LA SPOSA GENTILE di Lia Levi

pubblicato da: Mirna - 29 Dicembre, 2011 @ 4:07 pm

La Biblioteca di Trento mi attira spesso, benchè sui suoi tavoli nell’ingresso appaiano  libri non recentissimi .

  Ma tra questi l’altro giorno ho trovato  “La sposa gentile” di Lia Levi, edizioni e/o

Da parecchio tempo volevo leggere un romanzo di questa scrittrice che ha vinto molti premi letterari e che a Roma ha diretto per trent’anni il mensile ebraico Shalom.

Questa è  la storia  di una famiglia ebraica piemontese  e si snoda dall’inizio del ‘900 fino al 1938.

Appena iniziato a leggere ho dovuto riguardare l’anno della pubblicazione , il 2010, tanto lo stile mi sembrava quasi dannunziano e talvolta gozzaniano!

Lia Levi ci fa entrare in modo poetico nel  preciso tempo storico della vita dei personaggi.

C’è il giovane banchiere Amos Segre deciso a diventare una persona ricca e  sposare una brava ragazza ebrea per formare una solida famiglia patriarcale.  Riuscirà a conquistare un grande patrimonio, mentre il secondo progetto è parzialmente raggiunto perchè  sposerà, spinto da un’ irrefrenabile passione, una ragazza cattolica, una goyà, una gentile, una non ebrea. E’ la giovane contadina Teresa, bella e gioiosa che sempre lo legherà a sè  con la sua  spontaneità e una naturalezza  quasi pagana.

“E di nuovo Amos si vide davanti la dea Terra e Giunone “dalle bianche braccia” e disse un grazie alla Natura che aveva concentrato tutto il proprio vigore in quella creatura florida e boschiva dai denti smaglianti, di certo nati per mordere frutti staccati direttamente dall’albero

Teresa sembra l’antitesi dell’ebraismo, antitesi di quegli ebrei perseguitati e deprivati per secoli di quella “forza sgargiante e clamorosa”.

Si sposano, subiscono l’ostracismo della comunità, poi nascono i figli tra cui finalmente due maschi ed allora Amos e Teresa vengono riaccolti nel  seno della famiglia e della comunità, anche per la forza e la virtù di Teresa che  si adegua con entusiasmo ed amore alle regole della religione del marito.  Teresa studia la Torà, impara  tutti i riti ebraici e li adempie con precisione e solennità…insomma la sposa gentile  diventa una perfetta e virtuosa massaia ebrea.

Di  questa figura appassionata ci commuovono la vitalità, la forza e il grande amore per il marito. Risponde, ormai matura, a chi le chiede come ha fatto a mantenere un rapporto di coppia  così solido e amorevole :  è semplice, basta cercare di farsi contenti a vicenda.

 Ho  sempre amato leggere dei riti e delle usanze ebraiche (vedi i romanzi di Singer e altri) e quando  giovanissima  fui ospite alla pari presso una famiglia ebrea a Londra ne rimasi incantata. Osservavo ogni ritualità con interesse e curiosità:  la mezuzà attaccata agli stipiti della porta, l’accensione delle candele il venerdì sera, il riposo del sabato, la settimana in cui si mangiava solo pane azzimo, la mensa del Séder ricolma di cibi simbolici.

I miei ospiti erano osservanti, soprattutto il marito che puntualmente andava in sinagoga e pretendeva pasti rigorosamente Koscher,mentre sua moglie, di appena quattro anni più vecchia di me, qualche volta infrangeva le regole…soprattutto quando era con me in giro per l’East End a fare shopping…ci si fermava per il lunch in Oxford Street ed anche lei non resisteva a chips e a una pork sausage 

Non dirlo a mio marito” mi pregava ridendo con espressione colpevole!

Potenza dei libri di  far riemergere in noi lettori gli antichi ricordi…

 

 

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LA LIBRERIA DEI NUOVI INIZI, l’augurio per tutti

pubblicato da: Mirna - 23 Dicembre, 2011 @ 4:43 pm

Quale sogno, quale fantasticheria è più gradito a noi lettori?

Quello di possedere una libreria, suppongo. Almeno per me lo è. Da sempre.

Appena iniziato a leggere questo romanzo di Anjiali Banerjee sono entrata nel “mio ” sogno. La storia mi ha deliziato nonostante il linguaggio semplice semplice, quasi un libro per bambini. In effetti la scrittrice di origini indiane, ma trapiantata nello stato di Washington, è una famosa scrittrice per l’infanzia. E qui gli ingredienti per fantasticare ci sono: una vecchia libreria  a più piani in stile vittoriano situata  a Shelter Island di fronte a Seattle, libri che cadono da soli, fogli che volteggiano per mandarci messaggi e apparizioni più o meno fugaci dei grandi scrittori come la Dickinson, la Austen, Charles Dickens, Edgar Allan Poe…che sussurra che vorrebbe essere un gatto nero…

Fay la nipote della proprietaria deve prendersi cura della libreria per un mese circa senza rendersi conto che anch’essa possiede il dono della zia: quello di vedere i fantasmi. Eh, sì, proprio fantasmi e persino di innamorarsi di uno di loro, un medico scrittore che appare e in carne e ossa.

