MARX & ENGELS, INVESTIGATORI di Dario Piccotti e Alvaro Torchio

pubblicato da: Mirna - 25 Maggio, 2012 @ 7:19 am

Che cosa ci può essere di più appagante per un lettore conoscere  altri episodi  della vita dei propri amati personaggi reali  o  fantastici?

 Per le signore più romantiche ci sono postume avventure di Mr. Darcy ed Elizabeth Bennet  già ormai felicemente sposati e che incorrono in misteri che riusciranno a risolvere da  improvvisati detectives e amanti della giustizia.  Quando di  Jane Austen non se ne ha abbastanza ecco  che si corre a leggere nuove storie dei  personaggi di “Orgoglio e Pregiudizio”.

Ma per Piccotti e Torchio i personaggi reali da far rivivere  e  con i quali condividere pensieri e giudizi  sono  Marx e Engels autori del Manifesto del Partito Comunista.

 Entrambi gli autori, insegnanti di materie letterarie e studiosi di politica, filosofia, sociologia  –  e poeti e musicisti –  sono sensibili alle problematiche sociali.

La loro idea di ritrarre  con la fantasia la coppia di filosofi intenti a risolvere delitti è geniale. Non solo c’è l’avvincente “filo rosso del delitto” che appassiona, ma leggendo  conosciamo più a fondo Marx, detto il Moro ed  Engels il “capitalista” legato  all’operaia irlandese Mary Burns.

 Apprendiamo del loro affetto reciproco, del loro spiccato senso dell’umorismo, ma soprattutto conosciamo o ripassiamo le loro idee filosofiche e politiche.

Più che un libro giallo direi che è un libro di storia e sociologia.  La classe operaia è difesa sempre strenuamente e il  Pensiero  dei teorici del comunismo ci viene descritto in modo leggero, ma storicamente attendibile, infatti per la stesura dei  sei racconti sono stati tenuti presenti sia il carteggio che le opere di Marx ed Engels.

Siamo nella seconda metà dell’800 quando l’Europa viveva fermenti politici e storici di grandissima importanza. Ci spostiamo da Londra a Caprera, dalle isole normanne in Boemia e ad Hannover.

Personaggi  come Bukanin, Garibaldi, Victor Hugo fanno parte delle diverse storie gialle. Ed è un piacere immaginare il nostro eroe dei due mondi nella  Casa Bianca di Caprera con la “brutta” moglie a vivere una vita tranquilla davanti al mare.

E Londra? Dove si aggirano sia Bakunin l’anarchico russo, sia Mazzini, scuro in volto e teso alle sue teorie,  sia Jack lo squartatore? 

Ambiente vittoriano, vetture di piazza e  tazze di tè  nella modesta casa di Marx e sua moglie Jennie.

Linguaggio quasi ottocentesco e  come nei romanzi di Conan Doyle, adatto al contesto temporale,  ma in più una estesa ricchezza di riferimenti storici dell’epoca che farebbero di questo libretto un manuale di riepilogo della storia politica e sociale  del tempo.

 E non solo: mi è piaciuto molto “incontrare” Victor Hugo sull’isola di Guernsey, “pallone gonfiato” come lo definisce Marx, leggere brani delle sue opere e dei suoi pamphlet contro l”odiato imperatore francese, Napoleon le petit.

 Bello attraversare  l’isola in calesse per ammirarne la bellezza selvaggia, le scogliere, il mare e scorgere un piccolo uomo di spalle che si confronta con la grandezza degli elementi, come nei quadri del pittore  romantico Friedrich.

E rabbrividire come  nei racconti gotici  leggendo dei lupi mannari in Boemia!

Infine mi piace questo lavoro a quattro mani di Piccotti e Torchio quasi a sottolinerare la stessa amicizia e comunità d’ideali dei due protagonisti investigatori.

Si saranno divertiti a scrivere questi racconti? Quante domande potremo fare ad:

 

Alvaro Torchio  che ci ha già presentato il suo lavoro in Bibilioteca, ma che si è gentilmente offerto di partecipare all’Angolo-Papiro del Libri & Caffè

 lunedì 28 maggio alle ore 17.30.

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IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI FIORI di Vanessa Diffenbaugh

pubblicato da: Mirna - 22 Maggio, 2012 @ 2:12 pm

Un successo editoriale  (in Italia Garzanti)  questo romanzo che si è dilatato a valanga. Vuoi per il passaparola, vuoi per l’accattivante titolo che attrae soprattutto noi donne “The language of flowers“.

Anche l’escamotage di variare sulle copertine l’immagine di un fiore diverso come il  tulipano, la rosa e altri  ha affascinato molte lettrici.

