SANA’A E LA NOTTE di Elena Dak
pubblicato da: Mirna - 20 Ottobre, 2012 @ 11:41 am
Che misteriose coordinate ci  fanno innamorare di una città  ? Accade forse che al primo incontro con un Luogo particolare per noi  qualcosa vada a riempire una nostra antica necessità di completamento, appaghi una nostalgia che non sapevamo di provare?
Elena Dak, viaggiatrice e  cittadina del mondo ce lo racconta nel suo libro edito da Alpine Studio.
Elena ha fatto parecchi viaggi in in Medio Oriente, Asia Centrale e Nord Africa, ha lavorato per diversi anni per un operatore turistico. Ha pubblicato un libro me l 2007 “La carovana del sale” dove racconta la sua esperienza di viaggio nel Sahara con una carovana di 30 Tuareg e 300 cammelli.
Ci aspetta nella saletta superiore del Libri & Caffè, è una bella giovane donna  dal sorriso aperto al mondo – si capisce dallo sguardo osservatore e interessato -  dai modi  accattivanti e da un raccontare fascinoso e  ammaliatore.
Ci porta a Sana’a.
 La città  delle Mille e una notte. La città amatissima anche da  Pasolini che ha capito che “ occorre  percorrere tutte le strade prima di  poter giungere a Sana’a”. Pasolini che ha sollecitato L’Unesco a far inserire la capitale dello Yemen nel patrimonio dell’umanità .
Elena si innamora di Sana’a di notte, appena arrivata. Nonostante la stanchezza del viaggio, la nostra viaggiatrice vuole vederla subito, dapprima dall’alto di una delle sue terrazze , poi entrando nel cuore dei suoi vicoli fra il blu e le luci schermate dei vetri multicolori per giungere alla sua essenza. E’ un colpo di fulmine. E si sa che nella notte noi siamo più vulnerabili, ricettivi, immaginifici, siamo aperti ad accettare in modo istintivo e naturale qualcosa che forse ci apparteneva già . E’ forse un desiderio viscerale  di ri-tornare  al giardino dell’Eden? al l Luogo ideale , a quell’Altrove a cui tutti aneliamo, il Luogo in cui sostare
sospesa per assaporare appieno l’hic  et nunc.
“Sento entrare in me una dimensione diversa o forse io metto piede in uno spazio anomalo, come se qualcosa mi riportasse in un’epoca che non ho conosciuto, lontano nella storia..(p. 14)
Non è un caso che Elena Dak ritrovi nel suo primo  girovagare notturno un po’ della sua Venezia natia. Scriveva Pasolini ” Se l’idea di Venezia è nata in qualche punto dell’oriente, questo punto è lo Yemen. Sana’a è la città più bella dello Yemen, è una piccola, selvaggia Venezia posata sulla polvere del deserto, tra giardini di palme e orzo, anzichè sul mare.” Una bellezza eccessiva, irreale che rasenta la perfezione.” (p.15)
Questo libro è sì un diario di viaggio, ne ricaviamo informazioni precise dei luoghi, dettagli toponomastici, descrizioni delle sue torri, delle sue pietre , dei giardini, delle piante e dei fiori dai nomi che solo a sentirli ti fanno illanguidire come jacaranda lilla, bouganvillea viola, datteri, chicchi di pepe, mimose gialle…
…ci sono fotografie in bianco e nero e acquerelli colorati; vediamo la bellezza di Sana’a ed anche la sua fragilità fatta di fango e paglia, di piccole pietre sovrapposte a secco Si possono persino sentire i profumi del pane sfornato ad ogni momento del giorno, si sente il vocìo stentoreo  degli uomini , apprendiamo della vita quotidiana e delle traversie politiche.
 Ma Elena Dak ci svela soprattutto  che si può viaggiare non solo attraverso i luoghi fisici ma soprattutto attraverso le emozioni e le percezioni sinestetiche della mente e del cuore in modo tale da farsi “assorbire l’anima”.
Evidentemente Sana’a non può che spingere a raccontare come fece Sherazade  e come fa Elena con la sua scrittura avvincente, con l’incantamento delle parole che intrecciano torri, moschee, orti, suk , personaggi  a  quell’appagante nostalgia del mistero.
TOMBA DI FAMIGLIA di Katarina Mazetti, ed. Elliot
pubblicato da: Mirna - 16 Ottobre, 2012 @ 6:10 am
Un romanzo leggero leggero per queste giornate di pioggia grigia, una storia che mi ha fatto fare belle risate seppur il titolo suggerisca che …il matrimonio è la tomba dell’amore.
O almeno sembra così per questa coppia di svedesi che si sono amati da subito, ma che conducono vite inconciliabili per trovare un modus vivendi appagante per entrambi.
