TRENTO DA…LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 28 Febbraio, 2012 @ 12:12 pm

L’Angolo-Papiro si sta ampliando ed arricchendo.

Lunedì 20 febbraio eravamo in nove compreso Andrea,  l’Editore di Trento Blog.

Un’abbondante ora a parlare di libri e di esperienze legate alla Lettura e naturalmente alla Vita. 

 Dal blog di una  giovane mamma come  Stefania che ha titolato i suoi racconti veri con un’immagine presa da Il piccolo Principe,  cioè La scatola con la pecora, al racconto affascinante di Francesca  che,  dalla Bolivia e dalla Colombia dove si occupa con l’associazione Yaku dei probemi legati all’acqua e alla sopravvivenza, è ritornata tempo fa  sui sentieri montuosi  del nostro Trentino in compagnia di uno sciamano. Per comprendere meglio i messaggi della Natura, per  non lasciarci soffocare da cortine illusionistiche di consumismo e  indifferenza.

Maria Bona affascinata ha voluto subito questo libro di cui ho parlato tempo fa. Cercatelo nell’archivio digitando il titolo o Francesca Caprini.

“La Visione dell’Acqua. Un viaggio dalla cosmogonia andina all’Italia dei beni comuni” edito dalla casa editrice Nova Delphi Libri e curato da Yaku. E’ un lavoro di ricerca collettivo con l’introduzione e una poesia inedita che Eduardo Galeano, uno dei più grandi poeti e scrittori contemporanei, ci ha voluto regalare. 
 
Tra un caffè e un cappuccino le idee  e  i pensieri correvano veloci. Dalla mia presentazione di alcuni libri  ai commenti di Maria Grazia e Daria sulle  ultime letture.
Nuovi progetti intanto arrivavano alla mente vulcanica di Andrea Bianchi  e le nostre voci si alzavano e correvano con allegria ed entusiasmo.
Ve ne parleremo.
Il Libraio, psicologo e naturalmente  grande Lettore, talvolta  partecipava  rispondendo  alle nostre domande sui libri più venduti o  sul perchè in Italia non era stato pubblicato nulla della  Némirovsky  fino al 2004 nonostante la sua fama in Francia.
 
I libri sui tavolini venivano sfogliati, accarezzati come si dovrebbe fare sempre…in essi ci sono  la vita e l’immaginazione di altri che ci viene regalata per arricchirci, consolarci, divertirci.
 
Parlando della protagonista de L’inconfondibile tristezza della torta al limone ho citato un’altra bambina di un bellissimo romanzo, la piccola  Scout de Il buio oltre la siepe.

  Ebbene :  Francesca lo sta leggendo in questi giorni e lo adora! Non c’è niente di più gratificante che condividere  le stesse emozioni!

   Questo ed altro ci regala un Angolo-Papiro in un ridente caffè pieno di libri!

Vi aspettiamo lunedì 5 marzo, ore 17,30.

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L’INCONFONDIBILE TRISTEZZA DELLA TORTA AL LIMONE

pubblicato da: Mirna - 25 Febbraio, 2012 @ 8:19 am

Romanzo da maratoneta della lettura. Uno di queli libri che se iniziati bisogna finirli al più presto perchè ti catturano, incuriosiscono e scorrono veloci, riga dopo riga, senza annoiarti. Se poi aggiungiamo la bravura di Aimee Bender puoi star certa che una domenica grigia passa in un batter d’occhio.

Già dal titolo sappiamo che si parla di cibo, ma di cibo come tramite per leggere i sentimenti di chi li ha preparati. Può ricordare la magia di Chocolat, ma senz’altro questo è più amaro proprio come la fetta di una torta al limone  che Rose, bambina di nove anni, assaggia un pomeriggio. Gliel’ha preparata la sua bella  mamma,  mutevole, inquieta, fragile piena di tristezza ed è proprio tutti questi sentimenti che Rose percepisce con le sue papille gustative.

Una qualità  strana che la fa molto soffrire tanto che qualche anno dopo vorrebbe farsi togliere la bocca.

Ma non è l’unica della famiglia ad avere qualità speciali: suo fratello Joseph, il prediletto della madre, ne ha una veramente estrema.

La narrazione si svolge in prima persona e la Rose di nove anni mi ricorda un po’ la protagonista de Il Buio oltre la siepe, una bambina attenta e saggia.