Mi tenevo a debita distanza da esso pensando a un semplice  romanzo rosa, ma poi Cristina l’ha portato  all’Angolo-Papiro del Libri & caffè e con la sua efficacia nel presentarcelo mi ha convinto a leggerlo.

 Si parla di fiori e Cristina vive gran parte dell’anno tra i fiori del suo giardino. Conosce quindi  le sensazioni che piante e fiori regalano a noi umani. Ne so qualcosa anch’io nel breve periodo che trascorro nel mio giardinetto “montaliano” tra amareni, glicine, gelsomino  e rose.

In questa storia i fiori e ciò che essi ci vogliono dire sono intrecciati strettamente con la vita di Vittoria,  abbandonata alla nascita dalla madre e affidata a diverse famiglie e istituti. I fiori sono  dunque un’ancora di salvezza per questa diciottenne  ferita e infelice ;  essi sono le parole, i sentimenti, l’amore che non è ancora riuscita ad avere soprattutto quello di una madre.

E Vanessa Diffenbaugh ci parla di maternità, quella immediata e  più istintiva: dal parto all’allattamento.

Il succhiare con forza dalla mamma tutta la necessaria linfa vitale per vivere. Pagine molto nitide e belle.

Penso a Miki che fra poco le vivrà, e guarda caso sulla copertina di questo volume c’è il tulipano, il suo fiore preferito. Che cosa significa nel linguaggio dei fiori ? “Dichiarazione d’amore”.

In fondo al romanzo c’è il dizionario del linguaggio dei fiori, il significato che in epoca vittoriana si dava ad ogni fiore, dalle famose rose gialle (ed io penso a Madame Olenska de L’età dell’innocenza)  che simboleggiano  l’infedeltà all’ortensia (che io adoro) che significa …distacco!

La storia di Vittoria si dipana su due spazi temporali: quello dei suoi 9 anni quando finalmente riesce a trovare una madre adottiva che ama, ma che per timore di perdere la perde con il suo comportamento aggressivo e ribelle, e quello dei 18 anni quando appena maggiorenne è lasciata in balia di se stessa a costruirsi la propria vita..

La sua forza, seppur tra dolori e sacrifici, viene incanalata grazie proprio ai fiori verso una più equilibrata esistenza. Non mancano certo l’aiuto di persone che la capiscono, la fioraia, qualche amica, e soprattutto Grant anch’egli amante dei fiori e a conoscenza del loro segreto linguaggio.

Un libro, ripeto, che mi sembra adatto più a lettrici femminili, ma che sicuramente si legge con piacere e interesse.

Alla fine Vittoria, un po’ come la Jeanne di Chocolate, riuscirà a comprendere i sentimenti delle persone scegliendo per loro i fiori che le aiuteranno a migliorare o a conoscersi più profondamente.

 Donne e fiori: non siamo strettamente legate?

Ah, il profumo dei lillà: prime emozioni d’amore!

E i mughetti di maggio: ritorno della felicità.

Ma che fiore  vi sentite in questi giorni? Ve lo saprò dire sfogliando le ultime pagine di questo libro.

Per concludere dirò che  regalerei  a tutti voi delle fresie  (facevano parte del mio bouquet di nozze!): amicizia duratura.

Ah, questi vittoriani!

 

 

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MUSICA PER UN INCENDIO di A.M. Homes

pubblicato da: Mirna - 18 Maggio, 2012 @ 6:19 pm

La storia inizia e finisce con un barbecue .

 Momento importante per gli americani della middle class quello della grigliata all’aperto  che sembra rassicurare e legittimare una vita tranquilla e condivisa. E’ proprio la cerchia di amici che racchiude e difende l’individuo. Ognuno si rispecchia nell’altro.

Paul ed Elaine, coppia della periferia suburbana newyorkese, è felice di rivedere così spesso gli amici . Per loro  è veramente duro essere abbandonati a se stessi per ventiquattr’ore.

 Chi sono Elaine e Paul? Due persone  avulse una dall’altro, ma legate da una strisciante infelicità a cui non sanno dare un nome.

Già sono stati descritti in un precedente romanzo della Homes “La sicurezza degli oggetti” che voglio assolutamente leggere tanto questo romanzo mi ha colpito.

Innanzitutto credevo che A.M. Homes fosse un uomo e fra me e me dicevo che si capiva dalla essenzialità cruda delle descrizioni di alcune scene di sesso, dai dialoghi quasi teatrali, dal non eccessivo rimestio delle problematiche.

Ed invece scopro che è una donna…bravissima, inclusa nella lista dei “venti autori per il nuovo secolo”.
Ma quale sarà il suo nome   A. M.?  Non l’ho trovato!

