RICORDANDO DORIS LESSING

pubblicato da: Mirna - 23 Novembre, 2013 @ 4:08 pm

DORIS LESSING  è mancata pochi giorni fa, all’età di 92 anni. Per ricordarla ripropongo un mio vecchio post.

Fu la prima insegnante di pianoforte di Stefania, la simpatica scozzese Jennifer, a farmi conoscere Doris Lessing.

“Ma come, una lettrice come te, non ha ancora letto la Lessing?” Sto parlando di tanti anni fa. Subito corsi in biblioteca. Trovai “Il diario di Jane Somers“. Rivelazione, innamoramento. Le tematiche affrontate, il modo crudo e realistico del racconto mi affascinarono. Il rapporto tra la ancora giovane Janna -  Jane – appena rimasta vedova e la dispotica, vecchia , brutta e solitaria  Maude è indimenticabile. Nessuna retorica, ma la consapevolezza delle nostre miserie umane, siano esse l’egoismo e la disattenzione verso gli altri, sia l’inevitabile decadimento fisico.  Ci sono su Internet fiumi di recensioni e riassunti di questo romanzo. Ciò che mi colpì, a suo tempo, fu proprio lo sforzo che Jane si impone per aiutare Maude che  in certi momenti  risulta quasi repellente,  e quanto sia difficile, tutto sommato, aiutare e farsi aiutare.

Proseguii con la letture dei romanzi della Lessing – ne ha scritti più di 50 – entrando nel mondo di un suo  altro personaggio che vive in Sudafrica, Martha Quest.

E non poteva mancare il suo libro sui gatti. Doris Lessing ha convissuto con gatti, come sto facendo io con Mimilla.

L’unico libro che posseggo invece è questo “Racconti londinesi“, comprato perchè pensavo alla “mia swinging London” di fine anni ’60. Infatti, ancor prima di leggerlo, ne regalai una copia alla mia “compagna di avventure”, Giuliana.  Diversa atmosfera. Noi, spensierate ventenni alla pari, il cui solo compito era di accudire qualche bebè , di seguire un corso di lingua e poi andare alla ricerca dei Beatles, di amici, di gadget londinesi, di mostre, di tutto ciò che era il nostro vissuto  letterario inglese. Eravamo delle osservatrici ilari, gioiose, per cui tutto sembrava bello: gli speakers nell’Hyde Park corner, il teatro, gli incontri al British Council, le passeggiate fra i monumenti di una Londra che era, e per noi è tuttora, parte di un giovanile sogno mai ripudiato.

Doris Lessing osserva con acutezza di donna matura e   di scrittrice sensibile e attenta la Londra multiculturale degli anni ’80. Non c’è più una popolazione omogenea di  puri British, però neppure quando c’eravamo noi, era così. Quanti amici indiani, cambogiani, pakistani, italiani, spagnoli incontrammo!

Qui la vita viene racchiusa in brevi mappe geografiche: un caffè, una stazione della metropolitana, qualche quartiere londinese, gli innumerevoli parchi dove passeggiare. Ci sono gestori greci, turchi, clienti tedeschi o  di altre culture.

Ma questo libro poteva benissimo avere un altro titolo.  (Infatti Giuliana rimase delusa: avrebbe voluto ripercorrere con  la minigonna  e le nostre fresche speranze Carnaby Street, Portobello…)

Ciò che  qui viene raccontato è la vita dell’umanità: diverse etnie che si incontrano e si scontrano, diversi  comportamenti sociali , difficoltà di inserimento dei nuovi immigrati, sventure del sesso più debole: ragazzine che rimangono incinte, mogli abbbandonate, bambini vittime dell’egoismo dei genitori.

Diciotto racconti, alcuni intensi e drammatici, altri che scivolano attraverso lo sguardo dell’Osservatrice che scrive la quale so trova  sempre accanto ai personaggi  che  incontra in un bar, nel parco, in metropolitana e dei quali  riesce a scoprire con scientifica perspicacia  l’evolversi delle loro situazioni.

Uno spiare empatico, attento per fare di questi avvenimenti un paradigma dell’esistenza umana. Titoli lapidari: “Passerotti”, “Leo”,”Il nuovo caffè” , “Tra le rose” “Temporali” tutti scenari o teatri di accadimenti che come frecce vanno dritti al cuore sconvolgendone le aspettative.

Acutissima Doris Lessing, che nel 2007 vinse il Nobel per la letteratura, ma che talvolta scuote il nostro”voler stare tranquilli”, non voler vedere tutte  le  scomode verità. Meglio far finta di nulla?  Meglio “veleggiare” come facevamo noi ragazzine beat, un po’ incoscienti, fiduciose  e superficiali?

Dice un personaggio del suo ultimo raccontino: “Persone civili”:

Forse non è sempre un vantaggio essere tanto inesorabilmente perspicaci.”

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IL TEMPO DELLE DONNE di Elena Cizova

pubblicato da: Mirna - 19 Novembre, 2013 @ 9:09 am

Nei tempi difficili le donne dimostrano  da sempre una grande forza di sopportazione e di risoluzione per i problemi grandi o piccoli che riguardano i “nostri cuccioli”.