Pur avendo una risoluzione inattesa che può “spiazzare” il lettore,  il racconto è avvincente. Attraverso il cibo Rose ci porta a conoscenza dei suoi legami familiari, amicali e sociali. Ci rivela la sua solitudine ma anche la sua forza  perchè, come le dice un suo boy friend  lei “non si aspetta niente da nessuno

Mi piacciono soprattutto della scrittura  della Bender le similitudini che  fanno da poetica cornice al contenuto pieno di sfumature di sapori ed emozioni.

Se suo padre viene paragonato a una liscia roccia, Rose viene paragonata dalla madre  – che si  definisce fluttuante come un’isoletta della Hawai- dapprima ad una foresta pluviale, poi ad un pezzetto di vetro riportato a riva dall’oceano.

E suo fratello maggiore, Joseph dal quale  Rose desidera tanto i  “momenti fiore” cioè  quelli in  cui lui le rivolge la parola?

Un deserto, sentenzia sua madre, che basta a se stesso.

Edizioni minimum fax

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TRENTO DA…LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 22 Febbraio, 2012 @ 5:47 pm

E soprattutto in Biblioteca. E nella nostra città questo è un luogo veramente bello. Si entra nel grande edificio di via Roma e si viene accolti dalla luce e dai colori dei libri. E’ vero che se si è circondati dalla Bellezza ci si sente migliori?

Certamente per me è così. Entro e mi dirigo al tavolo dei nuovi arrivi. Se sono fortunata posso trovare i recenti acquisti e percepire dalle pagine croccanti  di essere la prima  a portarmi a casa il libro da poco edito. Così mi successe per il premio Pulitzer Elizabeth Strout e il suo Olive Kitteridge.

Altrimenti posso aspettare, consultare il catalogo e chiedere di prenotarlo se è già in prestito. Ho chiesto alla gentile signora Ivana se esiste nella sala Manzoni, a pianterreno, qualcuno che può consigliare i Lettori “smarriti”. Lei stessa può suggerire, ma c’è un supporto importante per guidare gli utenti, non solo il succitato catalogo con le novità, ma una rivista trimestrale, BIB, che descrive gli ultimi acquisti della Biblioteca.

Ma come si fanno gli acquisti, chiedo sia a lei che alla cara amica Giovanna che lavora al terzo piano? C’è una gara d’appalto fra varie librerie, poi presso la vincitrice si acquistano circa  200 libri a settimana  tra narrativa e manualistica da distribuiire tra le varie sedi.

Nella sede centrale arrivano  circa 70 novità ogni settimana,  scelti ovviamente  con cura e attenzione.E’ naturalmente la narrativa a far la parte del leone tenuto conto ovviamente dell’utenza che frequenta la Biblioteca. Ma quanti frequentatori si possono quantificare qui in città?

 Circa 2000 presenze al giorno !

Che possibilità magnifica per le persone poter aggirarsi tra libri vecchi e nuovi, manuali, DVD, CD, sedersi sulle poltroncine blu a sfogliare un testo, andare nella saletta dei quotidiani e riviste, bersi un caffè al bar…salire ai piani superiori dove studenti consultano, studiano, scrivono  e dove spesso ci sono incontri di lettura o eventi importanti come presentazioni di libri e di autori.

E’ il sancta sanctorum del Lettore dove ci sente avvolti, consolati, deliziati.  Ci sono stati periodi della mia vita durante i quali entrare in Biblioteca è stato  il sollievo e il conforto sicuro come un abbraccio di un amico. Periodi in cui la lettura era la forza che mi sorreggeva, l’evasione per antonomasia; ricordo che riuscivo a leggere  dai due ai quattro libri per settimana. Un angolo che mi ha sempre attirato è quello della Letteratura austriaca: ho avuto il mio periodo Schnitzler e lì vi ho trovato tutta la sua opera, da Amoretto,  Doppio sogno  al  meraviglioso Diario e Lettere.

Chiedo ad Ivana quanti prestiti vengono fatti al giorno: dagli 800 ai 900 ! Penso che la città di Trento possa vantare sicuramente un numero più alto di lettori della media nazionale.

Se ci  si volta sulla sinistra e si prosegue si trova anche la sezione della Narrativa per ragazzi. Allegra, invitante.

 Trovo Veronica S. …un incontro incredibile: è la figlia di un mio vecchio  amico di gioventù,  di  Merano.

