GLI INGREDIENTI SEGRETI DELL’AMORE di Nicolas Barreau

pubblicato da: Mirna - 26 Marzo, 2012 @ 7:25 am

Un delizioso e leggero romanzo di un giovane scrittore francese   che in patria ha avuto un grande successo grazie soprattutto al passaparola dei lettori.

In Italia ed. Feltrinelli.

Ci sono tutti gli ingredienti giusti per piacere: Parigi, la lettura,  la cucina, l’amore.

La storia inizia proprio con una lode importante dei i libri “ L’anno scorso a novembre, un libro mi ha salvato la vita”.

 Esagerazione? Forse. Ma per Aurélie, in crisi depressiva per l’abbandono  fidanzato, la lettura di un romanzo è salvifica. Prima dal Ponte sulla Senna guardava tristemente il suo ombrellino a pois cadutole di mano che se ne andava lentamente sull’acqua, poi improvvisamente l’idea di entrare in una piccola libreria,  dove  il libraio assomiglia a Chagall, e scegliere un romanzo che  sembra parlare di lei e del suo piccolo ristorante a Saint-Germain -des-Prés.

Una notte per  finire il romanzo: Aurélie  vi è  descritta minuziosamente, dai lunghi capelli biondi e il  suo vestito verde preferito  alle tovaglie rosse del suo ristorante Le temps des cerises. Non più lacrime, ma sorrisi e desiderio di incontrare subito  l’autore che sembra conoscere così bene tutto di lei.

Ma di mezzo ci si metterà l’editore, che intercetta le lettere che Aurélie spedisce all’autore e mescolerà parecchio gli ingredienti di questa storia d’amore.

Scrivere di cucina è una carta vincente: quanti romanzi ormai ci parlano di cibo tradizionale, esotico, magico. Qui assaporiamo piatti della cucina francese tra cui prelibati piatti del Menu d’amour (vedi ricette  nelle ultime pagine, tra cui Ragout d’agneau alla melagrana e un Parfait all’orange).

E poi c’è PARIGI dove tutto sembra poter accadere, la città celeste come scriveva Henry James o perlomeno il luogo  in cui comprare il biglietto per giungervi.

In  “Da Parigi alla luna” di Adam Gopnik, testo che ho solamente sfogliato, leggo nella prima pagina dell’attrazione che la Ville lumière ha sempre esercitato su noi tutti. Si descrive un incisione di Daumier che raffigura un treno che dalla Rive Droite parigina parte per la luna. Luogo moderno per natura, dove tutto può realizzarsi.

La prima volta che vidi Parigi…città anche da me idealizzata, sognata, amata laprima meta da raggiungere nel mio progetto di vita che era quello di viaggiare.  Prima però erto capitata a Londra, città altrettanto amata. Ma Parigi di cui conoscevo ancor prima di visitarla ogni suo luogo importante, era il primo amore.

Dopo l’anno in Inghilterra sulla via del ritorno a casa,  io e due amiche care,  come me,  ex au pair arrivammo nel  maggio del 1968 a PARIS. Pochi giorni intensi di scoperte, di gioia, di vivere ciò che conoscevo attraverso letture e film. I luoghi tipici, il Louvre e l’incontro sconvolgente  con la Vittoria di Samotracia e  Monna Lisa, Montmatre dove sulla scalinata ci sedemmo con i figli dei fiori che suonavano la chitarra, poi la Sorbonne e …i carri armati. Foto sorridenti con i soldati…non capivamo ciò che storicamente si stava svolgendo, ma sentivamo sulla pelle, nel sangue il brivido eccitante della città.

Trascorremmo le notti in uno squallido alberghetto di Rue Broca, frequentato da personaggi inquietanti, per questo prendemmo un’unica stanza con due letti singoli. A turno dormivamo due in un letto. Ma eravamo felici, felici. Nelle tiepide serate ci affacciavamo ridendo alla finestra per nulla turbate dagli sguardi e dalle frasi un po’ spinte  che i  suddetti personaggi cci  lanciavano.

Ma eravamo giovani, piene di speranza, ed eravamo a Parigi.

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BLUE NIGHTS di Joan Didion

pubblicato da: Mirna - 24 Marzo, 2012 @ 8:25 am

Racconto autobiografico molto crudo.

Non ero decisa se terminarlo o meno  quando ho  iniziato a leggere  di vecchiaia e di lutti.

 Ma certi pensieri sono così profondi e toccanti che mi hanno spinto avanti, tutto d’un fiato.