In questo bellissimo romanzo di Elena Cizoza, vincitore a sorpresa del Russian Booker Prize, “il cucciolo” è una bambina di sette anni che non ha ancora imparato a parlare.

Vive in una Kommunalka nella Leningrado degli anni Sessanta quando per ottenere una stanza tutta per sè occorrevano determinati requisiti. La piccola Sjuzanna/Sof’ja ce li ha perchè è figlia di una giovane ragazza madre, Antonina,  operaia. Spetta loro una stanza  di 9,50 mq.  Vivono con altre tre coinquiline, tre anziane donne rimaste sole, alcune hanno perso figli e marito nella guerra , nella battaglia di Leningrado, chi perchè era antibolscevico.

Sono Ariadna, Glikerija, Evdokija e si prendono cura della bambina per non mandarla all’asilo – come vorrebbe  il Collettivo di fabbrica – perchè temono che il suo mutismo possa diventare veicolo di prese in giro crudeli  da parte degli altri bambini.

Antonina in cambio si sobbarca tutto il lavoro casalingo, dalla spesa, alle pulizie, spesso prepara anche la cena. Le tre vecchiette vivono per Sjuzanna che la madre non ha battezzato seguendo il nuovo corso ideologico politico, ma le tre vecchie che hanno vissuto la rivoluzione, la guerra e che conoscono i lati positivi e negativi del bolscevismo la fanno battezzare di nascosto chiamandola Sof’ja.

Esse si comportano come tre fate protettrici verso la piccola, trasmettendole le loro storie, le antiche leggende, tutto un mondo particolare che sembra proprio per questo lasciare ammutolita la bambina troppo perplessa  dai diversi input che riceve. La madre sempre stanca e infelice nel ricordo del’unica notte d’amore con il padre della piccola, le tre vecchie che sembrano mescolare sogni , ricordi della violenza della storia russa, progetti per migliorare con qualche dolcetto,  un vestititno nuovo, una vita piena di sacrifici.

Ma hanno come tutti i russi di quell’epoca il loro spazio, seppur piccolo. E questa storia greve di controlli alla Orwell di 1984 si attorciglia proprio sullo spazio vitale, non solo metaforico, proprio materiale.  E se le nostre donne hanno ognuna la propria stanza in questa kommunalka, non è così per Nicolaj , un giovane operaio che corteggia Antonina. Egli vive ancora in un pensionato dividendo la stanza con altri. E’ esasperato: si è messo in lista per ottenere una camera singola, ma il Collettivo preferisce darla  a persone con altri requisiti. Però potrebbe ottenere un televisore per cui ha fatto richiesta da parecchio tempo. Che farsene? Cede la sua priorità ad Antonina che lo farà mettere nella camera più grande di una delle sue coinquiline.

Elena Cizova ha veramente vissuto con le sue nonne, il libro è dedicato a loro. E’ nata nel 1957 ed ora oltre a scrivere romanzi  -ne ha scritti cinque – ma questo è il primo ad essere pubblicato in Italia, dirige una rivista culturale impegnata a far conoscere l’arte e la letteratura internazionali in Russia. Vive a San Pietroburgo.

Il tempo delle donne è un romanzo scritto benissimo e di straordinaria forza. I monologhi interiori di Antonina, ma soprattutto   della piccol Sof’ja intrisi da  paure,  sogni,  scoperta della vita  attraverso i racconti delle tre “nonne” e le particolari suggestioni che ingloba senza resituirle a parole, ma soltanto in disegni, saranno la sua speciale formazione.

E quando finalmente e grazie al francese che le nonne pre -bolsceviche le hanno insegnato troverà una sua interessante collocazione lavorativa Sof’ja si accorge che i suoi personali ricordi iniziano quando sotto la neve vedrà la bara di sua mamma andarsene lentamente verso il cimitero. Ha sette anni.Tutto ciò che non poteva ripetere con le parole è andato perduto.

 

 

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PAROLE E IMMAGINI …al CONTROVENTO

pubblicato da: Mirna - 13 Novembre, 2013 @ 5:50 pm

Come d’accordo iniziamo a parlare della mostra di Verona “Verso Monet”. Il catalogo che Paola ha acquistato e letto con passione è un’opera letteraria!

Marco Goldin è un …poeta e fine conoscitore d’arte. E le parole che scrive per raccontarci la bellezza di ogni quadro, i sentimenti dei pittori nel momento delle creazione sono   parole che svelano un mondo, come tutti i buoni libri sanno fare. Marco Goldin dedica questo libro catalogo “ A mio padre, guardando insieme il cielo sotto una betulla”. Per scriverlo si è rifugiato nella sua casetta di mezza montagna “…sono venuto quassù per cominciare  a scrivere una storia: La storia del paesaggio dipinto…e se durante il giorno, quando la luce piena si sostituisce alla notte, guardo in alto verso il precipitare di prati di appena più lontana campagna…” Ecco  Goldin scrive così.  “Abitare il tempo, abitando la natura.” E quando Paola ci legge il commento a un quadro di  Adriaen van de Velde,  1658, dove non ci son più i  territori dell’Arcadia, ma nel paesaggio i contadini olandesi stanno concentrati nella fatica dei polder e “lasciano che la vita tutti li attraversi e li metta nello spazio non come simbolo ma quale misura della brevità sulla strada dell’infinito” e poi ci sottolinea ” e unisce lo squadernarsi del cielo…”, noi lettori ascoltatori siamo percorsi da una scarica elettrica. Potenza delle parole. Alfonso Masi ricorda immediatamente  che questo termine  è stato usato da Dante nel Paradiso e subito Andrea Bianchi con il supporto tecnologico ci dice : canto, 33°, verso 87.