Ci sediamo a un tavolino che serve ai ragazzi ed io   faccio  tante domande anche a lei. Mi spiega che ci sono 25.000 volumi disponibili al prestito e alla consultazione e mi mostra il notiziario   “A tutto bib” che riporta i  libri-novità.  I più piccoli chiedono spesso ancora le storie della “Pimpa”, i più grandicelli sono abbastanza  fedeli al topo Geronimo Stilton o al genere Fantasy. Ma è giusto invitarli, aggiunge Veronica,  ad aggirarsi fra gli scaffali, a prendere in mano i libri, ad abituarsi ad un contatto fisico con essi,  e a sollecitare, aggiungo io, un futuro assiduo Lettore! 

 

 

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TRA UN LIBRO E L’ALTRO

pubblicato da: Mirna - 21 Febbraio, 2012 @ 3:34 pm

Martedì grasso. Giornata di febbraio luminosa ma ventosa, come quella che accompagnava la protagonista di Chocolat mentre stava giungendo in quel cupo paesino francese. 

Una giornata-pausa, per ripensare ad ieri, al bellissimo incontro all’Angolo-Papiro dove si è parlato ovviamento di libri. Abbiamo conosciuto Stefania, giovane mamma che scrive un delizioso blog sulla sua famiglia.

Valentina, ti consiglio di visitarlo: http://lascatolaconlapecora.blogspoy.com

Ma di ieri vi parlerò molto presto.

Oggi, prima che finisca il giorno, voglio dare l’ultima pennellata al Carnevale con i miei auguri di attimi di sospensione, di appagamento della propria vita. Un augurio ad asssaporare meglio il gusto della giornata.  “Abbraccio davvero la vita” ho letto nel nuovo libro iniziato da poco e  che riprenderò in mano non appena “il pomeriggio farà il giro”.

Anche di questo scriverò.

Ma ora fatemi parlare dei travestimenti di giovedì grasso, a casa dell’ospitale Cristina che come sempre organizza serate speciali. Il famoso Carnevale delle Penelopi. Serata di gioia e di allegria durante la quale i sorrisi splendevano tra musica, torte e nostri shows. Cristina, un meraviglioso don Basilio ha cantato arie da Il barbiere di Siviglia, Giovanna e Mary hanno ballato  il Can can perlopiù sedute sul divano…e infine Maria Teresa ed io, le solite Twin sisters, siamo state  impegnate ad interpretare Balocchi e profumi e Un bacio a mezzanotte del quale non ci si deve fidar soprattutto se c’è la luna in ciel…

Canzoni che canticchio da sempre perchè mia nonna e mia mamma erano “canterine”. Conosco  canzoni, come L’Olandesina – che ama Morris il suo bel  balenier -  di cui nessuno ha sentito parlare. O no?

La nostra interpretazione di Balocchi e profumi ha divertito tutte fino alle lacrime . Le conoscete le parole, supppongo, altrimenti cercatele su Internet. Insomma Maria Teresa è la mamma vanesia che compra soltano profumi e cipria marca  Coty e che porge nella sua alcova le labbra tumide al peccato. Io, esile e infelice bimba, vorrebbe invece qualche  balocco.

Composta nel periodo interbellico questa canzone, come tante altre – ricordate Vipera? Sul braccio di colei cha  ha distrutto tutti i sogni miei ? - era una denuncia contro il consumismo e i comportamenti peccaminosi.

Il nostro finale è stata però una canzone del 1952 composta da Gorni Kramer per Wanda Osiris “Un bacio a mezzzanotte”.

Siamo molto fiere del nostro “talento” e già pensiamo a che cosa metteremo in scena il prossimo anno. Naturalmente Cristina - e i suoi meraviglioso costumi-  permettendo.

Il sole è sceso dietro i monti. Il pomeriggio ha fatto il giro ed io mi rimetterò sul divano con il nuovo libro aperto.

Ma spero che qualcuno di voi oggi si lasci trasportare da musica, travestimenti, allegria o colorati ricordi.

BUON MARTEDI’ GRASSO

 

 

 

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Le vita di Irène Némirovsky di O.Philipponnat e P.Lienhardt

pubblicato da: Mirna - 19 Febbraio, 2012 @ 7:20 pm

Quando un autore mi appassiona devo conoscere la sua vita. Quante biografie e autobiografie ho letto!

E che piacere immenso conoscere non solo gli avvenimenti e i pensieri di Virginia Woolf, Katherine Mansfield, Arthur Schnitzler, Sylvia Plath, Proust, Cesare Pavese, ecc. ma apprendere come nascono  i   loro libri.

Una narrazione fa necessariamente parte del  Sè, svela la vita dello scrittore, i più intimi pensieri. E se Flaubert si nasconde dietro Emma Bovary, la Némirovsky nei suoi romanzi si svela esplicitamente.