In questo loro mondo di cartapesta, quasi artificiale dove il sole non sembra nè sorgere nè tramontare, ma svanire lentamente, Paul ed Elaine si sentono impantanati, persi in se stessi e non riescono a trovare il bandolo della serenità nella famiglia, nei figli. Si appoggiano con rabbia l’uno all’altro, ma non si bastano.

Paul cerca consolazione in due storie extraconiugali mentre  Elaine si abbandona  passivamente ad accadimenti  inaspettati, come una relazione omosessuale con la vicina, sua antitesi vivente: tanto Elaine è pigra e  indecisa tanto Pat è organizzatissima e  “perfetta”.

Il gesto gratuito, irrazionale, quello che dovrebbe  smuovere in loro ciò che essi non sanno sollecitare, è rovesciare il grill acceso verso la casa e sperare in un incendio che modificherà la loro vita in qualche modo.  Ma l’incendio totale che li avrebbe costretti a un vero cambiamento non c’è.

Inizia una spirale discendente  nella quale  Paul agisce come una mina vagante in balia delle sue amanti, mentre Elaine si sente sempre di più alienata e impotente. Si odiano e si cercano, sembrano i Simpson, dispettosi e meschini, cattivi tra loro per suscitare una qualche reazione. Amaramente divertente la lotta furiosa e silenziosa che Paul ed Elaine ingaggiano una notte, lotta che finisce quando esausti di pugni e graffi condividono  una pasticca.

Ma ci sono i bambini che guardano…e in questo implacabile ritratto della vita americana nei sobborghi residenziali essi saranno le vittime e i giustizieri.

Un libro del quale parlare perchè questa storia  rispecchia un male di vivere comune non solo tra classi sociali d’ oltreoceano, ma ovunque il benessere materiale ha soffocato il desiderio di una  crescita esistenziale completa, quel famoso raggiungimento goethiano di serenità olimpica che ti fa sentire almeno in pace con te stesso.

Di questo ed altri libri abbiamo parlato all’Angolo -Papiro del Libri & Caffè, lunedì scorso.

 

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TRA UN LIBRO E L’ALTRO… la mostra fotografica di Enrico Fuochi

pubblicato da: Mirna - 13 Maggio, 2012 @ 7:58 pm

Ineguagliabile il piacere di passeggiare in una città così avvolgente e bella come Trento. Ed imbattersi in una piazzetta tra colonne, porticato e vetrina in una interessantissima mostra fotografica, quella di Enrico Fuochi, Tempus mutandis

Siamo nello Spazio Espositivo Pretto, in piazza San Benedetto e le foto che occhieggiano dalla vetrine ci mostrano personaggi in mutande in spazi più o meno  antropizzati.

Mi piace osservare, capire e  lasciare entrare in me le sensazioni, le suggestioni, i messaggi che un immagine può evocare.

E fondamentale  è conoscere anche l’idea dell’autore. Enrico Fuochi ci spiega che “lafotografia è un mezzo  che rende fruibile un’idea e che la sua vera essenza va ricercata in una sintesi tra il processo pratico, estetico e concettuale.

Qui ci provoca con uomini in mutande per suggerirci il tempo del mutamento fermato in situazioni non quotidiane, ma assurde eppure colme di significato.

C’è l’uomo “spogliato della sua vanità“, della sua esteriorità e del suo ruolo che si trova spesso in ambienti creti da lui stesso ma dai quali sembra risultare quasi un intruso.

Pur provocando un iniziale sorriso queste immaginici sottolineano “l’originaria accidentalità dell’uomo” , anche se cretaori di architetture, manufatti, arte e tecnologia.

Rimaniamo pur sempre vulnerabili e in un certo senso estranei e spogliati  davanti a ciò che abbiamo creato. 

Ognuna di queste fotografie ci porta a riflettere: l’uomo vicino alla statua classica,  quello che corre davanti alla struttura di un edificio in costruzione, l’impiegato soggiogato dal suo computer e,  una tra le mie preferite, il vecchio che si butta all’indietro nel lago lasciando bene i vista le sue scarpe da ginnastica.

Bravissimo Fuochi che è tornato ad osservare la vita  nel suo particolare fluire e mutare, tra reale e surreale con due occhi attentissimi, il suo e quello della macchina fotografica.