Nel suo profondo vidi che s’interna / legato con amore in un volume/ ciò che per l’universo si squaderna..”

 E così il nostro incontro si fa ancora più vivace e intenso,  amalgamato com’è quest’oggi da nuovi amici quali Ivana mia compagna del corso di disegno, da Santo, compagno del corso di ginnastica e dal giovanissimo Andrea Bonetti  che lavorerà per Trento Blog e da Camilla, la nostra super lettrice sempre ricca di preziosi consigli di lettura e qualche provocazione. Infatti ha con sè Un romanzo “L’orso” di Maria Engel, edito nel 1992 dalla Tartaruga dove si racconta di una dolcissima storia d’amore tra la protagonista e un orso. Camilla ci parla anche delle scrittrici canadesi, un po’ trascurate dall’editoria italiana, ma ora sull’onda della riscoperta grazie  al premio Nobel per la letteratura ad Alice Munro (pronuncia : Elis Monro(e), come Marlyn). Parliamo della più conosciuta Margaret Atwood, di Margaret Lawrence, ecc.

E si riprende la discussione sui saggi e sulla narrativa.

Gli uomini prediligono  la saggistica, noi  donne prevalentemente  i romanzi. Più facile scrivere saggi che buoni romanzi?

Andrea Bonetti ha letto Storia sociale dell’arte di Hauser e una biografia  molto dramnmatica sul calciatore tedesco Robert Enke,  “A life too short”.

Andrea Bianchi, il nostro editore, vuole cogliere i segnali della società per capire dove stiamo andando. Legge Daniel Goleman , psicologo che parla di intelligenza emotiva, ecologica, sociale.  Attenzione particolare sulle nuove generazioni che sembrano essere ormai incapaci di focalizzarsi sulle proprie attività. Quasi un’incapacità di gestire le problematiche? Colpa della tecnologia e delle informazioni veloci, apprese e  digerite in un attimo e  quindi non sedimentate? Ma Andrea Bonetti, ventiseienne laureato da poco in Scienze e beni culturali, che ha vissuto perr qualche tempo a Londra, sembra  capacissimo di focalizzare i punti …parla benissimo e ribatte a Camilla, la quale  reputa più facile e con minor capacità inventiva  scrivere un saggio che scrivere un buon romanzo – quasi un Sudoku dove con lucidità e precisione tutto si incasella – che  la saggistica ha bisogno anche di creatività, se non altro il punto di vista critico dell’autore.

Che fermento! Per un gruppo di lettura è “un invito a nozze” disquisire, dibattere, confrontarsi.

Ma…il giovane Andrea non ha letto nulla di Dostojevskij…altro punto interrogativo….i giovani possono “saltare” il pensiero dei classici che hanno formato le generazioni passate perchè forse lo trovano assimilato  negli autori contemporanei? O no?

Beh, Emma sta rileggendo Il Sosia e ne è rapita.

Mentre Santo ha ripreso in mano Oscar Wilde e  Ray Bradbury, Paolo Rumiz di Trans Europa Express e ci confessa che tra un libro e l’altro…legge ancora! Benvenuto fra noi!

Altri titoli emergono :”Compassione” di Antonio Prete, un bellissimo saggio

Chiedilo alla luna   dell’operatore psichiatrico Nathan Filer

Livelli di vita di Julian Barnes

I Melrose di St. Aubin

Nato due volte di Pontiggia

L’arte della guerra

Intanto Alfonso continua da non credente  la sua ricerca sulla figura di Gesù. Nasce dunque un altro dibattito su papa Benedetto e papa Francesco…

e  arrivano così le 19.00! Due ore di piacevolissima e intelligente  conversazione

Insomma mi sono sentita nel luogo giusto e con le persone giuste….e  – come recita il pensiero yoga –  allineata con il mio destino.

Il mio destino di lettrice.

 

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VERSO IL…CONTROVENTO per parlare di libri e di quadri

pubblicato da: Mirna - 8 Novembre, 2013 @ 2:27 pm

Riprendono lunedi 11 novembre, dalle ore 17.00, i simpatici incontri al bar libreria Controvento di via Galilei per raccontare le nostre letture estive, per consigliarci  a vicenda argomenti nuovi e stimolanti. Per stare insieme un’oretta in un angolo già sperimentato che sollecita riflessioni, discussioni, interessi.

