IL PESO DELLA FARFALLA di Erri de Luca
pubblicato da: admin - 17 Ottobre, 2011 @ 8:55 pmUna delle ultime letture di Riccardo:
ERRI DE LUCA
Il peso della farfalla
Feltrinelli
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Ho appena comperato “I pesci non chiudono gli occhi†dello stesso autore, libro che Grazia sta finendo. Ed allora mi rifaccio con un altro “De Lucaâ€, ormai “vecchio†di un paio d’anni. Si tratta di un libretto quasi tascabile, di 70 paginette compresa l’appendice “Visita ad un albero†che si assapora in poche ore.
“Questa è la storia di un camoscio, magnifico animale di montagna, che rimasto orfano, impara tutto da solo, senza appartenere a un branco. E’ forte, unico, bellissimo. Sfida tutti senza timore e diventa il “re dei camosci“. Ma questa è anche la storia del cacciatore che lo ucciderà . Il vecchio cacciatore che vive da solo nella casa del bosco e racconta poco della sua caccia, perché non ha storie da raccontare. Nemmeno una che possa conquistare una donna. Con sua sorpresa una giornalista si mette in testa di seguirlo, su in montagna. Non accetta subito la cosa. Perché lui non è abituato a frequentare le donne e chi non le frequenta, scrive Erri De Luca, ha “dimenticato che hanno di superiore la volontà . Un uomo non arriva a volere come una donna“. Il cacciatore è spaesato e ha timore. E poi da anni, tra lui e il camoscio, c’è un silenzioso scontro. Uno scontro che conoscerà fine nel mese di novembre…â€
Il libro è scritto con una delicatezza che ricorda il librarsi delle foglie in autunno, il cadere lento dei fiocchi di neve in una notte senza vento, il volo dell’aquila che plana nel cielo, il silenzioso rumore dei pensieri. Il cacciatore, dice De Luca, ammira il camoscio, il re della montagna. lo ammira e basta. Non lo invidia, perché l’invidia è un sentimento “transitivoâ€: mi fai invidia ed io vorrei essere come te, più di te. L’ammirazione invece, egli afferma, è fine a se stessa. De Luca si è voluto rilassare, lui che è anche uno scalatore, ha voluto fermarsi ad ascoltare le voci della montagna, dei sassi che rotolano a valle, dei torrenti che levigano le rocce, degli uomini della montagna, anzi, di un solo uomo, la cui voce è, al pari dei suoi pensieri, il silenzio. Non vi è retorica nel racconto, ma essenzialità , profondità e ricerca di se stessi. E’ semplicemente impressionante il senso della verità e della misura di De Luca: “multa paucisâ€, esprime molto con poche parole. E mentre respiriamo l’aria di montagna, il salire senza fatica ma con l’utilizzo sapiente delle proprie forze ben allenate il sentiero che ci conduce a casa – tutto ha un prezzo –, mentre crediamo di “avercela fattaâ€, improvvisamente ci accorgiamo che la fine esiste per tutti, uomini e camosci, la fine e che il peso di una farfalla, quasi una perla sul diadema regale delle corna del camoscio, può fare la differenza.
Riccardo
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LA PARETE di Marlen Haushofer
pubblicato da: admin - 11 Ottobre, 2011 @ 8:59 am
contenta del nobel a uno scrittore svedese
non conosco ancora Tomas Transtromer ma già sono avvinta dal suo viso vissuto, dalla poesia dei suoi scritti che gli altri lettori hanno assaporato prima di noi
Anche il libro che vi presento oggi ha atmosfere del nord anche se intuiamo questa storia terribile e splendida si svolge in austria, nel cuore della vecchia europa
Che direste, che faremmo ,se in giorno all’improvviso ci trovassimo soli, separati dal resto del mondo – che intravediamo pietrificato e senza vita – da una alta parete trasparente?Â
penseremmo a impossibili e terribili azioni politiche? all’incomprensibile? ma appena ci rendessimo conto di essere soli, in mezzo ad un bosco con soltanto alcuni animali come compagni, che faremmo?
come Robinson cederemmo all’istinto di sopravvivenza e mettemmo in atto, come fa la ptotagonista, ogni nostra strategia per ripararci, nutrirci, curare gli animali, in questo caso una mucca, un cane, un gatto, e contare il tempo
ma questa ancor giovane donna non si trova nella stessa situazione di Robinson, il quale sapeva dove si trovava e perchè, essa è “precipitata” all’improvviso in una nuova dimensione
ma si trova proprio nello chalet del bosco tra i monti dove impara a coltivar patate e fagioli, a far nascere un vitello, a sparare alla selvaggina per sè e gli animali domestici? O si trova in una zona della sua anima isolata da una parete di vetro che non riesce a sfondare?