Lui allevatore di vacche da latte, lei una minimalista ed elegante bibliotecaria di città .
Ma si sa l’attrazione fisica è più potente del buon senso, così dopo una prova di separazione,avvenuta alla fine del primo romanzo “Il tizio della tomba accanto“,  la protagonista Desirée decide  che è ora di avere un figlio e pensa che l’unico uomo che può essere il padre è proprio Benny il suo aitante contadino.
Racconto a due voci della loro storia, del matrimonio e delle maternità che si susseguono una accanto all’altra sfinendo entrambi i genitori, ma soprattutto Desirée che si chiede perchè è sempre la donna a dover sobbarcarsi il maggior peso di lavoro. Domanda vecchia come il mondo…
Katarina Mazzetti riesce a conciliare romanticismo e humour e ci fa entrare nel mondo degli allevatori svedesi, nella loro vita faticosa di tutti i giorni, nei loro problemi.
Mi piace alternare libri intensi come il nuovo romanzo della Ferrante “Storia del nuovo cognome”- avvincente, sensuale, ipnotico – con romanzetti leggeri.
Ma, e qui concordo con Camilla, il mio genere preferito da sempre è la letteratura anglosassone  perlopiù femminile. E sicuramente, come consiglia Grazia, cercherò Nancy Midford già letta ed apprezzata anni fa.
E’ vero, le tintinnanti tazze da tè che percorrono le storie inglesi sono i punti sicuri a cui si ancora la narrativa  anglosassone intrisa di sguardi lungimiranti,  buon senso e  humour.
 Come ci si sente rassicurati entrando in un salotto inglese!Â
TRENTO DA …LEGGERE
pubblicato da: Mirna - 14 Ottobre, 2012 @ 7:08 am
ANGOLO-PAPIRO di mercoledì scorso al Libri & Caffè di via Galilei. Ormai un appuntamento piacevole, interessante e pieno di nuovi spunti di lettura. Le persone nuove che incontriamo ci parlano  con entusiasmo delle proprie passioni letterarie.
 Così Sandro ci racconta della sua perenne  passione per la fantascienza partendo da Asimov fino ai giorni nostri con Altieri; dell’interesse per Massimo Manfredi, archeologo, che in forma romanzata  narra di  molti periodi storici, come la Guerra dei Cent’anni.
Ci suggerisce un delizioso racconto “Una testa selvatica” di Roger Marie-Sabine, dedicato a  chi apprezza il potere dei libri. Un gigante e una vecchietta uniti dall’amore per la lettura. Â
Sì, anche noi siamo uniti dall’amore per la lettura e i libri sui tavolini insieme ai caffè e alle bibite mostrano le loro copertine invitanti. Coloratissima quella de “La cucina del buon gusto” di Simonetta Agnello Hornby che Daniela - finalmente riuscita a parrtecipare al nostro  Gruppo Lettura – sta leggendo, - si può ben dire - con estremo gusto e piacere. Le ricette di cucina , lo sappiamo, fanno parte della nostra memoria , della nostra storia regionale e familiare e  i profumi e i sapori evocano  ben più ampie emozioni che il mero cucinare.
Daniela ci ha portato un delizioso lavoro  ideato e  progettato insieme agli insegnanti e ai bambini stranieri delle scuole di Pergine.  “Un viaggio nelle storie” che ci racconta il percorso difficile che  gli alunni stranieri appena arrivati in Italia devono affrontare. Il viaggio, metafora della vita e  della ricerca interiore  è un topos del nostro vissuto esistenziale. 
Disegni, parole “…scoperta che ognuno ha una storia nel cuore e che è importante trovare le parole per raccontarla” ci fanno capire quanto occorra approfondire il “linguaggio delle emozioni”.
Perciò in questo Angolo-Papiro si mescolano oltre ai libri, le idee, le emozioni.
Facendo mia la domanda di Miki sulla letteratura ebraica chiedo quali letture sono state fatte a proposito dai presenti. Andrea suggerisce un piccolo capolavoro di Martin Buber “Il cammino del’uomo”, un itinerario educativo di ricerca dove  si parla di spiritualità e dell’ insegnamento chassidico.
E ancora “Il muro invisibile” dell’ultranovantenne Harry Bernstein, letto da Rina.
Riccardo invece rilegge. Si è appassionato a sir Conan Doyle e alle avventure di Sherlock Holmes.
E Cristina continua il suo lavoro con lettere e gli scritti di Mozart.