Tra un libro e l’altro si sorseggia un caffè, una bibita serviti con garbo da Betty e Max che amano naturalmente essere circondati dai libri-amici.   

Ho già visto in vetrina l’ultimo romanzo pubblicato di Magda Szabò e non vedo l’ora di leggerlo.

Per ora sono immersa nella Leningrado degli anni sessanta “Il tempo delle donne” di Elena Cizova  Mi appassiona e interessa molto. Ne parlerò lunedì.

Ma gli stessi libri parleranno da soli.

Vi avevo accennato alla “poesia dorsale” che Matteo Menapace ci invita a sperimentare: non si tratta d’altro che tuffarsi nei libri, toccarli, sistemarli  verticalmente facendo in modo che i loro titoli formino una poesia.

Naturalmente ho provato subito, un po’ velocemente (ma sarebbe da fare con calma per scoprire che le parole di molti titoli possono  essere versi.  Provate anche voi.

Dietro le parole:      (  Claudio Magris)

la casa della gioia e l‘età dell’innocenza. (Edith Wharton)

Sotto L’arcobaleno: (D.H.Lawrence)

l’sola del tesoro. (Stevenson)

E certamente un libro è un tesoro.

Di qualsiasi genere.

Anche un catalogo di una mostra di pittura.
Stupendo quello di Marco Goldin che ha commentato Verso Monet, bellissima storia pittorica del paesaggio dal Seicento al Novecento. Ci si immerge nella notte di luna sul mare di Friedrich, nella luce abbagliante di Turner, nei paesaggi sicuri di Corot e Cezanne per arrivare ovviamente alla luce e ai colori di Monet, tra i suoi papaveri, ninfee, salici en plein air.

Siamo andate a Verona l’altro giorno, al Palazzo della Gran Guardia e la nostra gioia andava di pari passo con linee, colori, vedute, sentimenti.

Paola ha comprato il catalogo curato da Marco Goldin  e lunedì ce ne parlerà, perchè, credetemi, oltre ai meravigliosi quadri da gustare ci sono le parole poetiche e un approfondimento storico artistico di notevole spessore. Pittura e letteratura sulla pittura : che meraviglia!

Intanto noi “entravamo in ogni quadro” , davamo la mano al maestro, insomma full immersion nella bellezza.

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STO MOLTO MEGLIO DEI MIEI AMICI MORTI, Viviane Chocas

pubblicato da: Mirna - 2 Novembre, 2013 @ 8:26 am

Ediz. elliot

Beh, certo, meglio essere vivi che essere morti.

Nonostante la vecchiaia, gli acciacchi, la minor forza.  Questo è  il tema principale  del romanzo che per  alcuni critici  è un racconto gioioso e rigenerante, ma che a me  ha sì  suscitato sorrisi divertiti, ma anche un po’ di dolce malinconia. Perchè  quel “certo svanire” di ciò che si era è sempre un po’ triste.

Ciononostante con la certezza della vecchiaia i protagonisti della casa di Riposo “Le Rose” si sono liberati dal peso del giudizio: tutto li interessa, niente li turba.

Ed è per questo che accettano con curiosità la giovane Blanche che terrà loro un corso di scrittura creativa. Un gruppetto  di pensionati irrequieti, ognuno con la loro storia, con la loro vecchiaia che incalza, una in sedia a rotelle, l’altra che dimentica, ma tutti ancora con un gran desiderio di vivere, di essere liberi di decidere.

Blanche fragile ventottenne turbata dalla mancanza di un padre che ha lasciato  lei e  sua madre tanti anni fa è alla ricerca di spiegazioni, di amore protettivo , di sicurezza.

Facendo raccontare ai suoi anziani le loro storie e i loro ricordi anche in Blanche si rimescoleranno  turbamenti,  tormenti e il ricordo del padre che come nella poesia di Prévert – che sua madre le recitava sempre a mo’ di spiegazione dell’abbandono – le ha lasciate  senza una parola:

Lui ha messo il caffè nella tazza

lui ha messo il latte nel caffè

lo zucchero nel caffelatte

…ha bevuto ..

ha posato la tazza

senza parlarmi.

Si è acceso una sigaretta

ha fatto dei cerchi di fumo, ha messo la cenere nel portacenere

senza guardarmi, senza parlarmi

si è alzato, si è messo il cappello.

s’è messo l’impermeabile perchè pioveva

e se nè andato sotto la pioggia…

senza parlare

senza guardarmi.

E io mi son presa la testa fra le mani e ho pianto.

C’è un dare e un ricevere facendo parlare e ricordare gli altri e così Blanche viene accolta dai suoi vivaci vecchietti  che  poi la strumentalizzeranno bonariamente per vivere un’avventura che la diminuita  forza fisica non  permette  loro di mettere in atto. Giovinezza di Blanche insieme a  testarda voglia di vivere della vecchiaia.

E così Blanche si ritrova a guidare un furgone con i suoi otto “studenti” verso la Bretagna per visitare alcune tombe e  a cercare suo padre in un’altra casa di riposo.

Finalmente  la verità.