Anche sylvia plath nel suo tormento interiore di non essere compresa scrisse “la campana di vetro”
incomunicabilità , disagio di vivere in un mondo consumistico ed egoista e che sta dimenticandola la forza e l’abbraccio reale nel bello e nel brutto della natura
Finalmente durante il suo primo natale bianco e solitario la donna cede “Ne avevo abbastanza di continuare a fuggire, volevo affrontare la realtà ”
si sente sollevata, vuole imparare a dimenticare il passato in cui non si sentiva se stessa
La prima estate sull’alpe sarà un’esperienza quasi mistica, il suo “io” verrà assorbito dalla vastità del cosmo. un battito all’unisono
pensa che la sua vita precedente sia stata solo un’imitazione e che questa solitudine la costringa a contemplare l’immenso splendore della vita
Ma tutto si usura, il suo corpo si stanca per il gran lavoro, gli orologi si rompono e il Tempo sembra fermo, indifferente, ubiquo, una “ragnatela grigia che intrappola ogni secondo e non permette a nulla di finire veramente”
seguiamo per due anni la cronaca scritta e poi lasciamo al suo destino questo personaggio che alternerà momenti di crudele quotidianità a slanci di rinnovamento vitale e consolazione tra la natura nel suo terribile e meraviglioso aspetto
questo è il romanzo più importante di Marlene Haushofer apparso per la prima volta nel 1963
vorrei scrivere tanto tanto su di esso…ma con la mano sinistra è faticoso
è’ in ristampa, già alcuno amici – grazie al passaparola – lo stanno leggendo
compito di questo blog e far leggere, leggere,leggere…
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Turista per caso di Anne Tyler
pubblicato da: admin - 6 Ottobre, 2011 @ 5:55 pmÂ
DATE LE CIRCOSTANZE CREDO CHE GRAZIA NON ME NE VORRA’ SE INSIEME AL SUO POST SPEDISCO ANCHE LE BELLISSIME E SUGGESTIVE RIGHE DELLA LETTERA PER ME PERCHè RIENTRANO ANCH’ESSE NEL NOSTRO AMORE PER I LIBRI
Cara Mirna,
spero che tu ti sia abituata al braccio ingessato, scorrono i giorni, presto sarà il momento di togliere tutto. Ho trovato “Mrs Dalloway†in una vecchia edizione economica Newton, spero di poterlo apprezzare guidata dai tuoi consigli, conto di dedicarmici presto, pile di libri e scuola permettendo. Ieri ho quasi finito, mi mancano alcune pagine che riservo alle prossime ore, “I pesci non chiudono gli occhi†di Erri de Luca, libro breve e intenso, l’autore ricorda i suoi dieci anni, consigliabile, se non lo hai già letto.
La tua richiesta di parlare di “Turista per caso†della Tyler, mi ha indotto a rileggere quel libro per l’ennesima volta.
L’ho portato con me domenica sulla cima del Monte Bue, dove sedevo avvolta dal sole caldo e dalla luce, a tratti alzavo lo sguardo dalle pagine verso il profilo delle cime montuose e verso la pianura del parmense. Cosa desiderare di meglio? Un libro, il sole, le montagne e poi le colline e la pianura, indefinite, all’orizzonte…
Ripresa la lettura il pomeriggio di lunedì, sulla spiaggia, ho terminato quando eravamo rimasti, nella quiete dell’acqua e della sabbia, con il sole ormai basso sull’orizzonte, in tre, forse quattro persone.
Piacevolezza nella piacevolezza.
Veniamo al libro, che ogni volta mi sembra un po’ diverso e mi dà diverse emozioni.
Macom Leary, il protagonista, ha ormai superato i quarant’anni, odia viaggiare ma deve farlo spesso perchè scrive guide per “accidental touristâ€, persone che per lavoro devono girare il mondo. Indica al turista “per necessità †l’indispensabile da mettere nella ventiquattrore e i posti dove ritrovare luoghi il più possibile simili a quelli a cui è abituato.
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Divertente l’approccio di Macom alla lettura. Nella sua ventiquattrore c’è immancabilmente un libro di 1198 pagine, “Piccola MacIntosh, tesoro mioâ€, lo apre per non essere disturbato in aereo o in treno dagli altri viaggiatori, quel libro “aveva il vantaggio di non possedere nessun intreccio, almeno per quanto gli risultava, ma di riuscire invariabilmente a interessare, per cui poteva immergervisi a casoâ€.
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Il suo matrimonio con Sarah va in pezzi dopo che il loro bambino dodicenne è stato ucciso in un fast food. Dopo la separazione, Macom si trova spaesato e “per tirare avanti†mette in pratica una personalissima riorganizzazione della casa; elabora un metodo per lavare i piatti, uno per dare da mangiare al gatto e al cane, uno per preparare la colazione e i pasti, uno per fare il bucato. Sposta la doccia dal mattino alla sera pestando sul fondo della vasca la biancheria sporca del giorno, la stende sugli appendini… indossa quella pulita per non sporcare il pigiama… riesce ogni notte a dormire in lenzuola pulite cucendo “sacchi corporei†che dispone sul materasso. Nonostante i tentativi di tenere tutto sotto controllo, di economizzare gli sforzi, “ce la faceva a stento a tirare avanti alla giornataâ€..
Finché in un incidente domestico (esilarante) Macom si rompe una gamba e va a stabilirsi nella casa di famiglia dove vivono la sorella e due fratelli, entrambi reduci da matrimoni falliti. Per lui è il ritorno alla sicurezza, al bozzolo protettivo della famiglia, per quanto (deliziosamente) eccentrici siano i Leary.
Riescono a perdersi nel centro della loro città dopo aver studiato a lungo la mappa del percorso, discutono su tutto senza riuscire a decidere, non rispondono al telefono, “chi diavolo potrebbe volere proprio noi?â€.
Su tutti veglia Rose, la sorella, che di tutti si occupa. Rassicurante, per Macom, la dispensa di Rose, con tutte le marmellate “in ordine alfabeticoâ€, lo stesso ordine del cibo negli armadi di cucina.
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Anche Edward, il cane di Macom, è a pezzi dopo la morte del padroncino, per tenerlo a bada durante i viaggi di lavoro e per impedirgli di aggredire chi gli si avvicina, deve farlo addestrare. Questo compito spetta a Muriel, una giovane tutta riccioli e improbabili abiti di seconda mano che abbina a scarpe con tacchi vertiginosi. Per il cane e per Macon comincia la rieducazione, alla convivenza, all’apertura al mondo, all’imprevedibile e la fine della misantropia.