Lei ci racconta ciò che conosce benissimo e  i sentimenti che prova. Il suo mondo è quello dei ricchi banchieri ebrei e non solo,  avidi e senza scrupoli che arrivano dalla Russia post rivoluzionaria e si sistemano a Parigi. Nel suo primo libro, David Golder, romanzo di grande successo sia di critica che di pubblico, Irène sembra parlare di suo padre, il banchiere Léon e di tutto quell’ambiente che da Parigi si sposta spesso  sulla Costa azzurra, mai pago di lusso e piaceri.

 Ha appena 26 anni ed ha appena partorito la sua primogenita Denise quando questo  viene pubblicato nel 1929.

E’ già evidente il disprezzo per la figura materna che sarà  crudelmente esplicito in altri suoi romanzi come L’ennemie, Le bal e Il vino della solitudine.

La sua vita, dice,  è un grande romanzo dalla quale può attingere a grandi mani.

Dai ricordi della prima infanzia a Kiev, città dalla neve senza gelo e di  primavere ridondanti  di fiori,e  di un ennesimo pogrom   a quelli di Pietroburgo durante “i dieci giorni che cambiarono il mondo” , Iréne nei suoi scritti ci porta attraverso la  fuga della sua famiglia attraverso la  Finlandia ed infine a Parigi, nella douce France che lei ama  e della quale vorrebbe far parte.

Pensa e scrive in francese, –  perchè dunque le negano sempre la nazionalità?   – “Beati i francesi” ripete spesso.

Già abbiamo parlato dell’odio verso la madre  “assente” egoista, avida di lussi, un odio che dopo la morte del padre  non frequenterà più. 

Irène scrive tantissimo  per  mantenere il livello di vita a cui lei e suo marito Michel sono  abituati.

 Nascono bellissimi racconti e romanzi: da racconti pieni di quella tipica  malinconia russa come  Le mosche d”autunno a romanzi dichiaratamente autobiografici  come Il vino della solitudine,  organizzzato –  scrive lei nel suo ponderoso taccuino degli appunti - come la  Sinfonia in re minore  di César Franck.

Ed anche il suo ultimo manoscritto che dopo la sua deportazione  rimarrà rinchiuso nella valigia delle figlie  fino al 2004 ha un impianto musicale. Dovrà essere una narrazione in cinque  tempi come i movimenti della Suite francese. Ma a noi arriveranno soltanto le prime due parti. Bellissime. Scritte giorno per giorno seguendo l’occupazione tedesca e la fuga di migliaia di ebrei verso il Sud della Francia.

Una biografia interessantissima che ci fa ritrovare gli avvenimenti della nostra storia e ci fa conoscere a fondo una straordinaria figura di donna.

Da non perdere, soprattutto per chi ha già letto alcuni suoi libri.

Adelphi editore

 

 

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CARLO GOLDONI e le sue commedie

pubblicato da: Mirna - 16 Febbraio, 2012 @ 8:17 am

Tempo di Carnevale e tempo di maschere. Desiderio di essere “altri da noi”, di vivere sfaccettature diverse da ciò che siamo diventati, indulgendo per caso o per scelta su caratteristiche  che forse avremmo voluto assecondare.  Ogni volta che ci mascheriamo scegliamo ciò che vorremmo essere….è così?

Qualcuno si ricorda una scelta di travestimento che ha  esaudito tal desiderio?

 Principessa, zingara, fata…Zorro, cow boy… Se qualcuno non ha mai ceduto alle lusinghe delle maschere, qualcun altro invece adora farlo. Come me. Ho cominciato a Munchen tanti anni fa durante il Fasching, il carnevale  che dura tantissimo. Invece di studiare tedesco partecipavo a feste su feste. Che allegria. Da zingara chic, a extraterrestre, da carta da gioco, a principessa della Czarda…

Ora invece “da grande” adoro vestirmi dei panni di cantanti degli anni Venti o delle Kessler! Grazie alla mia partner Maria Teresa…  Vi racconterò…

Ma torniamo a ciò che già abbiamo fatto recentemente (v. post di Riccardo)  e cioè alla rappresentazione ridotta di alcuni dialoghi de Il ventaglio …e  alla cuffietta di Giannina arrivata fino ad oggi dopo una lontana rappresentazione de La locandiera.

Perchè amiamo tanto Goldoni? Perchè egli, da acuto osservatore, ci riporta con allegria e sempre  con un fondo di ottimismo alla vita ed ai costumi sociali del suo tempo. La sua equilibrata visione della vita e la pacata fiducia nelle virtù operose dell’uomo ci regalano serenità e  conforto.