Ecco Raffaella e amici questo è il resoconto del nostro ultimo incontro…
LA VILLA SUL LAGO di Boris Pahor
pubblicato da: Mirna - 10 Ottobre, 2012 @ 6:22 pm
Il lago è quello di Garda. Il tempo è l’ aprile del 1948, tre anni dopo la seconda guerra mondiale. E Mirko Golina, architetto sloveno di Trieste, vi ritorna per cercare lontani agganci che lo aiutino a superare la tragedia dei campi di sterminio. Proprio in questo piccolo paese fu arrestato dai nazisti .
 Soprattutto cerca la convinzione di essere riuscito a sopravvivere a quell’oscuro periodo di dittature e morte. E spera, ma sembra invano, che tutti abbiano capito di essere finalmente liberi da quel ventennio tiranno il cui simbolo è incarnato da Villa Feltrinelli di Gargnano dove Mussolini alloggiò durante i seicento giorni della Repubblica di Salò. La sua ombra pare ottenebrare ancora gli abitanti del luogo che lo ricordano con venerazione. Risvegliati da un sonno ipnotico, ma con il vuoto nella testa come la signora Amalia, madre di un amico, ancora legata al ricordo del Duce.
Boris Pahor ha vissuto in prima persona il fascismo che obbligò gli sloveni a cambiare lingua e a obbedire. Nelle sue opere c’è una coraggiosa presa di posizione contro tutti i totalitarismi sempre protesa alla difesa della libertà e della dignità dell’individuo e delle identità nazionali e culturali.
 Nato nel 1913 è considerato il patriarca della lettartura slovena.![boris-pahor1[1]](http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/wp-content/uploads/2012/10/boris-pahor11.jpg)
La villa sul   lago fu scritto nel 1952 , ma pubblicato in Italia nel 2002 per la prima volta e quest’anno da Zandonai.
Mirko è ovviamente l’alter ego di Pahor e tutte le riflessioni, le delusioni, scoperte e speranze sono le stesse che provò l’autore .
Ciò che mi ha colpito particolarmente di questa storia sono le descrizioni paesaggistiche  di cui sentivo la  necessità e ho letto con piacere paginette di vedute deliziose, di mulini,di ragazzi che vendono i limoni e le arance .
E mi sono ricordata della prima volta che mio padre mi portò sul lago di Garda, avevo sedici anni, si veniva da Carpi e dovevamo raggiungere Merano. Rimasi colpita dai grossi cedri che molti offrivano lungo la strada, dalla dolcezza luminosa del paesaggio e da una collanina di vetro azzurro  che mio padre mi fece scegliere in un negozietto di Riva.Â
Ma ritorniamo al libro. Il lago in primavera è idilliaco e proprio nella sua bellezza Mirko spera di superare la sensazione del nulla provato in prigionia. Ha bisogno di sperimentare un nuovo ritrovarsi.
Distese di ulivi, limoni e arance, papaveri e iris in questa ricerca di sè nei tre giorni al lago. Che non compie da solo, ma con Luciana, figlia della signora Amalia, una fresca e allegra operaia dalle mani dure come il legno. Il loro incontro è fondamentale per entrambi, per Mirko che riuscirà a intravvedere nuovamente leggerezza e amore, per Luciana che riuscirà a togliersi il velo nero dell’asservimento ideologico al passato regime.
Se da subito scatta in loro un riconoscersi, una giovane complicità di desiderio di amore occorre però superare quell’ombra minacciosa che la villa tra i cipressi sembra proiettare, ma , – che scena deliziosa. – ..Luciana riuscirà a farlo  mettendosi  un garofano rosso all’occhiello.
Si incontrano tre volte: in una domenica di pioggia leggera in cui il riconoscersi fisicamente ci riporta alla sensualità della Pioggia nel pineto e quel salire e ridiscendere i pendii del paese con la distesa dell’acqua che cambia colore ci  ricorda invece la bellissima “Arsenio” di Montale.  “tu discendi in questo giorno/ or piovorno, ora acceso, in cui par scatti/ a sconvolgere l’ore/ uguali, strette in trama, un ritornello…”, un’altra di notte sotto la luna ed infine l’ultima, in un tardo pomeriggio.
E così i due giovani vanno e vengono, si discostano dalla tetra villa per ricercare muretti sul lago dove sostare e baciarsi, riprendono a salire le scalette dei terrazzamemti mentre il sole cerca di mutare il colore del cielo e le distese di ulivi brillano . O la luna proietta ombre e luci sui loro visi assetati di amore. I loro sentimenti si identificano, in questo loro primo “annusarsi”, con il mutare del paesaggio. E l’alternarsi della pioggia e del sole, della luce e del buio,  fanno da cornice alle loro affinità o ai loro dissidi. La tenerezza e l’amore danno quindi speranza a una possibile rinascita.
ANDAR PER CASTELLI…. tra un libro e l’altro
pubblicato da: Mirna - 8 Ottobre, 2012 @ 2:06 pm
Altra mite mattinata ottobrina da vivere in questo Trentino felix.