Dopo una nottata di libertà tutti saranno “ripresi” e Blanche rivedrà il suo giovane amante conosciuto proprio a Le Rose (il furgone “rubato” è infatti il  suo).

Ah, dimenticavo.

Non si parla soltanto di case di riposo, di respiratori, alzheimer, ma anche  di eros, di scene di sesso  assai esplicite, ma molto poetiche.

Insomma “una miscela esplosiva tra generazioni piene d’ardore e desiderio”

Da leggere in un pomeriggio di pioggia. Voto: 7

 

 

 

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ALICE MUNRO, premio Nobel “Troppa felicità“

pubblicato da: Mirna - 28 Ottobre, 2013 @ 8:41 am

TROPPA FELICITA’

Questo è l’ultimo libro letto  della Munro. Racconti intensi, bellissimi, che racchiudono le intere vite di personaggi  indimenticabili.

Nobel per la letteratura meritatissimo. Alice Munro è una scrittrice canadese che io ho scoperto da pochi anni, grazie al mio amico Gary di Toronto.

Troverete altri suoi  libri che vi consiglio di leggere  nell’archivio del blog , dall’ultimo pubblicato “Chi ti credi di essere?”(questa volta novelle che si intersecano nella vita di due persone formando un particolare romanzo di formazione) a “Il sogno di mia madre” “Nemico, amico, amante”.

E’ stata premiata proprio per essere “maestra del racconto contemporaneo.”

Nata nell’Ontario nel 1931 ha deciso ora di non scrivere più per non dover stare troppo sola.

Di famiglia modesta ha iniziato a scrivere molto presto specializzandosi in racconti brevi, ma talmente densi di vita quotidiana, di emozioni, di sentimenti riconoscibili da ognuno di noi da farle ottenere moltissimi premi e riconoscimenti.

Come può una novella avvincerti come un romanzo di più ampio respiro?

Io credo proprio per il “concentrato” di accadimenti, di introspezione psicologica, di verità che diventano universali. Una viaggiatrice dell’animo umano che ama fermarsi in alcune situazioni  e riprenderne  velocemente altre  riuscendo magistralmente in questo gioco di incroci, di sistemazione di tessere di puzzle, a far emergere passioni, debolezze, pregi e difetti della complessità dell’animo umano.

E’ che dopo ogni racconto vuoi conoscere altri personaggi, altre coordinate di vita, altri paesaggi dell’anima.

Le sue storie di donna sono avvincenti e ci trascinano in un insieme di emozioni e  memoria collettiva ricoprendo e illuminando ogni passaggio della vita. Dalla giovinezza alla vecchiaia, dal tran tran quotidiano a esperienze fortissime.

La sua scrittura è aperta, ricca, piena di descrizioni del suo paesaggio canadese. Talvolta sembra che la natura selvaggia del Nord Ovest parteci alle emozioni dei personaggi, ne integrino, la storia, determinino le loro decisioni.

Troppa felicità  (“Too much happiness”) del 2009, ma edito in Italia nel 2011 da Einaudi,  ha un titolo ambiguo perchè le sue storie hanno un potenziale di spregiudicatezza e libertà, di vivizezione implacabile del nostro sentire.

Che dire del primo”Dimensioni” dove la troppa felicità  di Doree dai lunghi capelli castani si spezza tragicamente dopo l’uccisione dei suoi tre bambini? Lei cambia tutto di sè iniziando dai capelli che taglia cortissimi e decolora. Ma Doree è forte, lotta per capire, per trovare un’altra ragione di vita.

In “Racconti” le vita dei personaggi si intersecano. Joyce capisce dopo tanti anni leggendo nel romanzo della figlia della donna che le ha rubato il primo marito cose di sè che forse non conosceva.

E in “Radicali liberi” si parla di vecchiaia…

E poi uno strepitoso racconto su Sof’ja Kovalevskaja, matematica  e romanziera. La stessa Alice Munro ci consiglia di leggere la sua biografia scritta da Don H. Kennedy “Little sparrow. A portrait of Sophia Kovalevsky” purtrtoppo credo non ancora tradotto. E’ proprio questo racconto “Toppa felicità” che dà il titolo alla raccolta.

Si parla dell’ultimo viaggio di Sof’ja che dall’Italia  deve tornare a Stoccolma per una conferenza. Siamo nel gennaio del  1891. Lei è l’unica docente di matematica che lavora in Svezia, ha vinto un prestgioso premio, il Bordin, scrive anche romanzi. E’ vedova e ha una bambina, ha 40 anni e lascia il suo amante Maksim  a Nizza per poi sposarlo in primavera.

Si sente felice, appagata. E durante il lungo viaggio in treno che la porterà in Svezia ripercorre la sua vita passata, i suoi dolori, le sue fatiche, i suoi successi.