E il suo teatro realistico, seppur partito dall’imitazione dei modi della Commedia dell’arte, riesce a raggiungere una sua originalità sosituendo agli stereotipi delle maschere la pienezza di vita di personaggi variamente umani inaugurando quella che lui stesso definisce commedia “ dei caratteri”

Quante sue opere abbiamo visto! Da I rusteghi,  Sior Todaro Brontolon (ricordo ancora Cesco Baseggio) alla Trilogia, le Femmine puntigliosequale la vostra preferita?

La sua simpatia, come ci aveva riassunto Maria Teresa, “regista” del nostro  Ventaglio, va sicuramente alla piccola borghesia e ai  popolani operosi, dagli onesti mercanti che amministrano con accortezza le proprie sostanze alla donna fattiva come Mirandolina che  vuol rimanere, con innato buon senso,  inserita  nel suo ambiente sociale rifiutando la corte dei vari conti e marchesi.

 Ecco la foto  de La locandiera, edizione 1986, con Stefania nella parte di Mirandolina  e che indossa la stessa cuffietta di Giannina de Il ventaglio.

Donne di buon senso, pratiche, libere: se Giannina rifiuterà di sposare Coronato, l’oste benestante raccomandatole persino dal Conte,   così Mirandolina  lascia ai suoi pensionanti che la corteggiano l’illusione di cedere, ma ha bene in mente cosa è più saggio fare, cioè impalmare il suo cameriere Fabrizio.

 

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VENIVAMO TUTTE PER MARE, di Julie Otsuka

pubblicato da: Mirna - 13 Febbraio, 2012 @ 3:39 pm

Regalare un libro.

 Si può ? Sì, se si conosce abbastanza bene la persona,  sì  se intuiamo che i suoi gusti di Lettore assomigliano ai nostri. Sì, anche se non siamo sicuri di ciò che gli può piacere… perchè non fargli assaggiare qualcosa che a noi è piaciuto?

 Renata di Recco compirà gli anni fra qualche giorno ed io sono sicura che questo racconto le piacerà. Lei stessa, l’estate scorsa, mi aveva prestato un libro che parlava di una vietnamita, “Riva”  di Kim Thui (v. archivio), una profuga che dalla Malesia arriverà in Canadà.

E’ stata come sempre  Camilla a segnalarmi questo straordinario piccolo libro  edito da Bollati Boringhieri nel 2011,perciò  alcuni giorni fa  l’ho comprato e letto durante un freddo e grigio pomeriggio.

 Scrittura che  come dice “The new Yorker” ti ipnotizza nella sua cadenzata  ma forte semplicità. 

 Soltanto una pausa per una tazza di tè e di nuovo mi sono immersa nel racconto corale delle giovani giapponesi che all’inizio del Novecento lasciano la patria per attraversare l’Atlantico e approdare negli Stati Uniti come spose di compatrioti  già da anni oltreoceano. Le cosiddette “spose in fotografia”.

Julie Otsuka  , nata in California, ora vive a New York, è pittrice e romanziera. Per scrivere questo romanzo ha tratto ispirazione dalle biografie degli immigrati giapponesi, attingendo a   moltissime fonti storiche e racconti.

Il suo linguaggio è veloce, diretto, crudo, ma proprio per questo altamente poetico perchè ti trafigge il profondo del cuore. Come non sentirsi vicino a queste giovani donne che durante la lunga traversata sognano, temono, si fanno domande su ciò che le aspetterà in California? Troveranno eleganti mariti, benestanti e gentili che le faranno dimenticare la fatica di lavorare nei campi di riso, che le faranno diventare ciò che non erano? 

C’era bisogno di immigrati  nell’agricola California per fare i lavori più duri nelle piantagioni di frutta o come manodopera in generale . Ed è questo che con gelido stupore le neo spose dovranno fare. Nei capitoletti in cui è diviso il romanzo viene raccontata spietatamente e concisamente la loro esperienza. Dalla prima notte con quasi tutti i deludenti mariti all’impatto con i Bianchi razzisti.

Eppure esse lavorano, sanguinano, soffrono, si uccidono. Soltanto qualcuna riesce a trovare un po’ di tranquillità e  di benessere.