Il libro è dedicato a  Quintana Roo la figlia adottiva dell’autrice morta prematuramente. Una figlia che sentiva sulla sua pelle il timore dell’abbandono pur se avvolta da amore.

Una bambina maturata in fretta e con le stimmate della fragilità psicologica, della paura di perdersi nel nulla.

Ed ora è la madre settancinquenne  che rimasta sola fa i conti sia  con la malattia, i timori e con una cocente rielaborazione del lutto e della sua vita.

Riaffiorarno lontani ricordi del tempo della giovinezza e della vita piena, di Quintana bambina, di Quintana infelice. Immagni delle varie abitazioni a Malibu, dei ciclamini del Madagascar,  di Quintana dai capelli schiariti dal sole della California  quando corre giù dalla collina con la divisa della scuola e il padre chiama la madre affinchè essa non perda quell’immagine tenerissima della bambina.

E le scarpe bianche dalle suole rosse che Quintana indossa per il suo matrimonio.

Joan Didion non ci regala però  molte illusioni,  sembra incidere con il bisturi la sua incapacità di affrontare le certezze della vecchiaia e della morte.

Un libro duro, scritto con frasi che talvolta sembrano appunti di una sceneggiatrice come in realtà è stata Joan Didion.  Ma  i suoi ricordi che vorrebbe non ricordare e i suoi pensieri si ergono forti come su un traliccio d’acciaio.

Racconto catartico, sincero, dove viene confessato sia il suo temuto  senso di inadeguatezza come madre sia la sua sensazione di estrema fragilità.

Per ogni cosa c’è una stagione ci dice Joan Didion e , come nell’alternarsi delle stagioni a New York , dove ora vive,

l’arrivo dell’autunno con l’inesorabile caduta delle foglie, il progressivo rabbuiarsi dei giorni…suggeriscono la morte stessa.

Come c’è la breve stagione delle notti azzurre, le blue nights, “quell’arco di tempo che a certe latitudini precede e segue il solstizio d’estate, poche settimanre appena, in cui il crepuscolo diventa lungo e azzurro…cominci a notarlo quando aprile finisce e inizia maggio…l’estate sembra vicina, una possibilità meglio una promessa…Durante il periodo delle notti azzurre pensi che la fine del  giorno non arriverà mai…”

 Ma esso arriva ed  in queste pagine ascoltiamo il lucido e consapevole dolore di una donna sola e ferita.

Per lettori forti.

Edizioni Il saggiatore

Joan Dillon è l’autrice  de L’anno del pensiero magico  da cui è sttato tratto un monologo portato sulle scene da Vanessa Redgrave.

 

 

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TRENTO DA…LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 21 Marzo, 2012 @ 8:14 am

Sempre di  più all’Angolo-Papiro del Libri & Caffè di via Galilei gli incontri per parlare di libri si stanno trasformando  in eventi culturali.

Lunedì scorso fra noi c’era Emanuele M. Pozzo autore dei racconti “Quattro gatti  (neri)“.

http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=459685

Emanuele è una persona squisita dallo sguardo penetrante e permeato di poesia. Ci ha parlato della sua passione per la scrittura e per la letteratura gotica, dei suoi interessi culturali vastissimi che vanno dalla musica –  suona anche la  tromba –  a Montale, alla letteratura inglese, alla pittura, alla scherma, alle immersioni. Un giovane uomo a tutto tondo, curioso, interessato al mondo e agli altri. E’  medico ed ha una moglie , Elena, solare, sorridente, simpaticissima.

Tutti noi volevamo conoscere come sono nati i suoi racconti immaginifici e avvincenti.

 Del primo, Oltre il cancello, Emanuele   ha ricordato il viale di cipressi che lui percorreva  in Toscana illustrandocene  la somma Bellezza che  fa “traballare” per lo stordimento …o forse per la nostra incapacità di sopportarla.

E pure  per il secondo racconto Il limbo dove si parla degli pseudolibri, egli  parte da una reale esperienza vissuta in una grande e affascinante Biblioteca di Coimbra in Portogallo. 

Dalle Pinacoteche  di Venezia  e Basilea scaturisce il misterioso terzo racconto mentre quello finale, che si riannoda agli altri, parla di una reale immersione per visitare un relitto per giungere infine  a un  Café-Bistrot-Libreria.