Si ferma a Berlino dal suo ex professore. Cambia treni, ma comincia ad avere mal di gola. Incontra un giovane medico che le consiglia di non passare per Copenaghen dove sembra ci sia un’epidemia di vaiolo. Lei ubbidisce e questo viaggio così lungo che  sembra procedere a ritroso nella sua memoria non finisce mai perchè i chilometri si aggiungono e la neve comincia  a cadere sempre più fittà; sembra di  andare verso una direzione immateriale,  ma il  cuore di Sof’ja fa capriole di  felicità. Stremata, sotto la neve arriva a destinazione, fa la sua conferenza, partecipa al ricevimento. E poi…

Soprattuto per questo ultimo bellissimo racconto “Troppa felicità“ è da leggere.

 

 

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MISIA di Misia Sert, ed.Adelphi

pubblicato da: Mirna - 24 Ottobre, 2013 @ 8:20 am

Finalmente ho terminato l’autobiografia di questa straordinaria e particolare donna vissuta  a cavallo dei due secoli precedenti: Misia Sert.

Libro da vacanza perchè non impegnativo, ma nel contempo interessante per chi ama l’ambiente parigino degli artisti dell’epoca. Da Mallarmè a Proust, da Faurè a Satie, e da Renoir a Bonnard e Picasso  e tantissimi altri nomi  famosi . Mi piace moltissimo immergermi in quell’epoca densa di “germinazioni” culturali,  creatività, sperimentazioni. Siamo tra la  fine dell’Ottocento e la  prima metà del Novecento. In questo contesto emerge la figura di una donna che diventa la musa ispiratrice di poeti, scrittori, musicisti e pittori. Perchè?

Nata  a Pietroburgo nel 1872 (10 anni prima di mia nonna) e scomparsa nel 1950, Misia lascia di sè soltanto questa autobiografia dettata negli ultimi anni di vita, eppure è famosa come se fosse un’artista completa – suonava il piano magistralmente – ma la vera opera d’arte è la sua vita. Perchè lei annusa, comprende, intuisce dove l’ARTE sta germogliando.

A Parigi, nella casa della nonna, Misia bambina conosce Liszt, Alexandre Dumas, Daudet e Fauré che le dà lezioni di piano. Sembra che questo musicista pianse quando Misia gli disse che non avrebbe fatto la concertista.

A 14 anni fugge da casa e si sposa a 15  con il suo ricco  amico Thadée Natanson.  Nel loro salotto si incontrano quasi tutti gli asrtisti del tempo:  persino il vanesio  Ibsen – sempre molto preso dai suoi capelli –  e Debussy che sta lavorando al suo Pelleas..
Avida di vita, di cose belle, amante del lusso, degli oggetti e delle…persone  particolari da “scoprire”, Misia non si lascia intimidire, anzi sembra ipnotizzare con il suo musetto “rosa da gatta” tutti quelli che conosce. Renoir ormai anziano la vuole ritrarre in molti quadri. Eppure non è bellissima. Nel libro ci sono alcune sue foto e vari dipinti eseguiti da Valloton,  Toulouse Lautrec, Vuillard. E’ riratta spesso al piano, a cena, o semplicemente alla toeletta come quello di Bonnard che vedete in copertina

 Lei si racconta con affetto,  con  nonchalance ci parla dell’ammirazione di Verlaine, di Mallarmè che le regala un ventaglio, di Zola. Tutti la adorano.

Che cosa incarna la giovane Misia nella Parigi fine Ottocento? Il pitttore Vuillard si innamora, la ritrae spesso e ne fa la sua Musa per sempre. Per lui essa incarna Ragione e Salute, quindi energia vitale e sicurezza.

Nel saggio che chiude il libro Claude Arnaud ci dà un’opinione più obiettiva di questa donna che lascia il primo marito per sposarne un altro ricchissimo, poi sposerà il pittore Josè Maria Sert , forse il suo unico grande amore, tanto da accettare un ménage a trois per non perderlo.

“Misia non è un’intellettuale, legge poco (!), ma fiuta gli individui e ne intuisce la forza creativa. “Misia incarna la salute, il riso, l’insolenza, è la gioventù e l’istinto fatti donna”

Scrive ancora Arnaud che tutti erano attratti dall”crudeltà asiatica” del suo sguardo felino. Un po’ “gatto rosa”, un po’ tigre. Questa sorta di  crudeltà “agisce come un afrodisiaco su Diaghilev “ (Ecco ancora i Balletti russi che connotano un’epoca, ecco Parade con la scenografia di Picasso…) che si appoggerà a lei come un bambino.

E poi scopre Coco Chanel.

Insomma questo libro ha il pregio di farvi entrare in particolari sconosciuti di molti artisti, ci sono deliziosi aneddoti su Degas, Mata Hari, ecc.

Donna geniale, scrive Cocteau.  Ma Proust si ispira a lei per il personaggio di Madame Verdurin.

Perchè? ci chiediamo noi. La lettura di queste sue pagine ci potrà anche far scoprire  la sua  tipologia.

 

P.S. CHE DITE’ RICOMINCIAMO CON IL GRUPPO LETTURA  “CONTROVENTO” permettendo?

MA LA DATA E’ ANCORA DA CONCORDARE…ASPETTIAMO ANCORA UN PO’ PRIMA DI RIUNUIRCI!