Accetta di controvoglia l’impegno  chiedendosi chi ancora ha il tempo per leggere con il lavoro, la posta elettronica e gli sms da controllare.

Elogio dei libri di carta dunque, del loro odore e della loro musica, “libri che respirano di notte” al terzo piano della libreria e che se dapprima inquietano Fay poi la catturano definitivamente. Deve dormire tra i suoi libri per mantenerne la quiete. Atmosfera magica nel sottotetto dove dormirà leggendo alfine le novelle di Poe senza più spaventarsi.

Ma questa magia non è quella che noi afferriamo ogni qualvolta “entriamo” in un libro?

E non troviamo in essi ciò che desideriamo trovare, come messaggi scritti su  foglietti che volano?

Libro facile, semplice, intriso anche di profumi e rimandi esotici della protagonista indiana, ma così adatto ad augurare  nuove piacevoli letture  per il periodo di vacanza e per l’anno a venire.

Romanzo dedicato “Ai librai e alle libraie, ovunque, che non si stancano mai di vendere sogni”

Buon Natale.

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L’AMORE E’ UNA REPUBBLICA di Carol Shields

pubblicato da: Mirna - 19 Dicembre, 2011 @ 8:30 am

Elogio della vita di coppia in questa storia d’amore ambientata in Canada, precisamente a Winnipeg.

Amore romantico, quello che ci fa provare il colpo di fulmine, che ci fa riconoscere ad una prima occhiata e sensazione l’altra metà della mela. Ed essere convinti che sempre  possa  succederci qualcosa di emozionante. 

Carol Shields ce lo racconta in modo divertente  sollecitando però il lettore a riflessioni profonde. 

Ci presenta Fay, la studiosa di Sirene, forse sirena essa stessa nel desiderio   insaziabile di completezza, “di un’unione estatica, nella fame di un unico cibo, l’amore”

Nel finale lieto di questa storia quando Fay, sentimentalmente appagata, presenta il suo libro sulle Sirene spiegherà che “chi dice di aver visto una Sirena l’ha vista davvero, perchè il cervello, quando la psiche è sottoposta a smottamenti e pronta al cambiamento, può proiettare all’esterno le immagini archetipiche dell’inconscio.”

Fay vuole essere felice, sente la nostalgia di quando giovanissimia scopriva il mondo e gli altri, ma cammin facendo  capisce  che la felicità è un sottoprodotto della vita e non un fine a se stessa. Attimi felici ci saranno sempre, basterà incorniciarli e possedere  la capacità della doppia assimetria: essere felici ed essere capaci di riconoscerlo.

Quando finalmente incontra Tom, anch’egli reduce da storie sentimentali sfortunate, Fay sa di essere giunta al suo porto sebbene la aspettino ancora alcuni ostacoli da superare, non ultimi quelli sulla capacità di resistenza di una coppia. Proprio poco prima del suo matrimonio con Tom, il padre abbandona la madre, stanco del  suo amore  troppo protettivo.

Devo dire che l’idea di questo ultrasesessantenne che scappa da una bella casa, da una moglie che non lo fa “respirare” e si ritira in un miniappartamento dove può fare quello che vuole a me ha dato una sensazione di libertà, ma non preoccupatevi troppo, il finale è diverso. In fondo il libro, come la vita, è un elogio della coppia, dello stare insieme, del condividere.

 Nella lettura si afferra ciò che ci somiglia o ciò che ci meraviglia.

Carol Shields, vincitrice di parecchi premi letterari tra cui un Pulitzer, ci racconta anche la storia di Tom, conduttore di un programma radiofonico di grande successo, e spaventato dalla solitudine. Un quarantenne sensibilissimo un po’ proustiano che vive i suoi attimi fuggenti sia come avvengono sia come sa li potrà ricordare.

Oltre la metà del libro finalmente Fay e Tom si incontrano e si “riconoscono”. Tom dalla veranda di un amico, mentre piove, vede arrivare di corsa  una ragazza dai lunghi capelli neri  con in mano un grande mazzo di palloncini colorati…è Lei.

Ah, come avrei voluto anch’io essere riconosciuta come “lei” quando diciasettenne mi appostavo tra cespugli di margherite gialle settembrine nei pressi della strada provinciale  modenese, con un vestitino  alla babette a quadretti bianchi e rossi, sperando che il Principe Azzurro mi vedesse…macchè quelli, in macchina, sfrecciavano indaffaratissimi.

Ma, io ero romantica. Convinta che potesse sempre succedere qualunque cosa.

Voland – Collana Amazzoni

Da leggere.

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IL PUNTO DI ASCOLTO PERFETTO di Andrea Bianchi

pubblicato da: Mirna - 15 Dicembre, 2011 @ 12:07 pm

La nostra vita è una ricerca, è una scalata verso il nostro profondo e verso un’armonia con il Tutto. Ma per salire occorre “una giusta tecnica”, una tecnica diversa e più difficile che rimanere nel piano dove forse siamo più frastornati e distratti da mille echi talvolta ingannatori.