Daria, Enza ed io decidiamo di andare   a  Castel Thun dove una particolare e preziosa mostra intitolata “OSPITE D’ONORE –  Matteo Thun ritratto da Giuseppe Molteni -” è allestita nella  torretta biblioteca.
La curatrice è Emanuela Rollandini che ci aspetta sorridente  e ci fa entrare, anche noi quasi ospiti d’onore, in un’atmosfera romantica. Ci sentiamo proprio in un salotto d’altri tempi.Â
 Matteo Thun, il cui ritratto campeggia nella saletta, ci accoglie morbidamente appoggiato ai marmi del suo castello di cui vediamo in penombra armature e pertugi.
Ha 20 anni, indossa la divisa austriaca ed ha l’aria sognante. Il pittore Giuseppe Molteni respira la corrente romantica dell’epoca perciò riesce ad esprimere nel ritratto del giovane nobile le contraddizioni dei due secoli “l’un l’altro contro l’altro armati”, il legame classico e le inquietudini del nuovo.Â
 Lo stesso Matteo Thun ama frequentare il nuovo ambiente percorso  da fremiti innovativi nei salotti di Milano che lui
trova grande città colma di “un fermento singolare negli ingegni“. E la sua formazione culturale si rafforza  proprio in Lombardia, luogo dove molti funzionari trentini, grazie al bilinguismo, sono al servizio dell’Impero Austro-ungarico.  Grande influenza su di lui la ebbe anche la madre Violante, bresciana e ostile all’Austria, ma  soprattutto Andrea Maffei , funzionario dell’impero, scrittore, poeta, traduttore. Esiste infatti fra i due  un cospicuo carteggio interessantissimo che ci rivela la vita che  entrambi svolgono  tra il Castello e i salotti milanesi  frequentati da pittori come Hayez e scrittori come Balzac.
Tutto questo ci viene spiegato benissimo nel catalogo curato da Emanuela Rollandini. Â
Ma nella piccola mostra ci sono anche altri quadri: il bell’Andrea Maffei che , ci racconta Emanuela, diventerà ancor più bello in età matura e che, si sa , era molto vanesio. E poi c’è sua moglie Clara, ritratta da Francesco Hayez nel 1845. Bellissimo. Visetto chiaro, acconciatura a boccoli, sguardo fermo e  un po’ disincantato ? sorriso obliquo. Clara Maffei , come Violante Thun : grandi dame della cultura del tempo e garbate ospiti di importanti salotti letterari.
Ammiriamo  lettere, libretti,  un servizio per corrispondenza e …un acquerello delizioso di un certo Francesco Gonin che nel 1835 dipinge l’ Interno dello studio di Giuseppe Molteni
Ci fermiamo estasiate ed “entriamo” anche noi nel suo atelier dove ci sono lo stesso Molteni che ritrae una modella, di spalle vediamo Massimo d’Azeglio e dipinto nell dipinto… un ritratto di Alessandro Manzoni!
Che desiderare di più in una domenica trentina? Un calice di Rotari rosè che ci viene offerto dal castello  e che beviamo con Emanuela, la quale ci dice  che continuerà a lavorare tra le novemila  lettere scritte e ricevute da Matteo Thun per regalarci inediti sguardi su una famiglia così importante .
La mostra continuerà fino al 4 novembre.
LE CONFESSIONI DI NOA WEBER di Gail Hareven
pubblicato da: Mirna - 5 Ottobre, 2012 @ 7:19 am
Non è semplice descrivere questo bel romanzo: le confessioni della protagonista Noa sono sì le confessioni di una donna “schiava” d’amore  per un uomo, ma non si può ricondurre la sua storia alle eroine soggiogate soltanto dall’onubliamento sensuale.
In Alek, il ventottettene idealista e letterato ebreo russo, Noa riconosce all’istante, lei diciottenne e capitata per caso nel suo appartamento del quartiere Nachloat, qualcuno che l’avrebbe capita come si capisce lei. Siamo a Gerusalemme nel 1972, si parla di sionismo, delle guerre, di anarchia.
Da subito Noa si aggrappa a lui in cerca di salvezza per sfuggire a ciò che sente di contorto in lei.
Dal semplice desiderio di Noa di  non voler fare il servizio militare, Alek decide di sposarla per evitarglelo. Matrimonio fittizio, ma ugualmente denso di  rapporti sessuali appaganti. E gravidanza.
Ma Alek “fugge”, lascia a lei e alla bambina il suo appartamento, ma non vuole sentirsi legato o costretto, Ogni tanto riappare e così andrà avanti in una sorta di relazione altalenante vissuta da Noa come l’essenza della sua vita.