E qui è intervenuta Marzia, amica e sostenitrice di Emanuele che scrive nel suo blog: occorre “ condividere la passione per “le cose belle e autentiche”. 

 http://www.lastanzadellarte.blogspot.com    

Eravamo in tanti e l’incontro si è protratto fino alla chiusura in un’atmosfera vivace e  densa di curiosità verso Emanuele  che ci ha parlato  della sua passione per la scrittura e per la lettura spesso in lingua originale. Sono riaffiorati  vecchi e nuovi  libri molto amati come “Guida galattica per autostoppisti” di  Douglas Adams, “Il peso della farfalladi Erri de Luca che Marzia sta rileggendo per la quarta volta perchè adora la sensazione di immergersi nella natura.

Maria Rosa è invece presa dai racconti di Cechov . Intanto Maria Bona prendeva nota di tutti i titoli citati.

Daria ci ha parlato de “Il dio delle piccole cose” dell’indiana Roy Arundhati, lettura esotica e profondissima.  Riccardo ha portato l’ultimo libro di Alberto Cavanna “L’uomo che non contava i giorni” (v. sua recensione a lato tra i commenti)

E’ questo lo scopo dei gruppi di lettura? Sprofondare nel mondo letterario parallelo al nostro vissuto  e immergerci nella profondità del nostro  sentire per scoprire,  come fecero Emanuele ed Elena con il  relitto in fondo all’oceano,   i più reconditi misteri e allusioni?

C’erano anche Andrea, l’ editore della Trento Blog e sua moglie Francesca , una fotografa che ci offre immagini bellissime , “forme di luce” che possiamo  vedere visitando  il suo sito

  http://www.francescagregori.it

Sì, un incontro pregno di magia e calore, di voglia si stare insieme senza protagonismi, ma per condivisione e curiosità.

 E POESIA… ed oggi giornata mondiale della poesia mi piacerebbe riascoltare Emanuele recitare a memoria   i bellissimi versi  di EUGENIO MONTALE, poeta che in un certo senso ha contribuito a suscitargli immagini e riflessioni  nel suo percorso di scrittore.

Tra libri e caffè il tempo scorreva tra sorrisi e reciproco interesse, tempo prezioso che risulta essere un dono.

E un altro incontro anticipato  ci sarà il prossimo lunedì 26 marzo.

Sempre alle 17,30 nel Café – (Bistrot)- Libreria  di Andrea Mattei.

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QUATTRO GATTI (NERI ) di Emanuele M.Pozzo

pubblicato da: Mirna - 16 Marzo, 2012 @ 7:11 am

Quattro racconti gotici, se per gotico intendiamo ambienti misteriosi con rovine, chiari di luna inquietanti, il soprannaturale  e i …gatti neri simbolo del mistero nel bene e nel male.

 Da Walpole, Radcliffe fino a Poe e Lovecraft abbiamo letto con brividi di  paura di avvenimenti che non sapevamo esistessero, o forse sì? .

E il gatto nero di Edgar Allan Poe murato vivo con una moglie assassinata che denuncerà con il suo miagolio il marito assassino?

Ce lo ricordiamo tutti come forse sapremo anche che Poe sarebbe voluto essere  un gatto…nero.

I gatti di Emanuele M.Pozzo sono non solo misteriosi, intelligenti, ma sono giusti e riequilibratori di un ordine spezzato. Tra realtà e immaginazione, tra veglia e sogno.

In questi racconti sono stati scelti luoghi tipici del gotico:un giardino segreto e abbandonato,  una grande biblioteca in una villa antica, una Pinacoteca con dipinti pieni di simboli, un relitto abbandonato in fondo al mare.

Un gatto nero dagli occhi verdi appare alla fine di un lungo viale di cipressi che l’io narrante suole percorrere spesso.  Sin dalle prime pagine si è spinti a proseguire a leggere  come seguendo i passi obbligati di chi cammina .

 “Oltre il cancello” è l’inizio dell’addentrarsi in una dimensione “altra”, quella  della paura della Morte, dell’oscuro che è in noi e intorno a noi, l’antico inconscio collettivo che teme l’Ade. Il gatto è su un pilastro e spinge  il protagonista ad entrare. E’ un guardiano silenzioso che accompagna in tutto ciò che di inconoscibile c’è nella vita.

 E un altro gatto nero è il deus ex machina del racconto Il Limbo, il mio preferito, perchè si parla di libri reali e immaginati. Nella grande biblioteca che si estende nel seminterrato di una villa antica il protagonista deve catalogare e riordinare migliaia di testi. Scopre così, guidato dal gatto, testi nominati nei romanzi di  Poe e  Lovecraft.  Emozione intensa di sapere che questi libri non sono mai esistiti ma che a lui è dato tenerli in mano e sfogliarli senza però  poter portarli fuori dal seminterrato dove il gatto è il padrone e il guardiano. Come non sentirsi dunque una pedina come Alice nel regno del Re rosso ?