Così lo scalatore, un amante della montagna, un uomo  che si trova nel “mezzo del cammin della sua vita” intraprende un viaggio verso le “Terre Alte” per cercare “il punto di ascolto perfetto” dell’Armonia delle Sfere celesti.

Ancora imperfetto il  riposo tra spazi absidali  e vetrate di chiese, ancora insufficiente l’ascolto di Musica sacra in uno spazio dove “l’aria era troppo densa… dove la ragione non poteva seguire più di una direzione alla volta, e perdeva così l’insieme armonico del tutto. Solo l’intuizione più sottile avrebbe potuto comprendere – nel puro istante – l’Armonia globale…”

Necessità di purezza, di solitudine di un percorso che va verso l’alto “perchè dall’alto viene la luce”.

E Andrea Bianchi ci fa partecipi del suo viaggio interiore che sembra toccare i quattro elementi della Natura: la Terra della pianura dove l’anima non aveva trovato la completezza  , l’Acqua che scendeva “impetuosa e larga in basso, più stretta e spumeggiante man mano che salivo“, l’Aria che lentamente si fa  sottile eppur più sonora mentre accompagna il giusto ritmo del respiro, un ‘Aria pura, il respiro della stessa Montagna.

Ed infine il Fuoco, visualizzato nella Luce  della musica, dell’“Organista, illuminato dalla luce di una fiamma che gli creava attorno una nicchia di spazio ancora più luminoso”

Come non pensare al Paradiso di Dante?  Le creature ragionevoli tendono al raggiungimento dell’Armonia, del battito all’unisono con il Cosmo.

Beatrice dice “Tutte le cose create sono ordinate fra loro in modo da costituire un tutto armonico…”

Il nostro viaggiatore ha raggiunto la vetta dove ha trovato il “punto di ascolto perfetto” dove “per quel punto passava l’asse attorno al quale tutto ruotava, l’asse dell’Armonia indivisa.”

Questo  breve racconto di Andrea Bianchi  – titolare dello studio di comunicazione creativa e d’impresa Etymo (praticamente del nostro Blog)  e ideatore e responsabile del progetto editoriale Mountain Blog- si è aggiudicato il primo premio al concorso “Leggimontagna 2011” con la seguente motivazione:

Le ragioni del salire sono risolte ne “Il punto di ascolto perfetto” nella ricerca di tutte le armonie, nell’intuizione della montagna come luogo che può soddisfare questa esigenza di perfezione. La prima qualità del testo è quella di saper condurre il lettore al punto più alto della montagna come al punto più profondo del sè”

Il racconto è disponibile in formato digitale sul sito web MountainBlog al seguente indirizzo: http://www.mountainblog.it/mbook

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LA VITA ACCANTO di Mariapia Veladiano

pubblicato da: Mirna - 11 Dicembre, 2011 @ 8:03 am

« LA VITA ACCANTO di Maria Pia Veladiano
Dicembre 11th, 2011 by Mirna Moretti

scansione0003Repetitio.

Val la pena, vi assicuro, riparlare del romanzo di Mariapia Veladiano.

Perchè qualche mattina  fa nell’aula del prof. Brugnara, all’Università della Terza Età, l’abbiamo incontrata.

Piacevolissima sorpresa conoscere questa giovane signora dai  lisci capelli chiari, dall’espressione attenta e trasparente ed apprendere come è nato il suo racconto.

Una storia profonda che io voglio rileggere. La forza di questo libro è che si presta a diversi livelli di fruizione da parte del lettore. Può bastare una lettura veloce per rimanerne appagati, ma una più intensa attenzione alle sue parole, ai suoi messaggi  apre dimensioni infinite.

Perchè si parla di persone, di amore, di accettazione.

Mariapia Veladiano ha ascoltato il mondo intorno a lei in special modo i giovani alunni ai quali insegna e che hanno talvolta  una visione distorta di  certi  Valori e tra questi la bellezza o meglio l’Omologazione a uno standard fisico implacabilmente trasmessoci dai mass media.  -Per sentirsi accettati, per non dover combattere troppo, per non sentirsi marginali.-

Partendo da alcuni versi di Saba in cui il poeta cerca di risanare la “ferita primaria” di bambino rifiutato, la scrittrice si ricollega alla sua protagonista Rebecca, bambina brutta,  che non riesce però ad essere risanata dal suo malessere  nè dalla madre psicologicamente disturbata nè dal padre che pecca di “omissione” di soccorso verso la figlia, – perchè come congelato dalla malattia della moglie-

Rebecca però non soccombe e la Veladiano ci spiega un termine da lei stessa  imparato durante l’analisi  del suo personaggio: resilienza che in metallurgia significa “ capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni impulsive…” e in psicoanalisi ” capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, stress familiari…”

Tipico dei bambini “abbandonati”  il piegarsi ma non lo spezzarsi. E così è per Rebecca che si salva grazie allo “sguardo” di tante altre persone. Della maestra, di  Maddalena,  di Lucilla, della signora De Lellis .