E poi arrivano i figli, partoriti velocemente nella tenda in cui si riposano dopo ore e ore di lavoro nei campi tra fragole e viti o nel misero alloggio dal pavimento di terra battuta. E intanto queste donne smettono di pettinarsdi, di guardarsi allo specchio , imparano a sopportare tutto e  a non parlare, mentre la loro vita è scandita dal lavoro, dalle erbacce da strappare,  dai pavimenti da pulire,  dai panni da lavare.

Lentamente si aggregano nella parte chiamata Japantown e forse un po’ di comprensione la troveranno  nelle compatriote, un po’ di visibilità tra le stesse sfortunate.

E dopo Pearl Harbour la diffidenza, la persecuzione, l’odio per il Giapponese. Gli uomini vengono portati via, E  tutta la comunità sparirà forse verso lo Utah, forse verso il Nevada…i Bianchi parlano di treni fantasma che vagano per il paese portando lontano, ma dove? …i nemici .

E quella sensazione di invisibilità si concretizza.  Un destino comune raccontato proprio per questo in prima persona plurale. Soltano qualche raro sorriso, moltissima sofferenza, delusione, fatica.

 Un’unico tenero legame mai dimenticato è con la Madre, forse la stessa patria, il suo profumo, le sue parole, i suoi usi e costumi, un sottile e tenace nastro di amore e di rimpianto. Nonostante tutto.

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LA CAVALCATA DEI MORTI di Fred Vargas

pubblicato da: Mirna - 10 Febbraio, 2012 @ 3:27 pm

E’ inutile. Se si prende in mano un libro della Vargas (sì, Fred Vargas è una donna) non lo si lascia più. Ci ho messo due giorni  a leggere le avvincenti 428 pagine di questo giallo dall’impianto solido pur se dipanato su più fronti di investigazioni.

Ma soprattutto vi si aggiunge il piacere di reincontrare i personaggi conosciuti dai lettori della Vargas, il commissario Adamsberg dai ragionamenti nebulosi, il comandante Danglard, encicolpedia vivente, Veyrenc poeta dei Pirenei, il tenente  Violette Retancourt donnone solido e attendibile alla quale affidarsi con sicurezza.

Dalla Parigi di omicidi con mollica di pane, di  carbonizzati in Mercedes e alla finale scoperta di un ragazzotto crudele torturatore di piccioni (piccione che verrà curato e salvato) alla Normandia delle leggende medioevali dove nei boschi del paesino di Ordebec, e  dove Adamsberg finirà per indagare morti sospette,  scorazza ogni tanto una temibile Schiera furiosa formata da soldati e dal loro re Hellequin dai capelli biondi, ma dai lineamente in decomposizione.

 Leggenda che la Vargas archeologa e medievista, ci racconta con dovizia di particolari. Dal 1077 questa schiera ogni tanto appare agli abitanti del villaggio più sensibili e naturalmente semina il terrore tra i creduloni perchè  scopo delle sue scorazzate  è quello di  “ghermire” e punire  i malvagi.

Come non approfittare per una mente assassina dunque  della visione che Lina, una ragazza inquieta – dal bellissimo seno che “ingolosisce”  (anzi, come dice lui “irradia”) il  nostro Adamsberg come un kouglof , un dolce al burro e mandorle  -  assicura di aver visto? 

(“Accompagnandola lungo i vicoli, Adamsberg si rese conto che la voglia di mangiarla superava di gran lunga quella di andare a letto con lei. Quella donna gli metteva un appetito smisurato, ricordandogli all’improvviso l’enorme fetta di kouglof, morbido e tiepido con il miele, che aveva divorato da bambino a casa di una zia in Alsazia“)

Poi finalmente Adamsberg la ascolta: lei racconta che  la Schiera  ha ghermito alcuni cattivi abitanti del villaggio che poco dopo saranno  trovati  assassinati con alabarde o asce.

 Adamsberg  percepisce le cose in maniera diversa dalla maggior parte dei mortali. Lui stesso vede la sua mente come un agglomerato di reti da pesca in cui si mescolano “inestricabilmente l’argento dei pesci, il bruno delle alghe, il bianco delle conchiglie…rendendo impossibile distinguere un elemento dall’altro…”e lui al contrario dei pescatori scarta gli elementi sensati per studiare i residui irrilevanti del suo personale ammasso. 

E’ così che il commissario parigino soprannomimato “spalatore di nuvole” riesce sempre a trovare la soluzione del mistero. Tra una digressione e l’altra, tra l’interesse per il piccione che si sta ristabilendo e l’affetto provato per la vecchia Lèon, ottantenne che beve Calvados e si fuma un sigaro, il nostro commissario vaga a modo suo tra i personaggi particolari di questo villaggio: il ragazzo che aveva sei dita, quello che crede di essere fatto di argilla e l’altro che mangia gli insetti . E Lina dolce come un kouglof.

