro e l’altro” la nostra vita prosegue e, come nei libri, si  volta pagina o  ci si sofferma su alcuni “paragrafi” pregnanti.

Miki e suo marito Emiliano sono stati qui a Trento per continuare quell’afflato di consonanze ed amicizie nato proprio dalla comune passione per la lettura. Chi legge potrebbe pensare “Siamo alle solite, un piccolo gruppo che si fa complimenti”…no, non è così, almeno io credo. Sono certa che ognuno di noi rappresenti una cartina tornasole di ogni tipo umano con le caratteristiche certamente uniche, ma anche riconducibili all’universale.

Miki che arriva con la pancetta di 5 mesi , sempre golosa di emozioni, con occhi e sorriso trasparenti e comunicativi così somiglianti a quelli di mia figlia, e con suo marito  “Il mio Mr. Darcy” confida. E tutti noi amici le siamo intorno e intrecciamo pezzi della sua vita con la nostra,  condividiamo momenti magici in questa Trento che si spoglia delle luci natalizie, o immagini  di rara bellezza a Castel Toblino con Riccardo o a Levico con Camilla e Dario. E intorno a tavoli  e tavolinetti per pranzi e teas con  Maria Teresa (cuoca sublime) Enza e Raffaella. Calore di questa fine festività… che a me dà un certo sollievo perchè amo voltare pagina.

E voi?

Ma un libro adatto alla visita di Miki non c’è perchè sto leggendo una storia forte, drammatica. Ma non è così la vita? Noi cerchiamo con tutte le forze un’armonia assoluta tra ciò che sentiamo e ciò che avviene intorno…ma non è sempre così. Allora ci adattiamo.

 Però…che cosa trovare che accomuni la dolce Miki in attesa e la sorella di Freud? Proprio la maternità.

Gira e rigira per noi donne questa sembra essere la completezza del nostro ruolo. Se ne potrebbe discutere sempre…

 In questo Blog di suggerimenti di lettura si torna all’Ottocento, primi Novecento, dove veramente una Donna era un individuo, un’identità soltanto attraverso il matrimonio e la maternità. Non si sottrae da questo pregiudizio neppure Alfonsine, una delle sorelle di Freud, che nel libro è la narratrice. Ma per essere esatti non è soltanto la mancanza del raggiungimento dello status quo designato alle donne che la rende infelice portandola a rifugiarsi nella “pazzia”  -come tante altre donne dell’Ottocento, da Camille Claudel, alla figlia di Victor Hugo ecc.  – Soprattutto in questo caso è  la mancanza dell’amore materno, del riconoscimento della sua validità di persona- individuo negatole dalla madre.

Perciò si parla dell’Io che  Sigmund Freud, definendosi novello Mosè, voleva liberare dalla prigionia.  Dell’Io, della concezione del Sè che se si frammenta porta alla deflagrazione  e all’estraniamento dalla Vita.

Questo giovane autore macedone, Goce Smilevski, ci regala una immaginaria autobiografia di una delle sorelle di Freud, quella che più si sentiva in simbiosi con il futuro padre della psicoanalisi, quella alla quale rimane solo il ruolo di Sorella essendo una  Figlia “ripudiata”e mai moglie e madre.

Entriamo nella Vienna di un secolo fa, leggiamo delle scoperte  e delle riflessioni di Freud, riascoltiamo ancora una volta la difficoltà della Donna ad essere Individuo a sè stante.

Ma leggiamo anche della Follia che cattura sia donne che uomini e  seguiamo  rabbrividendo d’orrore la storia di come la società ha trattato queste persone diverse. E per molte pagine entriamo nella clinica psichiatrica Il Nido dove Alfonsine viene ricoverata per 7 anni e dove condivide la stanza con Klara Klimt, sorella di Gustav. Conosciamo personaggi incredibili e commoventi come Max e Buonanima che si amano “avvicinandosi come si avvicinano il cielo e la terra in un punto lontano, …a unirli era solo lo sguardo rivolto all’orizzonte che per loro non era unione, ma neanche divisione

Un libro complesso e impegnativo. Terribilmente bello.

L’originalità della storia e gli straordinari mezzi espressivi del giovane autore attirano l’immediato interesse degli editori stranieri”

Goce Smilevski vince lo European Prize for Literature 2010.