Uno sguardo che va oltre la fisicità, uno sguardo che vede la bellezza interiore come quello di Dea che , cieca, “vede” la bellezza de “L’homme qui rit”.

Consiglio naturalmente di andare ad ascoltare Maria Pia Veladiano che grazie all’interessamento di Camilla ci parlerà de La vita accanto in Biblioteca , il 9 Gennaio prossimo.

L’abbiamo ascoltata affascinati mentre da teologa ci parlava della signora De Lellis, simbolo di “santità laica” che resiste al male vivendo attraverso la musica  e che per Rebecca diventa  un altro importante elemento salvifico.

E la sua scrittura? Ci ha spiegato dell’importanza della Parola che viene “consegnata” al lettore. Importanza della Parola, primo riconoscimento della Divinità.

Ed importanza del ritmo e del suono come a voler recuperare l’oralità dei nostri primi ascolti infantili.

Gli appunti presi da me ed Enza sono tanti:  ciò che questa luminosa scrittrice ci ha regalato è la sua visione del mondo imperniata sull’Ascolto  e sulla Conoscenza degli Altri, baluardo per non lasciarci impaurire dalla diversità.

 

Vi aspetto nella sala Rosa della Regione, mercoledì 14 dicembre, alle ore 11 per parlare di libri da “leggere e da regalare”..

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1 Responses to “LA VITA ACCANTO di Maria Pia Veladiano”

  1. camilla Says:
    Dicembre 8th, 2011 at 08:57 Che esperienza importante “incontrare” , ascoltare chi ha scritto un libro che ci ha lasciati ammirati e stupefatti per la sua bellezza. Una bellezza mai conclamata dall’autrice, che pure possiede grandi mezzi espressivi, ma appena sussurrata, per il lettore attento che ascolta e si fa cogliere da nuovi pensieri nei quali intravvede luci che , a intermittenza, illuminano ampie zone della sua mente (o cuore o anima)che erano buie e silenziose. Cara Mirna sono molto contenta che tu abbia potuto ascoltare questa voce sapiente, questa scrittrice preziosa. Spero di poterle fare anch’io una domanda che mi sollecita fin dalla prima lettura del bellissimo “La vita accanto”. E’ una domanda che , forse, mi darà risposte urgenti. e, in generale, penso che potersi avvicinare a uno scrittore vero, di cui abbiamo letto parole importanti, sia una occasione di entusiasmo che (a me è capitato un paio di volte) ci modifica, ci riempie di nuova ricchezza interiore.

 

 

 


 

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I SOGNI NON HANNO SCADENZA di Alfredo Nepi

pubblicato da: Mirna - 8 Dicembre, 2011 @ 7:23 pm

Immergetevi nella campagna toscana tra i colori caldi dell’autunno e abbandonatevi alla speranza che possa succedere qualcosa di nuovo.

I sogni, infatti, non hanno scadenza, ci assicura Alfredo Nepi raccontandoci la storia di “un uomo e una donna”  che si innamorano al di fuori del loro rispettivo matrimonio arido e noioso. Un cinquantenne, Jacopo, e una trentacinquenne, Giulia,  entrambi disillusi e stanchi di una vita che non regala più sogni vengono sollecitati da un  loro  incontro inaspettato a reagire al ripiegamento su se stessi, a quel facile incolpare gli altri della propria infelicità e a guardare con spietatezza dentro il proprio vissuto.

Giulia e Jacopo si fanno coraggio a vicenda e scoprono nuove emozioni fiorite su profonde necessità del cuore e su intense affinità. Come riflette Jacopo “Forse ci si innamora di chi colma i vuoti dell’anima”

Alfredo Nepi è abile nello scandagliare con sincerità  i recessi della sensibilità sia maschile che femminile.

 “Purtroppo bisogna vivere la vita che vogliono gli altri, anzichè quella che vorresti tu.” Jacopo vorrebbe disfarsi della maschera con la quale ha vissuto per tanti anni, ma il percorso per raggiungere una più ampia  consapevolezza è sempre ardua.

Ci sono minuziose descrizioni fisiche dei personaggi e dei loro atteggiamenti  e questi diventano quasi  degli stereotipi che si  possono incontrare  in ogni  paesino dell’Italia : l’amico donnaiolo, quello che funge da “grillo parlante”,  l’anziana maestra  zitella che spettegola,  l’amica comprensiva e pratica.

E poi c’è la figura dolente della moglie che invecchia e che non suscita più emozioni nel marito.

 La vita ripropone spesso lo stesso soggetto: desiderio d’amore, “innamoramento” delle emozioni d’amore, voglia di fuggire dalla monotonia e consuetudine che non si riesce a trasformare in un sicuro e tenero abbraccio, ma che invece sembra toglierci il respiro.

Forse, ci suggerisce l’autore, l’Amore viene confuso con il desiderio di Libertà ?