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Macon dapprima è attratto e travolto da Muriel, dalla sua forza, dalla sua capacità di affrontare la vita, e sta con lei per alcuni mesi, nel loro rapporto si inserisce la tenerezza per il bambino di Muriel, pieno di malanni ma “con ditini talmente unici e pieni di carattereâ€Â che Macom “sente dilagare nell’intimo una piacevole sorta di pena†quando gli dà la mano.
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Tenta poi di sfuggirle perché “nella sua vita erano tornati a incombere tutti i vecchi pericoliâ€Â e di rifugiarsi nelle sue ordinate e metodiche abitudini. Ma, poiché Muriel rivela “una bella tempra di lottatrice†e lo segue in un viaggio di lavoro a Parigi, si arrende e decide di tornare ad affrontare le gioie e i pericoli della vita.
Sembra una storia sentimentale, in parte forse lo è, ma lo straordinario della Tayler è saper raccontare e far vivere personaggi semplici e mediocri, senza apparenti qualità , – non sono nemmeno bruttissimi ma dotati di grande talento musicale – presentati nella loro intimità tanto da far sentire il lettore parte della storia, è come essere con loro, partecipare alle loro umanissime vicende.
Così a momenti il lettore ride fino alle lacrime, a momenti sorride oppure si commuove.
È a mio avviso impagabile la maestria dell’autrice nel descrivere i particolari dei gesti e delle cose, le manie, i tic, gli affetti così umani e quotidiani, e come sapientemente riesce a mescolare il tutto con l’ironia, il dolore, la speranza…
Ti saluto, Mirna cara, un abbraccio, a presto.
Grazia
UNA VITA ALLO SBANDO di Anne Tyler
pubblicato da: admin - 28 Settembre, 2011 @ 6:42 pm
Parafrasando il titolo del libro presentato mesi e mesi fa “In viaggio su una gamba sola” di Herta Muller potrei dire di me “in giro con un braccio  solo”dato che ho l’arto destro mezzo ingessato.
Ma che differenza di significato dalla dolente metafora della Muller alla mia realistica frattura del polso.Â
Pur se ogni vita presenta gioia. dolore, e spesso momenti di spaesamento come in questo racconto di ANNE TYLER.
Qui si parla di due adolescenti americani degli anni Ssessanta e della loro fatica per crescere. si entra nel mondo di Evi, scialba, poco attraente, solitaria ma con le ideee chiare su ciò che vuole e non vuole. e lei vuole un chitarrista rock, Casey, che suona canzoni da lui composte nelle quali vi intercala suoi tristi e oscuri pensieri senza musica.
e nonostante intorno a lui sembri aleggiare una scia d’ aria fredda Evie si incide sulla fronte il suo nome per sentirsi parte di lui ? parte di qualcosa? Perchè la sensazione predominante che questi personaggi suscitano è l’incapacità di comunicare. Un freddo egocentrismo che terrà incatenato Casey mentre Evie, con fatica e sofferenza, riuscirà a crescere.
Certo l’adolescenza ovunque nel mondo occidentale è un’età di fatica: la ricerca della propria identità è un duro percorso e spesso la “centratura” di sè sembra irraggiungibile. si rimane allo sbando per molto tempo , ma, come suggerisce Anne Tyler accostarsi agli altri è sicuramente un aiuto per fratturare l’involucro egoistico che molti  erigono a difesa.
insomma l’essere ingessati nei sentimenti rende malinconici (il riferimento al mio braccio è volutamente casuale)
La Tyler ci porta sempre in atmosfere particolari dove il lettore si addentra con curiosità ritrovando sempre qualcosa che gli appartiene.
spero che Grazia, grande estimatrice di questa scrittrice, lo legga presto e ci dica il suo pensiero. ma in attesa, – e per aiutare l’amica caduta e fratturata- auspico ci scriva qualcosa su uno dei suo libri preferiti e cioè Turista per caso.
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STORIA DELLA MIA GENTE di Edoardo Nesi
pubblicato da: admin - 22 Settembre, 2011 @ 8:29 pmBompiani, 2011
RICCARDO HA LETTO IL PREMIO STREGAÂ 2011 E CE LO PROPONE.
LAÂ SUA VOCEÂ E’ SEMPRE BENVENUTA , ANZI DIREI INDISPENSABILE, IN QUESTO SALOTTO PERLOPIU’ FEMMINILE.
Tanto tuonò che piovve. Conosco una persona, la quale, dopo aver lavorato una vita nel settore tessile, a Prato, oggi, alla tenera età di 58 anni, ha dovuto accettare un impiego in nero presso una fabbrichetta di proprietà di un pachistano che opera completamente in nero (acquisti, vendite, stipendi, tutto insomma), con turni di lavoro 12 ore, senza ferie e giorni di riposo, se non – forse – un giorno ogni due mesi o – solo per pochi privilegiati – dieci giorni l’anno. Ragione di più per acquistare e leggere questo libro, 161 paginette che si leggono d’un fiato. Libro che racconta il dramma di uno, anzi di tanti settori dell’industria italiana, travolti da una globalizzazione sfrenata. E Prato docet.
Nel frattempo Maria Teresa sta leggendo La vita accanto della Veladiano e mi dice che “è un magnifico libro per donneâ€. Be’ questo qui è sicuramente un “libro per uominiâ€, per padri di famiglia, e quindi, per tutte le famiglie che vivono del lavoro dei propri componenti.