 

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L’ARTE CONTEMPORANEA SPIEGATA A TUO MARITO

pubblicato da: Mirna - 2 Gennaio, 2012 @ 9:29 am

L’augurio che faccio a voi e a me stessa è che il 2012 porti sempre più libri interessanti da leggere, tanta musica da ascoltare ( come i concerti di Stefania a Trento il 22 gennaio e a Riva il 28 !)  e  mostre d’arte.

 La cultura è il piacere consolatorio e arricchente da coltivare con passione.

Fra i libri-regali di Natale ho ricevuto da Emanuela questo bellissimo volumetto di Mauro Covachic –  giovane romanziere e saggista triestino –  dal titolo curioso che ci fa chiedere: perchè devono essere le mogli a spiegare ai compagni l’arte contemporanea.  E’ probabile che noi donne siamo più curiose, più portate alle novità, in sostanza meno pragmatiche e più fantasiose  e ci interessiamo  ad Alberto Burri che dipinge con la fiamma ossidrica o a Mona Hatoum che ha proiettato la sua gastroscopia? ( a proposito, dovrò presto farne una anch’io…potrei tenere l’esito come opera d’arte?).

In realtà ricordo che mio marito era più restio ad apprezzare le novità in fatto di arti figurative, preferiva naturalmene ammirare un Van Gogh o un Renoir, ma era recalcitrante ad accompagnarmi a mostre di autori contemporanei. Io stessa, confesso, in casa preferirei un Monet o un Veermer da ammirare tutti i giorni, non certo i famosi squarci di Fontana, o un sanguinolento Bacon, o un vasetto …d’artista del Manzoni. Ciononostante voglio sapere, voglio capire, voglio “entrare” nelle intenzioni dell’artista.

Mauro Covachic inizia le sue spiegazioni con Duchamp  e il suo “Fontaine”, che altro non è che  un orinatoio di porcellana, esposto per la prima volta a New York nel 1917. Come spiegarne l’arte al marito, agli amici o a noi  fruitori “classici” dell’arte figurativa?  Duchamp ci fa riflettere sul concetto di cornice. “Noi umani comunichiamo grazie a un sistema di cornici…quell’orinatorio dentro la cornice istituzionale di un museo, non è più un orinatorio…passando la soglia del museo è diventato un’opera d’arte ” Grandioso dunque il suo gesto, non tanto il risultato.

Ma dove stanno l’stinto, le emozioni e i colori?  Tranquillizziamo l’esterefatto marito, ci dice  Covachic, perchè anche quelli torneranno.

Qui nel punto esatto dove nasce l’arte concettuale, si rifà in luce, dopo un secolo di pittura emotiva, l’antica funzione dell’arte: pensare all’invisibile, renderlo visibile attraverso la contemplazione della sua assenza….”convincilo che quel pezzo di ceramica bianca è un pezzo di condensazione metaforica!”

Con esilaranti mancamenti da parte dell’ipotetico marito  andiamo anche noi al Metropolitan  di N.Y.ad ammirare Autumn Rhythm di Pollock nel cui groviglio di colori terrosi e spinosi percepiamo la presenza furente dell’autore, la sua tensione mentale, nervosa e muscolare. Non vediamo un dipinto, vediamo il dipingere. Siamo negli anni Quaranta ad un passo dall’happening.

Certamente la Marilyn di Warhol è conosciutissima. Tuo marito è diffidente… troppo facile? Arte desacralizzata e portata al supermarket? Pop art colorata e ripetitiva? Ma a forza di copiarlo quel volto tratto dall’immagine pubblicitaria del film Niagara sembra far scomparire la persona perchè la star viene moltiplicta, depotenziata, inflazionata. Ormai Marilyn non incarna più un sogno, ma sembra una persona qualunque, una di noi.

La società dei consumi promette successo ad ognuno di noi, siamo tutti potenziali protagonisti e non ci accorgiamo della contraddizione tra l’omologazione creata dal cosiddetto Sistema e la megalomania a cui esso stesso ci conduce.”

Che bel regalo questo libro, edizioni Laterza,  che potete trovare alla Libreria Ancora di via S.Croce; capitoletti  intensi ed istruttivi su tanti altri artisti contemporanei da  Cattelan, Koons, Murakami, Klein, Bacon, Freud, Pistoletto, Abramovic, ecc. ecc. spiegati con intelligenza e simpatia.