“I sogni non hanno scadenza”

tg book

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MISS CUORI SOLITARI di Nathanael West

pubblicato da: admin - 2 Dicembre, 2011 @ 4:31 pm

scansione0001Miss Cuori Solitari,  Miss Lonelyhearts, è un uomo, un giovane giornalista che vive nella New York della Grande Depressione.

 Egli stesso si racconta:

” …Assumono un uomo per dare consigli alle lettrici di un giornale. Il lavoro è un gioco d’equilibrio per aumentare la tiratura del giornale e tutti quelli che vi lavorano lo considerano uno scherzo. Lui accetta volentieri quel lavoro…anch’egli considera quel lavoro una barzelletta..ma dopo alcuni mesi si accorge che la maggior parte delle lettere sono solo suppliche profondamente umili di consigli spirituali, espressioni di sofferenze genuine. …Per la prima volta in vita sua è costretto a fare un esame dei valori per i quali vive…”

Miss Lonelyhearts soffre veramente per il dolore che legge nelle lettere che gli arrivano, sente su di sè la miseria, lo sfruttamento, l’ignoranza, la desolazione delle tante Cuore spezzato, Stufa di tutto, Disperata, Disillusa con marito tubercoloso, una anche con il marito storpio… ne è talmente rattristato che persino la Primavera gli sembra priva di speranza di rinascita. Eppure deve consolare, ma è consapevole di non essere onesto in ciò nonostante i consigli elargiti  di darsi alla preghiera, all’Arte – come via d’uscita -, e alle solite risposte di ottimismo di maniera “ Le cose migliori della vita sono gratis – guardiamo il cielo chiazzato di nubi, il mare decorato di spuma…odoriamo il dolce pino e l’inebriante ligustro “

Egli stesso non è convinto, guarda il cielo di maggio e lo vede “come ripassato da una gomma da cancellare”.

 Soltanto  il Sogno può combattere le vite miserevoli dei più, seppure oggigiorno- riflette -i sogni non abbiano più il potere profetico o catartico del passato. Sembrano essere stati sostituiti dal cinema, radio e giornali (Noi del 2011 diremmo dalla TV,TV,TV)

Miss Lonelyhearts dovrebbe risultare il Consolatore, ma egli diventa succube , come riflesso in uno specchio, del dolore dell’umanità.

Nella sua stanza triste e solitaria, dove lo aspetta la lettura de I fratelli Karamazov, è appeso un Cristo d’avorio. Miss Lonelyhearts aveva  a suo tempo rimosso la scultura dalla croce per inchiodarla al muro con dei grossi chiodi, ma il Cristo…invece di contorcersi, secondo le aspettative,  rimane  freddamente decorativo.

Tutto ciò ci viene raccontato da Nathanael West con travolgente ed amara ironia ( e come non poteva visto il suo background culturale, cioè l’ambiente ebraico dell’Upper West Side?)

Spassoso il capitoletto sulla nuova mania per l’ordine e il controllo sugli oggetti di Lonelyhearts  “Quando guardava fuori da una finestra sistemava il panorama bilanciando un edificio contro l’altro. Se un uccello attraversava quella disposizione, Miss Lonelyhearts chiudeva gli occhi con rabbia finchè l’uccello non se n’era andato.”

Straniamento e alienazione di Miss Lonelyhearts tanto che non si conoscerà mai il suo vero nome.

Rivoluzionario, dissacratore, talvolta surreale questo breve romanzo del 1933  diventa il capostipite di una tradizione letteraria, teatrale e cinematografica americana.  Nel 1958 viene girato un film dal titolo omonimo con Montgomery Clift, Robert Ryan e Mirna Loy ( alla quale devo il mio nome).

Libro gustoso come un cioccolatino ripieno di un liquore inconsueto.

Passigli Editore, 2011

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LE CROCIATE VISTE DAGLI ARABI di Amin Maalouf

pubblicato da: admin - 29 Novembre, 2011 @ 6:18 pm

In attesa di cambiamenti strutturali del Blog che rimarrà  però sempre aperto alla gioia della lettura, ecco alcuni consigli di Riccardo:

  Dopo essermi gustato dello stesso Autore Gli scali del Levante, bellissimo romanzo storico, mi sono dedicato alle Crociate. Questo non è un romanzo. Tutt’altra musica. Non è un libro facile. Anzi, molto impegnativo. Crociate, più che “viste”, direi “vissute” dagli Arabi. E’ un complesso testo di cronaca e di storia scritto nel 1983 e tradotto in italiano nel 1989. I Crociati vengono fotografati nel loro agire, che soprattutto è di aggressioni, espansionismo, battaglie, saccheggi, stragi, arricchimenti. Lo stesso dicasi per gli “Arabi”, preoccupati soprattutto di difendere o di conquistare, di volta in volta, il loro piccolo singolo dominio, piuttosto che di scacciare l’invasore e difendere una “nazione”. La numerosa collezione delle loro sconfitte iniziali fu dovuta proprio alla mancanza di un sentimento nazionale, di una alleanza di tipo confederativa, di una unità di intenti contro il comune nemico. L’intrigo di alleanze, tradimenti, compromessi, “ribaltoni” fra i vari principi arabi fa impallidire la frammentazione degli interessi dei nostri stati medievali. In più, l’elemento religioso, da quanto si legge, è secondario, in entrambi i contendenti.