Prato, Provincia di Prato, Granducato di Toscana … già , perché Edoardo Nesi era un industriale di Prato, da generazioni, prima che la sua famiglia vendesse, qualche anno fa, l’azienda.
La sua è una denuncia contro l’incapacità e l’irresponsabilità dei soloni della politica e dell’economia, contro la turbo finanza e il liberismo sfrenato, contro chi non si è accorto nel passato e continua a non vedere anche oggi che – tanto per fare un esempio – il presidente dello stato più liberista del mondo (USA) è stato quello che paradossalmente ha adottato misure keynesiane per salvare le sue principali banche.
Traduciamo: il comunismo ha mostrato la corda in 150 anni. Il liberismo sfrenato in alcune decine. Ed allora ritorna Keynes: lo Stato deve indirizzare, moderare, intervenire ed equilibrare le forze del libero mercato e soprattutto prevedere e predisporre per tempo soluzioni alternative.
La crisi non c’è, diceva sino a qualche mese fa taluno. Ne siamo fuori. Non siate le solite cassandre profeti di sventura, abbiamo tot telefonini, tot Iphone, tot auto, tot panfili, ma che volete di più? Poi, improvvisamente questa estate (non l’estate scorsa, noto film del 1959 dal testo teatrale di T. Williams, cfr. ivi), improvvisamente siamo travolti dalla crisi. Ma Nesi non è un “comunista†E’, anzi era, un industriale, oggi è uno scrittore. Ed allora, come la mettiamo?
Lo Stato non è un’azienda. Ma magari chi lo ha recentemente governato l’avesse interpretato come azienda! Se non altro avrebbe redatto piani pluriennali, li avrebbe attuati, avrebbe predisposto soluzioni alternative (in Italia ricerca, turismo e cultura, ad esempio), modifiche graduali (anche qui la natura non dovrebbe “facere saltusâ€), avrebbe dovuto capire che esportare know how e merci in Cina non era esportare valore ma addestrare quell’economia a farci concorrenza (sic, Nesi). Il debito pubblico … una sola osservazione (di Nesi, non mia), per fortuna i creditori sono in massima parte “interniâ€, cioè italiani, cioè tassabili. Almeno questo.
Per Nesi anche i nostri industriali hanno qualche responsabilità . Essi sono cresciuti nel dopoguerra, in un periodo in cui v’era bisogno di tutto, in cui si poteva costruire tutto perché v’era domanda di tutto. Artigiani che “si sono fatti da séâ€, ma che non si sono “indignati†sufficientemente di fronte alle elaborazioni teoriche dei successivi “governi dei soloniâ€.
Verso la fine del libro, Nesi cita la frase che nel film “Il verdetto†l’avvocato Galvin (Paul Newman) pronuncia all’inizio della sua arringa. “Nella vita perlopiù ci sentiamo smarritiâ€. E noi, chi dobbiamo ringraziare? Sicuramente chi ha preteso di separare il potere dalla responsabilità .
Mi permetto di chiudere con un’ osservazione personale, un pensiero per i nostri giovani. L’aumento dell’età per il pensionamento e la soppressione dell’accredito ai fini pensionistici del periodo universitario e dei mesi del servizio militare peggiora lo status chi oggi è già fra le categorie maggiormente a “rischio futuroâ€: i nostri ragazzi, la prima generazione la quale, dopo centinaia d’anni, starà peggio dei propri genitori (sic, Nesi).
Riccardo
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UN GIORNO COME TANTI di Mirco Nacoti
pubblicato da: admin - 16 Settembre, 2011 @ 8:53 amÂ
MI FA PIACERE DARE SPAZIO ALLA LETTURA DI MARIA TERESA.
 PROPRIO DUE GIORNI FA CON ANDREA BIANCHI DELLA TRENTOBLOGCOMMUNITY SI è PARLATO DI DARE PIU’ SPAZIO ALLE PROBLEMATICHE NON SOLO DELLA CITTA’ O DELL’ITALIA, MA SOPRATTUTTO DELLE “EMERGENZE” UMANE, AMBIENTALI ….MORALI
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 L’emergenza in Costa d’Avorio nel diario di un medico… senza frontiere
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Il sottotitolo anticipa la natura di questo libro, che quindi si presume sia cercato, scelto e letto sotto la spinta di interessi umanitari. Ma io non ci sono arrivata così.
Ero al mare a fine giugno a Milano Marittima (quanto diversa dalla mia isola da Robinson…), sdraiata al sole senza leggere nulla, in totale disimpegno.
Encefalogramma piatto.
Un ragazzo di colore si è avvicinato e mi ha salutato. Essendo la spiaggia sempre frequentata da venditori, ho risposto con una frase del tipo “No, grazie, non mi serve nienteâ€. Lui allora mi ha controrisposto: “Ma io ti ho solo salutato, non ti ho chiesto se ti occorre qualcosaâ€. Ho allora risposto al saluto, ho attivato le mie funzioni cerebrali ed abbiamo cominciato a parlare. Mi ha presentato questo libretto (il diminutivo è riferito solo alle dimensioni) e mi ha facilmente convinto a prenderlo. L’ho divorato, mi ha catturato, mi ha fatto riflettere.
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È il diario -anche intimo- di Mirco Nacoti, giovane medico che ha trascorso i primi sei mesi del 2004 nella regione di Man, in Costa d’Avorio, dove Medici Senza Frontiere ha un ospedale e dove lui, lasciando la Terapia Intensiva Pediatrica di Bergamo, ha fatto tutto quello che un medico di buona volontà può fare: pronto soccorso, ostetricia, pediatria, attività nel centro nutrizionale e mille altre cose. Il tutto in un contesto in cui gli stregoni hanno grande influenza e la magìa è una pratica molto comune.