Le confessioni ci preparano sempre a qualcosa di oscuro, difficile da comunicare; Noa capisce che Alek è il suo “demone” e che la sua dignità ne soffre. O no? E’ questa la bellezza del racconto perchè il vuoto che Noa prova quando Alek, quasi il suo Dio, è lontano sembra pieno proprio della sua assenza. Tutto è correlato a lui, lei agisce pensando che lui la guardi e la approvi.
Ossessione, follia? Noa vive in modo non felice, non prova gioia se non quando può essere tra le sue braccia, altrimenti serpeggia in lei sempre malessere e inquietudine, nonostane la bambina che apprende lentamente ad amare. Non l’ha amata all’istante come è successo per Alek.
Gail Hareven racconta alternando momenti del passato: il fatidico incontro tra Noa e Alek nel 1972, i successivi avvenimenti come il fatto che Noa è diventata scrittrice,la sua militanza in un’associazoione femminista, o  che Alek fa ormai la spola tra Parigi e Mosca e che ha una famiglia, e il presente quando ancora ci sono sporadici incontri sempre intensi a Mosca.
Lo scrivere per l’io narrante è liberatorio, ma abilmente la Hareven ce lo fa sentire faticoso e vorticante come il cercare di estrarre qualcosa di duro e profondo con una trivella.
Interessante la protagonista che Noa ha scelto per i suoi romanzi: l’investigatrice Nira Woolf che appare il suo alter ego, ciò che lei vorrebbe essere, forte, dura, indipendente. Donne antitetiche che si rincorrono e confrontano.
Un “desiderio così oceanico” può durare sempre? Può esistere? Ciò che Noa prova sembra quasi idolatria, ripenso alla descrizione dei dolori del parto…dedicati a lui.
Alek è il tramite per la sua ricerca di Assoluto, Noa aderisce a lui come la metà mancante della sua stessa anima, un’ossessione necessaria.
Gail Hareven è nata a Gerusalemme nel 1959. Insegna scrittura creativa  e storia del femminismo.![hareven-gail-web-dp[1]](http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/wp-content/uploads/2012/10/hareven-gail-web-dp1-229x300.gif)
Le confessioni di Noa Weber è il primo suo libro, tra i quindici scritti, ad essere pubblicato in Italia, ed. Giuntina.. Ha vinto in Israele il premio Sapir.
TRA UN LIBRO E L’ALTRO…un dolce al limone
pubblicato da: Mirna - 3 Ottobre, 2012 @ 7:26 amÂ
Accade talvolta che ci sia un’urgenza o una necessità di cucinare un dolce .
Infatti  si è soliti portare qualcosa di buono da mangiare alle serate dell'”Accademia” di Cristina. E lunedì sera c’è stata la prima serata del nuovo anno di incontri culturali e conviviali organizzati dalla nostra bella e brava amica musicista.
Come quando intuisco che un libro mi piacerà , di solito preparo a intuito un dolce di cui ho voglia in quel momento. Per casa, tra i vari foglietti di appunti letterari, svolazzano anche ricette trascritte da trasmissioni televisive o dettatemi per telefono  da amiche più brave di me.
Voglia di dolce al limone, quello inglese… in casa  ho persino i limoni biologici!
Accendo la radio e ascoltando Fahrenheit dove si sta leggendo il romanzo di Raffaele La Capria “Ferito a morte” inizio la lavorazione… del mio
Lemon Drizzle CakeÂ
100 gr di zucchero
- 100 gr di burro
- 3 uova
- il succo e la scorza di un limone
- 150 ml di latte
- 220 gr di farina
- 1 bustina di lievito
- Per lo sciroppo:
- 200 ml acqua
- il succo e la scorza di un limone
- 100 gr di zucchero
Mescolare lo zucchero al burro fuso.
- Unire le uova, la scorza e il succo di limone e il latte e mescolare bene.
- Aggiungere in ultimo gli ingredienti in polvere: la farina e il lievito per dolci.
- Amalgamare bene il tutto e trasferire in uno stampo da plumcake imburrato e infarinato.
- Mettere in forno a 180 gradi per circa 40 minuti.
- Per lo sciroppo mettere a bollire in un pentolino l’acqua con zucchero, succo e scorza di limone.
- Bucherellare il plumcake appena sfornato, ancora nel suo stampo, e irrorarlo con lo sciroppo.
- Una volta raffreddato il tutto, sformare la lemon drizzle cake e servire affettata.
Profumo di pomeriggi autunnali che stanno arrivando, ricordi e nostalgia, previsioni divertenti dell’accoglienza alla riunione…
Dal forno esce un plumcake leggermente brunito ad un lato…che fare? La vicina, venuta per una breve visita, mi consiglia di tagliare la fetta incriminata e di disporre già le altre affettate nel piatto.