 

 

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LA DONNA CHE NON PUO’ DIMENTICARE , Jill Price con Bart Davis

pubblicato da: Mirna - 9 Maggio, 2012 @ 1:06 pm

Stamattina Giuliana di Aquileia  mi scrive un sms, ha scoperto le  mie righe- diario lasciate in un suo quadernetto a ricordo delle tre giornate friulane trascorse insieme un mese fa : la passeggiata tra i pruni fioriti  e le  violette,  lungo il torrente solcato da anatre, la basilica e i nuovi mosaici restaurati, Trieste e il Castello di Duino, il nostro pranzo di fronte al mare argentato.  E’ contenta di aver ravvivato il ricordo, sa che da sempre io scrivo  per ricordare meglio soprattuto i momenti lieti o speciali,  per dilatare, ampliare, assaporare frammenti di vita che a volte si stemperano e si volatizzano.

Quando eravamo abroad, all’estero, a Londra o a Munchen, ogni tanto invitavo le mie amiche a “fermarsi”, a vedersi come si era : giovani, curiose, felici . Una mia frase ricorrente era “Ricordatevi di noi, di  come siamo ora”. Mi ringraziano ancora.

La memoria, si sa,   racchiude il fascino della vita, il suo mistero, il suo sapore. Ricercarla come fa Proust è viaggiare in un mondo infinito che ce la porge nuovamente rivestita esteticamente  di nostalgia, dolcezza, malinconia, e magicamente  letteratturizzata.

Ma quando cominciamo a ricordare?

 A quando risale il vostro primo ricordo?

 Se ne parlava durante l’ultimo incontro all’Angolo-Papiro del Libri & Caffè: per Paolo e Maria Rosa erano ricordi precocissisimi degli ultimi anni di guerra,un aereo in fiamme che precipitava, gli americani su “enormi carri armati”  che distribuivano caramelle,  per Maria Grazia un ricordo di estrema bellezza campestre, immagino un momento di estasi: sterminata distesa di papaveri e verde. Per Enza una sua personale prova di coraggio: entrare ed uscire da una stanza buia, per me purtroppo  il primo ricordo è doloroso e so per certo di farlo risalire ai miei 4 anni. Ma prima si possono ricordare eventi?

Ve lo chiedo. Scrivetelo.

Per Jill Price invece nulla si può scordare.Lei ricorda tutto: ogni singolo giorno da quando era una bambina ad oggi, quasi cinquantenne. La sua capacità mnemonica autobiografica è unica, straordinaria e viene studiata ed analizzata da varie équipes di psichiatri e neurologi. Il suo caso è riferito in molte riviste scientifiche, ma solo l’anno scorso Jill Price ha deciso, aiutata dallo scrittore Bart Davis, di raccontare la sua storia.

Questa terribile, eccezionale menoria che non le concede un attimo di oblio, l’ha fatta e la fa soffrire molto. A 12 anni riconosce questa sua caratteristica: riesce a far tornare alla mente ricordi particoleraggiati, addirittura il suo primo ricordo risale a quando era nella culla a 8 mesi.

Questa sua memoria di altissima componente emotiva non l’aiuta però nel rendimento scolastico, anzi influisce negativamente, perchè il rifluire , a volte automatico degli avvenimenti passati la fa star male tanto grande è l’intensità che prova “L’emozione che si risveglia con ogni ricordo è in tutto e per tutto altrettanto potente quanto la prima volta che l’ho vissuta”

E siccome i ricordi modellano la nostra esistenza – ma noi esseri normali “impastiamo” la nostra memoria, la arricchiamo, la distorciamo per sentirci migliori – Jill se ne sente aggredita. Non ha perciò la capacità di accettare i cambiamenti e di lasciarsi le cose alle spalle. Rimane attaccattissima alla famiglia, ai luoghi, agli oggetti tutti parte della sua esistenza che si costruisce inesorabilmente  e lucidamente senza permetterle nessun cedimento o velatura.

“Un caso di straordinaria memoria autobioigrafica” viene pubblicato in varie riviste, come detto. Grazie allo studio di questi scienziati Jill riesce ad accettare questo dono “maledetto”, spera che gli studi sul suo cervello posssano aiutare coloro che invece perdono la memoria.

Questo scritto per me è interessantissimo, mi piacerebbe sapere se fra i nille visitaori giornalieri del mio blog c’è qualcuno che condivide la mia passione per la psicoanalisi.

Ne “La donna che non può dimenticare” , edizione Piemme Voci, oltre alle spiegazioni di come funzionano i ricordi c’è la storia di una donna che soffre di depressioni e angosce, ma anche di momenti belli e forti soprattutto quando riesce a gestire e a controllare questa sua incredibile capacità.

 

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TRENTO DA…LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 4 Maggio, 2012 @ 11:25 am

Sempre nel Libri & Caffè di Andrea Mattei ora si viene accolti dallo splendido sorriso di Elisabetta, detta Betti già  anni addietro collaboratrice del libraio-barista.