Emanuele M.Pozzo scrive benissimo  e ci fa sentire reale questa avventura tra pseudolibri, tra i quali campeggia il  terribile Necromion immaginato da Lovecraft. Si incrina la realtà dell’impossibile che deve rimanere sempre nel Limbo.

E tra sogno e realtà siamo anche nel terzo bellissimo racconto “Mai dimenticata”. Quadri con vedute notturne intrigano immediatamente il protagonista specialmente quello che ritrae un panorama sotto la luna che gli riporta alla mente alcuni versi di Montale ” Mondo che dorme o mondo che si gloria d’immutata esistenza: chi può dire?”

La vita è sogno? O è il contrario? Attraverso lo specchio si confermano misteriosi indizi naturalmente suggeriti da un gatto nero, questa volta dipinto sul quadro.  Inizia una ricerca capillare di Marianna, vissuta alla fine del’700, la cui esistenza si conosce attraverso apparizioni oniriche e la tecnica pittorica della anamorfosi.

Che splendido racconto! Non solo perchè si parla del momento in cui si è  in bilico tra veglia e sonno, come capita  talvolta all’alba, poco prima di svegliarsi,  quando si percepisce il tutto tondo della realtà e della metafisica (come diceva Schnitzler), ma anche perchè il gatto continua come una divinità ad accompagnare gli avvenimenti.

L’ultimo racconto che si ripiega sugli altri in un modo particolare e imprevedibile “ Un gatto (nero) che si  morde la coda” termina in un Cafè-Bistrot-Libreria!

Da leggere.

Libro pubblicato dall’autore. The NCW’s soc.

Sito: ilmiolibro.it

http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=459685

P.S. La mia Mimilla, rigorosamente un gatto nero, si è prestata come modella.

 

 

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IL MONDO LIBERO di David Bezmozgis

pubblicato da: Mirna - 13 Marzo, 2012 @ 4:39 pm

Siamo nel 1978 e la famiglia Krasnansky è riuscita ad oltrepassare la cortina di ferro lasciando Riga  per cercare un mondo libero in America. Sono  ebrei lettoni da tempo intiepiditi verso la religione, anzi il capofamiglia Samuil che ha cavalcato con passione il comunismo, guarda con sarcasmo i figli e le nuore che cerano di riagganciarsi alle tradizioni.

Per perfezionare i visti d’espatrio sostano a Roma dove varie associazioni come la HIAS e la Joint si prendono cura dei tanti rifugiati russi.

Il lettore non può far altro che addentrarsi con i protagonisti nei meandri appiccicosi della burocrazia e condividere le ansie, l’angoscia, il timore per il futuro, quel futuro in un mondo libero così spesso sognato. Se qualcuno pensa agli USA altri guardano a Israele, la loro vera Terra promessa, ma presto dovranno decidere, per l’imposizione di un impiegato, in dieci minuti seduti sui gradini di una scala , la loro destinazione. Sarà più facile, è stato loro detto, emigrare in Canada.

E’ così che decidi il futuro della tua famiglia, in dieci minuti su una rampa di scale?” chiese Samuil al suo primogentito Karl.

Rimarranno cinque mesi in quella sorta di purgatorio tra Roma , Ladispoli e Ostia cercando nel frattempo il senso della loro vita.

Se l’anziana Emma vuole riavvicinarsi all’ebraismo e ai suoi riti come desidera anche  la nuora Rosa, il vecchio Samuil sente sulla sua pelle lo sradicamento, l’inutilità, l’umiliazione. Contempla il suicidio.

Il suo secondogenito Alec , incosciente, “leggero”, pensa alle donne senza curarsi troppo della moglie Polina che per lui e per la fuga verso un “mondo libero” ha lasciato il primo marito e la  famiglia d’origine.

Polina è inquieta , è alla ricerca della propria identità che sembra essere sepolta in una ridda di avvenimenti più o meno dolorosi.

Contrariamente agli altri Alec e Polina abitano a Trastevere e vivono da testimoni l’avvicendarsi dei Papi che dalla morte di Paolo Sesto arriva all’elezione del papa polacco.

Ma è a Ladispoli che la comunità  di ebrei sovietici prolifica, qui si cerca di afferrare ogni opportunità per  vivere meglio cercando di dimenticare il gelido regime brezneviano e guardare a un mondo libero dove si potrebbe finalmente trovare se stessi.