 

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LIBRI E PENSIERI

pubblicato da: Mirna - 21 Ottobre, 2013 @ 4:41 pm

Si sa che i Blogger amano scrivere. Se leggete il blog di Riccardo ve ne renderete conto…o se visitate quello di Matteo Menapace  troverete anche invenzioni divertenti come la “Poesia dorsale”. Ne parlerò anch’io. Come naturalmente continuerò a scrivere delle mie letture e di quelle degli altri. Devo ricontattare Gary, appassionato di tutte le scritttrici canadesi alle quali  anche Camilla è interessata…e poi…ho qualche altre idea. Ma, sono ancora “dentro” la mia vacanza a Karpathos.

Non posso farci nulla: sono “proustiana”.  Se nel momento dell‘hic et nunc riesco a sciogliermi nel mare e bruciare con il sole e assaporo con golosità gli istanti che vivo, qualche volta sento linee di interpunzione emotive che mi distraggono. Invece nel ricordo riesco a “possedere”tutto ciò che ho vissuto. Forse lo taglio e lo ricucio, ma sicuramente il mio sguardo interiore riesce a catturare e a dipanare le emozioni, le scoperte, i minimi dettagli e colori del tempo…perduto (seppur da poco).

Vorrei finire il libro oggi, ma non ci riesco. Chiudo gli occhi e mi ritornano i colori rosa e violetto dell’isola al tramonto. Sono passati appena dieci giorni, ma tutto è già incorniciato nella mia storia personale. Allora scrivo.

Che meraviglia la memoria e il rivivere i ricordi … quelli belli, naturalmente. Coadiuvati dalle tante foto, ma ugualmente immagini e momenti di vita  che sono impressi in noi a prescindere da esse. Non siamo più noi a essere ritratte, ma il momento intenso della gioia, della spensieratezza, del divertimento. E’ quello che Miki ha notato nelle precedenti fotografie. Ed è per questo che rubo ancora pagine ai libri… per la vacanza.

Diventiamo soggetti dell’estate, del viaggio,  quasi estraniati dalla nostra età ( sempre Miki lo nota) !

Mentre l’autunno mi fa entrare nel solito ingranaggio di impegni, di visite mediche, di attività da iniziare, di ricerca di forza per affrontare le giornate più corte, il freddo che lentamente ci avvolgerà, mi soffermo  a sedimentare nella memoria ogni piccolo accadimento.

Come il momento del caffè bevu, to dopo il primo  bagno, le passeggiate sulla spiaggia, i servizi fotografici (con scambio di cappelli e parei).

E se uno sguardo attento si accorge di uno specchio spezzato per le vie bianche di Pigadia ecco che noi tre vi ci riflettiamo per sentirci uno, nessuno, centomila e dare più sapore e consapevolezza al nostro essere.

Distesa estate” scriveva  il poeta Cardarelli, la stagione in cui si si spoglia fuori e dentro e ci  si rinnova.

 

 

 

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CARTOLINE DA KARPATHOS…ma sempre con libri appresso

pubblicato da: Mirna - 15 Ottobre, 2013 @ 7:49 am

Sì, il viaggio come metafora della vita, il viaggio come scoperta, conoscenza, evasione. Il viaggio come un libro nel quale entrare e poi riportarlo alla mente con immagini ed emozioni, riflessioni, illuminazioni.

La nostra vacanza su quest’isola un po’ petrosa – come l’Itaca di Ulisse – un po’ bianca e azzurra  come nel porto del suo capoluogo Pigadia, con lontane pinete, aspre rocce disseminate di chiesette bicolori, e spiagge rosa, violette, d’oro. Ventosa di mare corrusco i primi giorni e poi aperta e abbagliante di sole per il resto della settimana.

Magia. Gentilezza. Desiderio di abbandonarsi all’andare, al salpare, a imbarcarsi. E a leggere.

Giornate di completo estraniamento dal quotidiano. E pensare che tutto esiste nel contempo. Ora in questo incipiente autunno freddo della nostra città sembra impossibile che esista ancora l’estate, il suo calore, la sua luce abbagliante, quel leggero senso di obnubilamento che ti rende ancor più languida. Eppure possiamo far esistere ancora dentro di noi l’estate con i ricordi e con le foto…che non posso mostrarvi tutte…quasi 500!!!  Tenere l’estate e ciò che essa rappresenta dentro di noi si può sempre fare …leggendo.

Chiedevo ai compagni di spiaggia delle loro letture. Da “Narciso e Boccadoro” di Laura, a Edna O’Brien di Sandra, le mie amiche vicine, a Ken Follet, Isabelle Allende tra i conoscenti del momento.  Io sto terminando Misia Sert. Ma che gioia , nel frattempo, sapere che il Nobel per la letteratuta è stato assegnato ad Alice Munro di cui Grazia, Miki ed io abbiamo letto e parlato recentemente.