Insieme nel 2005  avevano iniziato questa avventura di coniugare amore per la lettura in uno spazio in cui soffermarsi a bere o mangiare qualcosa, giusto per dilatare il piacere di stare tra i libri, sfogliarli,  acquistare le ultime novità editoriali e discuterne.

Era venerdì 17 alle ore 17 quando  ci si decise” ricorda Betti e questo la dice lunga sul coinvolgimento emotivo per questo locale particolare, unico nel suo genere qui in  città.

Ma chi è Betti, che molti conoscono anche se dal 2009  si è allontana per altre avventure di lavoro? 

Una ragazza solare, dallo sguardo vivace e intelligente,  amante naturalmente dei libri , del cinema, del mondo.

Laureata in ….Lettere, ovviamente,  con una tesi sulla rivista “L’Interplanetario” del 1929  alla quale collaborò anche Moravia poco prima di publlicare “Gli indifferenti”, ha frequentato molti master in Cooperazione e Sviluppo, master in Editoria a Milano, ha collaborato con la Biblioteca per la catalogazione dei libri, ha aderito al progetto Social Business in India –  dove ha lasciato parte del suo cuore – insomma una vita che l’ha portata e la porta ad essere in contatto sempre con i libri.

Ci mettiamo a parlare di letteratura e le chiedo che tipo di lettrice è. E’ sicuramente esigente e i suoi gusti ultimamente si dirigono a romanzi e scritti su argomenti forti. Mi consiglia di leggere ” Ogni mattina  a Jenin” di Susan  Aboulhawa e   l’Accabadora di Michela Murgia

Poi si parla del suo amore per il primo Tabucchi, quello di  “Notturno indiano” e  per Mc Ewan di “Espiazione”, sottolinea la  sua delusione quando capisce che i romanzi vengono scritti per il mercato.

E qui ci si chiede davanti alla pletora di libri pubblicati   se la vera Letteratura ci regalerà ancora romanzi indimenticabili. Fra i pochi siamo d’accordo sul valore letterario  della Veladiano.

Gran parte della sua giovane vita è stata dedicata ai viaggi compiuti da sola o con il compagno:da una splendida Cuba a trekking in Nepal, dal deserto della Libia al Vietnam. Da esperienza toccanti di volontariato in Etiopia  al sud Ameria e tanti altri paesi. Conoscere il mondo e le persone che lo abitano.

 Ricorda che a Bombay ha ritrovato la stessa atmosfera descritta in Shantaram e in Patagonia  ha cenato addirittuta nello stesso risporante descritto da Sepulveda in “Patagonia Express“.

Viaggiare, leggere, non ha in fondo lo stesso scopo di conoscere gli altri e la loro vita?

Ma che cosa legge Betti in questi giorni?

Come me ha due o tre libri avviati: Parrella “Lo spazio bianco“, ed. Einaudi, , “Mal tiempo” di Fauquemberg  e qualche altro.

Credo che la scelta di tornare in quest’angolo colmo di lusinghe letterarie   per una giovane donna amante dei libri e dell’animo umano  sia  azzeccata.

“Ho imparato anche a fare un buon caffè” conclude.

Vogliamo provare?

 

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L’UOMO CHE NON CONTAVA I GIORNI di Alberto Cavanna

pubblicato da: Mirna - 2 Maggio, 2012 @ 6:40 am

E’ una storia bella, semplice, legata al nostro mondo di migranti quali siamo e quali siamo stati. Un giovane tunisino in cerca della sopravvivenza è approdato sulle coste del Mar Ligure. Lascia alle sue spalle un altro mare, un passato di fatiche e dolori  nella speranza di ricominciare.

Mohamed è gentile, bravo nel lavoro dell’arte navale, arte imparata dal nonno pescatore.

Incontra il vecchio Cristoforo, solo e stanco, ma con ancora  un solo e unico scopo:la costruzione di una barca, il Bianca.

Un incontro fortunato,deciso dal destino o da quel mare che ci lega e ci circonda, noi del Mediterraneo.

Cristoforo capisce che Mohammed sa lavorare come lui il legno, come lui vede nella costruzione di una barca il simbolo della vita, del nostro viaggiare, della nostra ricerca anche esistenziale.

Con amore, con cura, con maestria entrambi termineranno questa barca che lentamente, senza contare il tempo impiegato – perchè per entrambi esso non ha più importanza – diventa il simbolo, il mezzo per raggiungere quella meta sognata da entrambi.

I liguri sono generalmente di poche parole ed anche Alberto Cavanna ci racconta questa storia di barche e di mare, ma soprattutto di empatia, solidarietà, “riconoscimento” con un linguaggio essenziale, chiaro, preciso.