Lo scandire del racconto è lento e pacato come un orologio e ci dà una sensazione tangibile  di cosa può essere l’alienazione e un’incerta attesa. Il senso di perdita delle radici, della loro shtetl – piccola città  –  va di pari passo alla condizione di perenne transitorietà.

Presentando questo libro all’Angolo-Papiro mi sono resa conto che esso è intriso di pathos,  non un pathos declamato, bensì uno sussurrato e forse per questo più forte e incisivo.

David Bezmozgis  è considerato uno dei venti migliori scrittori americani under 40. Il suo romanzo d’esordio “Natasha” ha vinto il Commonwealth Writers Prize 2010.

Guanda editore

 

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TRA UN LIBRO E L’ALTRO

pubblicato da: Mirna - 10 Marzo, 2012 @ 5:21 pm

Tra un libro e l’altro si deve trovare il tempo per andare al MART di Rovereto.

Siamo così fortunati ad avere uno spazio museale così bello e all’avanguardia . Tutti ce lo invidiano.

E da poche settimane, fino al 3 giugno, il MART ospita due mostre interessantissime: Postmodernismo – Stile e  sovversione 1970-1990 e ALICE IN WONDERLAND.

E’ di quest’ultima mostra che desidero scrivere nel mio post perchè adoro il mondo di Alice, l’epoca vittoriana e  la genesi del famosissimo libro di Lewis Carroll alias Charles L.Dodgson.

I suoi racconti Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio pubblicati nel 1865 hanno affascinato generazioni di lettori ed ispirato moltissimi artisti dai Surrealisti come Dalì e Max Ernst ai contemporanei.

Chi è Alice? E’ una bambina coraggiosa che vuole conoscere, sapere, andare “oltre lo specchio” per comprendere.

 E il suo wonderland magico, onirico è un mondo che appartiene a tutti noi  fin dalla nostra infanzia.

Sappiamo che l’ispiratrice  è la piccola  Alice Pleasance Liddell secondogenita del Decano del Christ Church di Oxford.

Lewis Carroll frequentava l’ambiente colto di Oxford, sia i Lidell che i pittori preraffaeliti come Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais e William Holman Hunt.

Di questi pittori si possono ammirare alcuni dipinti prestati dalla Tate di Liverpool  oltre alle prime edizioni di Alice, oggettistica a tema e  tante fotografie  che ritraggono perlopiù bambine e gruppi familiari  scattate  da Carroll. 

L’anno scorso lessi “Sono stata alice“  di Melanie Benjamin del quale vi ho  spesso parlato con entusiasmo. Cercatelo nell’archivio perchè racconta anche del rapporto particolare di Carroll con Alice Liddell e le sue sorelle. Anzi vi ricopio già il post tra i commenti a destra.

Per tornare alla mostra dirò che il punto di partenza del percorso espositivo è la prima edizione a stampa di Alice oltre a una riproduzione del manoscritto originale con i disegni autografi di Lewis Carrol donato alla dodicenne Alice Liddell come regalo di Natale 1864.

Godibilissime le tante illustrazioni originali che già delineano i personaggi che tutti quanti conosciamo e che sono ormai facenti parte di un  mondo fantastico, ma  non così avulso dalla realtà e dai nostri quesiti filosofici.

Il cappellaio matto, il coniglio, la regina : tutti questi che parlano del Tempo come di una dimensione particolare. La Regina della carte poi  lo plasma  a suo piacimento: infila alcune notti insieme per modifcare l’andar delle ore.

E il bruco che chiede “Ma tu chi sei?”

Anche la psicoanalisi trova in questo racconto agganci infiniti. Anzi uno psichiatra analizzando la  particolare dissociazione tra la percezione convenzionale e quella immaginaria conia il termine “psichedelico”.

Ci vuole tempo per visitare con cura una mostra: ciò che ci viene offerto al Mart è prezioso, c’è persino un film di René Magritte del 1957 !

Gli artisti hanno continuato a trarre ispirazione dalle avventure di Alice nel paese delle meraviglie: “il viaggio dall’infanzia all’età adulta, i rapporti tra linguaggio , significato e nonsense, le relazione tra la dimensione dell’osservatore e l’ambiente che lo circonda, tra le diverse prospettive e la tensione fra percezione e relatà” sono tematiche che sempre solleciteranno ad approfondire il nostro immaginario.

* * *

Consiglio alcune ore anche alla mostra  sul Postmodernismo…dopo essersi riposati un po’ – si sa che andar per musei stanca parecchio -perchè ne vale la pena. Posso dire che ho apprezzato maggiormente quadri, collages,  busti in argento, mobili dipinti, abiti, oggetti vari perchè ho letto “L’arte contemporanea spiegata a tuo marito ” di Mauro Covachic

 

I libri aiutano sempre!