Arabi? Specifichiamo. Già nel IX secolo, il potere politico e militare era detenuto non da Arabi ma da Turchi, Armeni e Curdi. Molti soldati nemmeno parlavano l’arabo. Gli Arabi erano stranieri nella loro stessa patria. E questo fatto non ha certo aiutato il mondo arabo ad unirsi contro il nemico.

I Crociati (i “Franchi”) avevano sviluppato un sistema di governo statale. Gli “Arabi” no. In ciascuno dei loro piccoli stati, ogni successione comportava una guerra civile.

I Franchi avevano un sistema di leggi che garantiva alcuni diritti sia pure di intensità diversa in capo agli appartenenti ad ogni livello sociale. Presso gli Arabi, il potere del sovrano era illimitato. Ciò poteva essere un bene, in situazioni di emergenza, ma spesso si rivelò un male, in quanto molte decisioni venivano prese a livello istintivo, senza alcun confronto con propri consiglieri.

I Franchi impararono la lingua araba. Non accadde viceversa.

I Franchi e con loro l’occidente, si arricchirono della cultura araba. Non viceversa.

Da quanto sopra, discende la “visione araba odierna” delle crociate come atto sicuramente violento, antefatto sul quale si sono poi sviluppate le contrapposizioni del nostro secolo, intese – oggi sì – come contrapposizioni fra due culture, fra due nazioni, sino all’attentato del turco (non arabo, si noti) Alì Agca contro Giovanni Paolo II, da lui definito in una lettera come “il capo supremo dei Crociati”.

Libro impegnativo, dicevo. Riservato agli appassionati.

Ora mi dedicherò a Pino Aprile, al suo secondo libro (dopo “Terroni”): “Giù al Sud – Perché i Terroni salveranno l’Italia”.

*     *     *   *    *  

Pino Aprile

Giù al Sud – Perché i terroni salveranno l’Italia

Piemme

Avevo già letto e “postato” il suo precedente lavoro “Terroni”, al quale vi rimando. Pino Aprile … ma forse meglio sarebbe stato Primo Aprile, perché da quanto è sorprendente ciò che espone, sembra uno scherzo … ed invece è una cruda, vera realtà, perloppiù sconosciuta. Solo che è un libro vecchio, anche se scritto ed edito “poco fa”: infatti le azioni che spesso non condivide sono di tali Scajola, Gelmini, Bossi, Bossi, Borghezio, di tale meneghino esperto in bunga bunga, … Carneade, chi era costui? Vabbè, diciamo che è una pluri-cronaca-storica, ormai storia anche per la parte più recente, tanta è la differenza fra il recentissimo passato prossimo e le legittime speranze del nostro futuro, tanto possiamo solo migliorare, a questo punto … o no? O quanto meno, diciamo che sarà più facile migliorare che peggiorare. Infatti quanto ti misuri con un campione, nel suo settore è ben difficile superarlo, non vi pare?

Del precedente lavoro riprende il tema della “conquista del Sud” del 1860. Almeno gli USA la loro l’hanno sempre chiamata conquista, del West, ok, ma conquista, dicevo, e loro, con il loro Sud, ci hanno fatto una guerra per liberare gli schiavi, non per crearne, schiavi della povertà, del disinteresse, della mistificazione, della rapina legalizzata (nel senso: attuata attraverso leggi che ad esempio consentivano alle banche del Nord di scambiare le prprie banconote con l’oro delle banche del Sud e non viceversa).

Il post 1860 che poi si è in parte ripetuto con il post 1945, con fenomeni di brigantaggio entro i quali si inserivano le reazioni alla sopraffazione Nordista e con fenomeni di reazione alla sopraffazione Nordista entro i quali si inserivano brigantaggi. Alla fine Degasperi, esperto di autonomie locali, risolse tutto, salvo che poi, nell’applicazione pratica di quanto stabilito in termini di autonomia locale sicula, si affermò il contrario di tutto. Il Gattopardo, che tutto cambi affinchè nulla cambi. E il conto torna, mafia imperante (ablativo assoluto, n.d.r.). Nel merito del lavoro di Aprile: “cambio paese?” Si domanda un giovane. E gli si risponde: “Cambia il paese”. Infatti uno dei capitoli si intitola La restanza (sic). Chi resta, chi va ma torna, chi vuole far rivivere la propria terra. Le citazioni sono molte, tutte interessanti, sorprendenti, ma per fortuna soprattutto “vere”. Un laureato? Portarlo alla laurea costa 300.000-400.000 euro. Se poi è un meridionale che studia al Nord, vuol dire che i genitori hanno fatto sacrifici una vita, trasferendo denari al Nord, per creare un laureato che produrrà ricchezza al Nord. Moltiplicando per “n” queste cifre, emerge, solo a questo tuitolo, un credito enorme del Sud nei confronti del Nord. In un altro capitolo Aprile analizza gli effetti di una eventuale separazione del Sud dal Nord, notate, non del Nord dal Sud, perché a rimetterci sarebbe il Nord, udite, udite! A rileggere la storia e l’attualità attraverso le documentazioni di Aprile, vien da chiedersi: ma lui è un mistificatore oppure tante cose non ce le hanno mai volute dire? Io mi permetto una considerazione: il nuovo governo potrebbe fare una bellissima “finanziaria” semplicemente applicando quanto indicato da Pino Aprile e dalla trasmissione Report. Ma come la faccio facile … però, anche Colombo era stato giudicato un po’ visionario ed alla fine invece … anche se poi oggi taluno dice che, tutto sommato, era solo uno che “aveva sbagliato strada, si era perso …”