Molte cose colpiscono in questo, come penso in altri libri di questo genere, ma certamente qui una costante è la tenacia nell’andare avanti nonostante la percezione dei propri limiti, nonostante la voglia di tornare a casa, nonostante il desiderio struggente della fidanzata Marta che a casa lo aspetta…
Insomma, siamo ben lontani dalla figura dell’eroe:
“Ho voluto l’Africa e adesso ne ingoio forzatamente ettolitri di calici amariâ€
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E più in là , ancora peggio. In certi giorni non riesce nemmeno più a scrivere il suo diario, poi riprende:
“Avevo smarrito la voglia di scrivere. Un po’ di spavento, la scomparsa di scrittura significa occhi gonfi di abitudineâ€
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Ad un certo punto, nel pieno delle brutture della guerra civile, Mirco Nacoti dice:
â€Per fortuna c’è la gradevolezza del rapporto umano che la professione medica ha il privilegio di offrire a chi la praticaâ€
E qui mi viene spontaneo un paragone tra medici e insegnanti: a mio parere in queste due professioni più che in altre sono importantissimi i rapporti umani ed il modo in cui questi rapporti si gestiscono segna i buoni o cattivi medici ed i buoni o cattivi insegnanti.
Altro aspetto in comune tra le due categorie (ferma restando l’enorme differenza retributiva!) è la necessità di aggiornarsi:
“Un medico che non si confronta, che non si rinnova è un flaccido spettroâ€
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Le riflessioni di Mirco si intercalano ai tanti tremendi casi medici, sempre con lucida vicinanza alla popolazione e con mille dubbi espressi, come quando dice:
“Ho l’impressione che la gente dei villaggi venga educata al fatalismo… Nessuna speranza viene mai prospettata… Fa comodo e garantisce abusi e soprusi inattaccabiliâ€
Lo trovo tremendo!
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È un libro documento, ma è anche un diario, anche un diario intimo e talora ha pagine delicatissime e struggenti che non esito a definire poetiche. Alcune parti anche graficamente si presentano un po’ come tali.
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Credo che non mi sarà mai possibile dimenticare questa “madre di Cecilia†che temo si rinnovi continuamente (trascrivo esattamente capoversi e maiuscole come trovo):
“La madre raccoglie il bimbo come niente fosse
Inclina un poco il dorso verso il basso
e se lo addossa alla schiena
alla guisa di un koala
Mantiene la posizione il tempo di un sospiro
avvolge se stessa e il proprio rampollo nell’ampio tessuto vivace
color papaia acceso sgargiante ricolmo di disegni
Gli angoli del panno li avvita all’altezza dell’ombelico
la parte restante lungo i contorni degli arti inferiori della creatura per ancorarla
Testa e gambe ciondolano ai movimenti materni
una tale grazia e abilità in quel gesto quotidiano
La madre raccoglie il bimbo come se niente fosse
e se ne esce dalla sala d’urgenza frettolosamente
non mi saluta
…
Il sangue è arrivato troppo tardi
…
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Non vorrei rattristare troppo chi eventualmente legge questo post! Ci sono in questo libro anche momenti spiritosi e vivaci. L’autore è persona di grande intelligenza, mai per nessun motivo sgradevole. E Bergamo non è lontana: chissà , forse Mirco Nacoti ora è qui e lo si può conoscere!
Un caldo saluto alla carissima Mirna, nei cui confronti sono colpevole di lunghi silenzi, e a tutte le amiche del blog
Maria Teresa
VESTIVAMO DA SUPERMAN, il sogno di ogni adolescente
pubblicato da: admin - 7 Settembre, 2011 @ 12:34 pmVESTIVAMO DA SUPERMAN di  Bill Bryson Â
 Anche questo libro prestatomi da Grazia  non è recentissimo, è stato pubblicato da Tea nel 2009, ma è per chi ama letture interessanti e nello stesso tempo divertenti.
Io l’ho letto con piacere.
Siamo nell’America degli anni Cinquanta e precisamente nello Iowa lo Stato che per il narratore era a quei tempi il più bello di tutti.
 E tutto sembrava facile e tutti sembravano felici: possedere televisori, la piastra per i wafels, il frigorifero, cibi precotti…
Bill lo è in particolar modo, primo perché fa parte di una famiglia serena e benestante: il padre giornalista sportivo, la madre redattrice di arredamento. Vive a Des Moines, tra le grandi pianure del Midwest e questa tranquilla cittadina diventa l’osservatorio privilegiato di un’America ancora felice e poco consapevole della caccia ai comunisti, della bomba H, del razzismo.
 Sono gli anni della costruzione di Disneyland, dei fumetti a go go, dei sogni del ragazzino Bill di essere un supereroe venuto dallo spazio e di avere la capacità di “vaporizzare†i nemici, vuoi i compagni prepotenti o gli insegnanti antipatici.
 Insomma in queste pagine c’è soprattutto il grande sogno americano che oggi sembra svanito per sempre. Personaggi indimenticabili e simpaticissimi, un modo di raccontare divertito, ma non sciocco, un suo modo di essere come per ognuno di noi. “Nel complesso, la mia infanzia è stata abbastanza buona†inizia Bill Bryson ( e direi che ciò è fondamentale) “I miei genitori erano pazienti e normali, su per giù….Sono nato maschio e mi è stato consentito rimanerlo. Crescere era facile…Eppure quello è stato di gran lunga il periodo più spaventoso, emozionante, interessante, istruttivo, sbalorditivo, libidinoso, entusiasta, problematico, spensierato, confuso, sereno e snervante della mia vita. E guarda caso, lo è stato anche per l’America,â€
Mi piace conoscere l’approccio alla vita dei miei simili, siano essi scanzonati o disperati, rassegnati o protesi alla ricerca del senso della propria direzione. In fondo, diceva Seneca, ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e i personaggi reali o inventati dei Libri ci aiutano.