 

 

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ALDA MERINI, ridevamo come pazze di Luisella Véroli

pubblicato da: Mirna - 8 Marzo, 2012 @ 6:24 am

          “Alla festa della Donna sono scivolata su una buccia di mimosa:

          anche i fiori pretendono le loro vittime”

 

Versi di Alda Merini letti all’alba di diversi 8 marzo alla sua amica biografa Luisella Véroli, “l’archeologa dell’immaginario”.

Di Alda Merini ho sempre scritto il ventun marzo (v.archivio) perchè è la data della sua nascita:

 “Sono nata il ventuno a primavera./ Ma non sapevo che nascere folle, / aprire le zolle/ potesse scatenar tempesta.”

Per me questa donna borderline rappresenta l’essenza pura della femminilità ancestrale e magica e proprio per questo dotata di un terzo occhio per capire il mondo.

Da bambina (una bambina corrucciata, introversa, timidissima – chi l’avrebbe mai detto? -) ero convinta che la donna fosse quella che capiva tutto, mentre l’uomo era colui che aiutava fisicamente la famiglia e  la società con la sua forza muscolare. Forse pensavo alla presistoria quando l’uomo andava a caccia  mentre la donna nella grotta osservava e meditava. Iniziando gli studi mi accorsi che la Donna non era giudicata speculatrice, ma terragna, legata alla carnalità, alla maternità , alla terra.

 Che sorpresa apprendere che quasi ovunque la Donna era considerata inferiore! Non potevo darmi pace.

Io amo gli uomini per la loro stabilità, per quella gentilezza protettiva che nutrono verso le loro Donne, per quel non essere tortuosi come spesso invece siamo noi.  Ho amato mio marito, mia roccia, mio compagno, carne della mia carne come si suol dire…

 e come ci raccontano  interviste, brani di diario, poesie di Alda Merini per la quale la sessualità era parte fondamentale della vita. Amori importanti come Manganelli e Quasimodo, due mariti, quattro figlie tra un ricovero in manicomio e l’altro. Sensualità vissuta con spontaneità e sincerità. Ma non per questo la Merini è la Donna soltanto  della Terra.

 Il suo sguardo è “malandrino” e indagatore, la sua sensibilità acuita per via forse degli elettrochoc subiti?

“e te ne vai non senza / il tuo stupore/ di non capire come mai / un demente/ sì somigli ad un sapiente

Follia come fuga? Come lo è stato per tante donne che comprendevano troppo?

Luisella Vèroli che ha avuto il privilegio di essere stata eletta da Alda Merini  sua biografa e che fa parte dell‘Associazione culturale per comunicare saperi ed esperienze di donne – Le Melusine (editrice di questo libretto)  scrive di se stessa nelle prime pagine 

Mi chiamo Luisella Véroli ed ero una professoressa qualunque prima di frequentare Alda Merini…”

Ci presenta pagine stupende di parole e pensieri della “sirena dei Navigli”, ci racconta della povertà di Alda Merini , del suo vivere intrecciata alla Poesia, della sua ironia e delle sue risate sulle défaillances dell’umanità.

Prezioso.

Fragile opulenta donna, matrice del paradiso

sei un granello di colpa

anche agli occhi di Dio

malgrado le tue sante guerre

per l’emancipazione.

Alda Merini e Luisella Vèroli ci raccomandano:

Donna non dimenticare quello che sei

Non sei sola, siamo in tre:

madre, figlia e l’amica ironia.

 

 

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TRENTO DA…LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 6 Marzo, 2012 @ 5:52 pm

Fuori diluvia, ma il “Libri & Caffè” è  caldo, illuminato, colorato dai libri che abbracciano i tavolini, gli avventori, il Libraio con i capelli  quasi alla Lucio Battisti e Vladimiro che ci servirà i caffè e i cappuccini.

Entrano insieme o da soli  i cari amici Lettori con gli ombrelli gocciolanti e lo sguardo sorridente e pronto a parlare di libri.

 Questi ci aspettano sul tavolo … messi in posa da Riccardo. 

Arrivano anche Paolo Azzetti,  Raffaella e  Stefania, psicologa, che rimane subito intrigata dal breve riassunto di “Ritratto di un uomo morto” di Sarah Hall

 Enza ci  parla di Goliarda  Sapienza e “L’arte della gioia” che sembra tutti abbiano in casa. Complessivamente le è piaciuto.