Successone tra gli amici!
 Molte accademiche vogliono la ricetta…
Serata quindi doppiamente bella per me, non solo per la riuscita del dolce, ma per il piacere di essere in un ambiente caloroso, stimolante, entusiasta. Cristina, il cuore di tali riunioni, ci regala la sua musica, la sua casa e la possibilità di parlare, fare e ascoltare Arte.
E Riccardo, vicepresidente dell’accademia,  nonchè blogger di successo (www.trentoblog.it/riccardolucatti) fotografa tutti e si fa fotografare. E noi due blogger siamo venuti troppo bene per non farci vedere…Maria Teresa , accanto a noi, ce lo permetterà …
TRA UN LIBRO E L’ALTRO…gironzolando per Trento
pubblicato da: Mirna - 30 Settembre, 2012 @ 6:12 pmMattinata trentina. Una tiepida e variabile domenica di fine settembre. Le prime timide foglie volteggiano nel piccolo parco colorato di erbe aromatiche e del rosa degli  ultimi fiori sulla fontanella dei fiumi.
Che fanno due signore che rimandano la lettura al pomeriggio e che non resistono al richiamo delle  campane festose di questa città godibilissima –  questa Trento a misura d’uomo ,  dalle larghe vie  rosate, dai vicoli medievali e dalle tante iniziative interessanti – ?
Ne scelgono alcune, sanno –  dopo aver consultato l’home page di  www.trentoblog.it – che al caffè Bookique, nel Parco della Predara, come ogni ultima domenica del mese, sarà servito un brunch alle 11 e non solo. Inizierà anche  un Mercatino di Cambio & Scambio di oggetti, sulla gradinata dello spazio esterno.
Tanti  giovani allegri e ben educati intanto si servono di brioches, toasts, succo d’arancia, tramezzini, mozzarella, salame,  ecc!
 Non ci sentiamo autsider Enza ed io, anzi, ci troviamo ben integrate in un clima di giovialità e bien-etre, di conversazione e sorrisi. Bella gioventù.
Si può stare sia all’interno che all’esterno, ma si intravvede da ogni angolo la chiara Torre del Buonconsiglio.
 Ci gustiamo il cappuccino , i dolci, i cibi salati.
Riesco  anche ad acquistare  con la “moneta” dello scambio  una bellissima
tazza colorata.
Faccio fotografie: con  la mia piccola digitale rossa catturo ed amplifico, dilato, sottolineo i momenti sereni della convivialità , della conoscenza , dell’uscire nel mondo che sempre ti viene incontro.
Fotografia. Una nuova arte per rappresentare e comunicare non solo la reatà , ma l’emozione che la stessa procura nell’attimo stesso in cui la si riproduce. Ed è proprio Francesca Gregori , squisita fotografa artistica, incontrata per caso con Andrea e Alice, che ci raccomanda di visitare la mostra di Luca Chistè,  IPHONEOGRAPHY, nello spazio Hortus Artieri nel vicolo dei Birri 7. ( Fino al 14.10)
Già le parole stesse, sia della location che della mostra, sono evocative, appetibili, catturanti. Arriviamo nel vicolo antico che ti riporta ad altre città medievali umbre, toscane ed  oltralpe e che hanno quel fascino misterioso che tu riconosci, forse perchè  impresso nel tuo Dna, e che ti dona l’aspettativa del piacere dell’arte, della cultura, della bellezza.
Luca Chistè cattura le sue visioni naturalistiche ed ambientali con un occhio moderno perchè fa uso dei più sofisticati  mezzi tecnologici come iPod, iPhone, iPad ma con la sensibilità empatica dell’artista, del poeta che scopre in una gomma d’automobile appoggiata ad un muretto arcani simboli. L’ acting out che “sostituisce l’azione al pensiero” come ci spiega l’artista “si realizza in pochissimi istanti”.
Momenti epifanici, direi, quegli attimi gloriosi che ti fanno sentire tutt’uno con ciò che ci circonda. Bellissime foto, da gustare in uno spazio da scoprire o riscoprire, quello dell’Hortus Artieri, in Vicolo dei Birri, gli sbirri…
E’ INIZIATA COSI’ di Penelope Lively
pubblicato da: Mirna - 29 Settembre, 2012 @ 3:23 pm
Quando si dice il caso! Se Charlotte non fosse stata scippata nel centro di Londra tante vite non si sarebbero modificate! Ci pensiamo a questo?
Già un film Sliding Doors ci aveva ricordato come solo un attimo di indecisione  può cambiare  il corso degli accadimenti, ma certo lo sappiamo. Prendiamo una stradina invece che un’altra, decidiamo all’improvviso di uscire invece che stare a casa a leggere…e la nostra storia può prendere un altro corso.