Gli stessi personaggi parlano poco, si intendono con sguardi, con i movimenti del lavoro, con il loro comportamento. Nel capanno dove lavorano si è presi da una sorta di incantamento dato dai rumori degli arnesi descrittici benissimo, dall’odore degli olii e delle resine ;  si sente quasi il respiro calmo della barca che si completa.

Il presente è l’attimo da vivere, osservare ed accarezzare  la barca, per Mohamed non esiste all’inizio nessun futuro  .

Il futuro non esite per chi ha smesso di misurare i passi del tempo. Egli sapeva di non poter ancora  guardare avanti come non poteva permettersi di guardare indietro. Troppa incertezza: meglio pensare alla barca e a quello che c’era da fare per finirla…”

C’è  amarezza nel vecchio Cristoforo  che spiega al  giovane immigrato soprannominato Mimmo “…ascoltami…c’è poco da capire. Questi non ci vogliono perchè gli ricordiamo chi erano fino a ieri…morti di fame. Per la guerra, la fatica, che se non c’erano gli americani con le sigarette e la cioccolata eravamo ridotti peggio di voi…e poi pensa a una cosa: se non mi vogliono a me ( – ormai vecchio e scomodo – ) che la mia famiglia viveva in questo paese e facevamo le barche da tanto tempo, perchè dovrebbero volere te che sei arrivato ieri?… 

Mi piace il narrare di Alberto, già conosciuto in altre occasione, famoso anche per altri libri molto belli come Da bosco e da riviera, Bacicio do Tin e un delizioso coffee.book che troneggia sul mio tavolino in salotto “A piccoli colpi di remo” , 30 racconti di mare, di nave e di costa .

Sembra guardando la sua copertina verdeazzurra di percepire l’odore slamastro del mare, di sentire il frangersi dei flutti contro gli scogli e i rumori di vele, cime o remi, ci si sente riprendere dal nostro essere  o essere stati naviganti.

 

Di questo ed altro abbiamo parlato durante l’incontro all’Angolo- Papiro di lunedì scorso.

 Alberto Cavanna sarà nostro ospite lunedì 14 maggio, sempre al Libri & Caffè di via Galilei.

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NEL MIO PAESE STRANIERO di Hans Fallada

pubblicato da: Mirna - 28 Aprile, 2012 @ 6:53 am

Ho chiesto ad Andrea Mattei, il libraio del Libri & Caffè, quale  nuovo libro consiglierebbe e lui mi ha porto questo libretto blu della Sellerio con l’ultimo scritto di Hans Fallada. Publicato per la prima volta in Germania nel 2009 era rimasto nascosto tra le carte dell’autore.

Si tratta di un diario scritto quando Fallada fu rinchiuso in osservazione a tempo indeterminato nel manicomio regi0nale Neustrelitz-Strelitz dopo una lite violenta con la moglie. Non era la prima volta che finiva dietro le sbarre.

Alco0lista, tossicodipendente aveva tentato anche il suicidio.

Di Fallada conosco soltanto il celebre “E adesso, pover’uomo?”. Cerco alcune note biografiche su Internet:

“ Hans Fallada, pron. Fàllada, pseudonimo di Rudolf Wilhelm Friedrich Ditzen (Greifswald, 21 luglio 1893 – Berlino, 5 febbraio 1947), è stato uno scrittore tedesco.

È uno fra gli autori di lingua tedesca più conosciuti del XX secolo. Le sue opere, tradotte in diverse lingue, hanno riguardato essenzialmente scritti a sfondo sociale. Alcuni dei suoi racconti sono stati pubblicati postumi.

Il suo lavoro più noto è il romanzo E adesso, pover’uomo? (titolo originale Kleiner Mann, was nun?), scritto nel 1932. Quest’opera è conosciuta in Italia anche attraverso la riduzione per la televisione che ne fu fatta nei primi anni sessanta con il titolo Tutto da rifare pover’uomo e con l’interpretazione, fra gli altri, di Ferruccio De Ceresa, nel ruolo del protagonista, Paolo Poli, Luigi Vannucchi, Carlo Romano e Laura Betti.”

Ma per conoscerlo meglio occorre leggere le sue opere. E questo Nel mio paese straniero – Diario dal carcere 1944 ci racconta tanto di lui e della sua storia.

Si parla del periodo nazista, ma  questa volta si parla di tedeschi che pur amando la Germania odiano il regime hitleriano e cercano di vivere in patria  accettando compromessi e umiliazioni.