Raffaella presenta “Un inverno con Baudelaire” di Harold Cobert . Baudelaire è un cagnolino che salverà un uomo abbandonato dalla moglie –  e che ha perso anche  il lavoro – una situazione purtroppo non più rara ai giorni nostri -Romanzo delicato ed avvincente. Una storia tragica, ma raccontata con leggerezza. Ci legge la  poesia del poeta francese “I buoni cani”  e poi  lascia la parola a Maria Teresa e a “Zita” di Enrico Deaglio.

Riccardo e Paolo riprendono ad elogiare “I poeti morti non scrivono gialli” di Bjorn Larsson . Dovrò leggerlo.

Maria Grazia e Daria e Francesca parlano e ascoltano. Così è un gruppo di lettura che tanto successo ha ormai ovunque. Molti  libri parlano appunto di questo tipo di incontri ed ognuno di essi ha una modalità particolare.

v. archivio e la  Società letteraria di Guernsey di Mary Ann Shaffer

L’importante è invitare  l’un l’altro a conoscere autori vecchi e nuovi che ci  possano arricchire  e  aiutare a “dilatare il nostro tempo“, o meglio a far  scorrere  il nostro pensiero in “parallelo con un testo“. Insomma a  illuminare la nostra mente.

Altri titoli che volteggiano: “Le meraviglie del possibile” di Fruttero e Lucentini e  “Il mondo libero” di David Bezmozgis, mio prossimo post.

E voi, miei cari visitatori , che libro state leggendo?

Un’ora è breve, questa si amplia e ci cattura. Il filo del piacere di leggere ci unisce ancor più saldamente

La nostra piccola Società letteraria vi aspetta all’Angolo-Papiro lunedì 19 marzo.

 

 

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RITRATTO DI UN UOMO MORTO di Sarah Hall

pubblicato da: Mirna - 5 Marzo, 2012 @ 7:13 am

Mi fa piacere scrivere dei libri che leggo. Mentre procedo nella lettura “parlo” con interlocutori non presenti, prima di tutti con mia figlia, poi con mio marito o gli amici che potrebbero apprezzare il libro. Fortunatamente c’è questo Blog e gli incontri all’Angolo-Papiro per condividere le emozioni e le sensazioni provate.

Scrive Sarah Hall mettendo queste parole in bocca a Peter

Il testo è un portale, uno strumento per far viaggiare la mente. In sè e per sè non si lascia interpretare, ma offre l’opportunità di pensare in parallelo, come un uomo che pedali in bicicletta mentre viaggia a bordo di una nave. Peter crede che fosse questo l’intento di Joyce. Non gli dispiace se fino all’ultima riga dell’Ulisse non capirà il racconto, perchè è certo che la sua mente verrà illuminata in altri modi.”

E questo romanzo, come tanti altri,  smuove i pensieri, la propria visione del mondo, le nostre passioni. Occorre fare attenzione, essere lettori attivi,anzi attivissimi perchè le voci dei personaggi vengono alternate e scandite in diversi tempi.

Fra tutte la voce del grande pittore di nature morte  –  soprattutto di bottiglie -  che tutti riconosceremo all’istante. E’ Giorgio che ormai nell’ultimo periodo della vita scrive un diario e parla dell’amore della sua Arte, della Natura, dei colori , della ricerca dell’Essenza. E della sua solitudine

Ma se è una libera scelta, la solitudine è il più gioioso dei vincoli. Nella grazia di queste camere silenziose  posso assaporare meglio il gusto di ogni singola giornata. Abbraccio davvero la vita…”

Anche Peter è un pittore, un paessaggista inglese che durante la sua giovinezza è in contatto epistolare con Morandi. Ecco nel romanzo le vite di quattro personaggi principali si alternano a più riprese e in diversi momenti topici della loro vita.

Capitoli che riportano lo stesso titolo ci raccontano le angosce di Susan che ha perso il fratello gemello e che per disperazione ricerca nel sesso un po’ di sollievo. “La crisi allo specchio” ci descrive il rapporto speciale tra gemelli fin dalla più tenera infanzia quando pensavano all’unisono, ma venivano spinti a ritrovare la propria identità.

Il pazzo sulla collina” parla di Peter, della sua vita di artista trasgressivo e geniale. L’incidente nella gola della montagna è l’occasione per tornare alla sua vita passata, ai suoi rimpianti , alle sua felicità.

La divina visione di Annette Tambroni” è la storia di una fanciulla  diventata cieca, che  fece in tempo a seguire alcune lezioni di Giorgio e che alla morte di questi rimane la custode della sua tomba. Annette ha paura del diavolo, dell’inquietudine dei sensi,del buio che sente intorno. Talvolta sembra di vedere quadri del Goya, tenebrosi, oscuri. 