Charlotte un’ex- insegnante settantesettenne viene dunque scippata e si frattura l’anca. Viene subito chiamata sua figlia Rose che lavora presso Lord Peter, un anziano accademico presuntuoso che sta  scrivendo le sue memorie.
Cambiamenti:
 Charlotte dovrà lasciare il suo appartamento dove vive sola, è vedova,  per trasferirsi momentaneamente da Rose e suo marito Gerry. Ci va controvoglia, in fondo lei è ancora attiva e piena di interessi, insegna inglese  ad una classe di stranieri adulti, ha molte amicizie ed è in buona salute.
Rose dovrà assistere almeno i primi giorni la madre dopo l’operazione a cui viene sottoposta.
Come  farà dunque Lord Peter che deve assolutamente andare a Manchester per una conferenza senza la sua efficiente assistente Rose? Chiama in aiuto la nipote Marion, arredattrice in cattive acque – eh, la recessione c’è anche in Inghilterra - la quale dovrà disdire un rendez-vous con Jeremy,  il suo amante… sposato a Stella. Non lo trova,  per cui gli manda un sms. !!! Amanti del mondo, attenzione agli Sms, sono la causa di molti divorzi. Ed infatti per altre fortuite circostanze il messaggio viene letto proprio da Stella che chiederà immediatamente il divorzio!!!
Intanto Charlotte è stanca e demoralizzata in casa della figlia, nota con rammarico che il matrimonio tra Rose e Gerry è piuttosto tiepido e monotono. Lei si sente un peso, fa considerazioni amare sulla vecchiaia . Meno male che può leggere
 “Da sempre , leggere per lei è stato essenziale, necessario, il suo sistema di supporto. La sua vita è stata plasmata dalla lettura. Ha letto non solo per distrarsi, per cercare conforto, per passare il tempo, ma ha letto in uno stato di innocenza primordiale, in cerca di rivelazioni, di insegnamenti, persino…”
Sta parlando di noi?
 Pensa comunque  di far venire a ripetizione  uno dei suoi alunni . Sceglie Anton, un cinquantenne dell’Europa dell’est che ora fa il muratore , ma  che se sapesse leggere bene l’inglese potrebbe aspirare ad un impiego da contabile.
Anton è un bell’uomo , ha negli occhi il ricordo di boschi e laghi verdi…lui e Rose si piaceranno.
E Marion a Manchester? Lo zio Henry Peter purtroppo fa una pessima figura, ha dimenticato gli appunti ( non c’era Rose a ricordarglieli) e pur affrontando argomenti a lui ben noti si sente sfuggire i nomi e le date.
Durante il lunch Marion conosce un finanziere attraente che le propone un lavoro…Jeremy sembra lontano…
Penelope Lively “conosce alla perfezione la geografia dell’anima” e ci regala un romanzo delizioso, leggero che si legge con piacere. Sul divano durante un pomeriggio piovoso… si entra in questa Londra attuale, ma dove i comportamenti umani sono sempre gli stessi. Amore, tradimenti, amicizie, delusioni, felicità .
Lo scippatore o la scippatrice di Charlotte ha modificato con il suo gesto la vita di sette  persone (senza contare le due  figlie di Jeremy e Stella che però alla fine forse non se ne sono neppure accorte tutte prese dai loro problemi grandi e piccoli  di adolescenti).
Ma dietro gli eventi casuali c’è un ordine, come nella teoria del caos? Un minima perturbazione può modificare il corso che gli eventi avrebbero preso se non ci fosse stato quel piccolo disturbo?
Charlotte, finalmente tornata a casa sua è felice di essere tornata padrona di se stessa nonostante il dolore che ogni tanto riappare. Ma , da sola, tira le fila.
 “Amici e vicini vengono a trovarla – non è davvero sola -il mondo la circonda. Vive in un presente insistente, ma spesso i suoi pensieri tornano al passato. Quell’evanescente, pervasivo, scivoloso panorama interiore sconosciuto a chiunque altro, quel vasto accumulo di dati da cui dipendiamo, senza i quali non saremmo noi stessi. Impossibile condividerlo, e comunque nessun altro lo potrebbe vedere. Il passato è la nostra intimità somma; lo accumuliamo, un anno dopo l’altro, un decennio dopo l’altro. Si conserva, con il suo capriccioso sistema di recupero casuale. Lo ricordiamo a frammenti, il contenuto manchevole e sbrindellato della memoria. La vita è arrivata fin lì:settantasette logori anni”
Più o meno l’età della Lively quando scrisse questo racconto. A suo tempo vincitrice del Booker Prize.![images[2]](http://www.trentoblog.it/mirnamoretti/wp-content/uploads/2012/09/images2.jpg)
Guanda editore
TRENTO DA…LEGGERE
pubblicato da: Mirna - 26 Settembre, 2012 @ 7:54 am
Angolo-Papiro quasi blu nella luce del tardo pomeriggio piovoso, e, come dice Andrea, isola felice che dà “un senso al piacere della lettura”perchè se ne discute .