 Questo Blog dovrebbe essere proprio un interagire Libro/Nostra Vita.
 E mentre aspetto i vostri commenti cominciate a pensare a quale è “il vostro libro del cuoreâ€â€¦vi dirò presto perché.
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SABATO di Ian McEwan, una giornata, una vita
pubblicato da: admin - 31 Agosto, 2011 @ 8:11 pmSABATO DIÂ IAN MCEWAN – Einaudi
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Che cosa cerchiamo in un libro? Emozioni? Evasione? Conoscenza? Confronti? Ogni Lettore ha le sue esigenze, le sue preferenze, i suoi gusti per quanto riguarda il contenuto e la tematica trattati.
 E attraverso il Blog abbiamo scritto parecchio circa i libri prediletti e non.
. Ma tutti possono, credo, riconoscere una buona Scrittura.
E Ian Mc Ewan è proprio bravo.
Ed evidentemente lo è anche la traduttrice di questo “Saturday†che mi ha avvinto.
Ogni sua parola, ogni sua frase è densa e sembra aumentare il volume del significato; non ti lascia scampo, l’attenzione non scivola via, così rimani stesa sul letto nella penombra pomeridiana o seduta in terrazza disturbata persino dalle tortore che tubano.
Viene raccontata una giornata del neurochirurgo Henry Perowne e come si fa a non pensare alla giornata dublinese di Leopold Bloom o a Mrs. Dalloway ?
Anche qui un giorno diventa una vita; persino la passeggiata di Arsenio, personaggio poetico di Montale, traduce una discesa verso il mare nell’avanzare della sua vita.
Il sabato di Henry comincia presto, all’alba, quando alla finestra vede un aereo in fiamme che poi atterrerà – lo saprà più tardi – senza gravi danni.
Comincia così un’analisi profonda dei propri stati d’animo e dei pensieri più o meno fugaci che attraversano il cervello del protagonista.
Alla finestra alla quale è giunto in un momento di intenso benessere notturno sembra scorrere tutta la sua vita, dalla fisicità all’emozione e terrore nel vedere l’aereo che lo riporta al ricordo dell’ 11 settembre e all’imminente guerra in Iraq, al desiderio di condividere con la moglie Rosalind, al programma giornaliero…
Ma non succede così anche a noi, uomini occidentali,  quando facciamo qualcosa o ci aggiriamo in casa o vediamo una persona, ecco che arrivano altri pensieri spezzati, informi, ma che ci lasciano la traccia di ricordi, situazioni, sensazioni. Eh, sì, bastano una foto, un oggetto, un suono per far sì che in modo subliminale le nuove impressioni si aggancino al momento vissuto e spesso, senza che noi ce ne accorgiamo, si ripresenta la nostra personale visione del mondo, il nostro sorriso o le nostre lacrime interiori.
Bravissimo McEwan.
Ed anche quando sembra troppo meticoloso come nella descrizione del lavoro e delle operazioni del neurochirurgo (si è documentato per alcuni anni), o nel racconto della partita a squash ecco che i improvvisamente ti lancia un’immagine, una frase che ti emozionano.
Persino se , come Grazia ha sottolineato stamani nel nostro solito caffè-pasticceria ,vengono descritti ambienti privilegiati,famiglie perfette o quasi.
In questa sua giornata libera accade qualcosa oltre alla solita partita a squash che Henry è abituato a giocare con un collega: un incontro-scontro con un ragazzo violento, Baxter, affetto dal morbo di Huntington (malattia neurologica degenerativa) che riapparirà nella serata dedicata alla famiglia e cioè  all’arrivo della figlia Daisy che sta per pubblicare un libro di poesie, al figlio Theo musicista rock, all’autoritario suocero poeta famoso.
Henry ha fatto la spesa ed ha già preparato gli ingredienti per cucinare la sua zuppa di pesce, ma sempre ogni gesto è avvolto dai pensieri e intermittenze, un po’ alla Proust, per il quale nessun attimo della vita sembra essere scarno di rimandi vissuti.
Il momento drammatico dell’arrivo di Baxter e delle sue minacce è veramente avvincente ed emozionante. La sua violenza verrà debellata dalla lettura di una poesia ad alta voce da parte di Daisy. Potenza della poesia, della letteratura.
Daisy è stata educata alla lettura dal nonno poeta e sapete quale fu la sua prima lettura importante consigliatole? Jane Eyre, la seconda La Metamorfosi…
La giornata finisce bene, Baxter viene sconfitto e la famiglia si riunisce ancora terrorizzata nel salotto con il grande desiderio di toccarsi, sentirsi vicini. E’ una famiglia sostanzialmente felice. E mi è piaciuto leggerlo.
Ma Henry è un medico, un chirurgo e vorrà essere lui a operare Baxter, fatto cadere dalle scale.
Fa il suo dovere con attenzione e dedizione, poi va a visitare una paziente ancora sveglia nel cuor della notte e finalmente alla fine di questo sabato si sente felice completamente.