Fallada, che pur aiutò Brecht a fuggire, non vuole espatriare perchè “…sono un tedesco, lo dico ancora oggi con orgoglio e tristezza, io amo la Germania…che tedesco sarei mai stato se nel momento del bisogno e della vergogna me ne fossi andato alla chetichella, scegliendo una vita più facile? Perchè io amo questo popolo, che ha donato al mondo suoni intramontabili. Qui sono stati cantati Lieder senza pari  al mondo…”

E in questo carcere dove viene rinchiuso nel 1944 Fallada ottiene 92 fogli protocollo per scrivere. In una scrittura minutissima, quasi crittografica e riempiendo anche gli spazi all’incontrario lo scrittore riuscirà ad ingannare le guardie , che pensano egli scriva racconti, e denunciare i suoi anni difficilissimi vissuti dall’avvento di Hitler in poi.

Ricordi di personaggi eccezionali come il suo editore Rowholt o Suhrkamp, ma anche delle tante nefandezze e terribili denuncie di delatori.

“Viviamo proprio in tempi oscuri” scriveva Brecht a quel tempo  nella poesia “Ai posteri” e certo Fallada ha attraversato undici anni   durante i quali   parte del popolo tedesco aveva perso ogni barlume di umanità.

Ma questo diario ripercorre anche il proprio percorso esistenziale,quello di un “perdente”, come si autodefinisce, come il suo celebre personaggio di “E adesso, pover’uomo?”

Ricordiamo però che Primo Levi ha giudicato l’altro suo celebre romanzo “Ognuno muore solo” un capolavoro.

Una lettura avvincente.

 

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TRENTO DA…LEGGERE

pubblicato da: Mirna - 23 Aprile, 2012 @ 5:04 pm

Ancora una volta insieme all’Angolo-Papiro: e’ un pomeriggio ventoso, fuori volteggiano petali di fiori che ci portano a declamare i pascoliani versi “nevica la frasca”.

Il gruppo si allarga, sono arrivati anche Andrea Bianchi e Carlo Fierens il bravissimo e giovane  chitarrista classico, poi Enza e Maria Teresa avvolta di rosso.

Andrea è soddisfatto, ha ottenuto un’intervista da Mauro Corona su Mountain blog.

Cercatelo al seguente indirizzo.http://www.mountainblog.it/mbook

Si parla del suo libro “Come sasso nella corrente” e delle riflessioni importanti che questo scrittore un po’ schivo matura proprio tra le montagne  “La vanità consuma l’uomo” dice  mentre il rapporto con la natura lo spoglia delle scorie acquisite in decenni di vita frenetica  costruita su valori superficiali.

Stesso modo pensare lo troviamo ne “L’anno della lepre” di Arto Paasilinna dove il protagonista abbandona la vita cittadina per seguire i ritmi della natura fra laghi e foreste della Finlandia.

La riflessione su La citta degli angeli di Christa Wolf porta a ricordi di chi ha vissuto a Dresda, come Andrea, o di chi soltanto l’ha visitata una volta.

E un libro tira l’altro, subito Paolo cita ” Cristina e il suo doppio”ovvero ciò che (non) risulta nei fascicoli della Securitate“,di Herta Muller, trad. di Mario Rubino, Sellerio, 2010, da leggere assolutamente per chi non ha paura di conoscere le nefandezze delle dittature.

Il giovane Carlo invitato  a parlare di Cassandra della Wolf ci spiega della profondità e bellezza del libro, ma ci butta sornione una provocazione…è un libro per donne perchè la condizione femminile viene sviscerata al massimo. Naturalmente la discussione si accende simpaticamente sul solito discorso sui libri che uomini e donne preferiscono e …spesso c’è  differenza. Sono certa che il libro Romancing Miss Brontè  – che io non vedo l’ora di leggere - i signori uomini non lo considereranno nemmeno.

Maria Bona interviene “Io ho letto un libro da donna”!!! “ :         

Quel che so di Adonai” di Alessandro Tamburini, psicologo, ma in realtà è questa un storia di drammatica attualità che parla di immigrazione.

Si può dire dunque che non esistono libri per donne o per uomini, tutto dipende dai gusti. Ricordo che mio marito che leggeva le gesta di Annibale in…tedesco…apprezzò un romanzo di Rosamunde Pilcher .”Che carino!” avrebbe escalmato con grande sopresa mia e di Stefania.

Riccardo aveva appena incontrato don Farina che tutti noi conosciamo e apprezziamo . Ci ha presentato il suo nuovo libro “E per un uomo la terra” che parla della Cooperazione trentina. 

Autori trentini e non in questo vivace gruppo di lettura che presto ospiterà autori come Alberto Cavanna ( il 14 maggio ) e Alvaro Torchio ( il 28 maggio) .