 

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LA SPOSA GENTILE di Lia Levi

pubblicato da: Mirna - 29 Dicembre, 2011 @ 4:07 pm

La Biblioteca di Trento mi attira spesso, benchè sui suoi tavoli nell’ingresso appaiano  libri non recentissimi .

  Ma tra questi l’altro giorno ho trovato  “La sposa gentile” di Lia Levi, edizioni e/o

Da parecchio tempo volevo leggere un romanzo di questa scrittrice che ha vinto molti premi letterari e che a Roma ha diretto per trent’anni il mensile ebraico Shalom.

Questa è  la storia  di una famiglia ebraica piemontese  e si snoda dall’inizio del ‘900 fino al 1938.

Appena iniziato a leggere ho dovuto riguardare l’anno della pubblicazione , il 2010, tanto lo stile mi sembrava quasi dannunziano e talvolta gozzaniano!

Lia Levi ci fa entrare in modo poetico nel  preciso tempo storico della vita dei personaggi.

C’è il giovane banchiere Amos Segre deciso a diventare una persona ricca e  sposare una brava ragazza ebrea per formare una solida famiglia patriarcale.  Riuscirà a conquistare un grande patrimonio, mentre il secondo progetto è parzialmente raggiunto perchè  sposerà, spinto da un’ irrefrenabile passione, una ragazza cattolica, una goyà, una gentile, una non ebrea. E’ la giovane contadina Teresa, bella e gioiosa che sempre lo legherà a sè  con la sua  spontaneità e una naturalezza  quasi pagana.

“E di nuovo Amos si vide davanti la dea Terra e Giunone “dalle bianche braccia” e disse un grazie alla Natura che aveva concentrato tutto il proprio vigore in quella creatura florida e boschiva dai denti smaglianti, di certo nati per mordere frutti staccati direttamente dall’albero

Teresa sembra l’antitesi dell’ebraismo, antitesi di quegli ebrei perseguitati e deprivati per secoli di quella “forza sgargiante e clamorosa”.

Si sposano, subiscono l’ostracismo della comunità, poi nascono i figli tra cui finalmente due maschi ed allora Amos e Teresa vengono riaccolti nel  seno della famiglia e della comunità, anche per la forza e la virtù di Teresa che  si adegua con entusiasmo ed amore alle regole della religione del marito.  Teresa studia la Torà, impara  tutti i riti ebraici e li adempie con precisione e solennità…insomma la sposa gentile  diventa una perfetta e virtuosa massaia ebrea.

Di  questa figura appassionata ci commuovono la vitalità, la forza e il grande amore per il marito. Risponde, ormai matura, a chi le chiede come ha fatto a mantenere un rapporto di coppia  così solido e amorevole :  è semplice, basta cercare di farsi contenti a vicenda.

 Ho  sempre amato leggere dei riti e delle usanze ebraiche (vedi i romanzi di Singer e altri) e quando  giovanissima  fui ospite alla pari presso una famiglia ebrea a Londra ne rimasi incantata. Osservavo ogni ritualità con interesse e curiosità:  la mezuzà attaccata agli stipiti della porta, l’accensione delle candele il venerdì sera, il riposo del sabato, la settimana in cui si mangiava solo pane azzimo, la mensa del Séder ricolma di cibi simbolici.

I miei ospiti erano osservanti, soprattutto il marito che puntualmente andava in sinagoga e pretendeva pasti rigorosamente Koscher,mentre sua moglie, di appena quattro anni più vecchia di me, qualche volta infrangeva le regole…soprattutto quando era con me in giro per l’East End a fare shopping…ci si fermava per il lunch in Oxford Street ed anche lei non resisteva a chips e a una pork sausage 

Non dirlo a mio marito” mi pregava ridendo con espressione colpevole!

Potenza dei libri di  far riemergere in noi lettori gli antichi ricordi…

 

 

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LA LIBRERIA DEI NUOVI INIZI, l’augurio per tutti

pubblicato da: Mirna - 23 Dicembre, 2011 @ 4:43 pm

Quale sogno, quale fantasticheria è più gradito a noi lettori?

Quello di possedere una libreria, suppongo. Almeno per me lo è. Da sempre.