“Si sente calmo e sovrabbondante, in possesso di tutti i requisiti del vivere. E’ una sensazione di luminoso svuotamento, una gioia muta e intensa. E’ dovuto tornare al lavoro, eppure, escludendo l’amore con Rosalind e la canzone di Theo, Henry è più felice che in qualsiasi altro momento del suo giorno libero, del suo prezioso sabato.â€
Se volessimno raccontare completamente una sola nostra giornata, certamente racconteremmo la nostra vita…
IL SESSO INUTILE di Oriana Fallaci
pubblicato da: admin - 26 Agosto, 2011 @ 5:29 pmIL SOTTOTITOLO SAREBBE VIAGGIO INTORNO ALLA DONNA E NATURALMENTE LO APPREZZO MAGGIORMENTE, TANTO PIU’, MI RENDO CONTO, CHE IO VIVO ORMAI SOPRATTUTTO TRA DONNE E , DEVO DIRE, CHE MI CI TROVO BENE.
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Che piacere però rileggere questo reportage della Fallaci datato anni Sessanta!
 Io posseggo molti suoi libri tutti regalatimi da mio padre, toscanaccio anch’egli.
Come viene sottolineato nella prefazione di Giovanna Botteri chi di noi, ragazzine dei Sessanta, non sognava di essere come lei ? l’elmetto dell’inviata di guerra in testa, le femminili treccine sul camiciotto maschile, l’eye liner come Juliette Greco ? Ed avere soprattutto il suo coraggio e la sua indipendenza.?
Essre donna e uomo, essere umano libero, insomma.
E’ il direttore dell’Europeo che le chiede un’inchiesta sulla condizione della donna nel mondo. Un po’ controvoglia Oriana decide di fare il lungo viaggio “intorno al mondo†come Phileas Fogg per cercare, se esistono, le donne più felici. Spinta da un’amica carina, realizzata sul lavoro, indipendente, con una bella casa, ma infelice…vuole capire.
Naturalmente per lei le più infelici sono le islamiche integraliste costrette a vivere al buio, come talpe, sotto i loro burka, in una prigionia fisica e mentale. Infelici anche perchè non sanno di esserlo.
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Oriana con il suo simpatico fotografo Duilio va in India dove incontrerà personaggi straordinari, come le “farfalle di ferroâ€, ma  con un’ala sola, come suggerisce lei osservando il nmodo di indossare il sari. Donne che hanno ottenuto diritti, riconoscimenti con la forza della resistenza passiva. Ma non hanno ancora la felicità .
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Ogni incontro un’emozione, una suggestione ed insieme alla scoperta dell’universo femminile degli anni Sessanta ( sarà cambiato qualcosa si spera…) l’annuncio della globalizzazione del mondo che la Fallaci denuncia nell’insegna della Coca Cola, simbolo della civiltà occidentale ormai dilagante.
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Ma insomma esistono delle donne felici?
Ebbene sì, negli anni Sessanta ce n’erano ed erano le ultime matriarche del Negri Simbilan in Malesia. Non avevano un indirizzo preciso, vivevano ai margini della giungla che solo loro sapevano “domareâ€, infatti i mariti sfaticati venivano rimandati dalla mamma!
L’imbarazzato e un po’ umiliato interprete di Oriana e Duilio cerca di spiegare  la loro vita serena ed allegra: lavorano molto, sono forti, sono loro le padrone della terra e danno loro il nome ai figli ed appena accumulano più soldi si fanno ricoprire i denti con lamine d’oro lasciando scoperto un cuoricino di smalto. Per le emergenze.
Così Hawa, una matriarca felice, era riuscita a comprare al figlio (che studia lontano) gli occhiali più grossi di Kuala Lumpur. Era andata dal dentista per farsi strappare la sua lamina e mentre lo raccontava, sorrideva…E sui denti si vedeva l’impronta di un cuoricino, piccolo come un chicco di riso.
Libro bello, da leggere o rileggere.C’è anche poesia nelle descrizioni di mare color fiordaliso e di pianure verdi come un’unica foglia,  e tenerezza durante l’intervista a  Han Suyn l’autrice de “L’amore è una cosa meravigliosaâ€. Sua storia vissuta. Ed Oriana ci dice che Han Suyin è più bella di Jennifer Jones. E Duilio si è “innamorato” di lei.
Interessantissima la conoscenza delle donne cinesi, sia quelle della Cina Comunista che quelle di Honk Kong..
 E poi arriveremo in Giappone , ad Honolulu, ma vorresti che questo viaggio non finisse mai, vorremmo conoscere i pensieri, i respiri di ogni donna di ogni parte del mondo e indovinare,e sperare,e supporre che si può essere felici.
Questo sesso considerato dalla maggior parte del mondo inutile continua ad essere pensato così? Â
Dopo la seconda guerra mondiale si vide che la donna poteva fare ciò che gli uomini facevano da secoli.
Così pensavo l’altra mattina  in spiaggia leggendo dell’intervista alla potentissima editor di Hong Kong, che dorme però nella stanza con  con l’Onorevole madre ricoperta di giada come un idolo.
“Non mi sposo. Non ho tempo. A Hong Kong gli uomini sono così arretrati. Pretendono che la moglie stia in casa e non si interessi di niente fuorché del marito. In quel senso i comunisti cinesi hanno fatto un gran passo: non perdono tempo dietro l’amore. L’amore è un hobby da pigri…â€
Così riflettevo ammirando il celeste pallido del cielo e del mare e non mi sembrava di vedere l’orizzonte tanto era così confuso tra l’alto e il basso in un unico indifferenziato infinito.
 So che c’era ma non lo vedevo, ma quando lo vediamo siamo sicuri che ci sia?
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P.S.