Una cioccolata calda e poi tuffarsi tra gli scaffali in cerca dei libri di cui parleremo. E quante riflessioni sia  sul modo di leggere e recepire, sia sui vari commenti agli ultimi libri recensiti.
“Il senso della fine” , l’avvincente romanzo di Barnes, ha tenuto spazio sia per quanto riguarda la tematica della MEMORIA autobiografica che spesso viene da noi stessi inconsciamente  modificata per renderci forse più sereni e meno colpevoli di fronte a situazioni lontane… sia per il concetto di CAPOLAVORO. Â
Che cos’è un Capolavoro? E’ quel libro che rimarrà per sempre come punto fermo nella storia della Letteratura? Un libro che si vorrà rileggere di tanto in tanto? Uno scritto che ci dirà sempre qualcosa di importante ed universale?
Per Riccardo capolavoro assoluto sono I Promessi Sposi, affresco completo di storia, descrizioni paesaggistiche poetiche, turbamenti dell’animo intensi. Daria concorda ed aggiunge Iliade, Odissea… ed allora la Divina Commedia e Shakespeare ecc.
Ma attualmente? Andrea trova che un capolavoro –  se così si può chiamare – è un libro che si aggancia alle nuove problematiche della società , che corrisponde  al mutamento del nostro vivere tanto da divenire testimonianza della nostra evoluzione ( o involuzione?) . Ci ricorda anche  che Camilleri, suo maestro di di scrittura creativa anni fa a Roma, soleva diffidare dello scrittore che “abusa del suo potere”. Giallista o non l’autore deve giocare a carte scoperte e l’enigma che, come diceva James occorre che  serpeggi nel racconto, deve essere accennato per dare al lettore il piacere della ricerca e della scoperta. I finali improvvisati ed inaspettati  per meravigliare il lettore danno l’idea che persino lo scrittore non sapeva come finire la storia.
Capolavoro giudicato da esperti, letterati, che hanno forse dei metri di valutazione sia stilistico che di contenuto che di contemporaneità ? Per noi lettori comuni , pur accaniti, che cos’è dunque il Capolavoro?
 Il romanzo che si legge con immenso piacere, che corrisponde ad una forma letteraria che ci aggrada?Â
Per me un romanzo-“capolavoro” è un romanzo “caldo”, cioè qualcosa che mi sconvolge, mi fa piangere, ridere, mi coinvolge emotivamente e mi fa sostare dalla lettura per trovare corrispondenze, ricordi, nuove riflessioni. Il romanzo “freddo” è per me un libro che può essere perfetto…ma che non mi tange, che osservo da vecchia insegnante per dire ” come scrive bene”, “che inventiva”, ma quando l0 ho finito riprendo le mie attività senza nessun cambiamento in me.
Ma tutto è soggettivo, naturalmente.
Per Maria Teresa un libro”caldo” è “La collina del vento” di Carmine Abate, vincitore del Campiello. Ci legge alcune righe che ci evocano profumi, colori intensi, atmosfere poetiche. Storia di una famiglia e del  rapporto con il padre, forse un po’ autobiografico.
Citiamo Elsa Morante di cui cade l’anniversario della nascita. Maria Teresa è una grande appassionata di questa scrittrice e ci parla de La Storia, forse il suo capolavoro?Â
A me è piaciuto follemente L’isola di Arturo che credo rileggerò presto.
Daria ha con sè “Dieci donne” di Marcela Serrano, dieci racc0nti di vite particolari, forti e avvincenti.
Ed ancora “ Il predominio dell’Occidente” di Headrick che sta leggendo Riccardo, e “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas , una storia vera di un ragazzo autistico che farà un lungo viaggio verso il Sudamerica. Toccante, ma raccontata con il sorriso.
Ed ancora Enza vuole rileggere Daphne du Maurier…
LIBRI, LIBRI, LIBRI. Ieri ne ho trovati tre di mio gusto in Biblioteca…presto vi dirò quali sono…ed intanto attendo il nuovo libro di Elena Ferrante che piace  tanto anche a Miki
 E non dimentichiamo i consigli preziosi che Camilla ci dona … a proposito, mi intriga il libretto rosso- “tisana”  che ha in serbo per me!
Prossimo Angolo- Papiro lunedì 8 ottobre, ore 17.30.
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