Tradotto dai diari delle bottiglie” è il manoscritto del pittore italiano che insieme a una bottiglia blu concluderà  e legherà con una mostra  sui grandi maestri del ventesimo secolo  i frammenti della vita dei  quattro personaggi principali.  Come i vetrini colorati di un caleidoscopio tutto si legherà ed armonizzerà regalando bagliori di speranza.

Lo stile di Sarah Hall “tecnicamente ambizioso” come scrive Il Guardian è efficace e ci  cattura con metafore e similitudini suggestive e originali.

Edizioni gran via

 

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IL LIBRO DI MISS BUNCLE di Dorothy Emily Stevenson

pubblicato da: Mirna - 2 Marzo, 2012 @ 4:52 pm

Che lettura deliziosa questo romanzo che si svolge in un villaggio inglese! Lo scenario da me preferito fin da  Elizabeth Bennet, Jane Eyre attraverso Miss Marple e le zitelle della Pym,  fino a tutte le storie più o meno leggere che si svolgono in England.

Siamo negli anni Trenta e la signorina Barbara Buncle si accorge che la crisi economica le ha bloccato l’arrivo dei dividendi che le permettono una vita semplice ma decorosa. Che fare? Allevare galline come le suggerisce la fedele cameriera Dorcas?

Pensa invece di scrivere un libro, ma non ha immaginazione per cui si concentra  sugli abitanti del suo villaggio, Rivargenton. E ne ha da raccontare. La sua capacità di osservazione è profonda così riesce a percepire vizi e virtù di chi la circonda. Come faceva Jane Austen che ci ha lasciato come in una fotografia la vita quotidiana , i pensieri, gli usi e i costumi dei suoi contemporanei. Entriamo  in questo villaggio inizialmente con il profumo dei panini dorati di Mrs Orafum che aleggia già di buon mattino  nelle varie abitazioni svelandoci subito  le abitudini dei vari abitanti.  Dall’arrogante Mrs. Agnelli di Featherstone che si sente di dirigere e controllare la vita di Rivargerton alla serena, pragmatica e simpatica Sarah Pedony moglie dell’onesto medico condotto.

Non poteva mancare un reverendo,  appena arrivata al villaggio, di bell’aspetto e con una buona rendita che diventa subito preda di Vivian Verdimanicy, donna bella, senza scrupoli che vuole sposarsi per soldi.

Già i nomi propri sia dei reali personaggi che quelli del romanzo (nel romanzo)  di Miss Buncle sono divertentissimi,  e talvolta amagrammi dei veri, altri indicatori di caratteristiche della personalità di ognuno.

L’incontro con il solido e gentile editore Mr. Abbott sarà determinante per Miss Buncle perchè, grazie a lui,  il suo libro verrà pubblicato con lo pseudonimo di John Smith ed avrà un gran successo.

Ma gli abitanti del villaggio scoprono che si parla di loro e molti si vogliono vendicare. Assemblee, malintesi, piccoli colpi di scena faranno sì che Miss Buncle inizi un secondo libro dove lei stessa, che già appariva nel primo romanzo come Elizabeth Wade, avrà un ruolo importante perchè descriverà in tempo reale ciò che avviene. A Miss Buncle piace  la sua nuova identità romanzata tanto che lentamente si trasforma in essa. Rinnova il guardaroba (grazie al guadagno della vendita del libro- che va a ruba -), si acconcia meglio i capelli, diventa più sicura e affascinante. Mr. Abbott ne rimane intrigato.

La Rivargentum, diventata nel libro Campoferrum, è dunque dove Miss Buncle/Wade si sente felice. Dove le cose si aggiustano e i meschini smascherati. Dove si diventa ciò che si vorrebbe essere.

 Ed è così che la scrittura ci regala consolazioni e ci  fa sentire  speciali. Letteraturizzare la nostra vita, i nostri ricordi è un cospargere di stelle il nostro essere e,  come per Miss Buncle, può diventare una spinta a migliorarci.

Rileggendo i miei diari dei sedici anni ritrovo descrizioni di festicciole danzanti colorate, allegre, mentre i miei ricordi ogni tanto me le riportano come pomeriggi invernali un po’ freddi e noiosi. Ma intrecciando la realtà con l’immaginazione si ottiene un risultato più completo e interessante. Ciò che siamo ed eravamo con ciò che desideravamo o desideriamo essere. Per noi, per gli altri.

Edizioni Astoria

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