Sapete, all’inizio della lettura di questo “secondo” libro, mi ero quasi pentito: riprende il primo … ne vale la pena? Ma poi, dopo alcuni capitoletti, ne sono stato letteralmente catturato. Come ho accennato ad alcuni amici del blog, ne ho parlato a Paolo Malvinni, poeta, scrittore e drammaturgo che lavora presso al Biblioteca Comunale di Trento, autore fra l’altro di un libretto sulla traversata del Passo San Giovanni da parte delle galee veneziane per portare guerra (navale) ai milanesi (arroccati a Riva del Garda) ed aprirsi la strada per soccorrere la “veneziana” Brescia assediata dai milanesi. Paolo mio ha detto che vuole invitare a Trento Pino Aprile, per completare, attraverso il suo angolo visuale, le testimonianze circa i 150 anni dell’unità nazionale. Bene, Paolo, fallo questo invito, completiamo la conoscenza della nostra realtà storica, attuale e futura … alla fine poi ognuno si schiererà, con il Nord, con il Sud o con l’Italia, ma almeno avremo messo tutte le carte in tavola, non solo alcune.

E poi la scrittura è scorrevole, quasi “vocale”, piena di intelligente umorismo (ma va?) vi assicuro, tipo “ridendo castigat mores” .Leggete i libri di Pino Aprile, gente, leggete e diffondete: diffonderete cultura e civiltà, quella vera, altro che barzellette

Riccardo

 

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LE QUARANTA PORTE di Elif Shafak

pubblicato da: admin - 22 Novembre, 2011 @ 10:03 am

scansione0002Che emozione particolare entrare con questa lettura nel mondo del sufismo. Sentire aprirsi a diverse visioni spirituali, ma che alla fine sembrano portare all’unica soluzione per una serena accettazione della vita: conoscersi e donarsi a un Amore superiore!

Conoscevo le danze dei dervisci che mi hanno da sempre affascinato: quel rotearsi intenso per arrivare all’annullamento del sè ed il congiungimento con il Tutto, che incanto! Ma non sapevo dei dervisci erranti, conoscevo appena il nome di Rumi, “lo Shakespeare dell’Islam”.

In questo bellissimo libro la giovane  scrittrice turca  Elif Shakaf ci racconta, mescolandolo sapientemente con la vita di una quarantenne americana, l’incontro tra il maestro sufi Rumi e il derviscio errante Shams  “il sole di Tabriz”.

Un romanzo nel romanzo: il protagonista contemporaneo convertitosi al sufismo ha scritto  “Dolce eresia” che racconta la straordinaria amicizia tra Rumi e Shams , romanzo che deve essere recensito da Ella, la quarantenne americana.

Mentre legge Ella viente trasportata nella Turchia del XIII secolo e in particolare a  Konya dove ” Mawlana” (il nostro maestro)  Jalal ad-Din, detto Rumi,  studia e insegna . Rumi è amato da tutti “egli ha la capacità di scavare al fondo, in profondità, sotto l’involucro esteriore della religione, e di estrarne la gemma universale ed eterna.”

Ma non è ancora il poeta che noi conosciamo, lo diventerà dopo l’incontro con Shams i Tabriz  e la fine drammatica di quest’ultimo. La sofferenza, la consapevolezza, l’amore cosmico ispireranno a Rumi i versi d’amore più belli di tutti i tempi.

Shams ha insegnato a Rumi le “quaranta regole dell’Amore” e questi ha dischiuso il suo cuore alle meraviglie della Vita. Entrambi  combattono una jihad verso l’interno di se stessi, sconfiggere il proprio ego, il nafs, il falso ego.