Senza paura egli  sosta spesso  di notte e di giorno  tra i boschi  accumulando indizi che sembrano irrilevanti e osservando con il suo sguardo spesso indiretto il comportamento di tutti.

Potrebbe sembrare un modo d’agire  strampalato quello di Adamsberg, ma lo è veramente?

Credo che ognuno di noi potrebbe o vorrebbe  essere come lui: lasciarsi trasportare da un’irrazionale logica e da un intuito primordiale, soccombere a una riposante distrazione e aspettare che i pensieri si aggiustino da soli…ma non riusciamo a non lasciarci condizionare dal tracciato  sentiero consolidato dalla nostra razionale civiltà. 

Che ne dite?

La cavalcata dei morti, ed. Einaudi 2011

 

 

 

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TRENTO DA …LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 7 Febbraio, 2012 @ 5:31 pm

ANGOLO-PAPIRO nel bar-libreria Libri & Caffè di via Galilei, 5.

Mi è piaciuto chiamarlo così perchè Andrea Mattei ci riserva ogni 15 giorni, il primo e il terzo lunedì di ogni mese alle 17,30, un angolo del suo locale per parlare di libri.

Ieri dunque è ufficialmente iniziato questo esperimento al quale io, lettrice che vuole convincere altre persone a condividere il piacere della lettura, tengo molto. Non solo come ex-insegnante – e i miei alunni ne sanno qualcosa – ma come “missionaria”? Perchè non far provare anche ad altri un grande piacere della vita?

Fortunatamente di libri se ne parla tanto attualmente, c’è persino in questi giorni una Pubblicità Progresso ed oltre a giornali e riviste c’è anche  la splendida trasmissione di Radio 3 , Fahrenheit, che ogni pomeriggio ci suggerisce nuovi titoli, intervista autori, ci legge brani. Come oggi, per esempio, giornata dedicata interamente a pagine di Charles Dickens di cui cade il bicentenario della nascita.

Parlare di libri si può fare ovunque. E come già scritto io trovo simpatico farlo, oltre che nei salotti privati, anche in un caffè.

Ebbene ieri ci siamo riunite, con alcuni libri sul tavolino,  in cinque signore. Interessate, entusiaste, felici.  Volevo parlare della  Némirovsky. Il suo ultimo libro “Il signore delle anime” mi ha colpito molto per la sua storia avvincente ed amara. Il suo personaggio Asfar, il prototipo del méteque, dell’ebreo errante, del migrante è sempre  ancor oggi attuale. Persino il nostro libraio Andrea è intervenuto colpito da questo libro in cui si parla degli immigrati  sradicati che non riescono quasi mai a relazionarsi completamente con gli abitanti del paese ospitante. Poi mi ha mostrato la biografia della scrittrice edita da Adelphy “La vita di Irène Némirovsky” scritta da Olivier Philipponnat, Patrick Lienhardt.

La “divorerò”.

Se Maria Grazia ed Enza conoscono bene l’autrice grazie  soprattutto al grande successo di “Suite francese” ,Daria e Maria Bona non l’hanno mai letta . Ma lo faranno subito.

Ma quali libri stanno leggendo o hanno appena finito di leggere ? Maria Grazia ci rivela che sta leggendo le Elegie Duinesi di Rainer Maria Rilke, in lingua originale ovviamente, lei è una giovane professoressa di tedesco ed ama la poesia. Parallelamente si diletta con “Elogio dell’imperfezione” di Rita Levi Montalcini e “La grande festa“, autobiografia di Dacia Maraini.

E’ così interessante scandagliare i gusti diversi di noi lettori, trarne impressioni o spinte per curiosare tra pagine di libri che forse non si sarebbero mai guardati.

Daria ci parla di un lungo romanzo, dimenticato nel suo scaffale di casa,di una certa Goliarda Sapienza, “L’arte della gioia”. E’ la vita intera di una siciliana che da poverissima diventerà principessa. Le prime parti , spiega,  sono forse pesanti, ma sempre interessanti perchè la vita di questa ragazza percorre la nostra storia italiana dal 1900 al 1960. Ma i gusti di Daria, amante della montagna e grande viaggiatrice, sono diretti verso libri per me sconosciuti. Ci parla di Giovanni Pacher che racconta in “Bestia e sapone” la storia di un soldato di Roncegno. Questo piacerebbe moltissimo al mio ex. alunno Luigi!  Altro titolo : “Col mulo in Etiopia”.