Ma altri titoli sono stati segnati sui nostri blocchetti “Il mondo di Atena” di Luciano Canfora,( v.blog di Riccardo Lucatti),  “Gli avvoltoi senza piume ” di Julio Ramon Ribeyro, maestro di Varga Ilosa, dove si racconta della vita marginale di Lima.

Ed ancora di Camilleri, da Le intermittenze a Il re di Girgenti  che  Enza conosce benissimo.

Grazie all’ospitalità del Libri & Caffè di Andrea Mattei e di Elisabetta, storica sua aiutante  che dispensa bibite  e consigli letterari, abbiamo trascorso un altro lunedì pomeriggio ricco, vivace e molto, molto bello. Potenza dei libr e di chi li legge!

Prossimo appuntamento, lunedì 30 aprile, ore 17,30

 

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L’ANNO DELLA LEPRE, di Arto Paasilinna

pubblicato da: Mirna - 20 Aprile, 2012 @ 6:03 am

Spazi ampi e  nuovi da assaporare per immergervisi.

 Desiderio di tornare alla natura, nostra primigenia condizione. Desideri, per la maggior parte di noi, ricacciati in angoli lontani della psiche.

 Ci bastano talvolta una passeggiata in un bel giardino fiorito, in un sentiero di bosco o su una spiaggia  per sentirci  appagati.

Ma spesso nei nostri sogni percepiamo spazi silenziosi, fruscianti di acque o assolati di fiori, vorremmo tornare ad essere un tutt’uno con la Natura come un filo d’erba o un fiume.

 Terre lontane per ritrovarsi completamente. Ma dove? Dove vorreste essere per un po? O per sempre.

Su un’isola? O sulla cima di un monte dove Andrea Bianchi ha trovato il suo punto di ascolto perfetto? (v.post)


Il protagonista di questo originale, delizioso romanzo di Arto Paasilinna invece ha capito di volere un cambiamento totale, estremo.

Da infelice giornalista di Helsinki, rotellina dell’ingranaggio conformista della città e dei compromessi  sul lavoro e  difficoltà nei rapporti interpersonali, compresi  un matrimonio stanco e logoro, Vatanen …si ritrova tra foreste e laghi della sua Finlandia a condurre una vita finalmente felice.

Tutto ha inizio con un leprotto della specie Lepus timidus , ancora bruno,- siamo a giugno -colpito di striscio dal paraurti dell’auto guidata da Vatanen e il collega giornalista. La lepre dopo questo incontro-scontro  verrà rincorsa, trovata e curata da Vatanen che da quel momento topico lascia che la sua vita proceda in una  direzione completamente diversa. 

La lepre diventa quasi un suo alter ego. Insieme saranno pellegrini tra la natura, viandandi, insomma wanderer che, finalmente senza fretta e senza meta- se non quella del presente- vagolano dal sud al nord della Finlandia in Lapponia arrivando persino ad oltrepassare il confine con l’Unione Sovietica.

Le avventure che l’uomo e la lepre vivranno insieme sono travolgenti, talvolta surreali, spesso divertenti. Come dimenticare il reverendo che per cacciare la lepre dalla chiesa si spara su un piede? O il guidatore di bulldozer che ormai impazzito dalla veglia protratta per spegnere un incendio si butta  nel lago con il bulldozer ?

E l’orso?

Ciò che succede è completamente diverso dalla vita che noi cittadini conosciamo. I personaggi di questo mondo di foreste, laghi e neve e spazi sono particolari. Sono guardiacaccia, pescatori, tagliaboschi, distillatori di grappa, pensionati. Fra questi il settantenne che è convinto che il presidente della Finlandia Urbo Kekkonen sia stato sostituito. Le prove stanno in accurate analisi del suo cranio studiato attraverso fotografie. Ma la loro precipua particolarità sta nel nuovo modo di pensare, nel percepire in modo più naturale il mondo circostante.

Il linguaggio è scarno, essenziale, facile. Le proposizioni sono brevi e ci danno quella leggerezza  di lettura tale da farci apprezzare e sdrammatizzare  sia i conflitti esistenziali del protagonista sia le storie  più tragiche.

Arto Paasilinna è un exguardiaboschi, ex giornalista, ex poeta e tutto ciò si riscontra nel suo narrare tanto da essere definito il fondatore del genere umoristico-ecologico.

L’anno della lepre è  di Iperborea che pubblica  questi deliziosi  libretti stretti che per farsi leggere oppongono resistenza , sembra che non  non vogliano  concedere facilmente il tesoro delle loro pagine, quasi fossero dei piccoli scrigni che soltano i prescelti potranno aprire!

 

 

 

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