 GRAZIA HA SCRITTO UN COMMENTO AL LIBRO DI MARIA DUENAS ( DUE POSTS FA) E CAMILLA HA INVIATO ALCUNE RIGHE A RAFFAELLA.DA LEGGERE NEL POST PRECEDENTE.
LA PAURA di Gabriel Chevallier
pubblicato da: admin - 21 Agosto, 2011 @ 1:56 pmMa Riccardo che fa? Veleggia sulle acque del Garda ammirando monti e limoni? ( E sua moglie Maria Teresa, detta Ellen?…)
Tempo fa mi ha spedito questo post che invio soltanto oggi perchè presa dalle mie letture. Aspetto comunque post o commenti sui libri che state leggendo.
 In attesa del Festival di Mantova quando Camilla ci racconterà  le novità .
Sull’inserto di Repubblica leggo di un romanzo intrigante di Marina Mander “La prima vera bugia”. Lo conoscete?
Io sto terminando due libri appassionanti, non recentissimi, ma forti, belli…
Ma ora la parola a RICCARDO
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La Paura
Adelphi, 2011
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Dello stesso autore conoscete sicuramente “Peccatori di provincia†alias Clochemerle … ma questo libro è tutt’atra cosa. Pensate, lo scrisse nel 1930 quanto aveva 35 anni, dopo avere vissuto sulla sua pelle lo strazio della prima guerra mondiale. Nel 1939 il libro fu ritirato dalle librerie perché si temeva che demotivasse gli ormai prossimi combattenti la seconda guerra mondiale. Indi fu ripubblicato in Francia nel 1951 e da Adelphi nel 2011.
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E’ una condanna della guerra. Senza appello. Lo stile semplice, chiaro, incisivo: merito suo sicuramente, ma anche del suo traduttore, ci fa entrare sui campi di battaglia, ovvero, su campi pieni di uomini tempestati da continui bombardamenti. Finite le bombe, se ne fabbricano altre. Finiti gli uomini, se ne mandano altri all’attacco. Il coraggio? Aumenta quanto più si è lontani dal fronte. La paura, quanto più se ne è vicini.
Durante il ricovero in ospedale a seguito di una ferita, l’autore leggeva: tra persone cui piace leggere è facile trovare interessi comuni (pag.125).
Ma lei, domanda una crocerossina di buona famiglia, è vero che lei non aveva paura, è vero che siete tutti coraggiosi? No, signorina avevamo tutti una paura folle! Ma lei era lì per difendere la patria, quindi dovete essere coraggiosi ed orgogliosi. Cara signorina, pensi un po’ quante sono le persone in questa sua patria che lei si rifiuta di frequentare …. Ma, e la libertà ? Per me la libertà è nel mio pensiero, per me Shakespeare è una patria, Goethe un’altra. Potete cambiarmi l’etichetta ma non il cervello … mi costruisco una patria con le mie idee e queste nessuno potrà togliermele … (pag. 131). La patria di ogni uomo è la Terra. (pag. 132).
Un sacerdote: figliolo quali sono i tuoi peccati? Nessuno, perché il più grave, uccidere un altro uomo, me lo state comandando anche voi! Ma sono nemici della patria! Ma Dio è Dio di tutti! Tutti sono figli dello stesso Dio! Figliolo, tu sei superbo, e la superbia … Padre, questa è una bestemmia, perché Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza (pag. 137). Fine del tentativo.
Un uomo che crea vale più di uno che uccide (pag. 142).
Ai cuori che sentono il dolore degli altri io credo poco (pag. 161).
I dividendi della guerra andranno a generali, politici, industriali. Gli eroi torneranno all’aratro ed al banco di lavoro, pezzenti come prima (pag. 184).
Il concetto di dovere cambia a secondo della posizione, del grado e del pericolo (pag. 185).
Fanti di prima linea, uomini stremati. Gli schiavi si assoggettano perché non hanno più la forza di tentare una rivolta (pag. 212).
Gli Stati maggiori avversari fomentano la guerra perché dalla vittoria dipende la loro carriera (pag. 236).
Il colmo dell’orrore è che la paura toglie all’uomo la capacità di giudicarsi (pag. 237).
Gli uomini più rozzi sono i più forti perché sono già abituati alla rassegnazione ed all’obbedienza passiva (pag. 266).
Il grido “Kamerad Franzose†che talvolta si leva dalla trincea nemica forse è sincero (pag. 266): i due soldati, divise diverse, cercano di sincerarsi reciprocamente della sincerità dell’avversario, come per dire “che cazzo stiamo facendo? (sic) (pag. 267).
Rifiuto la gerarchia che non ha niente a che vedere con il valore, rifiuto le politiche che hanno portato a questo disastro, in me non c’è odio, detesto solo i mediocri, gli sciocchi che spesso sono quelli che vengono promossi e diventano onnipotenti (pag.292).
Le opinioni delle persone si basano sulla consistenza del loro conto in banca: to have or not to have direbbe Shakespeare (pag. 321).
Il bilancio della guerra? Cinquanta grandi uomini nei manuali di storia; milioni di morti di cui nessuno parlerà (pag. 322).
I giovani del paese di Balzac e di Goethe, armati di pugnale, vengono aizzati a sgozzarsi reciprocamente (pag. 324).
Eroe significa vittima (pag. 325).
La Guerra è finita. Una donna tedesca incinta sorride ai Francesi indicando il proprio pancione: “Qvi pikkolo franzese!â€. Ma allora, non ci hanno raccontato un sacco di balle sulla storia dell’odio tra le razze?
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Dai, leggetelo questo libro, ne vale la pena!
Riccardo
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