Anche Enza è una grande viaggiatrice perciò in previsione di un viaggio in Cina  ha  pronti da leggere  “La porta proibita” di Terzani e “L’Impero di Cindia“  (corretto!) di Rampini.  E innamorata com’è  dell’India ci suggerisce il famoso “Il dio delle piccole cose”. Ma in questi giorni ha un impellente desiderio di Matilde Serao e non trovando più “Il ventre di Napoli” si è accontentata di “Addio amore mio”.

Ah, ricordo quanti suoi romanzi lessi da ragazzina. Sarebbe bello risfogliarli.

E Maria Bona? Beh, lei suona benissimo il pianoforte perciò le sue preferenze vanno alle biografie dei musicisti. Ora sta leggendo “La vita di Schumann”. E poi…simpaticamente ci ha rivelato che soffrendo un po’ di mal di schiena è immersa nel manuale “Esercizi fisioterapici”. Ma ha preso nota dei titoli dei romanzi della Némirovsky.

Intanto  mentre il barman Vladimir ci portava caffè e ci scattava la foto  io soddisfatta pensavo che “un libro tira l’altro”.

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A MENO CHE di Carol Shield

pubblicato da: Mirna - 5 Febbraio, 2012 @ 5:54 pm

La storia ruota intorno a Norah che appena diciottenne decide all’improvviso di vivere all’angolo di due strade di Toronto. Sta seduta senza parlare con un cartello appeso al collo  con su scritto BONTA’.

Possiamo immaginare quello che può provare una madre? In questo splendido romanzo di Carol Shield seguiamo passo  passo l’angoscia e tutta l’esistenza della madre  Reta Winters, l’io narrante. 

 “Sono entrata da poco nella maturità e ho una figlia che vive per strada.” 

Ecco le considerazioni di Reta che si sentiva serena della sua  famiglia unita, della sua bella  casa, della sua carriere di traduttrice e scrittrice.

Capitolo dopo capitolo  non entriamo solo nei personaggi, ma nella Vita che appartiene a tutti, che ci confonde, ci rallegra, ci angoscia.

Le domande che Reta si pone per capire  la fuga della figlia vanno da analisi approfondite su di sè e  le probabili manchevolezze di madre ad accuse alla società maschilista che percepisce pesantemente anche nel mondo della cultura. Si chiede se anche Norah ha percepito di appartenere all’altrà metà dell’umanità: quella che nei secoli non ha mai avuto voce, quella che per salvarsi fugge dentro di sè.

Danielle Westerman, la scrittrice femminista di cui  Reta sta traducendo la biografia le dice che forse Norah si è rifugiata dove si rifugiano tutte le donne senza potere, nella totale passività. Non facendo nulla per chiedere tutto.

Ma Reta ripercorrendo la sua vita di madre  ripensa a quella sua seria e riflessiva bambina, ai suoi sentimenti di amore per il Tutto, alla quale sembrava troppo poco amare i genitori, le due sorelle, il suo ragazzo. Forse nel suo desiderio di trovare l’Assoluto, in un eccesso di vita e gratitudine per la Bellezza e la Ricchezza dell’universo si è sentita incapace di reggere tale grandezza. Forse se ne sente esclusa, come se non fosse stata invitata.

Intanto Reta prosegue il suo romanzo, parla di sè come  della scrittrice che scrive di essere scrittrice in una sorta di vortice di esperienze di vita che risucchiano e centrifugano emozioni, pensieri, speranze, dolore.

Frammenti di vita di coppia, di ricordi d’infanzia, di tenerezze con le figlie di tale struggente intensità che ti senti coinvolta in questo dramma e vuoi sapere, sapere. E leggi fintanto che la luce del pomeriggio non si spegne, ma poi sai che leggerai anche a letto.

E’ questo un libro edito dal Ponte alle Grazie nel 2003. Da leggere assolutamente, cercatelo in Biblioteca come ho fatto io.

Mi sono ritrovata completamente in questa donna che si interroga punto per punto su quella sorta di inquietudine che serpeggia più o meno  invisibile in noi , dalle piccole quotidianità, al rapporto con gli altri, al nostro essere Donna.

A meno che, Unless, “è la voce dell’inquietudine: la senti appena, eppure tutto dipende da questo sussurro: A meno che: è la congiunzione inerte che porti con te, come una pietruzza nella piega di una tasca. Sempre presente, o assente. “

 

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