Appena iniziato a leggere questo romanzo di Anjiali Banerjee sono entrata nel “mio ” sogno. La storia mi ha deliziato nonostante il linguaggio semplice semplice, quasi un libro per bambini. In effetti la scrittrice di origini indiane, ma trapiantata nello stato di Washington, è una famosa scrittrice per l’infanzia. E qui gli ingredienti per fantasticare ci sono: una vecchia libreria  a più piani in stile vittoriano situata  a Shelter Island di fronte a Seattle, libri che cadono da soli, fogli che volteggiano per mandarci messaggi e apparizioni più o meno fugaci dei grandi scrittori come la Dickinson, la Austen, Charles Dickens, Edgar Allan Poe…che sussurra che vorrebbe essere un gatto nero…

Fay la nipote della proprietaria deve prendersi cura della libreria per un mese circa senza rendersi conto che anch’essa possiede il dono della zia: quello di vedere i fantasmi. Eh, sì, proprio fantasmi e persino di innamorarsi di uno di loro, un medico scrittore che appare e in carne e ossa.

Accetta di controvoglia l’impegno  chiedendosi chi ancora ha il tempo per leggere con il lavoro, la posta elettronica e gli sms da controllare.

Elogio dei libri di carta dunque, del loro odore e della loro musica, “libri che respirano di notte” al terzo piano della libreria e che se dapprima inquietano Fay poi la catturano definitivamente. Deve dormire tra i suoi libri per mantenerne la quiete. Atmosfera magica nel sottotetto dove dormirà leggendo alfine le novelle di Poe senza più spaventarsi.

Ma questa magia non è quella che noi afferriamo ogni qualvolta “entriamo” in un libro?

E non troviamo in essi ciò che desideriamo trovare, come messaggi scritti su  foglietti che volano?

Libro facile, semplice, intriso anche di profumi e rimandi esotici della protagonista indiana, ma così adatto ad augurare  nuove piacevoli letture  per il periodo di vacanza e per l’anno a venire.

Romanzo dedicato “Ai librai e alle libraie, ovunque, che non si stancano mai di vendere sogni”

Buon Natale.

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L’AMORE E’ UNA REPUBBLICA di Carol Shields

pubblicato da: Mirna - 19 Dicembre, 2011 @ 8:30 am

Elogio della vita di coppia in questa storia d’amore ambientata in Canada, precisamente a Winnipeg.

Amore romantico, quello che ci fa provare il colpo di fulmine, che ci fa riconoscere ad una prima occhiata e sensazione l’altra metà della mela. Ed essere convinti che sempre  possa  succederci qualcosa di emozionante. 

Carol Shields ce lo racconta in modo divertente  sollecitando però il lettore a riflessioni profonde. 

Ci presenta Fay, la studiosa di Sirene, forse sirena essa stessa nel desiderio   insaziabile di completezza, “di un’unione estatica, nella fame di un unico cibo, l’amore”

Nel finale lieto di questa storia quando Fay, sentimentalmente appagata, presenta il suo libro sulle Sirene spiegherà che “chi dice di aver visto una Sirena l’ha vista davvero, perchè il cervello, quando la psiche è sottoposta a smottamenti e pronta al cambiamento, può proiettare all’esterno le immagini archetipiche dell’inconscio.”

Fay vuole essere felice, sente la nostalgia di quando giovanissimia scopriva il mondo e gli altri, ma cammin facendo  capisce  che la felicità è un sottoprodotto della vita e non un fine a se stessa. Attimi felici ci saranno sempre, basterà incorniciarli e possedere  la capacità della doppia assimetria: essere felici ed essere capaci di riconoscerlo.

Quando finalmente incontra Tom, anch’egli reduce da storie sentimentali sfortunate, Fay sa di essere giunta al suo porto sebbene la aspettino ancora alcuni ostacoli da superare, non ultimi quelli sulla capacità di resistenza di una coppia. Proprio poco prima del suo matrimonio con Tom, il padre abbandona la madre, stanco del  suo amore  troppo protettivo.

Devo dire che l’idea di questo ultrasesessantenne che scappa da una bella casa, da una moglie che non lo fa “respirare” e si ritira in un miniappartamento dove può fare quello che vuole a me ha dato una sensazione di libertà, ma non preoccupatevi troppo, il finale è diverso. In fondo il libro, come la vita, è un elogio della coppia, dello stare insieme, del condividere.

 Nella lettura si afferra ciò che ci somiglia o ciò che ci meraviglia.