Dopo questa vacanza faccio fatica a riprendere la mia serena vita cittadina; perdonatemi, mi metterò in pari con il blog, gli incontri di lettura, ecc. Sono ancora immersa nel bianco e blu di Karpathos, isola anche dei gatti che circolano liberamente guardati e accuditi come le vacche sacre d’India. Un’isola perfetta per me. La gentilezza dei greci isolani è straordinaria. Il taxista che ci ha portato in due baie quasi caraibiche vuol essere pagato soltanto dopo – intanto dovrà pur riprenderci!  Ci racconta di sè, della vita greca, del suo lavoro e ci bacia quando ci salutiamo. E la signora del bar dove beviamo l’ouzo? Lei adora gli italiani, non ci fa pagare il liquore, ci bacia anch’essa. Ci sentiamo viziati e coccolati.

Vorremmo fermare con la macchina fotografica ogni istante, la vita d’hotel, i bagni nell’acqua trasparente, le passeggiate sulle spiagge, le capatine nei negozi colorati e profumati di basilico greco, zafferano, menta.  Insomma ci lasciamo incantare da tutto ciò che quest’isola  ci regala. Il piacere del “fermarsi”.del parlarci, del raccontare, dell’assaporare.

Il paragone tra un viaggio e un libro è ovvio per me. Si entra in un’altra dimensione, un altro mondo, i nostri sentimenti e le noste emozioni fanno capriole, si risistemano,mi appaiono parti di noi celate o quasi sconosciute.

E se questi sette giorni di sole e di mare mi hanno allontanata per un po’ dal mio “lavoro” di blogger, sappiate che presto recupererò e forse…ad hoc…appariranno altri ricordi di Karpathos e di noi…come eravamo sull’isola che ora mi sembra magica. Intanto un’ultima foto d’estate e poi usciamo con …il piumino!

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IL BUON INFORMATORE di John Banville, Guanda

pubblicato da: Mirna - 6 Ottobre, 2013 @ 5:21 pm

Voglia di “gialli”.

Quando ci si  vuol rilassare e non pensare troppo.

Ma i gialli di John Banville, piccoli gioielli di narrativa,  ti fanno riflettere sempre sul nostro presente, sulla caducità della vita, su quella malinconia nostalgica della nostra “terra perduta”, il nostro paese dell’innocenza.

L’omicidio che avviene in questa storia sembra quasi irrilevante perchè la protagonista è New York, ma non la New York dove vorrei andare io ogni autunno , quella del Greenwich Village, dei film di Nora Ephram o Woody Allen, dei colori del Central Park dove passeggiare lievemente,  questa è una città claustrofobica proprio  per la sua sua cruda  e asettica bellezza degli ambienti “cool”,  di brokers ed ex-agenti della Cia, dove i pranzi possono essere liquidi – due Martini-…dove i grattacieli sono prigioni sigillate nel vetro e nell’acciaio e dove il nostro protagonista si sente schiacciato.

New York dunque, in questo bel racconto giallo, come la metafora del fallimento e della perdita degli ideali. John Glass ex-giornalista di tutto rispetto, dal passato glorioso e che ha lavorato in prima linea durante i conflitti cinesi, irlandesi, israeliani sembra aver ceduto ogni suo  ideale per una vita che non è più la sua.

Lui è dublinese, un irlandese fino al midollo, fumatore, spontaneo e con una grande nostalgia per la sua isola di smeraldo che incarna una visione della vita meno artefatta e più spontanea.

Come mai John Glass è finito a New York? Per amore di una donna , amore ormai raggelato o forse per mancanza di coraggio ad andare avanti. Il ricco e potente suocero gli commissiona una sua biografia…pericolosa perchè egli è un ex- agente della Cia… John lo deve fare…si rivolge quindi  a un informatore… e qui comincia il giallo vero e proprio, ma John Banville va oltre questo genere perchè sa “leggere spietatamente l’anima degli uomini”. Il suo è un breve e bellissimo racconto.

Di tutt’altro tenore  il giallo “L’Uccello del malaugurio” di Camilla Lackberg di cui ho già scritto riguardo al suo romanzo “La principessaa di ghiaccio

Qui si nota la scrittura femminile: oltre la trama che porta lentamente e con una equilibrata suspence alla risoluzione di delitti collegati fra loro, c’è la storia del detective Patrick, della sua compagna Erica e di tutti i personaggi che vivono nel piccolo villaggio svedese. Si legge volentieri proprio perchè si riconoscono i protagonisti principali e molto spazio viene dato ai piccoli accadimenti quotidiani tipico della letteratura femminile.

Perchè molti delitti sono mascherati da incidenti automobilistici? Perchè le vittime risultano con un tasso alcoolico alto quando in realtà erano astemie? Patrick e la sua squadra devono lavorare con estrema attenzione cercando di mettere insieme mille pezzetti di un puzzle indecifrabile. E che cosa c’entra il Reality show che si svolge proprio nella loro piccola Fjallbacka?

 

Ma presto, e per la prima volta, leggerò un giallo di un autore israeliano, Dror A.MishaniUn caso di scomparsa”, (Guanda)  dove il detective è paragonato al nostro Montalbano. Sono certa che mi piacerà perchè si svolgerà a Tel Aviv perciò  il background sarà diverso dal solito.

Qualcuno l’ha già letto per caso?

 

 

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