Ed ecco che accanto ai quattro elementi fondamentali  della Terra, Acqua, Vento e Fuoco viene posto il Vuoto dove sono presenti le cose nella loro assenza. Un elemento che noi occidentali cerchiamo spesso di fuggire, ma che è fondamentale per raggiungere una visione consapevole d’insieme dove il nostro io fa parte del Cosmo. “La trentanovesima regola dice – Se anche le parti cambiano, il tutto resta lo stesso.”  Ci dice Rumi “A poco a poco si arriva ai quaranta, ai cinquanta, ai sessanta. A ogni decennio ci si sente più completi. Bisogna continuare a camminare, benchè non esiste alcun luogo da raggiungere. L’universo gira, incessante e indifferente, e lo stesso fanno la terra e la luna, ma soltanto il segreto custodito nell’intimo degli essere umani fa muovere ogni cosa. E’ in questa conoscenza che noi dervisci attraversiamo, danzando, amore e dolore…”

Le voci narranti sono tante da Shams i Tabriz appassionato, forte, spirituale che rifugge dai beni materiali come poteva essere il nostro San Francesco, a Rumi che ritrova in Shams il suo specchio, ai figli di Rumi divorati dala gelosia, a Rosa del deserto, la meretricre, a Suleiman, il beone a Kimya la sposa inappagata di Shams.

Ringrazio Raffaella che mi ha donato questo romanzo così interessante. Quante cose ci sono al mondo da conoscere e gioirne.

Su Internet si posono leggere poesie tradotte dal persiano di Rumi, conoscere più a fondo l’animo del sufismo e dei dervisci.

 Quanti mondi intellettuali e spirituali  da conoscere e scoprire…

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CRAMPTON HODNET di Barbara Pym

pubblicato da: admin - 15 Novembre, 2011 @ 4:33 pm

Immag0793Che piacere reincontrare Barbara Pym all’inizio di un autunno freddo e piovoso a Leamington Lodge, Oxford.

E non poteva essere altro che intorno a tintinnanti tazze di tè offerte e gustate con grande piacere da zitelle , reverendi, professori e pragmatiche “matrone che veleggiano” da un tavolino all’altro.scansione0003

Siamo negli anni Trenta nell’ovattato e tranquillo ambiente accademico di North Oxford dove quasi tutti sono ricchi e compiaciuti. Il nuovo reverendo Latimer durante un tè di beneficienza chiede a Miss Morrow se ci sono molti malati da visitare, ma questt’ultima risponde “Non ci sono malati in questa zona di Oxford. Sono tutti o vivi o morti. Solo che a volte è difficile vedere la differenza”.

  Miss Morrow è la mite dama di compagnia dell’autoritaria Miss  Doggett padrona orgogliosa di  Leamington Loadge,  ha trentasei anni, è graziosa, ma non appariscente e si sente ormai far parte delle zitelle oxoniane. Si lascia tiranneggiare amabilmente tanto che spesso si sente incolpata di tutto ciò che succede. Dice al reverendo Latimer, il quale  non sa che scusa accampare per il suo ritardo alla funzione del tardo pomeriggio,  “…può dare la colpa a me, se vuole. Le donne sono abituate a farsi carico di fardelli e colpe. Negli ultimi cinque anni sono stata accusata di un po’ di tutto, persino dell’abdicazione di Re Edoardo VIII”.

Il signor Latimer invece cercherà di spiegare il ritardo dovuto proprio ad una passeggiata con Miss Morrow inventando una visita fatta ad un Pastore immaginario che abita in un altrettanto immaginario luogo chiamato Crampton Hodnet.

Evidentemente anche in un mondo tranquillo e piacevole è necessario talvolta trovare una Crampton Hodge. Lo fa il professor Cleveland, bel cinquantenne docente di letteratura inglese, che pensa di essersi innamorato di Barbara Bird, una sua studentessa dagli occhi brucianti che ama declamare poesie con lui.

Barbara ritiene che la moglie di Cleveland, la saggia Margaret, non sia adatta a lui nonostante la gentilezza e l’ospitalità .

Se solo la signora Cleveland non fosse una persona così gentile…e tuttavia  era ovvio che non era la moglie giusta per Francis…non dava proprio l’impressione di essere intellettualmente adatta a lui.

“Non riesco a immaginarli che leggono insieme poesie” pensò essendo questa la sua idea di un matrimonio felice.

Che piacere leggere questo romanzo, si entra in modo facile ed efficace negli accadimenti come se affondassimo in soffice panna montata.

Troviamo personaggi esilaranti come il professor Killligrew che vive con una mamma dispotica che esige la puntualità per il tè…e che da pettegolo, come tutta la piccola cerchia di North Oxford, vuole scoprire la tresca tra Cleveland e Barbara.  Quando  incontrerà i due “innamorati” per caso al British museum a Londra…li seguirà e li spierà  con passo felpato tutto orgoglioso di avere le scarpe dalle suole di para.

Emerge fra tutti la saggia signora Cleveland che dà scarsa importanza alla scappatella del marito, tutta presa dalla conduzione della casa, dalla figlia Anthea e i suoi flirts  e da un PRINCIPIO DI REALTA’ che sembra concretizzarsi sempre nell’immancabile rito del tè bevuto da soli o in compagnia.

Succederà così anche a noi oggi a casa di Camilla? 

Ci incontreremo per il piacere di stare insieme, parlare di noi, di libri, della Rodoreda e della Ferrante che piace a Cristina V. e non a Camilla  (v. commenti nel post precedente)  o… di un’eventuale nostra  Crampton Hodnet ?

Vi racconteremo….

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