Carol Shields, vincitrice di parecchi premi letterari tra cui un Pulitzer, ci racconta anche la storia di Tom, conduttore di un programma radiofonico di grande successo, e spaventato dalla solitudine. Un quarantenne sensibilissimo un po’ proustiano che vive i suoi attimi fuggenti sia come avvengono sia come sa li potrà ricordare.

Oltre la metà del libro finalmente Fay e Tom si incontrano e si “riconoscono”. Tom dalla veranda di un amico, mentre piove, vede arrivare di corsa  una ragazza dai lunghi capelli neri  con in mano un grande mazzo di palloncini colorati…è Lei.

Ah, come avrei voluto anch’io essere riconosciuta come “lei” quando diciasettenne mi appostavo tra cespugli di margherite gialle settembrine nei pressi della strada provinciale  modenese, con un vestitino  alla babette a quadretti bianchi e rossi, sperando che il Principe Azzurro mi vedesse…macchè quelli, in macchina, sfrecciavano indaffaratissimi.

Ma, io ero romantica. Convinta che potesse sempre succedere qualunque cosa.

Voland – Collana Amazzoni

Da leggere.

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IL PUNTO DI ASCOLTO PERFETTO di Andrea Bianchi

pubblicato da: Mirna - 15 Dicembre, 2011 @ 12:07 pm

La nostra vita è una ricerca, è una scalata verso il nostro profondo e verso un’armonia con il Tutto. Ma per salire occorre “una giusta tecnica”, una tecnica diversa e più difficile che rimanere nel piano dove forse siamo più frastornati e distratti da mille echi talvolta ingannatori.

Così lo scalatore, un amante della montagna, un uomo  che si trova nel “mezzo del cammin della sua vita” intraprende un viaggio verso le “Terre Alte” per cercare “il punto di ascolto perfetto” dell’Armonia delle Sfere celesti.

Ancora imperfetto il  riposo tra spazi absidali  e vetrate di chiese, ancora insufficiente l’ascolto di Musica sacra in uno spazio dove “l’aria era troppo densa… dove la ragione non poteva seguire più di una direzione alla volta, e perdeva così l’insieme armonico del tutto. Solo l’intuizione più sottile avrebbe potuto comprendere – nel puro istante – l’Armonia globale…”

Necessità di purezza, di solitudine di un percorso che va verso l’alto “perchè dall’alto viene la luce”.

E Andrea Bianchi ci fa partecipi del suo viaggio interiore che sembra toccare i quattro elementi della Natura: la Terra della pianura dove l’anima non aveva trovato la completezza  , l’Acqua che scendeva “impetuosa e larga in basso, più stretta e spumeggiante man mano che salivo“, l’Aria che lentamente si fa  sottile eppur più sonora mentre accompagna il giusto ritmo del respiro, un ‘Aria pura, il respiro della stessa Montagna.

Ed infine il Fuoco, visualizzato nella Luce  della musica, dell’“Organista, illuminato dalla luce di una fiamma che gli creava attorno una nicchia di spazio ancora più luminoso”

Come non pensare al Paradiso di Dante?  Le creature ragionevoli tendono al raggiungimento dell’Armonia, del battito all’unisono con il Cosmo.

Beatrice dice “Tutte le cose create sono ordinate fra loro in modo da costituire un tutto armonico…”

Il nostro viaggiatore ha raggiunto la vetta dove ha trovato il “punto di ascolto perfetto” dove “per quel punto passava l’asse attorno al quale tutto ruotava, l’asse dell’Armonia indivisa.”

Questo  breve racconto di Andrea Bianchi  – titolare dello studio di comunicazione creativa e d’impresa Etymo (praticamente del nostro Blog)  e ideatore e responsabile del progetto editoriale Mountain Blog- si è aggiudicato il primo premio al concorso “Leggimontagna 2011” con la seguente motivazione:

Le ragioni del salire sono risolte ne “Il punto di ascolto perfetto” nella ricerca di tutte le armonie, nell’intuizione della montagna come luogo che può soddisfare questa esigenza di perfezione. La prima qualità del testo è quella di saper condurre il lettore al punto più alto della montagna come al punto più profondo del sè”

Il racconto è disponibile in formato digitale sul sito web MountainBlog al seguente indirizzo: http://www.mountainblog.it/mbook

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